fbpx

Qualche tempo fa vi avevamo parlato di Jujuka, il nuovo progetto di Julia Govor che, in maniera davvero originale, racconta il mondo del clubbing, unendo la musica dell’artista ai fumetti del duo londinese LeBlue. 

Abbiamo avuto il piacere di intervistare la DJ e produttrice russa di base a New York, che si è raccontata in maniera davvero originale. Julia Govor è una donna piena di energia, con un sacco di “immaginazione e sogni sempre molto lucidi” che l’hanno portata ad inventarsi un avatar, Jujuka, che si fa portavoce delle sue idee ed impressioni sulla scena musicale che ha vissuto e vive in prima persona.

Nell’intervista per Parkett, ci ha parlato degli artisti che l’hanno ispirata durante la sua carriera, dei talenti emergenti che l’hanno colpita recentemente e della sua grande passione per l’ambiente del club, sia come artista che come vera e propria clubber.

Ecco cosa ci ha raccontato.

Ciao Julia, grazie per il tuo tempo e benvenuta su Parkett.

Innanzitutto grazie a voi. Devo dire che leggere l’articolo su Jujuka apparso su Parkett mi ha fatto molto piacere. Uno dei miei illustratori è italiano e lo ha tradotto per me e mi è piaciuto molto il modo in cui avete capito il progetto. Vi ringrazio delle belle parole.

Tu sei nata in Russia e ti sei trasferita a New York nel 2013 dove vivi attualmente. Cosa pensi della scena techno di New York?

Corretto, vivo a Brooklyn. Quando arrivai a New York, nel 2013, era molto difficile per venir richiesta nei club: dicevano che il mio modo di suonare era troppo duro, veloce ed aggressivo, anche se quella era minimal techno ai tempi! Oggi, quando guardo Resident Advisor o Time Out, vedo che ci sono tanti eventi validi in città, come al “The Bunker”, “Elsewhere”, ma anche tanti after. Dal 2013 ad oggi la scena è cresciuta molto, gli artisti richiesti sono validi, le line-up interessanti e ci sono sempre posti nuovi da scoprire. L’unico problema di New York è che, paragonandola ai Paesi dell’Est Europa, Sudamerica e anche all’Europa stessa, c’è un approccio differente all’idea di “lasciarsi andare”. I club stanno aperti per meno ore, le persone a New York lavorano troppo e non si divertono abbastanza, forse. Ho come l’impressione che le persone si trattengano un po’. EscOno e si divertono ma magari ascoltano techno perchè è popolare, senza capire bene di cosa si tratta. Si tratta semplicemente di ballare e forse non sanno neanche come ballare (ride). In uno dei fumetti di Jujuka viene rappresentata una scena che dice “Vietato parlare in pista” ed è qualcosa che ho vissuto personalmente in un club a New York. Ero così infastidita da queste persone che chiacchieravano in pista che mi sono girata e ho detto loro “Ragazzi, potete andare al bar a parlare? Sto ascoltando la musica!”

A tuo parere, esiste o si sta sviluppando un scena in Russia?

Devo dire che non esco molto in Russia, ma so che ci sono tanti eventi validi. Ogni volta che ho suonato là, mi ha colpito molto il modo in cui la gente risponde alla musica e la capisce. La scena in Europa orientale è molto particolare, ma anche simile all’Europa, in un certo senso: la gente frequenta i club per avere una connessione personale con la musica, una sorta di esperienza ipnotica che è esattamente quello che la techno ti dà.

Parliamo della tua formazione musicale. C’è qualche grande nome del passato che ti ha inspirato particolarmente?

C’è sempre stato qualcuno che mi ha ispirato musicalmente, da quando mi sono trasferita a Mosca dal villaggio in Russia in cui sono nata. L’artista che ha avuto il maggiore impatto su di me e mi ha ispirato fin da quando l’ho conosciuto è mio marito (Kamran Sadeghi), che è un produttore e compositore di musica sperimentale e noise. Tra gli altri, sicuramente Ricardo (Villalobos): di lui ammiro in particolare il modo in cui tratta le persone intorno a lui. Si ricorda di cose anche non relative all’ ambiente musicale, perchè ci tiene…ad esempio mi chiede sempre dei miei genitori. La trovo una cosa davvero carina. In più è un grande produttore e, avendo anche questo lato umano, mi ispira davvero tanto. Un altro artista è Jeff Mills, che ammiro perchè non c’è nenche un buco nella sua carriera: fa le cose con uno stile inconfondibile, senza seguire le tendenze e il modo in cui suonava 15 anni fa è ancora lo stesso oggi. Questo per me è davvero affascinante, così come il suo intero catalogo che è fantastico.

Qualche artista emergente che hai sentito o visto ultimamente ed ha colpito la tua attenzione?

Ci sono molti artisti emergenti che ammiro e che mi hanno colpito. Alcuni nomi sono Ch40, Adiel, Adam Antine, Isabella, Mary Yazuvskaya, Radostin, Lady Maru, Flaminia, Amanda Mussi, Victoria Mussi e Tolga Backlacioglu.

Artista con cui sogni di suonare B2B?

Oh, questa è una bella domanda! Suonerei B2B con chiunque, a patto che siano belle persone (ride). In generale mi piace suonare con artisti che hanno il mio stesso entusiasmo per la musica. Quando ho suonato prima di Derrick May, ad esempio, mi ha colpito molto il modo in cui si muove in console, a parte la sua musica ovviamente. Anche lui ha detto di aver apprezzato il mio set e mi ha fatto piacere condividere lo spazio in console con qualcuno interessato alla musica dell’artista che apre per lui.

Parliamo della tua etichetta Jujuka. Come nasce l’idea di mettere insieme musica e fumetti? Si tratta di un mezzo forse meno esplorato dalla musica elettronica e forse più da altri generi, come è nata questa idea?

L’idea nacque in Cina, dove mi trovavo per un mio tour e dormivo davvero poco. L’idea di avere una mia etichetta, in realtà, mi sembrava troppo, essendo già DJ e produttrice. Volevo però qualcosa di nuovo ed avevo la storia e l’idea dei fumetti nella mia testa. Ho moltissima immaginazione e i miei sogni sono sempre molto lucidi, ma non so disegnare: volevo tradurre queste immagini in qualcosa di tangibile. Inizialmente pensai di creare questo avatar (Jujuka), basato sul mio passato ed esperienza e di farlo vivere solo sui social media. La gente spesso giudica le persone reali, ma questo non accade con gli avatar ovviamente: per questo ho pensato che i fumetti potessero essere un buon mezzo per esprimere quello che penso della scena techno. Avevo anche molto materiale musicale che volevo pubblicare, quindi questo mi è sembrato il giusto momento e modo di farlo.

Julia Govor

Dove nasce il nome Jujuka?

Mi trovavo ad un after-party e ad un tratto arrivò un ragazzo, chiedendomi quale fosse il mio nome. La musica era alta e non riusciva a sentirmi, ad un tratto io risposi “mi chiamo Jujuka”: semplicemente quel nome uscì dalla mia bocca in maniera inaspettata e in quel momento pensai che quello fosse il nome da dare alla mia etichetta.

Come hai conosciuto LeBlue e cosa ti ha colpito del loro lavoro?

Per Jujuka ho indetto una gara online: cercavo qualcuno che capisse l’ambiente del club, non che necessariamente conoscesse di persona gli artisti, ma che avesse una propria idea sulla scena e sapesse tradurla in fumetto. La mia amica Flaminia mi parlò molto bene di questo duo di Londra (LeBlue) e il materiale che mi inviarono mi colpì per la sua semplicità e la purezza nell’approccio. Ho pensato che disegnassero esattamente quello che io avevo in mente, quindi li ho scelti.

Come descriveresti la tua techno?

Userei le parole meditativa, oscura, aggressiva. La cosa più importante, però, è che voglio che le persone che ascoltano la mia musica abbiano la propria idea a riguardo. Non voglio descrivere il mio suono, voglio che sia la gente ad essere curiosa e descriverla.

Dalle tracce del tuo primo EP su Jujuka, possiamo dire che sono fatte per ballare. Su di te ho letto frasi tipo “meno storie, più techno” o “Julia Govor è nata per far ballare la gente”. Come te la cavi in pista? Vai ancora a ballare quando non suoni da qualche parte?

Certo, mi è sempre piaciuto ballare fin da quando ero una bambina. Quando entro in un club e ballo, mi sento come un pesce nell’acqua. Ogni volta che suono e vedo la reazione della folla alla mia musica, li vedo ballare e divertirsi, sento che sono esattamente dove vorrei essere. Sfortunatamente non divento più giovane con gli anni (ride) ma mi piace ballare e sarà sempre così. La musica è qualcosa di così magico e io sono davvero fortunata a poter dedicare la mia vita a questo.

I fumetti che accompagnano la tua musica spesso raffigurano la pista o l’ambiente del club. Qual è la tua idea sulle sue regole? Ho letto recentemente un articolo del giornale satirico Wunderground” in cui si ironizzava sulla techno definendola troppo seria e, in un certo senso, mi sono trovata d’accordo. Qual è la tua opinione? Pensi che ci sia ancora spazio nella scena techno per avere magari meno regole e semplicemente cercare di divertirsi?

La musica techno non va considerata solo per divertirsi, secondo me. Il suo suono è futuristico, melanconico, dark… fa emergere anche sentimenti tristi, che è corretto perchè tutti noi siamo fatti di emozioni positive e negative. Credo che il punto di Wunderground fosse quello di ironizzare sulle persone o gli artisti che si prendono troppo sul serio e sì, quello mi fa ridere e sono d’accordo (ride).

Ogni uscita di Jujuka è un’edizione limitata, in qualche modo un oggetto da collezionare. Vediamo oggi che i vinili e persino le cassette hanno una vera e propria rinascita: la gente torna a collezionare musica. Nello stesso tempo, il digitale cresce in maniera esponenziale. Qual è la tua opinione a riguardo?

Penso che sia bellissimo che la gente torni a collezionare e voler possedere musica. La crescita del digitale è sicuramente una caratteristica dei nostri tempi, di specifiche età e generazioni. Lo trovo fantastico. In più, ci sono persone che non possono permettersi di comprare vinili, quindi è giusto che esistano diverse opzioni a prezzi diversi. Su questo punto, io ho deciso di fissare un prezzo molto basso per la mia etichetta, perchè volevo davvero che fosse accessibile a tutti.

Prossime date in Europa e nel mondo?

Suonerò ad Amsterdam, Dresden e Francoforte. Sarò anche in tour in Sudamerica alla fine dell’anno.

Hai mai suonato in Italia o vorresti farlo?

Non ho mai suonato in Italia e mi piacerebbe tantissimo. L’Italia è uno dei miei Paesi preferiti, sono cresciuta guardando i film di Pasolini e Fellini quindi certo, non vedo l’ora di suonare nel vostro Paese!

 

Julia Govor

ENGLISH

A few months ago we wrote about Jujuka, Julia Govor’s latest multidisciplinary art project and record label presenting short narratives about the techno scene and pairing her music with comics by London duo LeBlue.

We had the pleasure of interviewing the Russian-born, New York-based DJ and producer who is a woman really full of energy, “with big imagination and very vivid dreams” as she told us. In one of these dreams and sleepless nights touring in China, she came up with the idea of Jujuka: her own imaginary avatar expressing her views on the techno scene through comics.

In this interview for Parkett, Julia opened up about the artists who inspired her, the new names who recently caught her attention and told us about her genuine passion for clubs, as an artist but also as a raver.

Enjoy the interview!

Hello Julia, thanks for your time and welcome to Parkett.

First of all, thank you. I was impressed by the article that you guys wrote about Jujuka. One of my illustrators is Italian and I asked him to translate it for me, so thank you so much for understanding the project and for the nice words.

You are originally from Russia and moved to New York in 2013 where you currently live. How do you see the techno scene in New York? Is it different from Europe?

Yes, that’s right. I live in Brooklyn. When I arrived in 2013, it was really difficult for me to get gigs because they were saying I was playing too hard, fast and aggressive. But that was minimal techno back in the days! Today I open Resident Advisor or Time Out and I see that there are many good events at “The Bunker”, “Elsewhere” for example or there are also many afters … so I can say that from 2013 to 2018 the scene has massively grown and bookings are really good, line-ups are interesting and I always have places to go to discover something new. The only problem with New York is that, if I look at Eastern Europe, South America or even Europe itself, there is a different approach at the idea of “letting go” in a club. Clubs here stay open for less hours, people in NY are too busy with work and don’t party hard like in other places. I feel that people are holding up a bit, they still go out but maybe they like techno because it’s cool and popular, maybe not understanding what it’s all about. It’s all about dancing and sometimes they don’t know how to … just dance, I would say! (laughs) In one of my comics, there’s an image in which a few people are talking on the dancefloor and the comics say “No talking on the dancefloor”. That actually happened to me in a place in New York and I was so angry, I was like “What? Guys really, can you just go talking at the bar? I am listening to the music!”

Do you see a scene ever existing or developing in Russia, the country where you were born? 

I don’t go out there very much but I see there are many events now. Whenever I had a gig there, I was impressed by the crowd and I see that they take it very seriously, they feel it, I could see that on their faces. Eastern Europe scene is very peculiar, but similar to Europe in some way: people go to clubs to have a personal connection with music, the hypnotic kind of experience that only techno can give you.

Let’s talk about your music education. Is there any artist of the past who inspired you particularly?

There’s always been someone who inspired me, since I moved to Moscow from my small village in Russia. The artist that made the biggest impact on me and who inspired me since I met him is my husband (Kamran Sadeghi) who is a music producer and composer coming from the experimental and noise world. Among other artists, for sure Ricardo (Villalobos): I love the way he treats people around him and cares about them. He remembers things of you, even not related to music, like he always asks about my parents for example: I find this nice! Plus he is a legendary producer and, having this human side as well, he inspires me a lot. If a look at Jeff Mills, I admire him, because there’s no hole in his career. He always does things in his own style, he doesn’t follow the hype and the way I saw him playing 15 years ago is still the same and popular today. This is fascinating to me and his whole catalogue is just fantastic

Any artist that you saw or listened to recently and particularly caught your attention?

There are many new names of artists who caught my attention recently. Some of these are Ch40 from Anapa Ru, Adiel from Rome, Adam Antine from Norofaminsk, Isabella from Boston, Mary Yazuvskaya from Brooklyn, Radostin from Bulgaria, Lady Mary from Italy, Flaminia from London, Amanda Mussi from Brazil, Victoria Mussi from Asuncion and Tolga Backlacioglu from Istanbul.

Dream artist to play B2B one day?

Oh, this is a nice question! I would play B2B with anyone really, just the nice people though (laughs). But yeah, I like to play with someone who has my same level of excitement for music. When I played before Derrick May for example, I really loved the way he was moving around the booth, apart from his music obviously. And he said the same to me, he told me that he liked my set and I thought it was nice sharing the space with someone who was interested in the music of the artist opening for him.

Can you tell us a bit more about your label Jujuka and how the idea of pairing comics and music originate? This is a medium perhaps less exploited by electronics, where did the idea come from?

The idea came to me in China where I was touring and I wasn’t sleeping enough. I didn’t want to have my own label and to be DJ, producer and label owner: that sounded too much for me. I wanted to create something new though and I had the idea of the comics and the story in my mind already, but I can’t draw. I have big imagination and my dreams are very vivid and I wanted to translate these in something tangible. Originally I wanted to create it just on social media, inventing an avatar (Jujuka) based my own past and experience. People might be judgemental about real people but they wouldn’t be about an avatar so I thought this was a good medium to express my feelings and ideas about the scene. I also had a bunch of music that I wanted to release and this sounded like the right moment and way to do it.

 

Where does the name Jujuka come from?

I was at an after-party and this guy came to me and asked me my name and suddenly I said “My name is Jujuka”: it just came out of my mouth like this. There I thought “this will be the name of my label and project”.

 How did you get to meet LeBlue and what did you like about their work?

I did a context online as I wanted someone who understood the club environment, in the sense that they didn’t have to know the artists personally but they should have a view on them, a personal idea that they could express with drawing. Flaminia, a friend of mine, told me about this duo based in London and some of the material they sent me was so pure, so authentic with regards to that approach I wanted, that I thought they were drawing exactly what I had in my mind

From the tracks of your first EP on Jujuka, we can say that they are made for the dancefloor. I read about you words like  “less story, more techno” or “Julia Govor was born to made people dance”. What’s your relationship with the dancefloor? Do you like partying when you are not playing somewhere?

I do, I always loved dancing since I was a child. When I go to a club and dance, I feel like a fish in the water. And every time I play in a club and I put some records on and I see the response of people dancing and having a good time, I feel this is exactly where I should be. Unfortunately I am not getting younger (laughs), but I still love dancing and will always do. Music is something so magical and I feel so lucky that I can dedicate my life to that.

How would you describe your techno?

I would use the words meditative, dark, aggressive. The most important thing is that I am not doing it just for myself: I want that people listening my music have their own feeling about it. I don’t want to describe my sound, I want people to be curious and describe it for themselves.

The comics accompanying your music often show the dancefloor or the club environment, more in general. What’s your opinion about the club rules? I recently read an article on the satirical magazine “Wunderground” mocking techno for being too serious and I kind of agreed. What’s your opinion on this? Do you think there’s still space to have maybe less rules and looking at just having fun in this environment?

Techno music is not just for having fun in my opinion. Its sound is futuristic, melancholic, dark … it can make sad feelings arise. But that’s good, because we are all made of positive and negative emotions. I think the point of Wunderground was mainly to make fun of people or artists who take themselves too seriously. Yeah, that makes me laugh and I agree with that (laughs).

I like the fact that each release of Jujuka will be a limited edition, in some way a collectible item. With vinyls and even cassettes now, people look at owning music as objects more than ever. At the same time, digital is growing strong too. What’s your opinion on this?

That’s great, people are collecting vinyls and cassettes to own them and I love this. But at same time the growth of digital is a fact of our times and different ways of engaging with music apply to different generations. That’s great too! There are also people who can’t afford to buy records, so it’s good to have different options at different prices as well. That’s why I decided to make my own label quite cheap compared to others, because I wanted it to be accessible to everyone.

Upcoming gigs in Europe or around the world?

My next gigs are in Amsterdam, Dresden and Frankfurt. Then I have a tour planned for South America at the end of the year.

Did you ever play in Italy or would like to?

I never played in Italy and would love to. Italy is one of my favourite countries, I grew up watching Pasolini and Fellini movies so yeah, I look forward to playing in your country!