A Milano come nel resto d’Italia, la musica elettronica è sopravvissuta grazie alla volontà, la passione e la pazienza di chi ci lavora, in quella parentesi che va dal tutto chiuso, al riaprire ma senza poter ballare.
É di questi giorni infatti la decisione di far riaprire le discoteche ma senza far decadere il divieto di ballare. E il perché trova risposta presumibilmente nelle decisioni istituzionali piuttosto che sanitarie o politiche, che considerano il clubbing e probabilmente l’arte in generale (in un Paese che ha dato i natali ad artisti che tutto il mondo ci invidia) : settori sacrificabili. Impossibile nascondere l’evidenza.
Uno dei settori che più sta pagando il prezzo di questa pandemia infatti, è quello dell’intrattenimento serale e dello spettacolo in generale. Le discoteche sono chiuse da più di un anno e sono a tutti gli effetti uno dei luoghi pubblici più ignorati da quando è esplosa l’epidemia.
Molte attività hanno temporaneamente chiuso i battenti in attesa di tornare a cavalcare quella cresta di un’onda spensierata e felice ormai quasi dimenticata; mentre molte altre hanno chiuso definitivamente, disarmati da un nemico che ha molti volti, non solo epidemiologici, ma anche appunto: istituzionali e politici.
Poco contano i dati e gli aiuti promessi mai arrivati, o in molti casi sufficienti come una goccia d’acqua in un deserto smisurato e disidratato, mentre lentamente i dati delle perdite economiche del settore purtroppo sono andati oltre le previsioni, arrivando a superare svariati miliardi di euro. Senza contare inoltre, le decine di migliaia di addetti ai lavori che di conseguenza sono rimasti senza un’occupazione; e a cui rivolgiamo il nostro più sentito abbraccio con l’augurio che tutto, molto presto, possa tornare alla normalità.
Così la politica punta il dito contro le discoteche, è sufficientemente ovvio, considerandole a tutti gli effetti, data la scelta di riaprire col divieto di ballare, probabilmente il pericolo principale della diffusione del virus. Non lo dice ma lo lascia sottintendere.
Mettendole davvero sullo stesso livello di una metropolitana affollata? O di chissà quante altre attività in cui non è possibile nessun tipo di controllo perché non di pubblico dominio? Incredibile, ma credibile. Questo paradosso tuttavia, trova le sue radici in considerazioni più sottili di cui non entreremo in merito. Ma basti pensare che, se consideriamo che chi governa (ma non solo) non ha mai visto di buon occhio il luogo di culto dove l’illegalità pare prenda il sopravvento, sotto ogni sua forma conosciuta e non: dalle droghe al giro di affari che per anni ha portato i locali notturni verso la nomea di luoghi di perdizione in senso assoluto; e il gioco è fatto, non serve chissà quale profondo ragionamento logico.
Le discoteche vengono da sempre poste in questo sistema chiuso, datato e retrogrado, dentro il secondo, quarto e settimo girone dantesco: quello dei lussuriosi, degli avari e dei violenti. Mettici poi che magari, una buona parte dei gestori effettivamente tutte le carte proprio in regole non le ha mai avute…
“Qui si sente troppa puzza di Dio” esclamerebbe probabilmente Carmelo Bene, e tuttavia, proprio tutti i torti non li avrebbe, rapportandolo incautamente al contesto della situazione musicale elettronica di oggi. Ma correva l’anno 1995, non 2021.
Tuttavia, in questo flebile empireo di instabilità e incertezza dentro il quale il settore sta ancora nuotando, la speranza di lasciarsi presto alle spalle un periodo inimmaginabile e ai confini della realtà, inizia a farsi strada? Sì e No.
Nella dualità della risposta in effetti, vi è la complicità della campagna di vaccinazione che è ormai decollata da un lato, e le attività di intrattenimento che hanno cercato di sopravvivere e di auto rigenerarsi grazie alle proprie location dotate di giardino; iniziando così a intravedere e percepire i primi bagliori di luce propria, prima della ripartenza totale.
Polemiche a parte e considerazioni pure, analizziamo quello che di positivo tuttavia e con estrema fatica riusciamo a trovarci dentro questa situazione imbarazzante. Sono molte infatti le realtà che hanno deciso di rivalutare la propria attività riqualificando le proprie location in luoghi dove non è possibile per il momento ancora ballare, ma è possibile ascoltare buona musica elettronica all’aperto; con tutte le precauzioni e rispettando tutte le restrizioni imposte.
Come in tutto il resto del paese, così anche Milano stancamente prova a rialzarsi, dal Tempio Del Futuro Perduto con Brunch Elettronico, ai Magazzini Generali, a Leoncavallo con Lobo, fino ad arrivare al Q di Viale Padova, che il 05 e 06 giugno finalmente riapre i battenti con AZZURRO.
Mettendo a disposizione per tutti quelli a cui piace buona musica, un cortile completamente aperto al pubblico dove sono state messe in atto tutte le misure di sicurezza. Compresi i tavoli per sedersi, senza ballare, da bravi bambini. Dando la possibilità ai partecipanti di bere buoni cocktail ascoltando la musica di Carlo Mognaschi, Lorenzo LSP, Marco DS, Иarcissus e molti altri, dalle 17:00 fino al coprifuoco.
Insomma, in punta di piedi e con tutta la prudenza necessaria, sia da parte di chi organizza che da parte dei partecipanti stessi, i primi eventi iniziano a rompere quel muro che sembrava invalicabile. I bpm iniziano a farsi sentire sempre più prepotentemente e come nel resto d’Italia, anche Milano sta cercando di farsi strada in quella che inizialmente avrebbe dovuto essere una parentesi di chiusura di qualche mese, ma che si è rivelata successivamente un vero e proprio scenario di guerra.
Ovviamente è ancora presto per parlare di un ritorno alla normalità, di una ripartenza delle discoteche e del clubbing, anche se sono in arrivo strumenti come TicketSms: una nuova app nata per garantire eventi in sicurezza covid free che gestirà il sistema di ticketing. (leggi il nostro articolo qui).
Molte realtà invece hanno già piantato le basi per una ripartenza con eventi e festival, come UNUM o il roBOt di Bologna per citarne due, cosa che ci lascia pensare che finalmente la musica presto tornerà, segnata da una cicatrice indelebile che sarà difficile eliminare; di fronte al silenzio durato troppo a lungo da parte di un’istituzione silente e impreparata, che ha nuovamente confermato di essere lontano anni luce dalla considerazione che hanno della musica elettronica, altre città europee.
Mentre a parlare sono state le iniziative personali dei locali, decise a colmare la necessità di sicurezza con la fondamentale ripartenza dei soggetti chiamati in causa, e che nonostante tutto, ce l’hanno fatta. Bravi tutti, no, bravi loro! Punto.
Perché la musica come l’arte in generale per qualcuno è una passione, non solo business o luogo di perdizione; e come ogni passione, non la puoi soffocare. Così dopo un oblio durato tanto, forse troppo tempo, e che nasconde un urlo assordante inascoltato, come redazione mandiamo a tutto il settore che ruota intorno al mondo della musica elettronica, dal più piccolo dei club fino al più importante dei festival, il nostro sostegno e un in bocca al lupo, nella speranza di tornare anche, molto presto, liberi di ballare. E parafrasando lo scrittore Aldous Leonard vi salutiamo così:
“Dopo il silenzio, ciò che meglio descrive l’inesprimibile, è solo la musica.”