Sunflower ci regala un agosto ricco di eventi. Una programmazione densa in giro per l’Italia ed un piccolo focus sulla figura di Mauro Bianchi, storico direttore artistico di Cocoricò e, oggi, direttore artistico di Samsara Beach Riccione.
I ragazzi di Sunflower non si fermano. Per il mese di agosto sono previsti numerosi eventi in alcune tra le più celebri location del nostro Paese. Samsara di Riccione, Vesper a Porto Cervo e Calafuria saranno le mete dove potrete incontrare il party colorato. La proposta musicale, focalizzata a rendere il pubblico assoluto protagonista del party, vedrà alternarsi le selezioni musicali di rinomati ospiti della scena underground nazionale. Gianmarco Orsini, Alex Neri, il duo Supernova, Laurine & Cecilio sono solo alcuni dei nomi che presenzieranno nei vari eventi in programma.
Per il 7 agosto, gli amici di Sunflower ospiteranno il dj Gianmarco Orsini che, con il suo sound ricercato e profondo, farà ballare il Samsara Beach. Con lui, si alterneranno in consolle i padroni di casa Philipp & Cole, seguiti da Black Angus e Marco Giorgino.
A seguire, il Sunflower si sposterà nella splendida cornice del Vesper di Porto Cervo, in data 10 agosto, gli ospiti saranno gli amici Alex Neri e i Supernova. Non mancherà una buona dose di house music e una proposta fresca e ricercata. A completare la line up, oltre i padroni di casa Philipp & Cole, il dj Emiliano Marchini.
Per la metà di agosto, invece, la crew Sunflower tornerà in una delle sue “case”artistiche. A Precisamente a Calafuria (LI), gli amici di Sunflower, ormai, sono degli habitué. Per la data del 15 agosto sono invitati in consolle Laurine & Cecilio, Quest & Christian AB, i resident Philipp & Cole, Black Angus, Spaceplant, Lorenzo Magnozzi, Ducato Driver e Dizzy.
Per il giorno successivo, 16 agosto, la festa continua ad animare il Samsara Beach di Riccione. Ospiti dell’evento Da.vid, Philipp & Cole, Andrea Speed e Fimp.
In occasione di questi eventi in giro tra Sardegna, Romagna e Toscana abbiamo avuto il piacere e l’onore di intervistare una figura che, di imprenditoria del divertimento, se ne intende: il direttore artistico del Samsara di Riccione Mauro Bianchi. In passato, direttore artistico del leggendario Cocoricò di Riccione, e attualmente titolare dell’agenzia di comunicazione White. Mauro Bianchi ha affrontato con noi diversi temi di attualità tra cui la concezione d’intrattenimento moderno, l’esperienza con Sunflower, il tema della concorrenza e dei servizi.
Ciao Mauro, è un privilegio per noi fare una chiacchierata con te, benvenuto su Parkett.
Ciao! Piacere mio.
Sei una persona brillante nel tuo ambito lavorativo, il tuo percorso ne è una chiara prova. Cosa credi che serva nel mondo dell’intrattenimento per ottenere certi risultati?
Serve costruire una squadra affidabile e un gruppo che permetta alle serate di essere divertenti. Un locale può fare il dj che vuole, mettere l’impianto che vuole, ma se non si ha una squadra che parte dal parcheggio per arrivare ai baristi o alle persone addette ai bagni, pr, staff, dj resident, che ti creano quell’ambiente divertente dove il cliente,quando arriva, si sente a casa e vede che tutti si stanno divertendo, quello è l’effetto volano che trasforma una serata qualsiasi in una serata epica. E questo è sempre stato quello che ho cercato di fare negli anni.
Quindi i servizi sono uno degli aspetti più importanti di una serata.
Sono uno dei tanti aspetti. Alla fine una serata, un locale, un festival, sono tutti composti da tante piccole “virgole” e devono essere tutte quante al posto giusto. Se uno non sta attento a queste virgole, e quindi si finisce a concentrarsi soltanto sul nome del dj o sul sound system (quindi un barista vale l’altro, un buttafuori vale l’altro, il parcheggio non importa, il bagno ne basta solo uno), si scade in una pessima serata. Invece, se si da attenzione a tutte queste virgole, perfino al posacenere che va sostituito quando risulta pieno, si riesce a creare una serata bella, divertente ma soprattutto si costruisce un prodotto che dura per sempre.
Tutte queste “virgole” non richiedono uno sforzo sia a livello economico che a livello umano all’interno di un evento?
Allora più che a livello economico, si tratta più di uno sforzo a livello umano. Guardiamo la figura del barista. Il barista devi esserci all’interno di uno staff, non puoi non averne. Quello che conta è saperli scegliere, bisogna essere bravi a valorizzarli a farli stare bene, anche ad educarli.
Ti do questo spunto, è impensabile che un barista non offra neanche una consumazione. Perché magari la sera prima il barista è uscito con una ragazza, la invita al party, lei arriva lì davanti e il barista ovviamente deve chiederle cosa vuole da bere. Ovviamente è giusto offrire quella consumazione, è tuttavia normale che il barista offra in modo oculato, che non prenda in giro il gestore (basta semplicemente dirlo) ed è importante che il gestore metta in condizioni il barista di agire così. Impedire al barista di muoversi in questo senso significa trattare male il proprio staff, renderlo infelice, e il barista in questione verrà a lavorare solo per i soldi.
Non siamo strutture sterili ed asettiche. Siamo fatti di persone che vengono a divertirsi e di gente che lavora, se si diverte anche chi lavora automaticamente il cliente lo percepisce e alla fine l’economia esce fuori.
Per esempio, il gin tonic con un gin di qualità ce ne beviamo tre, mentre il gin tonic scadente magari ne ordiniamo uno solo, è vero che il primo costa di più ma il gestore ne vende di più se è servito bene. Se noti, i settori dell’alta ristorazione, del lusso, della moda, o comunque ogni settore che offre alti standard di servizio non vanno mai in crisi.
Il cliente è il primo pr in un evento. Se tu fai una festa con 500 persone, e quelle persone si trovano bene nella tua serata, tu avrai il giorno dopo 500 persone che vanno in giro a raccontare quanto sono state bene alla tua serata. Ci rendiamo conto di che valore ha e che potere ha questa cosa? Se tu tratti le persone come semplici clienti e te ne freghi dei servizi, le persone si trovano male e il giorno dopo avrai 200 persone che andranno a raccontare magari che il locale era brutto e la serata era andata male. Li recuperare la situazione è complicato, altro che sponsorizzate su Instagram!
La buona riuscita di una serata è dispendiosa, soprattutto a livello umano. Io, durante una serata, cerco di stare con più persone possibile, sia con amici che mi sono venuti a trovare ma sia con persone che non conosco, la solita frase “come stai? bisogno di qualcosa?” sono quel genere di carinerie che sono in grado di trasformare un qualsiasi cliente in un tuo potenziale “pr” o in un fan affezionato.
Samsara è uno dei progetti “recenti”. Ti andrebbe di raccontarci in che direzione si è svolto il tuo lavoro in questi anni e quali apporti hai saputo dare ad un locale che è sempre stato un punto di riferimento in Italia?
Io ho avuto la fortuna di passare dal Cocoricò al Samsara e quindi di passare da due brand punto di riferimento, il primo come discoteca, il secondo come Beach club in Italia (quindi l’intrattenimento diurno). Quello che ho provato a portare io, è stato sicuramente la cura della qualità. Sono stato fortunato perché ho trovato una struttura che già faceva della qualità il suo punto di forza, ma con il mio intervento ho cercato di aggiungere le mie “virgole” in alcuni punti. Negli ultimi tempi stanno iniziando a dare i loro frutti sotto certi punti di vista, ma il segreto di fondo è non accontentarsi mai. Oramai sono 5 anni che sono qui, contentissimo del lavoro svolto, ma c’è ancora tanto da fare e la strada è ancora lunga, c’è moltissimo da fare per far si che il Samsara continui ad essere un punto di riferimento per il Beach Club italiano.
Quando si parla di “strada da fare” si intende gli aspetti futuri e concorrenziali?
Quando si parla di concorrenza Io sono sempre a favore, la considero sempre stimolante, è normale che se una volta raggiunto il successo ti fermi e ti siedi, raccogli e basta adagiandoti sugli allori, non preoccupandoti di far alzare il livello del brand, può accadere che arrivi la concorrenza e ti coglie in un momento in cui stai “seduto” e prima che ti rimetti a correre e riesci a tornare al passo magari hai perso delle quote. O hai perso quell’ “appeal” che prima avevi.
Bisogna sempre dare il massimo ed essere sempre attenti, ricollegandoci a quel concetto che dicevo prima riguardo al cliente. Se si rispetta il cliente questa corsa vincente la riuscirai sempre a fare, potendoti poi concentrare sul locale e sugli altri aspetti, guarda ad esempio l’impostazione floreale di una sala o magari la sostituzione dei divanetti rovinati, fino all’aggiunta dei piatti nei menù. È un aggiornamento continuo puntando sempre a migliorarsi.
Spesso abbiamo appreso che fare imprenditoria nel settore dell’intrattenimento è complesso e a volte imprevedibile, soprattutto dopo il periodo che abbiamo vissuto. Ci racconteresti quali sono gli ingredienti per la buona riuscita futura degli eventi che ospiteremo in Italia?
Guarda io non vedo troppe differenze, sono trent’anni che faccio questo lavoro e ho sempre visto dei cicli di 5 anni di salita e poi successivi 5 anni di discesa, legati tutti da un filo conduttore che è il divertimento della gente. La gente vuole divertirsi. Purtroppo tante volte, anche io personalmente, siamo andati dietro a delle mode musicali, a dei filoni, a dei canoni estetici dove probabilmente il divertimento era quasi un peccato commesso dalla gente.
Mentre le persone pagano dei biglietti e delle consumazioni in eventi dove stanno bene e si divertono, perché io non pago il biglietto per rompermi le palle. Quindi continuare a far divertire le persone senza preoccuparsi troppo di canoni estetici, musicali e quant’altro, mantenendo sempre la qualità in quello che si fa e mantenendo il cliente al centro dell’attenzione, ecco questo per me è fondamentale, perché troppe volte questa ultima frase non è stata detta e non è stata pensata.
Tu saprai bene, in trent’anni d’esperienza, che molte realtà in Italia questo concetto non l’hanno espresso correttamente. Spesse volte il vero protagonista era l’evento e non il cliente. Perché viene fatto?
Sono vari fattori, sicuramente il guadagno c’entra sempre, poi magari un altro motivo è il non avere le skills per fare il bene del cliente, oppure farsi le cosiddette “seghe mentali” su alcuni nomi o altro tipo di situazioni, è un po’ come il periodo dell’adesivo dietro al telefono. Io credo che mi darei fuoco se mi dovessero mettere un adesivo dietro al telefono, perché posso accettare un evento persone con un centinaio di persone dove mi invitano e dove partecipano personaggi influenti che vogliono divertirsi e vogliono rispettare la loro privacy quindi si lascia il telefono al guardaroba e via.
Ma questa pratica nei festival o club era più una moda che una necessità, perché se voglio andare in un posto, riprendere quello che succede e caricarlo su Instagram perché questo è quello che voglio in quel momento, ma perché qualcuno deve dirmi che sto sbagliando. Quando magari poi quel locale spende 1000 euro di pubblicità su Instagram. Ritorniamo al discorso di prima, il cliente al centro dell’attenzione. Se il cliente vuole stare con il telefono in mano per tutta la durata del concerto ma perché dobbiamo impedirglielo. Poi magari montiamo led wall, effetti luci, e poi devo toglierti il telefono e criticare chi riprende il dj set? Per me è ipocrisia allo stato puro.
Così si rischia di perdere il senso dell’esibizione “dal vivo” e si inizia quasi a preferire un’esibizione in streaming.
Esatto, come tutto il periodo del Covid se ne è un po’ abusato. Però, anche lì, ci sono prodotti di altissima qualità come mi viene in mente Cercle, che propongono grandissimi artisti che io ascolto regolarmente, e poi c’è chi ne abusa e ne fa una moda.
Tu non associ il riprendere con il telefono un’esibizione con l’assenza di divertimento.
Ma io non sono assolutamente nessuno per giudicare. Se una persona si sente bene e si diverte riprendendo un dj set tutta la sera, ma io chi sono per impedirglielo? Magari sta riprendendo perché ha la fidanzata a casa che sta male e vuole renderla partecipe della serata, oppure magari si tratta di una persona introversa che facendo vedere che si trova in quel concerto si sente meglio o più realizzato. Ognuno si vive la vita come vuole.
Sunflower è uno dei party più interessanti che abbiamo in Italia, fatto di innovazione e d’attenzione. Ci racconteresti cosa ti ha colpito di questa festa colorata e qual è la tua opinione in merito?
Quando contattai Philipp e Cole, che conoscevo già da tantissimi anni, per proporli questa esperienza al Samsara, rimasi fortemente colpito dalle vibes e dalla bellezza di questa festa, perché a differenza di tantissime altre feste house che ci sono in Italia, qui il colore è predominante, il sorriso è predominante, poi il motivo fondante per cui vai al Sunflower non è perché suona quel particolare dj ma perché è una festa di amici e perché sai di trovare la situazione giusta, il giusto divertimento.
Il party è perfetto per permettere al Samsara di offrire un evento con sonorità più House, dato che il Samsara è un locale che offre principalmente musica commerciale. Per allargare il nostro pubblico e crescere, mi serviva un party che si mescolasse bene con il contesto che potesse offrire musica House di qualità e le giuste vibrazioni, e il Sunflower era il party perfetto.
Per me è una festa che tira fortissimo, che fa venire voglia di partecipare, e questo lo dico perché ricevo feedback dai miei amici che mi dicono che la domenica sarebbero passati a trovarmi proprio per partecipare all’evento Sunflower. Questo fenomeno è talmente forte che coinvolge anche pubblico che normalmente frequenta eventi commerciali, e capita spesse volte che in alcuni momenti questo pubblico si diverta anche più degli eventi a cui abituato a partecipare.
Oggettivamente l’house è più fica della commerciale, ti da qualcosa che la commerciale non ti potrà mai dare, però è chiaro che se obblighi e imponi al pubblico un genere musicale che magari è tutto oscuro che magari è tutto dark, e normale che rispetto all’ambiente commerciale non mi sento a mio agio. Noi al Sunflower mettiamo al nostro agio il cliente, vuoi con po’ di paraculate come per esempio la collanina o il trucco, vuoi con un pò di bravura, ma a fine giornata il pubblico è soddisfatto dell’evento a cui ha partecipato.
Ti andrebbe di spiegarci il tuo legame con il Sunflower e come credi che possa crescere negli anni?
Sicuramente il primo requisito è stato il grande rapporto d’amicizia, poi ho sempre creduto nel progetto Sunflower, credo fortemente che possa essere ambasciatore della musica House italiana, perché ci sta virando sempre di più verso la musica commerciale (una virata del genere non l’ho mai vista in trent’anni di carriera) ed avere un party che avvicina così tanto anche chi non è abituato a sentire quel genere, penso che possa essere una risorsa per tutto il movimento House.
Per questa ragione sono straconvinto che Sunflower possa diventare un punto di riferimento in futuro dell’house italiana ed internazionale. Deve essere una crescita lenta, graduale, non forzata, senza che venga contaminata con grandi nomi grandi ospiti, dato che è normale fare 7000 persone se fai Sunflower con Carl Cox. Io preferisco, invece, promuovere artisti più piccoli, come avvenne in un altro party del passato che era il Tuga, dove si cresceva piano piano fino a fare grandi numeri, ma non perché c’era un dj che era un ospite forte, ma perché l’ospite forte era il party in se e per se
Immagino che ci sia un certo legame tra te che sei un imprenditore e queste realtà, come Sunflower, che trasmettono qualcosa.
Ma certo, perché ha tutto nel 2022 per essere vincente. Ha tutti gli elementi per essere instagrammmabile, la musica è di qualità, i dj rispettano il cliente e la pista, l’ambiente del Samsara di Riccione è molto fertile. Il Samsara per il Sunflower è un incubatore, è alla stregua di un acceleratore, perché devo vivere il Sunflower in Romagna come una start-up, anche perché il Sunflower a Firenze è una realtà consolidata, fanno numeri incredibili, fanno il Sunflower festival e tutto quanto. Fuori dalla Toscana, fuori dal zona di confort, il Samsara, per questo party, può essere un ottimo acceleratore.
Ultima domanda ma non meno importante. La promozione e la comunicazione degli eventi ha subito nell’arco degli anni un’evoluzione importante. I mezzi, gli strumenti, le dinamiche e le preferenze hanno visto un cambiamento, a volte in positivo, a volte in negativo sia per i club che per gli eventi in generale. Ci daresti il tuo parere personale a riguardo, considerando il fatto che sei un grande “addetto ai lavori” del clubbing?
La mia visione spesse volte si scontra con quella dei miei collaboratori. Oggi siamo ad una velocità di comunicazione supersonica, il tempo di attenzione su una storia o su un post e forse neanche un secondo, spesso scrolliamo il telefono in maniera compulsiva senza rendercene conto, fissandoci su Tik-Tok guardando video senza senso.
È tutto veloce, quello che nodo è che il pubblico apprezza di più un contenuto live, magari anche un pò più sporco tecnicamente, piuttosto che un lavoro enorme con tre ore di post-produzione. Anche qui meno pippe mentali e più praticità, perché spesse volte ci siamo persi in un bicchier d’acqua, con i nomi sempre più piccoli o con le scritte sovrapposte, quando invece le regole della comunicazione sono sempre quelle e non sono mai cambiate: caratteri chiari, leggibili e veloci.
Anche quando la qualità non è perfetta o il video è sfocato, le regole sono sempre valide. Guardiamo ad esempio Mochakk, che grazie ai suoi video un po’ sfocati e un drop super divertente è diventato un fenomeno, riuscendo ad esibirsi nelle console più prestigiose come il Circoloco. Poi si commerciale, non commerciale o sfigato non sfigato, le chiacchiere stanno a zero, lui ha vinto. Conta il risultato. Alla fine, conta sempre quello che decide il pubblico e lui ha un gran seguito.
È un modo nuovo di comunicare vincente, ed anche qui devi rispettare il cliente ed il pubblico, perché vuole sapere a che ora apri, quanto si paga, perché devo venire. Se mi fai un video di tre minuti per spiegarmelo, la gente si stanca e non lo guarda neanche, da qui poi magari partono le prime lamentele “eh ma il pubblico non capisce, il pubblico è ignorante” … ma è il tuo pubblico! È il tuo pubblico che ti paga lo stipendio, e non è mai ignorante il pubblico, sei tu che non riesci a capire che cosa vuol il pubblico.
Grazie mille Mauro, è stato un piacere.
Grazie a voi ragazzi!