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Tra sonorità distopiche e sfumature ambient, Streetlands ci accompagna nei paesaggi sonori dell’immaginario musicale di William Bevan, in arte Burial.

Ormai si sa, quando si pensa ai volti che hanno influenzato la musica elettronica del secolo corrente, inevitabilmente il nome di Burial è in cima alla lista. Artista e produttore Britannico, William Emmanuel Bevan ha fin da subito ridefinito il modo in cui intendiamo la musica digitale.

Il suo secondo album “Untrue”, uscito nel 2007, è un chiaro esempio di come lo stile identificativo di un’artista possa riconsiderare e ampliare gli orizzonti di uno scenario musicale in continuo divenire. Tra campionamenti unici e sonorità contemplative, Burial può essere definito come un grandissimo checkpoint nel panorama musicale internazionale.

Con queste parole possiamo quindi intendere Streetlands come un vero proprio viaggio nel contesto musicale dell’artista, viaggio che riprende l’immaginario creato in ANTIDAWN EP, uscito a gennaio di quest’anno per Hyperdub Records.

Se si pensa alla sua uscita più recente Nova/Moth (composta a quattro mani insieme all’artista britannico Four Tet) notiamo subito come William si sia completamente allontano dall’immaginario musicale da “dancefloor” per ritornare a raccontarci un paesaggio sonoro in cui l’ambient fa da padrona,

L’EP si apre con “Hospital Chapel” una lunga introduzione che arriva all’ascoltatore come una brezza delicata, accompagnata da voci auliche che rendono l’atmosfera della traccia cupa e rarefatta. La solennità della produzione è quasi disarmante, un progressivo crescendo che sfocia in un vero e proprio respiro per ritornare dolcemente nel climax della produzione. A seguire troviamo “Streetlands” che, a differenza di Hospital Chapel, inizia con un vocal dalle fattezze celesti che ci accompagna lungo quasi tutta la durata della traccia, sparendo e lasciando spazio ad un susseguirsi di suoni e campionamenti proiettandoci nei paesaggi urbani di Croydon, luogo di nascita dell’artista.

Streetlands si conclude con “Exokind”, traccia che si apre con un flauto quasi fiabesco che introduce l’ultimo paesaggio musicale. Quest’ultimo leggermente più dinamico rispetto agli altri due che, nella totalità della produzione, carica l’EP di una forte aura sovrannaturale tipica dell’immaginario di Burial.

Per concludere possiamo definire Streetlands come un vero e proprio “ambiente sonoro” creato attraverso i suoni e le sfumature tipiche dell’artista londinese che, ancora una volta, si riconferma come uno degli artisti più interessanti ed enigmatici della scena elettronica contemporanea.

Se ancora non l’hai fatto, puoi ascoltare “Streetlands” direttamente QUI