Il 13 Novembre sarà ormai sempre ricordato come quel sanguinoso giorno in cui dei terroristi islamici hanno fatto mattanza di indifesi civili durante una spensierata giornata dedita allo svago.
La crudeltà e l’assurdità di tale atto spinge anche noi a parlarne e cerchiamo di trovare uno spiraglio che riporti fiducia nel genero umano, e come sapete, cerchiamo di farlo attraverso la musica.
I fatti di tale sanguinosa giornata sono essenzialmente questi: ci sono state 128 persone uccise, 192 feriti, di cui 99 gravi, in svariati attentati nella capitale francese.
Il più efferato, che è quello che ci ha spinto a scrivere questo articolo che speriamo essere il primo e l’ultimo della nostra carriera, è stato quello al Bataclan, la storica sala concerti nell’XI arrondissement, dove si stava svolgendo il concerto del gruppo rock americano Eagles of Death Metal.
Un concerto al quale stavano assistendo 1.500 persone, convinte di arricchirsi musicalmente al suono delle canzoni dei loro beniamini, o almeno di passare una giornata all’insegna dello svago, non sapendo invece che avrebbero assistito ad una carneficina.
Quattro terroristi armati di kalashnikov e fucile a pompa hanno sparato sulla folla. Freddi, spietati.
Dopo aver assassinato diversi spettatori, i terroristi hanno radunato un gruppo di ostaggi, mentre nel frattempo accorrevano le forze speciali, entrate in azione solo dopo la mezzanotte.
“Erano a volto scoperto, molto sicuri di sé. Erano molto giovani“, ha raccontato un giornalista di Europe 1, Julien Pierce, che era all’interno del teatro. Ha visto entrare “due o tre individui non mascherati, con armi di tipo kalshnikov” che hanno “cominciato a sparare alla cieca sulla folla“. E’ durata “dieci-quindici minuti, c’è stato il panico, la gente si è mossa verso il palco, qualcuno è stato calpestato, io stesso sono stato calpestato – ha aggiunto – Hanno avuto tutto il tempo di ricaricare le armi almeno tre volte“.
Si è trattato del più cruento attacco in territorio francese dalla seconda guerra mondiale e del più grave attacco terroristico in Europa dopo la strage di Beslan del 2004 in Ossezia. Gli attacchi hanno avuto luogo meno di un anno dopo l’attentato alla sede di Charlie Hebdo di Parigi del gennaio 2015.
Il nostro cordoglio si unisce a tutti quelli che, come noi, credono che la violenza, le assurde guerre politico-religiose, gli attentati, il terrorismo, debbano rimanere assolutamente al di fuori non solo della scena musicale, ma della civiltà tutta. La musica è il piacere più grande e puro che l’essere umano sia mai riuscito a tirar fuori dalla propria anima.
Il Bataclan non è solo una sala concerti che accoglie i giovani e i meno giovani della capitale francese volenterosi di ascoltare buona musica. Il Bataclan era un Cafè Concert che ha simboleggiato e proposto cultura musicale e teatrale, a 360°, in modo orizzontale, non facendo differenziazione di sesso, orientamento politico o religioso, ma anzi, cercando di unire il diverso. Di fatti il Bataclan è un monumento storico, dichiarato così nel 1991, che unisce l’oriente e l’occidente. E’ situato a Parigi, costruito dall’architetto francese Charles Duval ed ispirato all’architettura cinese. Colpirlo oggi è stato o un’allegoria o l’ennesimo segno di ignoranza.
Oltre a rinnovare il dispiacere, il lutto, per le vittime di questi attentati che per noi sono puramente follia, il nostro pensiero va anche alla musica, vittima anch’essa di un’atrocità senza spiegazione, ma dalla quale situazione tragica essa può farci uscire, ergendosi a simbolo di pace, di sofferenza e di unione, come ha sempre fatto nella storia, soprattutto a in Francia, dove si dice che tutto finisce in canzone.
E’ proprio con questa canzone francese che concludiamo questo articolo (scritto più col cuore che con la testa ma spero apprezzerete).
J’attendrai di Rina Ketty era stata pubblicata nel 1938 su un disco a 78 giri della Pathé; era stata composta adattandola in francese da una canzone italiana di qualche anno prima (1933), Tornerai del cantante Dino Olivieri, il quale, a sua volta, per la musica si era ispirato nientemeno che da un’aria della “Madame Butterfly” di Giacomo Puccini, è ritenuta una delle canzoni simbolo contro la guerra, nel caso specifico la II Guerra Mondiale, passando per l’essere divenuta una canzone dei soldati che andavano a morire (quindi una canzone nella guerra e contro la guerra in sé e per sé).
Speriamo con tutto il cuore che articoli come questo non abbiano più la luce su questa rivista, ma è stato doveroso scriverlo.
Pier Paolo Iafrate