I Radiohead pubblicano digitalmente la Public Library, una biblioteca digitale di video, b-sides e rarità, e un nuova sezione merchandising.
Come ormai ci hanno abituato Yorke e compagni, a sorpresa i Radiohead pubblicano online la loro personalissima Public Library, annunciandola con un enigmatico post su Instagram.
Il sito, sempre curato dal loro resident artist Stanley Donwood, è un intero archivio di rarità, immagini, b-sides e soprattutto video, considerato anche il fatto che recentemente il gruppo di Oxford aveva pubblicato l’intera loro videografia su Youtube. In particolare, sarà possibile anche ri-ordinare tramite il loro Wardrobe Department prodotti fuori catalogo.
Ovviamente, non sono mancate le mille speculazioni su questa mossa tipicamente alla Radiohead. Già qualche osservatore online ha letto questo archivio come una sorta di “fine” e quasi autocelebrazione di un gruppo che ha deciso di non esistere più. Altri invece hanno visto l’ennesima azzeccatissima manovra di social marketing.
Una terza interpretazione però potrebbe essere quella che, semplicemente, sono i Radiohead che fanno i Radiohead. Si amino o si odino, non c’è dubbio che è un gruppo che ha sempre vissuto nel presente, sversando la propria componente artistica anche e soprattutto nel lavoro di marketing. Come esempio fra tanti, i primi video pubblicitari di Kid A (anche chiamati blips) erano dei brevi video di cinque secondi contenenti grafiche oniriche e mini estratti dalle loro tracce. Oggi, vent’anni dopo, il nostro feed Instagram e Facebook è invaso dai nostri artisti preferiti e i loro minivideo.
Avidi lettori della contemporaneità e anche un po’ del futuro prossimo, i Radiohead con la loro Public Library hanno voluto non solo ridurre la propria distanza dalla fanbase, ma anche in concreto eliminare sempre più qualsiasi forma di intermediazione. Forse, nell’era delle mille verità, nell’era dei commenti su tutto e su tutti, nell’era dell’informazione a tutti i costi e a tutte le ore, hanno sentito il bisogno di dire semplicemente “Questi siamo noi”.