Anche quest’anno Parkett ha partecipato all’annuale appuntamento con il Sónar, partecipando sia alla venticinquesima edizione del festival, sia ad alcuni degli eventi che la città offre in questo caldissimo periodo. Le aspettative erano davvero alte: alcune sono state confermate mentre altre sono state deluse. Ecco com’è andata.
Uno degli aspetti dell’edizione numero 25 del Sónar Festival che ha forse fatto mormorare di più gli appassionati è stata la mancanza del colpo a sorpresa a cui ci aveva abituato l’organizzazione, quel colpo che l’anno scorso ha portato Björk ad essere la protagonista assoluta del mercoledì, tradizionale serata riservata allo show inaugurale che quest’anno non c’è stato.
Anche l’assenza di qualche nome al di fuori degli ormai “soliti” giganti che ogni anno presenziano al festival potrebbe aver fatto storcere il naso a qualcuno dei fedelissimi della prima ora (anche se il Sónar si conferma ampiamente come uno dei colossi da battere nell’ambito di musica, sperimentazione e avanguardia). Il Sónar festival ha infatti ribadito di essere sempre uno degli eventi più attesi dal pubblico, dato evidenziato dalla quantità presenze registrate in quest’edizione: sono circa 126000 infatti gli appassionati che quest’anno hanno scelto il Sónar, un record assoluto per la manifestazione, come vi abbiamo già annunciato qualche giorno fa (clicca QUI per le novità sul Sónar 2019).
Sónar by Day
L’edizione diurna del popolare festival catalano si riconferma la piattaforma ideale per sfatare alcuni luoghi comuni sull’evento da alcune parti criticato per aver perso nel corso degli anni la propria identità cavalcando l’onda dei grandi numeri.
La tentazione del contenitore musicale diviso in corsie come nei supermercati, in realtà, non ha mai rappresentato una minaccia concreta per la perdita di qualità del contenuto artistico della manifestazione, che fa dell’affezione e della fiducia del proprio pubblico, curioso ed informato, uno dei pilastri nella costruzione della line-up.
Ne dà prova la programmazione del Sónar by Day, ampliato negli orari con una schedule che prevede la conclusione degli ultimi set tra le 22 e le 24, la conferma dello spazio Sónar XS dedicato ai progetti dalla spiccata attitudine urban e ai nuovi talenti del grime iberico oltre al ritorno, invocato a gran voce, del temporary club Despacio.
È stata proprio la navicella vintage guidata da James Murhpy e dai 2manydjs a gravitare per ben sei ore al giorno nei ritmi della space disco ad attrarre una quantità inattesa di pubblico pronto a farsi coinvolgere nel dancefloor avvolto dai bassi pulsanti delle torri di amplificatori McIntosh e dai riflessi dei cristalli dell’immancabile mirrorball.
Il pomeriggio del giovedi si è contraddistinto per la ricercata folk elettronica della cantante e compositrice norvegese Jenny Hval e per l’immaginifico ambient pluviale di Rainforest Spiritual Enslavement, il side project firmato da Dominick Fernow aka Vatican Shadow.
Nello scenario del Sònar Hall, dedicato ai progetti live dall’elevato impatto audio-visual, l’ispirato e forsennato live del producer e beatmaker losangelino Daedelus ha lasciato spazio ai beat regolari di Agòria che ha spaccato la cassa in quattro esaltando il dancefloor della prima ora in vista dei due set più attesi della giornata: quello dell’inossidabile sessantunenne Tony Humphries e, soprattutto, lo straordinario live Laurent Plays Garnier, ideato per celebrare il venticinquesimo anniversario del festival che ha visto il re dell’elettronica francese tra i suoi protagonisti sin dalle primissime edizioni.
La giornata di venerdì si è aperta con le accelerazioni Hip Hop, RnB e Dancehall di Jamz Supernova (direttamente da BBC1 Xtra) che ha orchestrato il warm-up del Sónar Village prima dello showcase degli artisti della nuova scena africana presentati da Diplo: Kampire, Distruction Boyz e Mr. Eazi.
Di maggiore spessore il live del visionario produttore Claude Speed direttamente dalla cantera della scuderia Planet Mu e la performance minimal acustico-digitale dell’eterea e magnetica producer newyorkese Laurel Halo.
Decisivo nell’imprinting del carattere di questa edizione del Sónar è stato, invece, il live del “nostro” Liberato: al di là dell’hype che si è creato attorno al personaggio, l’artista partenopeo vince e convince, proponendo uno spettacolo ben studiato ed eseguito, che è stato capace di attirare curiosi da ogni parte del pianeta nonostante la grande prevalenza di pubblico italiano. Una formula pop che, senza pretese, funziona e diverte.
La schedule del Sabato, che chiude il programma del Sónar by Day di questa edizione, ha visto tra i suoi protagonisti il musicista finlandesi Ilpo Vaisanen e il suo sound materico e destrutturato, ricostruito dal vivo insieme al tedesco Schneider Tm.
Divertente anche se non perfetta per l’interplay – anche a causa di un problema tecnico di palco – la performance live di due tra gli artisti più attesi del festival: Amp Fiddler (synth, drum machine, keys e voce) e Tony Allen (drums) protagonisti insieme sul palco del Sónar Dóme.
Effetto granitico quello indotto della techno-distopica di Second Woman, nuovo progetto di Turk Dietrich e Joshua Eustis (Telefon Tel Aviv) accompagnati ai visuals da Padfinderei.
Sopra tutto si eleva il concerto di Cornelius: la band orchestrale guidata dall’eclettico musicista nipponico Keigo Oyamada dà vita ad un synchro live show trascinante e innovativo di fronte ad un pubblico entusiasta. Una performance da ricordare tra le migliori viste quest’anno.
Nella fascia oraria che rappresenta quel particolare mondo di mezzo tra la fine della programmazione diurna del sabato e l’inizio del Sónar de Noche vale la pena citare il cinematic-jazz dei Maribou State (Ninja Tune), l’immersiva haunting analogico dei Demdike Stare accompagnati dal regista Michael England, i beat sferzanti e di ricerca di Lorenzo Senni e il serissimo back-2-back anglo-americano tra DJ Stingray e Mumdance, a concludere la programmazione del Sónar Dome.
Sónar by night
Non c’è da nascondere che una delle esibizioni più attese di questo Sónar 2018 è stata l’esibizione live dei Gorillaz. La band di Damon Albarn ha radunato sotto lo stage migliaia di persone, che hanno assistito senza staccare gli occhi dallo stage all’ora e mezza di show della band.
I Gorillaz sono stati impeccabili, non hanno davvero sbagliato nulla, alternando a molte delle canzoni che ci hanno fatto innamorare di loro delle produzioni dell’ultimo album, una su tutte “Humility”. Forse la messa in secondo piano dei visual e della componente grafica che ha permesso al progetto di essere così popolare ha reso la figura dei Gorillaz più vulnerabile di quello che potessimo immaginare.
Lo scorrere delle illustrazioni su uno schermo alle spalle della band non ha dato il giusto spazio ad un aspetto, quello estetico, che ha fatto dei Gorillaz un classico assoluto.
Un altro artista che abbiamo seguito durante la serata del venerdì è stato DJ Harvey. La prima delle sei ore di set programmate al Sónar Car, al contrario di quello che pensavamo, non è stata degna di rilevanza; la selezione si è rivelata infatti molto piatta e priva di pathos. Nota di merito va all’organizzazione della sala: il Funktion One ha lavorato davvero bene.
Il posizionamento delle casse a 360º ha fatto in modo che si potesse ascoltare egregiamente la musica da qualsiasi angolatura all’interno del padiglione. Prima di spostarci per il live di Bonobo, abbiamo avuto modo di ascoltare qualche passaggio dell’esibizione di Benjamin Damage, e dobbiamo ammettere che l’energia dell’artista ci ha piacevolmente sorpreso, rivelandoci una figura matura che si è dilettata in uno show fresco, solido e piacevole.
Entrando al Sónar Club notiamo che il live di Bonobo sta realmente emozionando gli spettatori: nonostante l’orario non fosse quello migliore per delle sonorità di questo tipo, Bonobo ha saputo far venire i brividi a tutti i presenti.
Lo show dei Modeselektor è stato un’altra delle piccole delusioni del venerdì. C’è da dire comunque che tutto il pubblico del Sónar Pub (compresi noi), non ha smesso di ballare per tutta la durata del dj set. La selezione del duo berlinese però, a tratti ci è sembrata troppo facile e scontata rispetto a quello che ci aspettavamo per un palcoscenico di questo tipo: suonare per due ore delle grandi hit della musica techno del passato lo abbiamo trovato un approccio abbastanza sbrigativo e accondiscendente.
I due infatti non hanno preso alcun rischio, sapendo che in questo modo tutte le fasce di pubblico avrebbero gradito. Al termine dei Modeselektor siamo usciti dalla Fira Gran Vía poiché il giorno dopo non volevamo perderci per nessun motivo la chiusura di monsieur Laurent Garnier.
La techno del giovane Call Super invece è stata uno degli ingredienti che ci ha piacevolmente sorpreso durante la nottata del sabato: bpm alti e selezione all’altezza della consolle del Sónar Club hanno contraddistinto il suo dj set.
Dopo di lui, un immenso Tohm Yorke ha fatto rimanere a bocca aperta il pubblico di Barcellona anche se (a nostro avviso) sarebbe stato meglio far esibire Call Super dopo e non prima di lui.
Il back-to-back tra DJ Nobu e Ben Klock invece, è stato accademico. I due sono andati dritti al punto cimentandosi in un set rigorosamente e integralmente techno. È andata come doveva andare senza ombra di dubbio.
La tanto attesa chiusura di Laurent Garnier non ha per niente tradito le aspettative: il maestro francese ha trasportato le migliaia di persone giunte da tutto il mondo in un viaggio che si è concluso con i grandi classici della musica elettronica internazionale. A differenza di quanto scritto in merito al set dei Modeselektor, Garnier ha saputo aspettare l’ora e il momento più adatto per proporre una determinata tipologia di sound, una selezione di hit che ha onorato nel migliore dei modi la sua storia e quella del Sónar Pub.
Spotted: OFFSónar Innervisions
Nonostante il festival terminasse alle 7.00 della domenica mattina, come vi abbiamo raccontato qualche settimana fa, nella settimana del Sónar la città di Barcellona propone delle vere e proprie chicche per gli appassionati della musica da ballo. Una di queste è andata in scena al Poble Espanyol domenica 17 giugno.
La crew di Innervisions ha affiancato ai pesi massimi della label il meglio del meglio della scena elettronica contemporanea. Abbiamo infatti avuto il piacere di assistere al dj set di una Avalon Emerson in splendida forma, di un Jamie XX che come sempre ha saputo spaziare con grande classe e di un Ben UFO particolarmente ispirato.
La ciliegina sulla torta è arrivata con il back-to-back tra Âme e Dixon, un’esibizione che ha sottolineato la grandezza e la bravura di un duo che ha marcato un “prima” e un “dopo” all’interno della musica elettronica internazionale. Il tutto è avvenuto all’interno di una delle location più peculiari della città.
Possiamo concludere che ne è valsa la pena, poiché la qualità delle esibizioni è risultata migliore di quello che ci aspettavamo. Un festival nel festival da rivivere nel 2019.
Alessandro Carniel
Fabrizio Montini Trotti