Parlare di Detroit e di qualunque altra sofisticata realtà ad essa gravitante è sempre un’incommensurabile emozione, come ad esempio conoscere gli artisti della Detroit Techno Militia.
Del perché gli artisti di una così vasta metropoli industriale del Michigan rivestano un ruolo tanto fondamentale nell’attuale panorama musicale, è solo uno degli argomenti trattati nella piacevole discussione che abbiamo avuto con i ragazzi della Detroit Techno Militia.
ITALIANO – ENGLISH
I motivi sono sempre dei più molteplici e, chiaramente, seppur di ovvia natura soggettiva (banale anche dirlo), nessuno di questi potrebbe mai prescindere dai un vivido ed elementare presupposto comune: Detroit è il fondamentale fulcro e patrimonio condiviso di una coscienza elettronica comune, il che esula del semplice concetto di “Detroit Techno” venendo ad esser esteso alla stessa world electronic culture nel sua entità più macroscopica.
DJ Seoul, T Linder, DJ Psycho e tutti gli altri sono una formidabile squadra d’assalto, soldati di prima linea dedicati alla custodia e al tramando dell’inestimabile eredità musicale di Detroit affinchè questa continui ad essere oggetto di futuri e preziosi capitoli di storia, al pari di quanto già tramandato.
In virtù di questo fondamentale appunto, Detroit Techno Militia è un’etichetta, è un formidabile roster di artisti solo se ci limitiamo ad un’ indagine superficiale, nel concreto è a rappresentanza di un’identità molto più intima e sostanziale: le sue motivazioni affondano le radici in un fertile terreno d’ ideali, ideali di una pacifica colonizzazione mondiale ad opera del maggiore patrimonio artistico della città.
Iniziamo con la prima domanda, magari un po’ scontata ma altrettanto doverosa sicchè garante di un presupposto logico essenziale che definisce i parametri di indagine delle nostre parole.
In “Respect” (DTM 003) Blak Tony recita: “[…]face your fate, all you suckers. Leave the Techno to Detroit”. Ora, da un punto di vista “giornalistico”quale il nostro, sappiamo bene perchè la Techno è un dominio di Detroit (e viceversa), ma noi difficilmente possiamo indagare gli aspetti più profondi e viscerali di questo rapporto.
Voi respirate Detroit, l’avete sulla vostra pelle, nei vostri occhi, sotto le vostre scarpe: perché dunque, secondo le vostre esperienze personali, ha preso tutto avvio proprio da qui? Cosa ha di così prezioso ed inimitabile lo spirito di questa città tale da aver potuto decodificare il futuro che si stava in quell’istante scrivendo?
A Detroit, siamo estremamente orgogliosi della nostra storia musicale. Non solo per quel che concerne la Techno, ma anche per i molti generi che possono aver affondato le loro radici qui. Da Motown, all’Hip Hop, dal Funk e Jazz alla Techno e l’House.
Detroit è da sempre impegnata e coinvolta nell’ispirazione dei più molteplici generi musicali. La cultura della città è strettamente a quella legata della classe operaia media; individui tosti che hanno trovato il loro modo di “fare comunità” attraverso tempi molto difficili e portare così a termine quanto andasse fatto. Il tutto ci ha oltretutto permesso di tirarci su come generazioni di grandi lavoratori, energici e grintosi; siamo gente che quello che vuole, va lì e se lo prende.
Gli artisti di Detroit non son stati i primi a sperimentante il genere, ma sono stati i primi che in quegli anni lo stavano rivoluzionando, presentandolo nelle diverse manifestazioni possibili e aggiungendo quel “tocco” tipico di Detroit, una tipicità caratteristica che tutto noi abbiamo come prodotto del nostro sviluppo.
Detroit ti cambia, solo il semplice fatto di crescere e sopravvivere quì ti rende fiero di chi sei e da dove vieni; ecco perchè Black Tony rima “La Techno è un affare di Detroit”, l’intento e il significato di quella frase non è certo quello di mancare di rispetto a qualcuno, ma è più che altro un “rigonfiare orgogliosamente in fuori il petto” proprio perchè la Detroit Techno è la più illustre esportazione della nostra città.
Seppur il vostro nome fa esplicitamente riferimento al concetto di “milizia”, voi siete ben lontani dall’ associarvi a dei “conquistatori”, più che altro diffondete l’idea di esser come una sorta di “architetti” specializzati nell’arte del restauro; le vostre fonti ufficiali infatti riportano: “Come nella restaurazione di un edifico storico; non buttiamo giù costruendo poi da capo.
Piuttosto usiamo la struttura esistente come una base per la nostra personale battaglia.” Quali sono le fonti e le ragioni di una tale consapevolezza? E per quale motivo, seppur la vostra missione è quella di non “distruggere” nulla, (ma al contrario di conservare) fate comunque riferimento ad un’ideologia militare, una suggestione che per la sua stessa natura può far emergere nel pensiero comune una logica di ostilità, bellica ed antagonistica?
Essendo coinvolto per più di 20 anni nel mondo della musica, ho visto un sacco di alti e bassi. Nei nostri viaggi abbiamo assistito ad un sacco di scene di ogni tipo e da ogni parte del mondo; ma uno dei nostri mantra rimane che: “Questa musica non morirà sotto la nostra vigilanza”.
Per tutti noi della Milizia, la cultura Techno è estremamente importante, l’approccio militare serve proprio a proteggerla, ha conservarne la storia; siamo stati tutti parte sin dai primissimi giorni della scena quì in Detroit, e ovviamente ne frequentavamo le feste dedicate, è allora chiaro come non vogliamo che quei giorni ricadano nel dimenticatoio.
Sotto questo punto di vista, possiamo dire che noi ci ergiamo sulle spalle dei giganti, questa era già “musica del futuro” più di 30 anni fà e ogni membro del nostro gruppo lavora, individualmente o come parte della milizia, affichè si protragga verso nuove direzioni.
Non possiamo prescindere dal nostro passato e ne integriamo i caratteri così in qualunque cosa decidiamo di fare.
Torniamo per un solo secondo a “Respect” (si, ci piace veramente tanto). Una delle primissime battute di Tony è anche: “The Militia’s come to rock, Underground but not unknown”.
Ultimamente, almeno qui in Europa, si dibatte moltissimo (a volte anche impropriamente, ma questo è un altro discorso…) su cosa sia o non sia “Underground”. È diffusa tra molti l’opinione che “Underground” voglia significare l’esatto contrario di quanto invece riportato poche righe più su, vale a dire tutto ciò che è conosciuto molto poco dalle grandi masse, come se: “più sei anonimo, più sei underground”.
Vi ritrovate anche voi in questa definizione? E se no, cosa vuol dire e che cosa è veramente Underground dal vostro punto di vista? Esiste o è solo una convenzione?
A volte è veramente una dura battaglia, soprattutto quando di questo se ne prova a fare un profondo ed intimo obiettivo. Ecco perchè “Underground but not unknown” è una linea giuda perfetta, riesce a riassumere da sola così tanti differenti punti di vista.
Noi suoniamo musica Underground, in posti Underground, per gente Underground; per fortuna, riusciamo a farlo su scala internazionale con grande regolarità.
Certamente, i Festival e i Clubs per tutto il globo diventano sempre più grandi ottenendo una crescente attenzione dei media la quale potrebbe attirare un tipo di pubblico ben più eterogeneo; ma questo certo non influenza la vera scena Underground che da manifestazione di se stessa ogni giorno in tutte le parti del mondo. Noi ci siamo esibiti in ogni tipo di locale, ma i nostri preferiti sono certamente quelli che in un modo o nell’altro ci ricordano casa.
Quelli senza finestre e con le pareti tinte di nero fanno certamente al caso nostro, luci basse e poco invadenti, una nebbia pesante intorno… questi sono i posti dove è divertente suonare.
Dai piccoli localini super Underground dove ci siamo esibiti come il Garden Underground Club a Pereira (Colombia), Il Baby Club di Marsiglia, il Magdalena a Barcellona; passando per posti come il Tresor, Il Ribbon Club di Terracina, l’Ex Dogana, a noi non importa la dimensione, come artisti che provengono dall’Underground, garantiamo la stesso performance, indipendentemente dove e quando. Per noi, questo è parte di ciò che vuol dire essere “Underground”.
In un’interessante intervista per Scion AV, Robert Hood ha rilasciato una dichiarazione tanto semplice quanto vera ed essenziale: “[..] I had to look at what was going on. The world is changing, this is not ‘90, ’92, it’s not ’96 or ’98 where you at now. So you have to reinvent yourself to stay true to yourself, to stay true to your roots and be consistent”.
Sappiamo bene come Robert sia un indiscusso pioniere, un conservatore strategico ma allo stesso tempo così innovativo ed avanguardista. M-Plant è dal 1994 che porta avanti un ideologismo minimalista mai scontato, ripetitivo e tanto meno banale.
Ma anche per Jeff Mills e per la sua Axis valgono le medesime considerazioni, i lavori degli ultimissimi tempi come Kobe Session e Free Fall Galaxy oltretutto ne sono una chiara evidenza.
Allo stesso modo Derrick May della sua Transmat sta facendo un nevralgico laboratorio creativo e sperimentale, con Francesco Tristano e il suo nascituro progetto P:ANORIG inoltre, stanno indagando su tutte altre infinite opportunità riservate a nuovi e stupefacenti territori d’esplorazione.
La stessa Underground Resistence ha recentemente portato alla luce una nuova sub-etichetta, 4EVR 4WRD, inaugurata con l’omonimo EP prodotto dai Timeline. Possiamo continuare ad elencare i fratelli Burden, reduci della loro recente seconda collaborazione con Ann Saunderson, come anche Carl Craig, e così via…
Insomma, degli artisti di Detroit certo non si può dire che siano così miopi da radicarsi ingenuamente alle proprie radici chiudendosi così in una bolla impermeabile da nuovi stimoli ed idee.
Ma per quel che riguarda la Detroit Techno Militia? Come interagisco con la prospettiva del futuro i suoi artisti? Con quale spirito avanzano nei panni di restauratori verso il nuovo senza tradire il percorso già battuto?
Questa è la sottile linea su cui dobbiamo muoverci, in parte la nostra benedizione, ma allo stesso tempo maledizione. Semplicemente abbracciandola ed essendone immersi, ne veniamo comunque innegabilmente influenzati. La vera “lotta” è il modo in cui riesci a prenderla e farla tua.
(DJ Seoul) Per quel che personalmente mi riguarda, esprimo me stesso e le mie passioni, attraverso le miei performances come DJ. In questo contesto, posso suonare allo stesso tempo il nuovo ed il vecchio e cambiare la mia selezione al pari passo del mio umore, del come mi sento. Più che altro suono per me stesso, quanto piuttosto per il pubblico. Certamente devo prendere in considerazione le reazioni che riscontro nella pista, ma molto più spesso, nella stragrande maggioranza dei casi, sento di fare fronte alle miei esigenze personali.
La mia produzione musicale è dove mi concentro sperimentando cose nuove, spingendo le sonorità Techno verso altre direzioni. Come hai già detto tu, il percorso “madre” è stato stabilito e battuto più e più volte, ma la mia convinzione personale rimane che il meglio prima o poi sale sempre a galla.
La musica è la musica, e ognuno degli artisti che hai menzionato sono veri artisti; non procedono secondo una formula prestabilita, questi usano mettere tutta la loro anima nella musica che producono, ecco perchè il tutto suona come da ascolto.
Nonostante questo venga copiato in tutto il mondo, non lo sminuisce, tanto meno ne “intrappola” gli autori in una bolla, penso che questo riesca senz’altro a dimostrare quanto questo musicale fosse originale già dai suoi inizi.
La citazione di Rob Hood è grandiosa: il senso ne è che ti devi reinventare, non eccessivamente, non del tutto, quel tanto che basta per rimanere motivato; così da calibrare sempre al meglio ed in una prospettiva di continua evoluzione quello che fai. Quando sviluppi consapevolezza di ciò, e applichi questi principi, la musica parlerà poi da sè.
Una parte molto consistente dei DJs/produttori affiliati alla Detroit Techno Militia, un “team di ricognizione” così da voi appellato, in realtà non è di Detroit, alcuni per la verità non sono neanche statunitensi ma europei come Maxx T, The Mercenary e Dimitri Pike.
Sulla scia di Detroit, anche qui da noi negli anni sono nate delle realtà musicali di indubbia eccellenza, mi riferisco ad esempio a Klockworks, Ostgut Ton, Tresor rec. Molto spesso addirittura si parla di un vero e proprio asse di giunzione tra Berlino e Detroit; ultimamente questo concetto si è ribadito proprio in occasione dell’uscita di “Transport”, il secondo album co-prodotto da Moritz von Oswald e Juan Atkins.
Per non parlare di quanto sia stata ancora più “contaminante” la Chicago House e l’operato di artisti quali Larry Levan, Frankie Knuckles, Larry Heard, Robert Owens e tantissimi altri ancora.
Sulla carta ci divide un intero oceano, eppure sembriamo sotto molti aspetti più vicini che mai.
Ma cosa ne pensate voi di questo globale processo di influenza diramatosi dagli USA a partire da più di tre decadi fa? In che misura l’Europa si è dimostrata ricettiva della vostra tradizione musicale e in che misura poi, è riuscita a mettere in piedi un percorso di sviluppo autonomo ed indipendente?
Una volta che Derrick May ha iniziato ad esibirsi all’estero, ha aperto le porte per tutti, il che ha permesso ha moltissimi di avere una chiara consapevolezza su un’intera nuova prospettiva. Inizialmente era un qualcosa di molto underground che prendeva vita in alcuni punti piuttosto ombreggiati, seppure ciò, stava accadendo in ogni angolo del paese, oltreoceano incluso.
Attraverso la musica, siamo connessi su un livello molto più profondo. Troviamo che le persone che incrociano il nostro cammino nel corso dei tours ci sono estremamente simili, pur vivendo a migliaia e migliaia di chilometri di distanza, molte volte si riscontra anche una forte barriera linguistica, il che non ci impedisce tuttavia di comunicare tramite il linguaggio universale della Techno.
In America, sparse per tutto il paese, ci sono molte piccole scene musicali che non viaggiano quanto facciamo noi ad eccezione delle realtà di Chicago, New York, Los Angeles; ci sono veramente delle forti comunità Techno lì.
Dall’altro canto, l’Europa è molto differente. Otteniamo veramente dei forti riscontri in qualunque posto veniamo accolti per suonare.
I pionieri di Detroit quali Derrick, Juan e Kevin come anche Chicago con Frakie, Larry, Farley e tantissimi altri artisti, hanno avuto in impatto talmente forte ed evidente tempo addietro in Europa tanto da permettere a questo cultura di radicarsi anche quì, permettendole di crescere e di diventare sempre più rigogliosa.
Dal mio punto di vista, la “Summer Of Love” americana è tinta di Rock ‘n’ Roll, ciò che domina le radio e la maggior parte dei festival. Quella europea, è Techno. Questo ci ha consentito di esibirci in feste pazzesche, specialmente in Olanda: lì sembra proprio che sappiano sempre come fare le cose in grande.
Torniamo per un secondo al 17 Aprile 2010: la Detroit Techno Militia viene onorata del Detroit Music Awards per la categoria “Elettronica”. Le autorità hanno riconosciuto il valore del lavoro cui vi siete così animatamente dedicati per anni, premiando quella filosofia sottostante le stesse motivazioni fondanti del vostro collettivo.
Raccontateci un po’ di quel giorno…
Wow, che grande conquista è stata. Non solo perchè riconosciuti o perchè premiati con qualche DMA Awards, ma proprio perchè ai DMA prendono parte al voto i tuoi stessi colleghi ed altri musicisti, il che è un grandissimo onore.
Noi lavoriamo duramente per i nostri obiettivi personali, non certo per i premi; eppure quando si raggiungono questi obiettivi, ci sentiamo veramente grati che le persone rispettano quello che facciamo e che apprezzino il duro lavoro che mettiamo costantemente in gioco.
Siamo giunti alla fine di questa chiacchierata, speriamo si sia dimostrata stimolante per voi nella stessa misura in cui lo è stata per noi.
Nel salutarci, lasciamo da parte ogni piatto e consueto convenevole, piuttosto augurateci l’arrivederci con un paio di tracce di vostra scelta “assolutamente-da-non-poter-non-conoscere”
Come abbiamo già ribadito in precedenza, il percorso è stato già battuto e tutti conoscono i classici amati, sarebbe troppo facile proporre una lista di questi.
Ecco allora una lista di 10 tracce, 8 delle quali mie preferite (DJ Seoul) dal repertorio Detroit Techno, le restanti 2 invece di quello Electro. Forse le conoscete già, forse no…queste sono alcuni di quelle tra le favorite che non mi stancherò mai di ascoltare.
1) Swing Crewz II – G.Flame and Mr.G. – Moods and Grooves
Rilasciato da una classica etichetta Detroit House e arricchita da un “battente” cut Techno, è una traccia che certamente sa come dare carica, in più c’è una 909 davvero cavalcante che adoro moltissimo.
2) Pimping People in High Places – Gary Martin – Teknotika
Veramente un classico. Fa da gap al ponte esistente tra Techno ed House Music, caratterizzata oltretutto da una massiccia componente di Funk. Non importa quante volte la possa ascoltare, mi fa sempre ballare.
3) Genkaku – Rennie Foster – Subject Detroit
In assoluto tra i miei preferiti di tutti i tempi, seppur l’inizio è molto concitato, a seguire ti accompagna dolcemente in un viaggio di profondità, senza mai perdere la sua carica. Rennie è decisamente uno dei miei producers che più apprezzo.
4) Ibarra (Ebb & Flow) – Shawn Rudiman – Technoir Audio
Un altro producer che sicuramente posso far rientrare tra i miei preferiti è Shawn Rudiman, sia come artista che come performer. Delle sue tracce, questa è tra le favoritissime. Un tributo a Nitzerebb che picchia duro, qualcosa che sa come farti viaggiare.
5) Salsa – Arthur Oskan – Cratesavers
Non fatevi illudere dal titolo, nulla a che vedere con la salsa; è una falciatrice sempre protratta verso il massimo già dall’inizio, sembra quasi che voglia trovare un modo per andare ancora più in alto anche dopo quel pazzesco breakdown.
6) Slit – Rex Sepulveda – D-Records
Quando ho la sensazione di ascoltare una sinfonia di aggeggi elettronici, mando decisamente questa. Rex era solito produrre alcuni dei dischi più forti in circolazione. Suono molta sua roba, ma questa è sicuramente la mia preferita.
7) I Got People – J.Garcia – Cryovac
Questo tizio non è solo una delle persone più a posto che potreste mai incontrare nella vostra vita, le sue produzioni sono inoltre vera e propria dinamite per la pista. Dal suo debutto su Soiree fino adesso, mi ha costantemente e sempre rifornito di dischi che funzionano per ogni situazione, indipendentemente del set che sto portando avanti. Questo nello specifico è House, io sono solito dargli una forte venatura Techno e diventa qualcosa di esplosivo.
8) Jit – Soletech – Detrechno
Uno dei classici di Detroit più significativi, questa traccia è rimasta di prima necessità quì in città per così a lungo…mi piace suonarla moltissimo quando io e T.Linder ci esibiamo 2×4. Aggiunge inoltre quella imprescindibile goccia di funk.
9) Direct Drive – Aux88 – Direct Beat
Sembra ombra di dubbio, la mia traccia Detroit Bass preferita, avvolte la metto in borsa per sfoderarla nel caso in cui inizio a percepire un calo di energia. Non appena la inizio a suonare il funk mi sovrasta e ho bisogno assolutamente di scratchare stando dietro ai breakdowns
10) Strand – K-1 – Puzzlebox
A mio avviso un altro classico, ciò che definisce perfettamente la Detroit Electro. Funky, spinta e sporca con un sample inoltre da The Electrifying Mojo. Non si potrebbe in definitiva chiedere di meglio.
Intervista e Traduzione Riccardo Di Marco
ENGLISH VERSION
Talking about Detroit and any other sophisticated reality gravitating to it is always an immeasurable emotion.
The reasons are always the most numerous and, clearly, even if releated to an obvious subjective nature (even trite to say), none of them could ever apart from a vivid and elementary common assumption: Detroit is the fundamental core and shared heritage of an electronic common consciousness, which goes beyond the simple concept of “Detroit Techno“ coming to be extended to the same world electronic cultures in its most macroscopic entities.
Why the artists of such a vast industrial metropolis of Michigan have a so fundamental role in the current music scene, it is just one of the topics covered in the pleasant discussion we had some time ago with the guys from Detroit Techno Militia.
DJ Seoul, T Linder, DJ Psycho and all the others are a formidable strike force, front-line soldiers dedicated to the custody and to the plotting of the priceless musical heritage of Detroit for this to continue to be the subject of future and precious chapters of history, like what has been already handed down.
Following logically this fundamental fact, Detroit Techno Militia presents itselfs as a label, as a formidable roster of artists only if we limit ourselves to a superficial investigation, in concrete it’s a representation of an identity much more intimate and substantial: his motives are rooted in a fertile ground of ideals, ideals for a peaceful world colonization by the major artistic heritage of the city.
Let’s start with the first question, maybe a little obvious but equally dutiful because in this way we’re able to point the guarantor of an essential logical assumption that defines the investigation parameters of our words.
In “Respect” (DTM 003) Blak Tony raps: “[…] face your fate, all you suckers. Leave the Techno to Detroit.” Now, from a “journalistic” point of view as our, we all know well why Techno is a domain of Detroit (and vice versa), but we can hardly investigate the deeper aspects of such a visceral and intimate rapport.
You kind of “breathe” Detroit, you have it on your skin, in your eyes, under your shoes: why then, according to your personal experience, everything started from here? What is so special of the precious and inimitable spirit of this city that has been able to decode the future that was writing at that moment?
In Detroit, we take great pride in our musical history. Not just Techno, but the many genres of music that can trace their roots here. From Motown to Hip Hop, from Funk and Jazz to Techno and House. Detroit has always been involved in the inspiration of so many Music styles.
The culture of the city is blue collar, working class tough individuals that have found their ways to band together through tough times to get shit done. This culture makes us grow up to be gritty and hard working. Go-Getters. Hustlers. The early pioneers in Detroit Techno weren’t the first ones ever doing it, but they were the ones that were revolutionizing it. Presenting it in different ways and putting that “Detroit” edge on it. Its an edge that we all have as products of our environment.
Detroit changes you. Just by growing up and surviving here makes you proud of who you are and where you came from. Thats why Blak Tony spits “Leave the Techno to Detroit”. Not a diss to anyone else, more of a personal pumping up of the chest because Detroit Techno is one of our city’s greatest exports.
Even if your name makes explicit reference to the concept of an “army”, you’re far away from to be associate to some kind of “conquerors”, you guys mostly spread the idea of being much more some professionals “architects” specialized in restoration arts ; as reported by official sources: “Similar to the restoration of historic architecture; we are not tearing down and building anew. Rather using the existing structure as a basis for our own endeavors.”
What are the sources and the reasons for such awareness? And why, even if your mission is not to “destroy” anything, (but on the contrary to “keep it safe”) you still refer to a military ideology, a suggestion that by its very nature can bring out in the common thought a, let’s say, “antagonistic and hostile logic”?
Being involved in the music industry for more than 20 years, I have seen a lot of ups and downs. In our travels we have seen scenes come and go in all areas of the world. One of our mantras is that “This music is not going to die on our watch”. For all of us in the Militia, the Techno culture is extremely important to us. We take a militant approach to protect it and its history.
All of us have been involved since the early days of the party scene in Detroit and all of us want to see those days remembered. In this way, we are standing on the shoulders of giants. This was “Future Music” when it started 30+ years ago, and each of the Militia’s members work to take it in new directions individually and as a group. We embrace our past and try to build it into everything we do.
Let’s go back for a second to “Respect” (yes, we all love that track very much). One of the first Tony lines is: “The Militia’s comes to rock, Underground but not unknown”.
Lately, at least here in Europe, there’s a very big debate (even if improperly sometimes, but that’s another story …) about what is or is not “Underground.”
It is common among many the opinion that “Underground” means the exact opposite of what we’ve just reported a few more lines up: everything that is known very little by the broad masses, could be definite like that, as if: “the more you’re anonymous, the more you’re Underground”
Do you also match your thoughts beside this definition? And if not, what does it mean and what is truly Underground according to your point of view? It exists or is just a convention?
It truly is a tough battle sometimes. Especially when trying to make any kind of living doing this. Thats why “Underground but not unknown” is such a perfect line. It really sums up a lot of perspectives in one. We play underground music in Underground venues for Underground People.
Luckily, we get to do it internationally very regularly. Sure, the festivals and clubs worldwide get bigger and get more media attention which can sometimes draw more of a mixed crowd, but that doesn’t take away from the real underground that is happening every day all around the world. We have performed at all types of venues, but our favorites are the ones that for some reason remind us of home.
The clubs with no windows and think black paint fixes everything. Minimal lights and heavy fog…These are the fun places to play. From the super small underground clubs we have played such as Garden Underground Club in Pereira Colombia, Baby Club in Marseilles and Magdalena in Barcelona to the Uber Underground Clubs like Tresor in Berlin, Ribbon Club in Terracina and Ex Dogana in Rome. It doesn’t matter to us the size. As performers that come from the “underground”, we try to deliver the same kind of performance no matter where or when. For us that is part of what it means to be Underground.
In a very interesting interview for Scion AV, Robert Hood has released a simple statement but so damn true and essential: “[..] I had to look at what was going on. The world is changing, this is not ’90, ’92, it’s not ’96 or ’98 where you at now. So you have to reinvent yourself to stay true to yourself, to stay true to your roots and be consistent “.
We all clearly know how Robert is an undisputed pioneer, a strategic conservative but yet so innovative and avant-garde. It’s since 1994 that M-Plant carries on a never predictable, repetitive and even less trivial ideological minimalism. Same considerations for Jeff Mills and his Axis, the work of the last few recent times as Kobe Session and Free Fall Galaxy are a clear evidence.
Similarly Derrick May is making of Transmat a creative and experimental laboratory, and in plus, with Francesco Tristano and his new-born project P: ANORIG they’re also investigating all others endless opportunities reserved for new and magnificent exploring territories.
The same Underground Resistance has recently brought to light a new sub-label, 4EVR 4WRD, inaugurated with the homonym EP produced by Timeline.
We can continue to list the Burden brothers, veterans of their recent second collaboration with Ann Saunderson, as well as Carl Craig, and so on …
In short, certainly can not be said that, the artists from Detroit are so myopic as naively rooted to their roots as well, to isolate themself in a waterproof bubble by new stimuli and ideas.
But what about the Detroit Techno Militia? How do you guys interact with the prospect of the future? With what spirit do you advance in the shoes of restorers to the ‘new’ without betraying the path already beaten?
That is the fine line we have to walk. Part blessing and part curse. Just by embracing it and by being immersed in it, we will undeniably be influenced by it. How you take it is and make it your own is the struggle. For me personally I get to express myself and my passions through my performances as a DJ. Here I can play the old and new together and change the records as fast as my moods change. More often than not, I am playing for myself more than I am for the crowd.
Of course I take into consideration the ride on the dance floor, but I usually feel like I am playing my own personal requests all the time. My production is where I get to focus on trying new things and pushing the Techno sound into other directions. As you said, the path has been laid and beaten over and over.
My personal belief is that the cream always rises to the top. Music is music. Each of the artists you mentioned are real artists. They aren’t doing something by a formula. They are putting they’re soul into the music.Thats why it sounds like it does. Sure lots of people copy this worldwide but that doesn’t cheapen it or put them in a bubble.
I think it really shows how original the music was from the beginning. The quote from Rob Hood is great. You do have to Reinvent yourself. Not completely, but enough to stay motivated. To keep evolving and getting better at everything you do. When you do, the music will speak for itself.
A very large proportion of the DJs / producers affiliated to you, a so appealed “reconnaissance team”, it’s not from Detroit. For the truth , they’re not even Americans but Europeans as Maxx T, The Mercenary and Dimitri Pike.
In the wake of ‘Detroit-experience’, even here in the past years, some of the most undoubted musical reality excellences were born (and clearly artists too), I am referring for example to Klockworks, Ostgut Ton, Tresor rec.
Very often, it’s common to talk about a real connection axis between Berlin and Detroit; a concept that has been recently reiterated in “Transport” release occasion, the second album co-produced by Moritz von Oswald and Juan Atkins, following the first one, “Borderland” (2013).
Not to mention How Chicago House (and the individual careers of artists like Larry Levan, Frankie Knuckles, Larry Heard, Robert Owens and many others) has been even more “contaminant”.
We’re divided by a whole ocean, but on so many ways we’re closer than ever. What are your opinions on this global process of influence issued from USA more than three decades ago? How Europe has proved receptive of your musical tradition and, according to you, in which way all the artist from here have ‘setted up’ a path of autonomous and independent development?
Once Derrick May started playing shows overseas, it opened the doors for everyone and it opened everyones eyes to a whole new perspective. This was underground and happening in some really shady spots, but this was happening all around the country and the world.
Through this music we are connected on a deeper level. I find that the people we meet on our tours are extremely like minded people even though they live thousands of kilometers away from me. Lots of times there is a complete language barrier but that doesn’t stop us from connecting through Techno.
In America, there are lots of small scenes all around the country, but do not travel as much as we used to except for cities like Chicago, New York and LA. They have really strong Techno communities there. Europe on the other hand is very different. We get really strong receptions in every country we play in. The pioneers like Derrick, Juan and Kevin from Detroit and Frankie, Larry and Farley from Chicago and so many other DJs made such an impact in the early days in Europe that the culture just remained and got stronger and continues to grow.
In my opinion, Americas “Summer of Love” is with Rock and Roll. This dominates Radio and large festivals in this country. In Europe, its Techno. This has led to us playing insane festivals. Especially in Holland. They seem to always do it really big there.
Let’s go back for a second to April 17th, year 2010 : Detroit Techno Militia won the “Detroit Music Awards”, electronic category. The authorities have recognized the value of the work which you have so hotly dedicated for years, rewarding also the fundamental underlying philosophy and motivations of your collective. Tell us a bit of that day…
Wow. What an achievement. Not only is it real to get recognized and to have one a few DMA awards, but the fact that the Detroit Music Awards are voted on by your peers and other musicians is a great honor. We work hard for our own personal goals and not awards, but when you win things like this you really feel humbled that people do respect what you have done and appreciate the hard work that we put into it.
We’re at the end of this pleasant conversation, hoping that you guys had the same good time in the measure as it was for us, let us just ask you for a last favor. In saying goodbye, let’s forget of the usuals and empties pleasantries, rather than that, wish us a greeting with a couple of tracks or entire albums of your choiche that “we-can’t-absolutely-not-to-know-about”.
As we said earlier, the path has been beaten and everyone knows the classics that we all love. It would be too easy to just list those ones. Here is a list 10 tracks. 8 of my favorite Deep Cuts from Detroit Techno’s History and 2 Electro Ones. Maybe you know them, maybe you don’t. Regardless, these are some of my favorites that i like to hear all the time.
Swing Crewz II – G.Flame and Mr.G. – Moods and Grooves
Classic Detroit House label with a slamming Techno Cut on it. This track gets things pumping and has the 909 ride that I love so much.
Pimping People in High Places – Gary Martin – Teknotika
A Detroit DJ classic. This one bridges that gap from House to Techno while having a serious funk to it. No matter how many how many times I hear this one, it gets me dancing.
Genkaku – Rennie Foster – Subject Detroit
One of my all time favorites. Starts off so hard and then takes you on a journey into deepness while never losing its hard edge. Rennie is one of my favorite producers for sure.
Ibarra (Ebb & Flow) – Shawn Rudiman – Technoir Audio
Another one of my favorite Producers is Shawn Rudiman. As an artist and a Performer. This track is one of my favorites of his. A slamming tribute to Nitzerebb, This one gets me going.
Salsa – Arthur Oskan – Cratesavers
Dont let the name fool you. This isn’t a salsa track. This is a straight ripper that takes it to max immediately and then still finds a way to go higher after the sick breakdown.
Slit – Rex Sepulveda – D-Records
When I feel like hearing a symphony of power tools, I throw this one on. Rex used to make the most banging records around. I play lots of his joints, but this one is my favorite.
I Got People – J.Garcia – Cryovac
This dude is not only one of the best guys you would ever meet, but his tracks are dance floor destroyers. From his first one on Soiree to now, he consistently has been supplying me with songs that work for no matter what kind of set I am dropping. This one is House, but I layer it over Techno a lot and It kills everytime.
Jit – Soletech – Detrechno
One of the ultimate Detroit Classics. This song has been a staple in Detroit for so long. I love using this one when T. Linder and I perform as the 2×4. This one layers and adds a funk that is undeniable.
Direct Drive – Aux88 – Direct Beat
My all-time favorite Detroit TechnoBass track. Sometimes I just pack this for a gig in case I start feeling low in energy. I drop this in a set and the funk overtakes me and I have to start scratching over the breakdowns and next thing you know I am right back in it.
Strand – K-1 – Puzzlebox
Another classic for me. This defines Detroit Electro. Funky as dirty and hard with a sample from The Electrifying Mojo. It doesn’t get much better than this one.
Interview and Translation Riccardo Di Marco