Perlon rappresenta una delle label più stimate tra gli ambienti underground della scena internazionale. Pur essendo distribuita in tutti i principali negozi di musica elettronica del pianeta, Perlon è rimasta fedele alla sua linea underground, facendo parlare di sé solo per il suo sound e per i suoi parties.
Sono esattamente vent’anni che l’etichetta tedesca è in attività, vent’anni nei quali la musica è cresciuta e cambiata ma nei quali Perlon è rimasta quella di un tempo, o forse, come il buon vino, invecchiando è riuscita a migliorarsi, continuando una sorta di labor limae che ai nostri giorni propone uscite raffinatissime dalle sonorità inconfondibili. Ovviamente, durante tutto questo tempo, il suono si è evoluto e le tendenze musicali non sono più quelle da cui Perlon è partita nel 1997. Si tratta di una strada lunga fatta di successi e sperimentazioni, che hanno portato la label a prendere una direzione in linea con i gusti sempre più raffinati del suo pubblico. Ciò nonostante, i risultati sono notevoli. Lavori come il più recente PERL112 firmato Alter Mahnn, nome sotto il quale si cela il genio di due grandissimi producers con esperienza da vendere quali Frank Greiner e Ion Ludwig, l’LP monumentale firmato dall’italianissimo Luca Cara alias Spacetravel, “Dancing Therapy“, oppure l’ultima uscita di Margaret Dygas, racchiudono in sé la qualità inconfondibile delle sue prime pubblicazioni.
Perlon è l’espressione di tutta l’esperienza che i suoi fondatori Zip e Markus Nikolai si sono portati dentro sin dalla fine degli anni ’80, anni in cui Thomas Franzmann, Nikolai e Andreas Tomalla suonavano con i Bigod 20. La band EBM (electronic body music) si muoveva tra sonorità dark e acid pop, producendo una musica ricca di influenze che spaziavano dal punk elettronico all’acid house. Il background di Zip inizia addirittura prima, dall’esperienza precedente con i Second Voice, con i quali cantò per anni.
L’incontro con Nikolai è però decisivo per l’inizio della storia di Perlon. I due si concentrano fin da subito su sonorità con caratteristiche vicine a quelle l’house music, che vengono via via filtrate, spezzettate, ricostruite in maniera sperimentale e, nei casi più estremi, divengono concezioni musicali minimalistiche e astratte.
Il risultato è un’impronta nuova, pragmatica, che parte dal vecchio e arriva a formare un qualcosa di inedito, senza allontanarsi mai dall’esperienza sul dancefloor. Si comincia sempre da suoni caldi, loop lunghi che si sovrappongono gerarchicamente, rullanti, melodie ipnotiche sostenute da kick decisi e costanti.
C’è solo un periodo nella storia dei lavori marchiati Perlon in cui il suono si fissa su un binario, che potremo senza indugi definire prettamente techno-minimal, quando la tendenza del momento spinse le produzioni a prendere una direzione più cupa e oscura. È quello che avviene tra il 2002 e il 2008, una concezione che oggi si potrebbe definire superata, anacronistica, ma che contestualizzata con l’attitudine di quegli anni esprime invece un carattere di pura e fine ricerca sperimentale. C’è comunque un filo logico che lega le produzioni dal 1997 ad oggi, che non può essere semplificato nel definire o nel categorizzare le varie uscite.
La complessità dei suoni e la loro evoluzione passano sempre attraverso la concezione ed il gusto di Franzmann e Nikolai. Tutti gli artisti che hanno pubblicato i propri lavori qui, lo hanno fatto come gesto di adesione ad una causa musicale che si potrebbe, senza enfatizzare, definire purista. La vicenda Perlon, il segreto del suo ventennale successo, è da ricercare quindi all’interno della musica stessa. Al di fuori di essa non c’è materiale che possa aiutarci ad effettuare un’analisi puntuale senza rischiare di passare per forzature o congetture: non ci sono pagine web ufficiali (l’unica presente ci informa che “Perlon is opening imminently” ormai da qualche anno), le dichiarazioni pubbliche di Zip e Nikolai sono quasi inesistenti e non fanno altro che confermare la forza motrice della musica, mettendola sempre davanti a tutto. La scelta del vinile, l’assenza di pagine nei social network, i pochi showcases che gli artisti programmano nel corso dell’anno, consolidano l’immagine mitologica creatasi attorno al brand. Le uniche due sicurezze che Perlon dà ai suo seguaci sono le produzioni regolari e gli appuntamenti con Get Perlonized il primo venerdì del mese al Panorama Bar.
Un’altra caratteristica che, a posteriori, possiamo definire fondamentale per la crescita e lo sviluppo della label e dell’immaginario che la circonda, sono le grafiche. In due decadi, ad eccezione di qualche rarissima uscita, le grafiche di Perlon non sono cambiate, o meglio, sono cambiate e si sono evolute senza distaccarsi mai dalla loro forma originaria. Entra qui in gioco la competenza e la creatività di Chris Rehberger, grafico tedesco che già dal 1995 collabora con Zip e Nikolai al progetto musicale PILE, all’epoca sotto contratto con Sony Music. Rehberger dalla nascita del progetto continua con il suo lavoro a fianco dei due producers, curando la parte grafica di Perlon. Partendo quindi da questi presupposti è essenziale per capire la chiave del successo dell’etichetta, analizzarne la musica e i suoi protagonisti.
Zip e Nikolai
Le linee guida vengono sicuramente tracciate con le prime dieci uscite. Nel 1997 esce “Rood / Say One / Just Wanna”, primo EP firmato Markus Nikolai. Il lavoro di Nikolai potrebbe sembrare molto elementare rispetto a tutto il materiale composto successivamente, ma è importantissimo da un punto di vista storico poiché ricco del background precedente. Le due uscite che seguono “Rood / Say One / Just Wanna”, la prima di Zip sotto l’alias Dimbiman e la seconda di Nikolai sotto quello di Ombre Ojo, rappresentano invece i due EP fondamentali che faranno scuola a livello di genere e di linea musicale interna, divenendo poi anche una sorta di manifesto per il panorama underground internazionale dell’epoca. “Do Da Dimbi” è una traccia che ancora oggi potrebbe essere suonata e ballata nei club senza risultare superata. Ed è proprio questa una delle qualità più rilevanti che appartiene a tutti i lavori di Zip, il fatto di poter essere contemporanea ancora oggi, collocandosi al di fuori del tempo. Quasi allo stesso tempo, l’uscita di Hombre Ojo crea il punto di partenza di una visione musicale che poi ripercorreranno nelle varie uscite su Perlon artisti come Ricardo Villalobos e Thomas Melchior. Fino alla pubblicazione della seconda compilation, Superlongevity 2, Franzmann e Nikolai sono gli autori di quasi tutte le produzioni: Narcotic Syntax è un collettivo che produce le proprie tracce con strumentazione analogica di cui fanno parte anche loro due, Pantytec è il nome sotto il quale si presenta la coppia Sammy Dee e Zip. Un capitolo a parte sarebbe da spendere per le collaborazioni firmate Zip-Baby Ford. Successive a quelle sopracitate, ermetiche se vogliamo, le produzioni Baby Ford & Zip sono dei prodotti molto fini di due grandi maestri della musica elettronica. L’aneddoto più curioso raccontato dallo stesso Zip vuole che sia stato l’album di Ford, “BFORD9”, ascoltato ripetutamente mentre girava a Los Angeles un video coi Bigod20, a farlo rimanere sedotto dalla musica Techno. È l’album che ha fatto cambiare qualcosa dentro Franzmann, l’album che con la sua influenza ha fatto prendere una svolta fuori dalle linee alla sua musica, una svolta anarchica se vogliamo, che ha cambiato la sua carriera di musicista e producer.
Ricardo Villalobos
L’esordio di Villalobos su Perlon risale al 1999, anno in cui viene stampato “Frank Mueller Melodram”.L’EP, e l’ingresso del cileno nella squadra, viene ricordato da Zip con queste nostalgiche parole:
“ Ci siamo incontrati al Neuton ad Offenbach. Avevamo iniziato da poco il nostro lavoro con la label e sapevo che lui aveva della nuova musica con sé quel giorno. Allora gli proposi di andare da me per prendere un caffè e sentire le produzioni. PERL008 è uscito poco dopo quell’incontro”.
Non esistendo un indirizzo mail, né un indirizzo fisico dove poter inviare produzioni e demo, queste parole fanno capire quanto sia fondamentale il rapporto personale e la stima che che si scambiano reciprocamente i membri della label. Tutta la musica prodotta su Perlon nasce da collaborazioni tra un gruppo di artisti molto ristretto, che si rispecchia nella concezione artistica dell’etichetta. Da qui si può comprendere perché i primi lavori portino principalmente i nomi di Zip, Sammy Dee, Markus Nikolai, Ricardo Villalobos e Thomas Melchior. Si tratta inizialmente di una struttura quasi “familiare”. Villalobos è uno dei nomi che è stato pubblicato di più da Zip. Su Perlon escono gli album “Thé Au Harem D’Archimède” nel 2004 e “Dependent and Happy” nel 2012 (diviso in 4 volumi). C’è da ricordare che proprio su Perlon nel 2015 esce anche il primo album prodotto dal duo Villalobos-Loderbauer alias Vilod, “Safe In Harbour”, un album che esprime la genialità del duo per quanto riguarda l’approccio avanguardista.
Ricardo Villalobos nel corso della sua carriera pubblica anche numerosi EP sull’etichetta tedesca: “What’s Wrong My Friends ?”, “Vasco”, “Any Ideas” e di nuovo con Loderbauer “Turbo Semantic” sono la pura espressione della genialità e, se vogliamo, della follia del cileno.
Thomas Melchior
Perlon ha sicuramente avuto un ruolo fondamentale nella carriera di Thomas Melchior, come Melchior ha avuto un ruolo fondamentale all’interno del percorso della label. Il producer tedesco è senza dubbio uno degli artisti più eclettici della scena underground degli ultimi vent’anni. Il suo tocco è inconfondibile e varia a 360°. A volte, le sue produzioni possono risultare fredde, acide e crude, se vogliamo, mentre altre volte sono ricche di suoni caldi ed atmosfere tropicali.
Melchior è un maestro che ha segnato la storia della Minimal europea, o come si preferisce chiamarla adesso, della deep Techno. Il suo album prodotto come Melchior Productions Ltd., “No Disco Future”, uscito nel 2007, rappresenta uno dei capolavori stampati su Perlon fino ad oggi. Tracce come “Coming Up”, “Water Soul”, “We Shall Return”, “Don Juan” sono delle pietre miliari, pubblicate durante gli anni più cupi ed ermetici della label. EP quali “Gentlemen Jack” oppure “The Later The Evevning…”, dimostrano tutta la versatilità e la creatività di un produttore eccelso. Da non dimenticare è senza dubbio “Meditations”, del 2015, che potrebbe quasi essere definito come il suo secondo album su Perlon.
Un altro aspetto per cui Thomas Melchior va inserito tra i nomi più importanti e rappresentativi della Perlon è la longevità con cui vi collabora, unita ovviamente alla sua polivalenza creativa. Dal 1999 ad oggi, il suo contributo è stato costante; le sue produzioni sebbene a volte possano sembrare troppo concettuali, come ad esempio gli EP “Bums 4 Higher” e “Different Places”, che possono sembrare di difficile ascolto per chi ha meno confidenza con il genere e l’autore, hanno comunque lasciato il segno ed influenzato di molto le tendenze del momento sia all’interno della stessa label, sia al di fuori. Inutile sottolineare come sia notevole anche il suo contributo in coppia con Baby Ford. Sebbene come Soul Capsule sia uscito poco, produzioni come “Waiting 4 A Way” e lo spettacolare remix di “A Deeper Love” di Portable, non possono che aumentare il prestigio della label ed il suo spessore internazionale.
Per concludere dobbiamo ricordare come la collaborazione con Perlon continui ad essere fonte di ispirazione per moltissimi artisti della vecchia e della nuova generazione. Solo nel 2016 l’etichetta ha dato alla luce lavori come l’album di Fumiya Tanaka “You Find The Key”, “Noah’s Day” di Binh, EP come “Even 11” di Margaret Dygas o “Deep Under Sobriety Regime” di Mayaan Nidam.
Prima di questi è doveroso ricordare anche gli altri producers che hanno lavorato per far crescere la storia ed il mito di Perlon: Marc Leclair aka Akufen/Horron Inc., Ark, Martin Schopf & Sonja Moonear aka Dandy Jack And The Junction SM, Cassy, Matt John, Audio Werner, Bruno Pronsato & Sammy Dee aka Half Hawaii, Luciano, STL, Portable, A Guy Called Gerald, San Proper, The Mole, Matthew Herbert e Onur Őzer sono solo alcuni di questi.
Alla luce di quanto detto, è facile comprendere il perché della longevità del progetto di Zip: firme importanti e produzioni curate, ricercate e mai scontate, sono state la chiave del suo successo e, senza ombra di dubbio, lo saranno anche in futuro. Le ultime pubblicazioni inoltre, spazzano via le critiche mosse da alcuni appassionati di aver perso quello smalto che rendeva ogni uscita una classico imperdibile del genere underground.
Ion Ludwig e Frank Greiner confermano.
Alessandro Carniel