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Alex Neri, punta di diamante della musica elettronica italiana e storico dj del Tenax di Firenze, ci racconta la sua visione musicale e ci svela i suoi nuovi progetti.

Il nome è conosciuto in tutta Europa, la qualità è garantita. Parliamo di Alex Neri, storico dj resident del Tenax club di Firenze, membro del noto gruppo Planet Funk e fondatore della etichetta indipendente “Tenax Recordings”. I temi trattati in questa intervista hanno toccato moltissimi punti. Dagli albori dell’house music, quando Alex era solo un ragazzo, fino all’avvento delle ultime tecnologie, passando per ricerca e innovazione, fino ai recenti progetti.

Alex Neri x Pikes Ibiza

Alex Neri x Pikes Ibiza

Parlando appunto di progetti, Alex Neri sta esportando il Tenax in una serie di eventi al famoso Pikes Hotel di Ibiza, ospitando nomi altamente selezionati. Tra questi troviamo amici di vecchia data e colleghi, tra cui Cassy, Slow Life, Quenum e Francesco Farfa. L’evento si svolgerà in 6 date lungo tutta l’estate, il party d’apertura è l’11 Maggio. Alex mantiene la figura centrale di dj resident ed ha ospitato per questa prima serata i dj Linden C, Andrea Fiorito e Karen Menad, che si divideranno le consolle dello storico hotel tra la sala “Freddies” e la “Sunset Terrace”.

Un lungo confronto e una piacevole conversazione quella con Alex, uno dei pochi dj che ha vissuto la nascita del movimento dell’ house music in Italia e che ha saputo, in qualche modo, influenzare l’evoluzione di questo genere. Abbiamo parlato molto della realtà in cui è cresciuto, ossia il Tenax, ma abbiamo analizzato anche come è cambiata la musica nel tempo, finendo poi a parlare di Ibiza, di nuove generazioni e di tecnologia.

Vorrei sapere quali emozioni hai provato, quali stati d’animo hai vissuto quando l’Alex Neri ragazzo, dato che hai iniziato a suonare da giovanissimo, si interfacciava con le prime consolle e con i primi locali.

Io sono un po’ un figlio d’arte, mio padre aveva un locale e sono nato e cresciuto in appartamento umile ma pieno di vinili. Fin da bambino ho sviluppato questa passione per il disco in vinile vedendoli un po’ come un gioco. Prima di iniziare con l’arte del djing, a 9 anni ho frequentato 4 anni di conservatorio suonando il pianoforte, dopodiché con amici di mio padre e con gente che bazzicava i locali della zona ho iniziato a 13 anni a fare il dj nei vari locali limitrofi.

Tecnicamente ho iniziato prestissimo, ma ovviamente fare il dj non è solo tecnica, non è la cosa più importante. Successivamente mi sono affacciato alle produzioni, sempre molto presto, verso l’86/87 sono arrivati i primi sentori dell’house music e li è esploso l’amore per il djing. Alla fine degli anni 86/87/88 mi sono appassionato a tutto quello che era il mondo del djing, iniziava ad esplodere un fenomeno in tutto il mondo, da Ibiza ai primi locali a New York fino alle prime situazioni di tendenza in Italia. Piano piano ho fatto la mia gavetta e la mia carriera. Era molto difficile e molto organico crescere come dj.

Mi spiego meglio, non c’erano i veicoli di promozione che ci sono adesso.

Immagina ai tempi di dire che facevi il dj, non era neanche un mestiere quindi la gente quando gli dicevi che facevi il dj ti rispondevano “si ok ma che lavoro fai?”. Questo per farti capire che agli albori era ancora sconosciuto questo mondo. Però io ci ho sempre creduto e sono stato tra i fortunati che sono riusciti ad avere un nome. Il bello era che il tuo pubblico lo costruivi piano piano, serata per serata e a mano a mano crescevi, i locali ti facevano suonare, così fino all’avvento di internet che ha cambiato tutti i canoni, no?!

Il dj Alex Neri

Si. L’avvento dei grandi strumenti di comunicazione, internet e i social, ci hanno permesso di espandere più facilmente il nome di un soggetto che ha l’intenzione di diventare un dj, quindi immagino quali difficoltà c’erano all’epoca.

C’è da dire una cosa però, è vero che internet dà molte più possibilità, ma ne dà di più alle persone facoltose, perché ricordiamoci che la rete, farsi promozione in rete ha un costo ed anche importante, e le persone che sono le più brave a destreggiarsi con queste nuove tecnologie hanno la meglio. Non è detto che oggigiorno il più famoso sia inevitabilmente anche il più bravo, l’arte del dj è ormai un’altra cosa.

Sicuramente non sta a noi dover giudicare, ma se posso dare un’opinione personale, tanti dj famosi al giorno d’oggi non sono così bravi rispetto alla fama che il loro nome porta. Sicuramente le cose sono molto cambiate, si sono sdoganate molte cose, si sono perse molte cose e “si è fatta di tutta l’erba un fascio”, poiché oggi dj come David Guetta e Raresh si differenziano molto perché tra i due passa un mondo intero.

Intendi proprio a livello di tecnica?

Diciamo che per la massa è difficile poi distinguere un dj da un altro, eccezion fatta per i “clublovers” che invece scelgono di andare a sentire esibirsi un dj piuttosto ché un altro per gusto di genere musicale, ma oggi la parola dj è stata un po’ sdoganata.

Una settimana fa ho letto un’intervista fatta ai giovani che raccontano quanto desiderio c’è tra i ragazzi di diventare dj, ecco che se ci penso bene agli inizi fare il dj significava tanti sacrifici, davvero non si guadagnava un cazzo, era più una vocazione che un’ambizione. Questo è cambiato, ed io ero uno di quelli ambiziosi.

Tu mi hai chiesto quando ero ragazzino cosa provavo, beh da ragazzino ero un sognatore innamorato di un mondo che mi aveva elettrizzato, l’avvento dell’house music mi ha catapultato in un mondo completamente nuovo e diverso da quello che vivevo nella società, questa era una cosa incredibile. Ancora oggi io vivo il mio mestiere e la mia carriera così con la voglia di ricerca, con la voglia di condividere insieme, non con la voglia di essere il numero 1, non è mai stata la mia (la nostra) condizione per fare questo mestiere.

In questo noto tanta differenza tra le nuove generazioni e la nostra, ossia quest’ultima ha iniziato a fare questo mestiere davvero per passione ed inseguendo un sogno, che non era quello economico. Ci siamo trovati a scrivere una pagina di storia, parte di un successo, di un movimento, che neanche noi ce ne rendevamo conto.

Con le cose che hai appena detto, forse hai toccato uno degli aspetti più importanti. Oggi costituisce un gran problema l’eccessivo desiderio di “diventare un grande nome”, quindi raggiungere una grande fama. Questa spesso porta a focalizzarsi troppo sul lato economico e si sfocia nell’ossessione del guadagno, con scarsa attenzione rispetto la tecnica e la passione. Noto spesso che molti ragazzi vanno a ballare per ascoltare i grandi nomi della musica techno e spesso non riescono nemmeno a riconoscere le note, i tratti caratteristici che denotano l’artista. Se volessimo fare un esperimento sociale, sarebbe da fare una serata con il dj coperto da un telo nero, nessuno saprebbe indovinare chi è solo ascoltando la musica.

Per sottolineare quello che stai dicendo te, ti faccio un esempio. Oggi si parla molto di dj producer, e alla fine degli anni 80 primi anni 90 ero giovanissimo avevo 19 anni, avendo suonato uno strumento mi approcciai subito alla produzione. Per farti capire quanto era diverso il mondo, il produttore di musica house (ma anche in generale il produttore) era visto un po’ come sfigato dai dj, al punto che Io, che sono stato riconosciuto recentemente da un giornale inglese come uno degli “Alias” più importante degli anni 90, facevo dischi proprio con nomi inventati, non usando il mio nome perché veniva considerato da sfigati.

Pensa quanto è cambiato il mondo, pensa ho fatto un catalogo negli anni ’90 con più di 100 tracce di un genere ben preciso che è la “Italo deep house”, che tra l’altro ci siamo inventati noi perché eravamo 3 o 4 i produttori in Italia a farla.

C’ero il mio nome Alex Neri, c’era Andrea Gemolotto, Don Carlos, insomma facevamo questo genere di musica e non usavo mai il mio nome perché era considerato da sfigati. O meglio se avessi usato il mio nome, gli altri dj non mi avrebbero chiamato, e qui risiede una grande verità: il produttore è il produttore, fare il dj è un’altra cosa. Usare proprie produzioni per diventare un dj famoso, non è direttamente proporzionale a fare questo mestiere, nel senso un bravissimo producer può anche essere un pessimo dj e viceversa.

Purtroppo, ancora oggi nel 2022 questa è una grande verità, le produzioni aiutano a farti un pubblico ma non è detto che questo ti renda un bravo dj, ne conosco molti di ottimi producer che si sono lanciati come dj e hanno concluso la carriera ancora prima di iniziarla.

Perché intendi che è un altro mestiere, quali sono gli elementi fondamentali e gli aspetti caratteristici di un buon dj?

Perché fare il dj non vuol dire proporre solo la tua musica, fare il dj vuol dire miscelare la musica di tanti altri produttori e non solo la tua, fondamentalmente.

Miscelare la tua musica con quella di altri ti permette di proporre alchimie interessanti, e l’alchimia di cui io parlo è quella che costruisci piano piano, con l’esperienza e con gli anni. Quello che posso dirti con molta sincerità è che mi reputo, a 52 anni, un bravissimo dj. Ma 30 anni fa non ero così bravo. Oggi potrei davvero suonare su qualsiasi palco, e non lo dico con ego, lo dico solo per sottolineare quanto l’esperienza sia importante in tutte le cose della vita.

Perché rimarco questo aspetto, perché se uno è bravo a fare un disco, è bravo anche a 18 anni (come ero bravo io all’epoca) ma allo stesso tempo non ero anche un bravissimo dj come lo sono diventato 30 anni dopo, ho dovuto fare la mia gavetta. Per questo mi sono meritato di suonare al Cocoricò a 30 anni, dopo 10 anni che suonavo nei locali, per dirti. Questo era un po’ il bello della mia generazione, la gavetta. Oggi i dj/producer arrivano al top grazie solo a un disco, grazie anche alla tecnologia, ma poi non sono in grade di mantenere questa carriera e di mantenere una pista come quella del Tenax.

Alex Neri x Tenax

Alex Neri x Tenax

Artisticamente sei un produttore completo a 360 gradi, quali sono i tuoi gusti musicali al di fuori dell’house music e quali sono state le tue influenze.

Io venendo dalla “famiglia” dell’house music, che all’inizio era pura e semplice senza mille altri sottogeneri, amo di tutto, tutta la musica. Dal disco alla techno, dal punk al soul, noi dj dell’epoca amiamo e suoniamo un po’ di tutto quindi in sostanza ascolto davvero di tutto.  E solo di recente mi sono specializzato in un suono ben preciso. Unico genere che non ascolto molto è l’EDM, poiché non mi entusiasma proprio come suono, sennò veramente amo ascoltare l’hip hop, il funk, la techno, la hard techno, la trance, qualsiasi cosa. Poi ovviamente mi scelgo il mio genere, quello da proporre.

Ma alla fine cerco di farmi influenzare da tutto e cerco sempre di proporre anche cose che non appartengono esattamente al mio stile, ma magari mi piace il suono e lo propongo. C’è ad esempio Marco D’Acquino che di recente ha fatto una traccia bellissima con il pianoforte, non c’entra molto il pianoforte nei miei set, ma la traccia è talmente bella che la sto spingendo e suonando tantissimo in giro, tant’è che è diventata una Hit.

Suonando tutto quello che mi piace, cerco di crearmi sempre un suono mio, mai scontato e banale, e se possibile cerco spesso di farmi degli edit di tracce famose remixate da me. Questo perché oggi il dj a differenza di prima, secondo il mio parere, credo debba un po’ differenziarsi in qualche modo, avere un suono proprio e avere una musica remixata da lui e dato che la tecnologia oggi lo permette, con 2 ore hai un edit, quindi secondo me è giusto usare gli edit.

Si può dire Alex che sei un onnivoro a livello musicale, ascolti davvero qualsiasi cosa.

Assolutamente si, ho vissuto diverse sfaccettature nella mia carriera musicale, per esempio ho anche un gruppo, i Planet Funk, che non c’entrano nulla con la musica che suono nella mia carriera da dj. Quindi come producer devo necessariamente nutrirmi anche di altro, di musica più pop, di musica dance, electro. Di fatto ho passato la mia vita con la musica e ricercando sempre nuova musica e nella musica il suono giusto.

E tu pensi che una buona ricerca del suono all’interno del processo compositivo sia la base da cui partire?

Si penso sia un buon 50% della buona riuscita di un pezzo. Ricerca vuol dire tanto, vuol dire cercare a 360 gradi sia nel lato producer che nel lato djing, in questo ultimo ambito la ricerca ti permette di essere assolutamente originale. Si può ampiamente affermare che la ricerca ti spinge a superare la linea, a superare il limite e in un certo modo ti permette di accrescere consapevolezza e cultura. La cultura fa parte della base di un dj, nonché la base della vita in generale.

In una recente intervista hai parlato delle grandi differenze tra l’estero (l’Europa) e il nostro paese. Sono curioso di sapere cosa ti aspetti dai club italiani nei prossimi 10 anni, dal punto di vista di innovazione, gestione e proposta musicale. Considerato dove sei cresciuto artisticamente, il Tenax di Firenze, polo del clubbing italiano, vorrei capire il tuo punto di vista in merito.

Intanto possiamo affermare, non lo dico io ma i più grandi intenditori del settore, che il Tenax è forse uno dei maggiori poli della musica elettronica in Italia.

Sicuramente a proposito di quel che dicevamo prima, il Tenax è un locale che fa molta ricerca, in quanto proponiamo sia cose conosciute che sconosciute. Diamo molto valore ai nostri resident, e questa è una mia volontà, poiché ho sempre pensato che un locale debba avere i propri dj e proporre la musica dei propri dj, anche perché solo i dj locali sanno cosa vuole il pubblico del posto. Il club propriamente detto è composto da amici, di compagnie e di forte aggregazione, di conseguenza il dj resident è importante proprio a mantenere vivi questi elementi.

Cosa mi aspetto dai club nei prossimi 10 anni, che i club ritornino a fare i club e che si allontanino dalla mentalità di fare dei festival nei club.

Alex, spiegaci più precisamente cosa intendi per “fare dei festival nei club”.

Secondo me un club deve proporre e deve dare attenzione a tutti gli aspetti del club, ossia il beverage, il suono, il door selector, le pubbliche relazioni, le animazioni, gli amici. Il club non è fatto solo di dj, quindi sono un po’ contro al club che chiama solo il grande nome, perché il club è fatto anche da tante piccole cose.

Quindi vorrei tanto che ritornasse la grande distinzione tra il festival e il club, anche perché ne abbiamo diversi di esempi di grandi festival in Italia, come il Kappa di Torino che è veramente un festival internazionale che attira ragazzi da tutto il mondo ed è giusto che faccia il festival.

Il punto è che il festival si organizza una volta l’anno, ed è giusto che abbia una lineup con solo nomi grandissimi, ma fare club quindi abituare la gente a un suono, a un gusto musicale è un ‘altra cosa. Quindi non si può pensare di fare il club proponendo sempre super guest.

Quindi se vogliamo essere un po’ estremi, credi che discoteche di diverse città d’Italia, che propongono solo nomi importantissimi, prima o poi chiuderanno?

No non dico questo, ma vorrei che iniziassero a fare come fa un locale come il Tenax, che ha un palco importante con ospiti importanti durante il mese ma che fa anche un po’ di ricerca. Quindi vorrei che questi club non siano soltanto dei contenitori per super guest, ma che diano un po’ più di poesia, un po’ di spazio alle generazioni future e al filone della nuova musica elettronica italiana come facciamo noi. Altrimenti si perde la tradizione di un paese che ha dato un forte contributo alla musica elettronica in generale.

Io che sono parte del Tenax, credo di essere un buon esempio, perché abbiamo festeggiato di recente i 40 anni del Tenax e siamo ancora sulla cresta dell’onda, soprattutto non facciamo solo super guest. Ovviamente ospitiamo anche guest importanti perché no, bisogna anche proporre ciò che i giovani vogliono. Quello che credo è che abbiamo anche l’obbligo di proporre altre cose, di curare altre cose che non siano soltanto i nostri dj ma anche altre cose. Non credo che la festa ruoti solo intorno al dj.

Dici che la programmazione mensile del Tenax ha un grande nome al mese ma tutti gli altri sabati ha proposte più di nicchia, più selezionate, più ricercate, perché punta a dare spazio ad una ricerca maggiore del gusto e del suono, giusto?

Si secondo me è giusto, perché un locale “vedetta” come il nostro ha anche il compito di proporre anche quello che sarà la tendenza del futuro e non solo di quello che va nel presente. Ma penso che questo sia un po’ il dovere di tutti quei locali che fanno clubbing in questo modo. Ci sono invece locali in Italia che possono essere definiti come “spazio eventi”, che non fanno di certo “club” ma che sono piccoli festival ogni volta che aprono.

Permettere anche ai ragazzi, alle nuove leve, di avere il proprio spazio in una serata è uno dei compiti del club, così si crea un suono tipico di un locale e si crea un movimento.

Certo è, che non avrai il locale sold out come quando fai il grande nome, però non si può pensare solo al “cassetto” (come portafoglio) ma bisogna pensare anche un po’ al futuro, e penso che questa sia una ricetta che ha mantenuto sempre un locale come il Tenax o come il Goa di Roma, che ha sempre fatto un egregio lavoro in quanto a nuove leve. Un altro locale che ultimamente sta facendo, secondo me, molta ricerca e che sta lavorando molto bene è il Sound Department di Taranto, una delle realtà più interessanti e underground del momento. Altra cosa davvero bella è che quando hai un locale come questi appena citati, hai la possibilità di educare il pubblico ad un certo suono, facendo una vera e propria formazione, creando un pubblico consapevole e ben allenato alla qualità.

Io personalmente sono molto contento delle nuove generazioni, perché sta tornando molta ricerca anche del vinile e della tradizione del disco vecchio, quindi vedere ragazzi che mi scrivono citando i vecchi pezzi è sintomo di una crescita culturale davvero importante, e di questo ne vado fiero.

State avviando un progetto molto interessante a Ibiza. Siamo curiosi di sapere come mai proprio Ibiza, dato che l’isola negli ultimi anni è andata in direzione un po’ commerciale mentre il Tenax più autentica dal punto di vista dell’“underground”.

La scelta dell’isola è dovuta dal fatto che io qualche anno fa ho avuto la fortuna di fare una serata al famoso hotel Pikes di Ibiza, che al suo interno ha un piccolo club da 400/500 persone ed è una delle pochissime realtà dell’isola dove si può davvero fare proposta, perché non abbiamo la pretesa di andare sull’isola nei grandi locali, servirebbe un certo tipo di lavoro.

Noi invece andiamo al Pikes, io come dj resident, ed inviterò tutta una serie di nomi che al giorno d’oggi possono offrire, a mio parere, qualcosa davvero di interessante. La mia intenzione è di continuare a fare il club underground che faccio al Tenax proponendo una selezione musicale interessante.

In sostanza vuoi portare la tua visione di “underground” , quella personale di Alex Neri sull’isola.

Esattamente, e al Pikes credo proprio che verrà bene! Anche se devo dire comunque di proposte carine sull’isola ci sono, non esiste solo il localone che fa il mega party.

Ammetto che un’altra situazione molto molto molto bella sono i party di “Keep On Dancing” che sto facendo, dove anche lì la musica ha il suo livello, io sono resident nelle loro feste e devo dire che vengono davvero molto bene, c’è da divertirsi! C’è da dire che anche Ibiza ha ancora molto da offrire, la fortuna è che il mondo è vario e la musica è tanta. Bisogna diffidare da chi dice “io sono il numero 1” “tu sei il numero uno”, io non credo di essere né il numero 1 né il numero 100, io credo di avere un suono ben definito, ben condivisibile, ed ho la fortuna che a 52 anni posso campare del mio mestiere e della mia passione! Tutto questo è una fortuna immensa, credimi.

Pikes Hotel Ibiza

Molto bene Alex! Cosa rappresenta per te il Tenax e cosa avete intenzione di fare per mantenere il Tenax un modello per il futuro?

Penso non esista una ricetta esatta, quello che vorrei fare nei prossimi anni è mettere nel club qualcosa di ultramoderno. Mi spiego meglio, qualcosa che parli il linguaggio dei giovani come per esempio ologrammi, multiverso, qualcosa di davvero rivoluzionario. Sto studiando in questo periodo quali possano essere le migliori idee e sicuramente il prossimo anno picchieremo ancora più duro con la ricerca, usciremo ancora un po’ dal mainstream, forse il sabato del Tenax sarà molta più ricerca di quella che è stata fatta negli ultimi 10 anni, se proprio devo essere onesto.

Questa è una bella notizia, anche perché i ragazzi amanti del club sono un po’ stanchi degli stessi nomi e degli stessi suoni. Abbiamo la pretesa di avere sempre una mentalità a 360 gradi e di essere sempre curiosi rispetto il nuovo, ma in realtà alla fine ci incanaliamo sempre verso lo stesso nome, lo stesso suono, basso e vocal.

Hai assolutamente ragione e sono contento che tu la pensi così e spero davvero che questo sia il pensiero comune, perché l’anno prossimo proporremo tanti nomi nuovi e interessanti sia nostrani che esteri.

Sarebbe molto interessante scoprire nuovi artisti giovani italiani e capire verso che direzione si sta sviluppando il filone elettronico della musica nel nostro paese. Sarebbe allo stesso modo interessante unire in una stessa sera artisti giovani stranieri ed italiani cosicché si possa mettere a paragone i due filoni, creando quel confronto positivo che crea belle sinergie.

Esattamente! Stiamo andando proprio verso questa direzione. Sarà come sempre un rischio, ma d’altronde è quello che abbiamo sempre fatto, ci siamo presi tantissimi rischi nell’arco del tempo e ti posso fare esempi ben precisi: per esempio quando abbiamo fatto suonare Peggy Gou quando ancora non si conosceva minimamente, quello è stato fare ricerca e prendersi dei rischi. L’obiettivo nostro è spaziare, cercando altri suoni e proporre artisti nuovi di nuove etichette e realtà, speriamo di farcela e di riuscirci!

Quale è il segreto, per Alex Neri, dopo tanti anni, per continuare a fare musica di qualità ed essere sempre al passo con i tempi?

In questo posso dire molto umilmente di essere molto aiutato dai miei soci del Tenax, perché facendo parte di una crew che fa molta ricerca e rimanendo sempre a contatto con quelle che sono le novità, i giovani, con la mia esperienza riesco anche molto facilmente a codificare quello che sento e che mi passa tra le mani. Chi ha vissuto l’house dagli inizi come me ha un orecchio molto più allenato e riesco a riconoscere ogni singola sfaccettatura.

È un po’ come chi ha inventato il rock, rimanere al passo con i tempi è facile se hai percorso tutta la sua evoluzione dall’inizio ad oggi.

Ti faccio un esempio, a giugno uscirà un mio EP sulla mia etichetta storica WildFlower fondata negli anni ‘90, e l’ho fatto un po’ di proposito perché ho visto che è un trend che sta tornando quello di ricercare nel passato elementi per poi riadattarli al presente, dopotutto è quello che facevo io negli anni ‘90 ricercando cose degli anni ‘70. C’è un ritorno costante, fa sempre parte della nostra cultura. Mi è ritornata la voglia di credere di nuovo in un suono del passato nella quale ho creduto tanto, e lo sto rispolverando per riadattarlo al 2022, ho già preparato più di 14 tracce uscendo con un EP a giugno e uno a luglio.

Per esempio, io sono un grande fan di Slow Life, party berlinese fatto da italiani oltretutto, e loro sono stati coloro che hanno risvegliato in me la passione, facendomi ritornare l’amore per la ricerca che all’epoca si era un po’ affievolita.

Non a caso il mio ultimo disco è uscito proprio sulla loro etichetta, perché grazie a loro è ripartita una certa ricerca, e gli devo tutto il merito.

Altra fetta importante di merito la devo ai miei dj resident come ad esempio Cole, che è un ragazzo molto bravo, è uno di quelli che fa una ricerca incredibile, e la fortuna è proprio circondarsi di ragazzi così che ispirano e si fanno ispirare. La bravura non è mai solo in una persona, ma è condivisione almeno io l’ho sempre vissuta così, tanta umiltà probabilmente, mettersi in discussione e non sentirsi mai arrivati è il segreto per non smettere mai di fare ricerca.

La musica elettronica sta prendendo uno sviluppo importante grazie alla tecnologia. Era meglio 20 anni fa quando c’era un approccio più rudimentale o meglio oggi che con un computer si può raggiungere qualsiasi suono?

Si è vero il computer aiuta molto, perché se ripenso al culo che mi facevo ai tempi con campionatori che avevano 1 o 2 secondi di memoria, sicuramente il computer oggi ti permette di campionare qualsiasi cosa. C’è una bella differenza. Però è anche vero che per fare le cose fatte bene, e per fare la differenza, le tastiere gli outboard e gli strumenti analogici ti permettono di raggiungere un suono molto più professionale rispetto al computer.

Il bello del computer è che magari posso registrare delle jam di 12 o 15 minuti e poi tagliandole alla fine posso far uscire un disco, questa è una bella ricetta. Però ho ancora una 808, un gx8p in studio perché l’analogico dà ancora molto. Fondamentale è anche il supporto audio e la conversione in digitale che fanno molto, e ti permettono di avere un buon suono. Purtroppo, la musica costa e non ripaga in modo equo.

Un giovane ragazzo che  approccia al mondo della produzione musicale e del djing trova diverse barriere importanti, dai costi degli strumenti, alla poca informazione sulle scuole, all’incertezza di questo settore. Alex Neri cosa ne pensa in merito, e cosa si può fare collettivamente sul piano nazionale per migliorare il fronte “formativo”?

Ci sono delle accademie e delle scuole che insegnano. Noi stessi con il Tenax abbiamo fondato un Accademy di cui tra l’altro ero docente, forse oggi a differenza di prima la possibilità di imparare c’è, si può imparare con facilità anche grazie a corsi a distanza e con persone competenti che insegnano. Penso sia sicuramente più facile rispetto a prima.

Per quanto riguarda la carriera che un giovane deve fare per raggiungere un certo risultato, le difficoltà sono ancora molte, forse una volta era tutto un po’ più organico, oggi bisogna usare un po’ più i social ma stai certo che se uno è un talento, prima o poi viene fuori. Stai sicuro!

Se c’è vocazione, talento e passione si arriva sempre da qualche parte di buono.

La parte brutta è che su 10 ragazzi, ne riesce solo 1, però questo funziona ovunque. Ci vuole anche culo, purtroppo serve anche quello nella vita. Altri ingredienti sono la passione, la bravura, la capacità di saper comunicare, il saper trasmettere energia, tutto questo porta sempre ad essere una figura di successo in questo mestiere. Il culo fa però eh!

L’unica cosa che mi sento di dire che in Italia, quando si parla di musica, rispetto agli altri paesi esteri come ad esempio l’Inghilterra, non rappresenta una forma di business importante come la moda. La quarta fonte di guadagno in Inghilterra è il mercato e il mondo della musica, quindi è così importante che riceve moltissima attenzione, infatti in pandemia hanno supportato i club e il mondo della musica, mentre qui in Italia non c’è stata la stessa cosa.

Spero che il mondo della musica italiana che sentirà (e vedrà nei club) mio figlio sarà un mondo diverso, più attento e più ricco di novità.

Mah dipende molto da voi, e penso che le nuove generazioni siano già geneticamente molto più preparate rispetto alla mia generazione, siete già più avanti e consapevoli su tantissime cose.

Ti ringrazio per questo Alex.

Figurati!

Sicuramente meno droga, e questo mi fa molto piacere, perché all’epoca mia ne girava molta di più, mentre ora i giovani di oggi li vedo molto più attenti, molto più sportivi e appassionati, si vogliono molto più bene. Ed è vero anche che oggi l’Europa è molto più connessa e facile da condividere, quindi tanti imparano in fretta dall’estero per portare in Italia, quindi questo cambierà molto le generazioni future. Sono molto positivo!

Grazie mille Alex Neri!

Grazie a te Riki!