Con Raw Culture, siamo al terzo episodio delle cronache MyZone in cui ci occupiamo di una label, piuttosto che di un singolo artista. Come è stato precedentemente curato per Arroyo e Viceversa Wax, stavolta si parla di un progetto che merita una panoramica di ampio respiro, anche per capire da quale punto si è partiti e quale arco di maturazione si è compiuto negli anni.
In Raw Culture sono condensati un’insieme di elementi semiotici della club culture degli esordi, puramente americana – con certi picchi Detroit e Chicago visibili a occhio nudo – che convivono organicamente con tutto ciò che è venuto dopo, sia temporalmente che geograficamente.
Raw Culture è una giovane label con base a Roma che si presenta orgoglisamente fautrice di una sorta di artigianato musicale, attraverso le cui tecniche arrivano a noi particolarissime release in formato vinile o cassetta. Tendenzialmente, su nastro ci pervengono i lavori in un certo senso d’ambiente, più dilatati ed eterei, in un formato che ora sta tornando a sedurre tutti i produttori e le label indipendenti. Mentre invece un binario più fondato sul beat corre parallelo in formato vinile – e giustamente, aggiungeremmo, dato che in questo secondo filone si tratta sempre di tracce che sposano decisamente un’esperienza più dancefloor, per cui il vinile è necessariamente materia prima imprescindibile per rendere giustizia allo stile Raw Culture.
Anche perchè il supporto su cui sono incise queste registrazioni è solo una faccia della medaglia. Coerentemente con queste scelte, il suono è ancora più emblematico del nome che questo collettivo si è scelto, e il timbro generale risulta all’orecchio in perfetta continuità con la pasta sonora di nastro e vinile.
Passando in rassegna le release uscite finora sul loro profilo Soundcloud, si nota immediatamente come le atmosfere siano pervase da una certa “crudezza”, per l’appunto: un suono intenzionalmente lasciato grezzo, talvolta con una saturazione che quasi provocatoriamente arriva a grattare, specialmente sulle profondità del kick e su certi hats. Il mix vagamente “chiuso”, ovattato, conferisce una certa intimità all’esperienza di ascolto. Anche nei brani più estroversi permane sempre una pacatezza di fondo, tra accordi housey e rintocchi dichiaratamente dubby, che come un lunghissimo filo rosso attraversa la discografia intera.
Ma se è crudo il suono, non si può definire grezzo l’arrangiamento. Come per quegli artigiani esperti a cui sembra sempre riesca facilmente qualsiasi cosa, quando invece è la padronanza a far sembrare facile un lavoro complesso e di fino, anche qui si ha l’impressione di una piena disinvoltura nell’inserire timbri tipici dei generi menzionati ma al contempo mai scontati, scelti ai margini della gaussiana degli archetipi House, Dub, Techno. Samples di fattura più acustica si miscelano quindi a groove di drum machine Roland nude e crude in un tessuto trascinante e verace. Il risultato finale è spesso una traccia che si lascia ascoltare con una certa facilità, ma senza orpelli o patinature che ne stempererebbero la spontaneità.
“Old School” quindi è una parola su cui è inevitabile atterrare, per tutti questi motivi incontrati introducendo Raw Culture: dall’immagine, passando per i supporti utilizzati, il suono, il genere, gli strumenti del mestiere e quindi – a monte di tutto ma anche a valle – lo spirito della label.
La componente visiva ha un taglio aggressivo, a cominciare dalle belligeranti e sovversive parole di Filippo Tommaso Marinetti su cui ci si imbatte come presentazione alla label, unite all’estetica del passamontagna dal sapore puramente Underground Resistance. Passamontagna che troviamo sistematicamente incollato su ogni volto che compare, tanto da divenire il logo di Raw Culture, stampato anche sul centrino dei loro vinili.
La prima release ha in copertina un frame probabilmente preso dalle riprese a circuito chiuso di una rapina in un minimarket, o qualcosa del genere. Il lancio della label fu nel 2016, e molto presto le trenta cassette di questa release di esordio sono andate sold out. Si tratta di un VV.AA. che porta le firme di Distorted Portrait, VNZO, Thought Project, Pablo Diskko e Danilo Scamandro e si intitola “Pushers 01”. Qui le preview dei brani, che non possono più essere reperiti fisicamente. Una cosa che si può notare sin dall’inizio è proprio come il suono sia in generale forse più delicato delle immagini, e in particolar modo in questa prima uscita. I brani hanno un’andatura uniforme, con un certo groove ma anche con una certa delicatezza, se così si può dire. Una punta di acido si può sentire come retrogusto, ma non basta ad inasprire eccessivamente atmosfere che tutto sommato restano dolci.
La seconda release è stata invece interamente affidata al francese R Sensation, che ha prodotto un EP di cinque tracce chiamato “Maison Close“, anche questo rilasciato in formato cassetta in trenta sole copie. L’EP contiene anche un rework da parte proprio di Asymmetrical che spicca per la sua bellezza. Forse la traccia più particolare del RWCLTR002, si fa ricordare per il beat spezzato molto distorto, con un pad che lo pervade in tutta la sua lunghezza e un sample di voce che viene praticamente impiegato come strumento musicale puro, che si tiene su una nota costante senza mai cadere a riposo, spostandosi a destra e a sinistra senza sosta, al contempo in lontananza e che barcolla senza pace davanti all’ascoltatore.
R Sensation che compare e si fa ricordare anche nel terzo capitolo è nuovamente un VV.AA. intitolato “Pushers 02“. La raccolta comprende i nomi di Pearl River Sound, Alter D, R Sensation & Wilt, Raär, Acid Flowerzz e NTN. Qui si è osato di più, in tutte le direzioni. La presenza di sfumature acid, nelle tracce in cui è presente, si sente più di una semplice nota secondaria, specialmente i guizzi tipicamente 303 nell’opening di Pearl River Sound; il beat, quando è saturato, lo è visibilmente, e anche quando volutamente esagerato in un qualche modo risulta ancora perfettamente gradevole; persino le timbriche prese dal mondo house e dubby sono più marcate: strings inconfondibili e accordi minori in sidechain con rotondi kick sono un’impalcatura archetipica del genere.
La quarta release è senz’altro una di quelle che si fa apprezzare maggiormente, come complessità dell’intreccio sonoro soprattutto come “bagaglio culturale” trasmesso, infuso direttamente in fase di composizione. DJ Unrefined è già esso stesso un nome in perfetta sintonia con una label come questa, e porta un contributo che alza ancor di più il livello del materiale a disposizione. Possono essere scorte sfumature jazzy che raramente abbiamo visto andare più d’accordo con un’elettronica detroitiana piuttosto ostinata: un treno direttissimo che collega il Jazz alla Techno senza fermate intermedie, che ha tempo di stazionare fugacemente per panorami in cui si alternano chords a percussioni sintetiche. “I Was Born to be a Singer” è un EP pubblicato in vinile in 300 copie che non verranno ristampate, ma di cui forse ne è ancora rimasta qualcuna reperibile su Bandcamp, in alternativa alla copia digitale.
Space Age firma invece la quinta uscita. Un lavoro a cavallo tra EP ed LP, piuttosto corposo, formato da sette tracce intitolate semplicemente con i numeri romani. Vista forse l’andatura più lenta e rilassata dell’insieme, probabilmente le menti dietro Raw Culture hanno preferito rilasciare in cassetta questo “Home Taping EP“, proiettandolo automaticamente nel novero della parte più d’atmosfera del catalogo. Spicca in particolar modo l’uso delle drum machine concepito secondo quello che secondo i designer dell’epoca avrebbe dovuto essere l’utilizzo originario (aspettativa poi sistematicamente disattesa in maniera plateale, vista l’applicazione e quindi la storia differente che questi strumenti hanno tracciato nella dance music), e cioè quello di simulare una batteria acustica, “vera” il più possibile in tutte le sue sfumature. E forse non a caso per questi scopi compare più spesso di altre la Roland TR-707, forse la più adatta per tale intento, programmata con una certa maestria ad esibire dei groove sorprendentemente naturali e quasi “umani”. L’esempio più lampante è nella notevole traccia “IV”.
Poi, quando credi che la situazione si sta evolvendo verso sonorità più decise, arriva Nebrah – unione tra NMSS e Wilt, più due remix di No Moon e Douala – con “Space dub n’tribal rhythm“, EP dal titolo che più didascalico non si può. Ci si distanzia dalle release precedenti nell’atto di osare sfumature più “trippy”, intese nel senso psichedelico del termine, o meglio in chiave Dub con tutti gli annessi e connessi del macro-genere in questione. La firma stilistica del beat alla Raw Culture permane e pervade la strada tracciata, senza la minima incertezza o ambiguità. Stavolta però prendono piede più spesso del solito dei breakbeat che fanno da letto a pad ipnotici, con che si alternano di traccia in traccia alle timbriche polifoniche più familiari riscontrabili nelle release precedenti.
A questo punto siamo giunti al momento presente. E manca appunto il settimo sigillo ad aggiornare il catalogo Raw Culture. Questa volta la release, ancora imminente, è un lavoro del fondatore Asymmetrical e porta il titolo di “For Muthafucka Use Only EP”. E’ possibile già preordinare una copia delle 300 disponibili in vinile, oppure acquistarlo in digitale. Ufficialmente, è previsto che esca il primo di novembre. Dalle preview possiamo sentire che fa quasi da manifesto al percorso fatto finora dalla label. Le prime due tracce fanno da apertura e chiusura di un EP che si preannuncia felicemente “bouncy”, particolarmente Detroit, forse più del solito visto il passo deciso dei brani centrali. La prima e l’ultima traccia, invece, offrono il respiro che diviene essenziale recuperare dopo un coinvolgimento fisico tanto alto. Addirittura, l’EP si chiude con un rap, finora mai proposto con tanta sincerità e disinvoltura. Rap che effettivamente risulta coerente con tutto il resto, come se fosse sempre stato lì. E in un certo senso ci risulta anche difficile negare la sua presenza, anche fosse in lontananza, nella panoramica appena trascorsa insieme sin dai suoi primi passi.
Perchè le influenze rap risultano essere un elemento fondamentale per il background di Asymmetrical, che decide di valorizzare in questo ultimo EP in collaborazione con Alter D e Rapper Blue. EP che contiene anche un remix di Florian Kupfer.
Ascoltiamo le preview di “For Muthafucka Use Only” EP: