Spesso protagonista di numerosi b2b con l’amico Marcel Dettmann, Ben Klock è uno dei rappresentanti più autorevoli del Berghain.
Ben Klock è per molti un’icona della Techno contemporanea. La fama del DJ tedesco è aumentata esponenzialmente insieme a quella del club berlinese che lo ha lanciato, motivo per il quale il suo nome vi viene spesso associato.
Il suo sound duro, cupo e allo stesso tempo ricercato ed elegante, ha contribuito alla definizione di un genere che negli ultimi anni è tornato a farsi spazio nei festival e nei dancefloor di tutto il mondo. Agli inizi della sua carriera però, la Techno per come la conosciamo era ormai da qualche anno passata in secondo piano, complice l’ondata di minimal che la faceva da padrona, unita alla progressiva ascesa della Tech-House, genere più facilmente distribuibile su larga scala. Nel primo decennio degli anni 2000 infatti, c’è stato il passaggio da quella che viene ora definita come Techno “old school”, influenzata per lo più dalle sonorità anni ’90 provenienti da oltreoceano, a quella che oggi è considerata come Techno contemporanea, tendenzialmente meno spigolosa ed arricchita di tutti gli elementi provenienti dall’uso massiccio della composizione digitale.
Al di là delle classificazioni, che molto spesso creano delle barriere inesistenti, le sonorità che Klock propone sono il risultato di un lavoro duro e difficile. Sono mattoncini che hanno costruito un’identità ben precisa, frutto di un percorso che ad un certo punto si fa buio e tortuoso. C’è stato un periodo in cui Ben considera addirittura come possibile l’opzione di lasciare la carriera da dj. Infatti, non tutti sanno che Ben Klock prima di diventare resident del Berghain, svolgeva accanto al lavoro di dj quello di grafico. Durante questo periodo, dalla fine degli anni ’90 al 2004 circa, il suo profilo artistico non riesce a trovare ancora la propria dimensione. Rimane chiuso dentro a degli schemi, ormai vecchi, senza riuscire a tirar fuori quella che davvero è la sua personalità, la sua visione più profonda. I suoi gusti personali sono ben definiti, il suo background è dei migliori: frequentatore di uno dei club più importanti di fine secolo, il Tresor, occasionalmente ospite del vecchio Ostgut, Ben Klock non riesce a esprimere con la musica tutto quello che ha dentro.
Solamente dopo un lungo percorso, fatto di alti e bassi, è riuscito ad esprimere al meglio quella che realmente è la sua idea di musica. È proprio grazie a questo lavoro minuzioso che oggi possiamo apprezzare tutte le varie sfumature che i suoi lavori contengono. Possiamo così godere delle contaminazioni House, dell’acidità contenuta in alcune delle sue più grandi produzioni, del suo minimalismo e della profondità dei suoi kick. Klock è uno dei più grandi artisti in circolazione, dj completo, producer attento, che conserva sempre quell’aria di modestia che lo contraddistingue. La sua musica è un concentrato di emozioni, frutto della sua sensibilità di artista, che disco dopo disco va perfezionandosi fino ad essere per tanti un punto di riferimento indiscutibile.
Ecco le 10 tracce fondamentali della carriera di Ben Klock.
#1 Ben E. Klock – Sine Musica Nulla Vita, 1998
Iniziamo da un Klock inedito. Il primo disco pubblicato da Klock, “Clockworks”, uscito sull’omonima label “Clockworks”, creata per l’occasione, è un esempio chiarissimo di come funky, dub e house music siano i generi alla base della sua crescita artistica. In molte occasioni Klock ha ribadito di non essere un purista della Techno, tanto da essere annoiato nel vedersi continuamente etichettare come produttore esclusivamente Techno o addirittura dark-Techno. L’artista afferma di essere infastidito quando durante le sue esibizioni nota nelle persone sguardi che fanno trasparire un pensiero del tipo: “coraggio, sappiamo che puoi pestare più di così”.
Ovviamente lo sa anche lui, e Klock è uno dei dj che meglio risponde alla chiamata del pubblico. È però perfettamente comprensibile che un artista voglia spaziare, senza dovere per forza fissarsi su un genere e fossilizzarsi in esso. “Clockworks” è il prodotto dell’esperienza di Ben Klock su Jazzanova, collettivo di cui faceva parte sul finire degli anni ’90.
A quei tempi si esibiva in un club chiamato Delicious Donut, dove suonava di tutto: dall’Acid Jazz alla Drum ‘n’ Bass, passando ovviamente per l’House music. Se uniamo quest’esperienza alla passione di Klock per la musica, in particolare ai suoi studi di pianoforte Jazz, la nostra analisi si amplia radicalmente, intuendo il motivo per il quale l’artista non si voglia esclusivamente focalizzare su un genere.
A proposito della definizione “Berghain Techno”, Klock risponde in questo modo ad una domanda postagli qualche anno fa da Chris Miller e pubblicata su Shiftmalta:
“… A volte mi arrivano delle promo che mi vengono presentate come un qualcosa assolutamente per me, che mi dovrebbe piacere. Appena finisco di leggere descrizioni simili so già che non mi piacerà, che è noiosa tutta quella musica che mi viene passata come Berghian music…”.
#2 Ben Klock – Big Time, 2006
Bpitch Contol è una tappa fondamentale dello sviluppo della carriera dell’artista berlinese. L’ep “Big Time” è una delle produzioni che contiene le sperimentazioni effettuate da Klock negli anni in cui era alla ricerca della sua strada. BPC 126 insieme alle precedenti releases sulla label di Ellen Allien, ci presentano un Klock ancora chiuso dentro lo schema della vecchia techno, con una cassa dritta che da un lato viene influenzata dalla minimal, mentre dall’altro porta avanti quelle sonorità che sono riconducibili alla musica trance tedesca, che proprio in quegli anni inizia il suo lento declino.
Klock dall’eperienza con Bpitch Control porta con sé la consapevolezza di dover fare qualcosa per sé stesso, di dover lavorare ancora duramente per riuscire a disegnare completamente la sua tela musicale. Da questo momento in poi inizierà ad abbandonare le sonorità in voga in quel periodo, per concentrarsi in tutto per tutto su quello che realmente ama. Inizierà un nuovo percorso, individuale, all’interno però di un preciso spazio di lavoro, quello del Berghain e di Ostgut Ton.
#3 Klockworks – Glandula Piti, 2006
Il 2006 è l’anno che rappresenta la svolta. Dopo la prima uscita su Ostgut Ton, frutto di una collaborazione con l’amico Marcel Dettmann, Klock decide approfondire le intuizioni positive che lo pervadono da quando è divenuto resident del nuovo club, il Berghain. La residenza nel locale da il via alla sua rinascita artistica. L’aria nuova che si respira al suo interno gli permette di esprimersi senza condizionamenti, uscendo da una corazza che non gli appartiene più, fatta di troppe attenzioni verso le esperienze passate.
Ora Klock si sente libero, ed è pronto per guardare al futuro. Il Berghain è il luogo che gli consente di farsi conoscere per quello che è davvero. Klock lo definisce (e non solo lui) come la sua casa. Inizia così a focalizzarsi solamente sul suono, decidendo di creare una label sua, in cui pubblicherà costantemente durante la fine degli anni ‘2000, Klockworks.
“Glandula Piti” è un prodotto nuovo, fresco, un punto di partenza che però contiene già tutte le caratteristiche con cui si è soliti definire la musica del tedesco. Una techno lavorata, ricca di dettagli, perfetta per essere ballata, melodica e ben strutturata. È il suono di Klock che inizia a farsi strada.
#4 Ben Klock – Czeslawa, 2007
“Czeslawa/ Warszawa” è un grande ep. Klock decide di pubblicarlo su Ostgut Ton, come tutte le produzioni che ritiene artisticamente più originali, mentre su Klockworks usciranno le tracce pensate appositamente per il dancefloor. Il cambiamento della struttura dei suoi lavori rispetto alla sua fase pre-berghainiana è evidente: i toni si sono abbassati, sgrezzati, la musica si sviluppa in un modo più piacevole ed elegante. Il kick non abbandona mai la composizione ma non è invadente, come un buon arbitro che fa bene il suo lavoro quando non viene notato. La componente minimalistica dell’opera si distacca completamente dalla tendenza berlinese dell’epoca, aggiungendo un qualcosa in più alla traccia, equilibrandola e rendendola una delle poche tipologie di minimal-techno che ancora oggi non risultano anacronistiche, superate.
Klock ha piena padronanza della situazione e “Czeslawa” è una traccia che ne conferma la maturità. Il percorso iniziato all’interno della label, e continuato con la fondazione della propria etichetta, ha trasformato Klock in un dj maturo e ben consapevole delle sue possibilità. Un punto di partenza ideale per un ragazzo umile, che non si è mai montato la testa e che inizia a lavorare il doppio una volta ottenuti i primi successi.
#5 Klockworks – Gasp, 2008
L’inizio del nuovo millennio può essere considerato per certi versi come la seconda età dell’oro della musica Techno. Il purismo lascia spazio alla sperimentazione. La Techno diventa oggetto studio, di ricerca di innovazione e virtuosismo tecnico. “Klockworks 04” racchiude tutti questi elementi. Al suo interno vi incontriamo tracce oscure come “Grab Me” e “Pulse”, che si contrappongono a composizioni come “Gasp” che strizza l’occhio al passato di Klock, contenendo influenze che arrivano direttamente dall’house music, dal funky e dal suo percorso di musicista. Il tutto costruito su una struttura ritmica squisitamente techno. L’ep è uno di quelli che rimarrà nella storia, sia per il suo lato industrial e dark, sia per il perfetto sviluppo di suoni che al contrario sono caldi e orecchiabili. “Gasp” incorpora tutte le atmosfere del primo disco di Klock, “Clockworks”, rielaborate e inserite in una dimensione in cui l’artista si trova perfettamente a suo agio.
Ecco allora che viene alla luce un ep dove Techno e House convivono perfettamente e si completano a vicenda, in un capolavoro della serie “Klockworks”.
#6 Ben Klock feat. Elif Biçer – Goodly Sin, 2009
Il perfetto coronamento della strada percorsa fino a questo momento non poteva che essere la pubblicazione del suo primo album. Realizzato in un momento difficile, nel quale soffre per la perdita della madre, Klock riesce a far confluire le sue emozioni dentro l’lp. Definito come uno degli album più belli mai usciti su Ostgut Ton, (ristampato di recente), “One” è una pietra miliare nella carriera dell’autore. Il disco si colloca all’interno di un complesso sistema di contaminazioni. Non parliamo di semplice musica techno, ma di sonorità che spaziano dall’ambient alla drum ‘n’ bass, che si uniscono a forme appartenenti all’house music e alla minimal techno.
L’equilibrio che racchiude in sé è stupefacente, come la serenità trasmessa durante il suo ascolto. Le collaborazioni con Elif Biçer, che presta la sua voce per lo sviluppo di tracce come “Goodly Sin” e “Ok”, sono tra le più rappresentative del disco. Delicata e gentile, la voce della Biçer è un elemento che completa le produzioni del tedesco in maniera egregia, rendendo “One” la dimostrazione perfetta della sensibilità di Ben Klock.
#7 Ø [Phase] – Binary Opposition (Ben Klock Process), 2012
Il Ben Klock che vi abbiamo descritto fino a questo punto è un Ben Klock lontano dalla figura conosciuta ai più, quella del dj cattivo e potente che tutti abbiamo in mente. Il remix uscito su Token del brano di Ø [Phase] appartiene esattamente a quel Ben Klock di cui tutti parlano. Perfettamente techno, cassa dritta e oscura, la versione di “Binary Opposition” realizzata dal resident del Berghain è una perfetta testimonianza della techno più radicale e, se vogliamo, conservativa.
Ossessiva, ipnotica, priva di elementi presi in prestito da universi più “light”, la traccia durante il corso dei suoi otto minuti sprigiona tutta la forza della techno industrial, cruda e rigida. Klock in questo caso non fa sconti e va dritto al punto. È il classico pezzo che ci aspettiamo venga suonato da lui, in linea con il suo standard.
Quando decide di essere più morbido lo fa per una sua scelta, per la voglia di spaziare, ma Ben Klock sa perfettamente cosa sia la musica techno e la maneggia con maestosa destrezza.
#8 Josh Wink – Are You There? (Ben Klock Remix), 2014
Se parliamo di background, di esperienza e di formazione, Ben Klock ha ben chiari in mente quali sono gli artisti che lo hanno più impressionato negli anni in cui si è avvicinato alla musica elettronica. Josh Wink è indubbiamente uno di questi. È naturale allora pensare che il remix di “Are You There?” sia uno degli omaggi che Klock fa al suo beniamino, dopo gli anni trascorsi ascoltarlo nei club. Il remix è una delle produzioni più belle realizzate dal tedesco, che dona una seconda vita ad un disco dell’artista americano uscito nel 1997. Il vocal del pezzo viene collocato da Klock all’interno di una sequenza di kick e bassline squisitamente techno, re-interpretandolo 17 anni dopo la sua uscita. Le sonorità tipicamente anni ’90 lasciano spazio alla techno più attuale, cupa e ossessiva. Un grande lavoro con il quale Klock dimostra ancora una volta la sua polivalenza, anche di fronte ad un mostro sacro come Josh Wink.
#9 Ben Klock – Sirens, 2015
Dopo 5 anni di assenza dallo studio, quale motivo migliore della compilation per i 10 anni di Ostgut Ton per ritornare a produrre? Non c’è davvero miglior occasione per pubblicare una composizione come “Sirens“. Una delle più belle del cofanetto, la traccia è frutto di un lavoro molto fine. La linea melodica si sviluppa su una base acida e compulsiva, equilibrandola, dandole uno spessore differente e se vogliamo rendendola meno banale. “Sirens” apre gli orizzonti, portando con sé un profumo mistico di paesi lontani e luoghi leggendari. Klock dopo un periodo in cui focalizza la sua attività lontano dallo studio, riesce a tornare a far parlare di sé anche come producer.
“Sirens” non è assolutamente una produzione di facile ascolto, va dosata e inserita in maniera accurata nello sviluppo di un dj set.
#10 Dettmann & Klock – No One Around, 2017
L’ultima traccia che vogliamo inserire in questo approfondimento è “No One Aound”. Contenuta nel doppio ep “Phantom Studies”, la nuova creazione della coppia Dettmann/Klock sigilla quello che è stato il percorso artistico dei due fino a questo momento. Siamo molto lontani dalla loro prima apparizione su Ostgut Ton, e la distanza temporale che separa il primo ep dal numero 100 è evidente. “Phantom Studies” è un lavoro sul quale si è creata un’aspettativa enorme da parte del pubblico, mentre “Drawning/Dead Man Watched The Clock” è stato un prodotto molto più spontaneo. Ciò nonostante le attese sono state rispettate: il disco non è un flop, è aggressivo, elaborato, un perfetto mix delle qualità distintive di entrambi.
“No One Around” è una traccia che spinge, ossessivamente, una di quelle che ti inchioda al pavimento. Industriale, acida, oscura, riflette perfettamente l’attuale momento dei due artisti, la loro perfetta padronanza del genere e la loro consapevolezza di essere un punto di riferimento da seguire.
É difficile per tutti sapersi confermare sulla cresta dell’onda, ancor di più lo è riuscire a superarsi. Il percorso di Ben Klock insegna che il duro lavoro ripaga sempre, soprattutto quando viene fatto con passione, senza scendere a compromessi con niente e nessuno ma seguendo semplicemente il proprio istinto.