Per festeggiare i suoi 20 anni, Cocoon pubblica il 19 febbraio 2021 un nuovo progetto musicale.
Quando pensiamo ad un marchio della musica elettronica è impossibile non pensare ad un nome come Cocoon. Da anni la casa discografica di Sven Väth rappresenta una colonna portante della musica techno, in grado di raccogliere intorno a sé grandi e giovani talenti. Già a febbraio del 2020 Cocoon Recordings aveva rilasciato su Spotify oltre 100 ore di musica con i nomi più diversi – leggi il nostro articolo per approfondire
In virtù di questa filosofia, l’etichetta tedesca rilascia il 19 febbraio 2021 il nuovo progetto “20th Years Cocoon Recordings”: cofanetto da collezione composto da 6 vinili in edizione limitata. Abbiamo deciso di recensirlo in anteprima per voi.
Concept
Ciò che muove la sinergia presente fra i vari brani di 20th Years Cocoon Recordings è l’assoluta ricerca della perfezione. L’album vede l’unione delle menti (e delle sonorità) che hanno fatto di questa casa discografica la nave ammiraglia nel panorama techno. Cosa lo rende differente da tutto il resto? La risposta è semplice: nell’album non troverete mai uniformità, piuttosto suoni che variano da canzone a canzone e di traccia in traccia; tutto questo rende l’album un must have da collezionare: Cocoon trova l’ordine dell’uniformità, nel caos dell’eterogeneo.
Se pensiamo a quanto Cocoon abbia profondamente influenzato la musica elettronica in questo ventennio, pare evidente cosa rappresenti “20th Years Cocoon Recordings”. Non è solo una raccolta di buona musica, ma anche il simbolo delle potenzialità artistiche che la casa di Francoforte ha espresso – e continua ad esprimere – nonostante il passare del tempo.
L’album presenta una tracklist di notevolissima fattura: assieme ai nomi di Emanuel Satie, di Gregor Tresher e Andrè Galluzzi – artisti del roster Cocoon – troviamo grandi personalità artistiche come Solomun o Josh Wink; la presenza di questi nomi è un ulteriore certificato di quanto la filosofia portata avanti da Cocoon sia ampiamente condivisa da artisti di tutto il mondo: per fare buona musica, l’unica regola è che non ci sono regole.
Sonorità
“20th Years Cocoon Recordings” propone una tale varietà di colori e di volumi musicali che è impossibile non rimanere affascinati dalle straordinarie produzioni che sono presenti nell’album. Per circa 120 minuti saremo travolti nelle magiche atmosfere che negli anni hanno giostrato le danze nei party dell’Isla Bonita, sotto la bandiera della grande della casa tedesca.
In mancanza di un fil rouge tematico che colleghi tutte le produzioni del disco, la cassa profonda e dura rimane l’elemento costante dei diversi brani. L’evoluzione di ciascuno varia a seconda del loro compositore, che ne esalterà le singole caratteristiche e elementi che la compongono, a seconda del proprio stile.
Meritevole di lode è sicuramente il brano “Nuclei” di Josh Wink. Il produttore americano torna ancora una volta a stupirci con il suo suono inconfondibile; un mix di acid house, DnB e temi sperimentali si canalizzano in questo brano; giochi di roll nelle armonie e una linea di basso aggressiva trasportano completamente l’ascoltatore in un universo sonoro differente dai canoni a cui siamo abituati.
Stile
Lo stile di “20th Years Cocoon Recordings” è sicuramente un elemento che lo contraddistingue da tutti gli album di musica elettronica presenti nel mercato: la ricerca del “suono perfetto” è maniacale, ma non eccelle come ci si aspetterebbe.
Sebbene il progetto di tenere unite più anime – anche molto differenti tra loro – sia qualcosa di interessante, difficilmente può dirsi riuscito: indice di ciò è il fatto che produzioni realizzate in collaborazione scarseggino.
Se questo è vero, bisogna constatare però che le poche presenti sono brani godibili ed entusiasmanti: ci riferiamo ai brani “Look to the Sky” – prodotto dai due pesi massimi Tiga e Roman Fluegel – e a “The Regulator” di Andre Galluzzi e Daniel Stefanik. Queste due produzioni ci lasciano solo intravedere cosa sarebbe potuto essere “20th Years Cocoon Recordings” se solo ci fosse stata una maggiore comunità di intenti. Purtroppo non è stato così e risulta essere un’ occasione, almeno in parte, sprecata.