fbpx

Ogni volta che si mette un vinile, una sorta di magia riesce ad imporsi sul tempo e lo spazio, due fattori che rendono l’uomo in catene. La musica infrange questi dogmi e un disco, un vinile, una circonferenza scanalata, un microsolco, è il simbolo di questo incantesimo.

Dietro questo incanto però, c’è un processo industriale e meccanico. La creazione di un vinile richiede un lavoro fisico ed incredibilmente preciso. Così il progetto del fotografo Marco Walker, in tour nella fabbrica dove si “pressano” i vinili, documenta le fasi di questo lavoro.

(Credit The Vinyl Fabric e Stephen Galton.)

“I vinili vengono stampati a caldo per mezzo di una pressa idraulica, utilizzando una matrice realizzata in metallo a partire da un master principale, una sorta di primo disco ottenuto incidendovi con la massima precisione i suoni originali (provenienti da registrazioni su supporto magnetico ottenute in sala di registrazione). Il vinile così ottenuto, viene sottoposto prima a verniciatura con cloruro di argento e stagno.

Questa è una sostanza sensibilizzante, che permette al bagno galvanico di far sì che sul disco vi si depositi del nickel. Da questo si ottiene un primo “negativo”, dal quale viene generata una copia metallica chiamata “madre“. Questa copia presenta, come il disco di origine, i solchi incisi. La copia così ottenuta, viene ascoltata ed osservata al microscopio per verificare la presenza di imperfezioni. Ripetendo nuovamente il procedimento galvanico si ottengono gli stampi definitivi che verranno utilizzati per pressare il vinile.

Il disco che tutti noi conosciamo, ha origine da un ammasso gommoso chiamato “biscotto“, che viene inserito nella pressa a caldo, insieme alle etichette delle rispettive facciate. La pressa forma il vinile e imprime sul vinile i solchi. Dopo la pressatura, il disco presenta i bordi frastagliati, occorrerà quindi rifilarlo mediante una rifilatrice che dà al disco la forma definitiva.”

Pier Paolo Iafrate