Al via l’edizione 2023 del Limbo Festival. Ad attendere i partecipanti, nei vigneti e nei borghi della Garfagnana tanta musica di qualità con Gerd Janson e Roman Flügel. Ma anche degustazioni enogastronomiche, mostre, talk, yoga, escursioni e passeggiata con gli alpaca. Ce lo ha raccontato in prima persona il DJ e producer Luca Bacchetti, l’anima del festival.
C’è un mondo sotto il cappello fedora che Luca Bacchetti indossa sempre. Perché Luca, oltre ad aver viaggiato ovunque grazie alla musica, è uno di quei personaggi che, parlandogli, capisci subito essere dotati di una visione e di una sensibilità diversa. Non avrebbe ideato il LIMBO FESTIVAL altrimenti.
Basta pensare che il Limbo Festival è organizzato in un resort (“Il Ciocco”) di 600 ettari, incastonato in una montagna, in cui il main stage si trova a circa 1100 metri sul livello del mare.
E, anche se la line up comprende artisti come Gerd Janson, Roman Flügel, Gold Panda, Daniele Baldelli, lo stesso Bacchetti, più altre performance tra afro-beat, musica classica, con il Conservatorio L. Boccherini, sonorità dub, con il progetto “DubLoops” del percussionista Leo Di Angilla, la musica sembra essere quasi da accompagnamento, un contorno per le infinite attività che l’evento offre.
Ad iniziare dalla cerimonia del caffè, officiata da Claire Leriche Yafit e Walker Barnard, per proseguire con lo yoga o con simpatiche passeggiate in compagnia degli alpaca, oppure, per i più temerari, percorsi di hiking e biking, che entrano ed escono dai boschi circostanti.
Ma forse uno dei veri punti di forza è proprio l’hospitality. Grande risalto e importanza vengono dati al cibo, già dalla colazione, perché tutto ruota, evidentemente, intorno ad un concetto ben chiaro di benessere totale. Non mancano quindi masterclass enogastronomiche e degustazioni di vini locali alla scoperta del territorio.
Infatti è proprio il territorio che fa da filo conduttore tra le varie esperienze che si possono vivere durante il festival, che si trova, oltretutto, a due passi dalla casa di Giovanni Pascoli.
L’anno scorso ci siamo stati e possiamo assicurarvi che si respira un’atmosfera rarefatta e magica.
Comunque, per entrare nello specifico abbiamo intervistato proprio Luca Bacchetti, l’anima di Limbo Festival, che con il suo savoir-faire ci ha raccontato alcuni retroscena e la genesi dell’evento.
Festival che si terrà dal 7 al 9 luglio nella splendida tenuta “Il Ciocco” di Barga (LU), in Garfagnana.
Ciao Luca! È un piacere intervistare un artista come te, dotato di una sensibilità diversa. Partiamo da una domanda molto classica: raccontaci un po’ come è iniziata la tua storia con la musica.
Io mi considero un figlio degli anni ‘90. Sono partito praticamente innamorandomi della musica Hip-Hop, fine anni ‘80. Nell’ 87/88 ho iniziato a fare radio nelle emittenti locali. La mia intenzione era quella di crescere e poi andare a Milano a lavorare per i network. Poi è successo che, dopo 12 anni di gavetta, di esperienze varie, ho iniziato a produrre musica e da quel momento mi si è aperta la carriera intenzionale da DJ. Mi sono appassionato alla produzione, che era una cosa che non sapevo di avere dentro, nel DNA.
Ho iniziato quindi per gioco, però poi nel 2002 ho iniziato a produrre seriamente e, nel giro di un anno e mezzo/due, avevo già le prime richieste fuori dall’Italia e ora sono sedici, diciassette anni che sono nel circuito clubbing e festival.
Poi, ovviamente, questa è una gran fortuna! Avere la possibilità di viaggiare, girare il mondo con la musica è il massimo che uno può sperare e per me è stata una cosa inaspettata. Nel senso che a me andava bene vivere di questo lavoro anche in Italia. Invece ho visitato 90 paesi, sono stato in tutti i continenti e soprattutto ho avuto la possibilità, con il tempo, di andare a suonare in situazioni fuori dal club. Non so, può essere l’atollo in mezzo al Pacifico, piuttosto che la giungla di Bali, oppure quella messicana, o nel deserto. Quindi anche il clubbing è cambiato un po’ negli ultimi anni. Queste esperienze mi hanno formato, arricchito tanto.
Infatti si può dire che sei stato più tempo all’estero che in Italia. Poi hai deciso di tornare con un festival, anzi un boutique festival in Garfagnana. Cos’è scattato dentro di te, cosa ti ha spinto a dare vita al Limbo Festival?
Questo passaggio è avvenuto grazie al COVID, perché sono rimasto bloccato a casa come tutti. Ricordo che ero tornato a vivere in Toscana poco prima della pandemia, quindi mi sono ritrovato ad esser fermo ma ad avere, però, molto più tempo a disposizione e mi sono detto: “Sai cosa c’è, quel famoso progetto che ho lì fermo da tanto, adesso potrebbe essere il momento buono per svilupparlo”, e, insieme ad Alessandro Stefani de “Il Ciocco”, il mio partner in questa avventura, il quale ha una propensione per il bello (abbiamo entrambi una vocazione all’estetica, al wellness, alla musica, al cibo), abbiamo messo insieme quello che era realmente quel sogno.
Siamo partiti quasi per gioco. Una sera eravamo a una ‘cena con chef‘ in un parterre di 1500 metri con musica ambient, nel periodo in cui in Italia ancora non si poteva ballare. Quindi abbiamo utilizzato quella limitazione per proporre a un gruppo di 100 amici un qualcosa di completamente diverso e che tutti hanno accolto con “Cazzo che figata!”. Tanto non si poteva ballare quindi erano pure obbligati! (scherza, ndr).
Immagina organizzare una cosa del genere quando invece puoi farlo, tutti inizierebbero a dire “Dai fateci ballare!”, invece in quel modo era una forzatura, o così o niente, e la gente ha scoperto che era una bella cosa. Noi ci siamo guardati e abbiamo pensato che questo avremmo dovuto rifarlo l’anno seguente, quando si potrà tornare a ballare, anzi abbiamo pensato che dovevamo proprio fare un festival… ecco Limbo Festival è nato in questo modo.
Se io ti chiedessi qual è il vero valore del Limbo Festival?
Guarda, è sicuramente un amore spassionato per la nostra terra, l’idea di farlo qui, a Barga, nella montagna che ci ospita, presso “Il Ciocco”, un’area di 600 ettari immersa nella natura che ha un grandissimo valore per noi.
Sì ok, va bene il mondo, vedi tante cose eccetera, però poi più viaggi e più c’è una voce che ti richiama alla tue origini, alle tue le radici. Quelle radici che non puoi ne cancellare ne rinnegare, non ha senso farlo, sono parte di te. Se siamo quello che siamo adesso, è perché siamo nati qua, è perché, probabilmente, da piccoli abbiamo sviluppato una certa empatia tra di noi, il contatto con la natura.
Quindi, tornare qua dopo aver fatto tutte queste esperienze per noi è un privilegio. I tempi sono anche maturi per poter organizzare una cosa del genere e mettere, finalmente sul piatto, il nostro know how di italiani, e ti aggiungo, di toscani, perché il food, per esempio, è una delle cose che curiamo in modo maniacale. Per dirti: tutti i festival, in giro per il mondo, sono incentrati sulla musica giustamente, mentre il cibo, tante volte viene bistrattato, non viene curato e mangi perché devi mangiare, per sopravvivenza.
Per noi è invece un momento di grande piacere e quindi abbiamo diverse soluzioni culinarie che affondano nella tradizione toscana, oltre una master class con Aurelio Barattini, che è un grande chef.
Ti racconto un aneddoto su di lui: un anno e mezzo fa è stato chiamato perché c’era una cena privata in una villa, qua a Lucca, e lui non sapeva chi fossero. Poi è arrivato un elicottero e sono scesi The Edge e Bono degli U2 (ride, ndr). Poi c’è anche Francesco Crescentini che, invece, curerà la chef’s dinner del sabato sera che ambientiamo nella “Taverna dello scoiattolo”, la nostra nuova baita che sorge praticamente a 300 metri dall’area del festival e raccoglie circa 120 persone. Comunque in tutta l’area festival abbiamo il presidio Slow Food di Garfagnana e Media Valle del Serchio, quindi prodotti locali, anche con proposte vegetariane.
Non siamo solo musica, ma anche cibo e tutte quelle attività di cui si è arricchito il festival, specialmente quest’anno, a partire dalla collaborazione con Sacbe Camp.
Secondo me c’è un dualismo di fondo nel Limbo Festival. L’anno scorso c’era la metafora della tribù, della condivisione. Invece quest’anno avevo letto, appunto, che il claim è “A Human Future”, ma un futuro che in realtà guarda al passato, alle radici. Ce la puoi spiegare un po’ questa cosa?
È una cosa che io avverto da anni e che si sta scoprendo sempre più anche nel nostro paese, o comunque in Europa. Una cosa che ho iniziato a vivere in particolar modo in sud e centro America, ma anche negli Stati Uniti. Posti in cui le feste sono sempre più dislocate, fuori dal caos, dove magari devi guidare 4 o 5 ore per raggiungere la location. Capisci che quella che prima era considerata una cosa a sfavore, ora diventa un asset.
Anche a noi, una prima obiezione che ci facevano quando siamo partiti era “Oddio, siete lontani da tutto!”. Ecco, bene! È importante essere lontani da tutto. Anche il nostro pubblico vuole trovarsi in una condizione più naturale, ancestrale, primordiale, selvatica, chiamiamola come vogliamo, però basta che sia a contatto con la natura.
Sappiamo benissimo qual è la vita di oggi giorno, quant’è frenetica, quanti sono i livelli di stress. Quindi, riuscire a creare una “tre giorni” in cui veramente ti dimentichi l’auto, perché abbiamo il servizio navetta, e possibilmente anche il telefono, è fantastico.
È un discorso di Umanesimo. Questo nuovo umanesimo di cui tutti parlano. Tutti i CEO, tutte le le grandi aziende che, di nuovo, mettono l’accento su questa cosa. Perché l’intelligenza artificiale un po’ spaventa, anche se sicuramente migliorerà le nostre vite, però al tempo stesso è importante insegnare la cultura umanista, che caratterizza la nostra civiltà europea, specialmente italiana, è un grosso contributo alla nostra società. Mentre dalle parti di Cupertino (ride, ndr) sono più carenti da questo punto di vista però loro, viceversa, hanno chi sviluppa le nuove tecnologie.
Bisogna mantenere un un equilibrio in questo mondo, perché altrimenti l’IA rischia di essere una cosa molto pericolosa. A volte, sai, dicono “Hai paura dell’intelligenza artificiale?”. A me fa ancora più paura la stupidità naturale. Però un pensiero a questo futuro, a quello che toccherà ai nostri figli, ai nostri nipoti bisogna farlo.
Quindi quest’anno abbiamo cercato di impostare anche la comunicazione alla ricerca di questo legame (che poi è anche molto filosofico) e di sviluppare il Limbo Festival con i talk di approfondimento, i summit, le attività di human design, con l’obiettivo di creare delle cose sempre più grandi anche a livello di contenuti.
Sacbe, nostro collaboratore per questa edizione, ad esempio, è un Camp, una community messicana, che negli ultimi 10 anni ha fatto il Burning Man (dove sono stato nel 2016 e 2018, e dove tornerò nel 2023) in cui io vado a suonare, fondamentalmente. Loro invece allestiscono un campo con tutte le attività di meditazione.
Siccome siamo tanto amici con Maria Sanchez (co-fondatrice di Sacbe Camp, ndr), ci siamo detti a un certo punto ma perché non integriamo, visto che siamo coinvolgimento, siamo inclusivi, questo scambio culturale tra paesi? Che, se pur diversi, spesso, invece, trovano tanti punti in comune. Per me era interessante, quindi, chiamare Sacbe Camp per portare quelle che sono le loro attività meditative, la cerimonia del cacao, i loro musicisti al Limbo Festival.
Ci saranno molti momenti piacevoli e spot dedicati. Si inizierà con Maike Gabriela, nativa spagnola con origini tedesche, consulente di Human Design e fondatrice del metodo “Transformational Human Design™”, per poi proseguire con Vandana Hart, creatrice e conduttrice del movimento globale “We Speak Dance”. Poi tra le performance più attese, quella Jill Goldman, un’attivista, regista e artista di Los Angeles il cui lavoro incorpora, performance, fotografia, film e video, che con “Disentanglement Re-Embodiment” inviterà i partecipanti a sciogliere i legami dell’oppressione di genere e di immaginare un sé reincarnato, libero dal potere e dalla dominazione patriarcale.
L’utente che viene a trovarci, inoltre, riesce a fluire tutto con semplicità perché non c’è niente contemporaneamente. Abbiamo, per dire, anche lo yoga, l’hiking, la passeggiata con gli alpaca, le masterclass enogastronomiche. Certo, è una sequenza di attività che va dalla mattina alla notte fonda.
Questo è sicuramente un festival musicale di cui, però, la musica alla fine fa da accompagno a tutte le situazioni che avete creato, mi sembra di capire. Anche se poi, effettivamente, non è che la musica è messa in secondo piano perché avete una una line up notevole.
Ma rischia di andare in secondo piano.
Perché ti sto parlando di tutto tranne che di musica! (sorride, ndr). Però è proprio questa la parte bella secondo me. Un alto livello musicale, comunque un line up importante, ricercata e diversa. Abbiamo da Roman Flugel, al gruppo di afro-beat, alla musica ambient, al DJ disco, ai live act di elettronica, il dub di Leo Di Angilla.
Come dicevi tu all’inizio, sei partito dall’hip-hop per poi passare alla house, alla minimal. Il Limbo Festival è un po’ come te, ingloba diverse realtà.
Si perché la musica è tutta, e questo festival mette insieme assolutamente tutte le nostre passioni, sia musicali che a livello di contenuti. Abbiamo messo dentro anche dei musicisti del Conservatorio Luigi Boccherini di musica classica, abbiamo una cantante di lirica, che, ti anticipo, farà un intervento nel mio set ambient. Ci saranno dei momenti veramente magici.
Quindi la situazione è molto composta, è un puzzle in cui musica, attività, contenuti e food formano Limbo. Toglietene uno, ed ecco che gli equilibri si incrinano. Invece è un insieme e ha senso se questi elementi convivono, in modo armonioso.
Ho una una curiosità, perché proprio questo nome, LIMBO? Ho ragionato parecchio su questo… Perché il limbo può essere sia il ballo caraibico ma può significare anche bordo, o, come per Dante, una via di mezzo tra Inferno e Paradiso.
Ti dico la verità, è nato in 15 secondi. Perché quando ne parlammo con Alessandro (Stefani, ndr) lui mi disse “Ma come lo vogliamo chiamare?”, passarono 10 secondi di silenzio e dissi LIMBO! Non lo so perché, cioè il limbo non è ben chiaro cos’è, è un po’ la terra di nessuno, la Nowhere Land. Un’area non ben definita, come indefiniti siamo noi. Oltretutto limbo è una parola che suona bene in tutte le lingue, e questo è piaciuto a tutti.
Come vedi non c’è stato un grande studio dietro (sorride, ndr). Ti faccio poi un altro legame, dicono che i bambini vanno nel limbo. Noi siamo bambini, fondamentalmente, e il bambino che c’è dentro di noi deve rimanere vivo, sopratutto nelle persone che si reputano artiste. Devi rimanere istintivo, puro, innocente. Senza pensare che, poi, questo festival si trova a 50 metri dalla casa di Giovanni Pascoli, che guarda caso parlava del ‘fanciullino’, è un discorso per noi ricorrente.
Beh che dire, sembra fatto apposta! Purtroppo siamo arrivati alla fine. Io di solito come ultima domanda chiedo sempre un pensiero personale all’artista che intervisto, un’istanza, una tua idea, qualsiasi cosa tu voglia condividere con noi.
Allora, il nostro intento è quello di far star bene le persone, abbiamo un approccio molto altruista. Noi non siamo lì a contare i numeri, Limbo non nasce con un ragionamento freddo di business. Ovviamente c’è tutto un progetto dietro, c’è un grosso investimento e sappiamo che le cose poi dovranno tornare, ma di base nasce come qualcosa, appunto, di istintivo, con la voglia di lasciare un segno in noi e nelle persone che parteciperanno. Veramente, è una cosa fatta col cuore che ci riempie di gioia.
Probabilmente è perché mettiamo in campo, sia io che Alessandro, la nostra parte femminile (che in realtà è presente in tutti gli uomini) intesa come concetto di accoglienza. Questo probabilmente, da quello che percepisco, si riflette su tutto il team di lavoro e arriva anche all’esterno. Infatti devo dire che, diversamente da altre situazioni, il Limbo Festival è molto frequentato dalle donne.
Questo non è un concetto scontato. Ti ringrazio, Luca, per la chiacchierata. Ti faccio i miei auguri per il festival!
Grazie a te Nicola, buon lavoro! Ciao, a presto.
ENGLISH VERSION
Ciao Luca! It’s a pleasure to interview an artist like you, gifted with a different sensibility. Let’s start with a very classic question: tell us a little about how your story with music began.
I consider myself a child of the 90s. I started practically falling in love with Hip-Hop music, late 80s. In ’87/88 I started doing radio in local stations. My intention was to grow up and then go to Milan to work for the networks. Then it happened that, after 12 years of apprenticeship, of various experiences, I started producing music and from that moment my intentional career as a DJ opened up. I became passionate about production, which was something I didn’t know I had inside, in my DNA. So I started for fun, but then in 2002 I started producing seriously and, within a year and a half/two, I already had the first requests outside Italy and now I’ve been on the clubbing and festival circuit for sixteen, seventeen years .
Then, of course, this is great luck! Having the possibility to travel, to travel the world with music is the best one can hope for and for me it was unexpected. In the sense that it was fine for me to live off this job in Italy as well. Instead I have visited 90 countries, I have been to all continents and above all I have had the possibility, over time, to go and play in situations outside the club. I don’t know, it could be the atoll in the middle of the Pacific, rather than the jungle of Bali, or the Mexican one, or in the desert. So clubbing has also changed a bit in recent years. These experiences have formed me, enriched me so much.
In fact, it can be said that you have spent more time abroad than in Italy. Then you decided to come back with a festival, or rather a boutique festival in Garfagnana. What triggered inside you, what prompted you to give life to the Limbo Festival?
This step happened thanks to COVID, because I was stuck at home like everyone else. I remember that I had returned to live in Tuscany just before the pandemic, so I found myself standing still but having much more time available and I said to myself: “You know what, that famous project I have standing there for a long time, now could be the right time to develop it”, and, together with Alessandro Stefani of “Il Ciocco”, my partner in this adventure, who has a propensity for beauty (we both have a vocation for aesthetics, wellness, music, food), we put together what that dream really was.
We started almost for fun. One evening we were at a ‘dinner with a chef’ in a 1500-metre parterre with ambient music, at a time when dancing was not yet allowed in Italy. So we used that limitation to propose something completely different to a group of 100 friends and they all greeted with “Fuck that’s cool!”.
You couldn’t dance anyway so they were also forced! (joking, ed.). Imagine organizing something like this when instead you could do it, everyone would start saying “Come on let us dance!”, but that way it was a stretch, it was all or nothing, and people found out that it was a good thing. We looked at each other and thought that we would have to do this again the following year, when we could go back to dancing, indeed we thought that we really had to do a festival… Limbo Festival was born this way.
If I asked you what is the true value of Limbo Festival?
Look, it is certainly a dispassionate love for our land, the idea of doing it here, in Barga, in the mountain that hosts us, at “Il Ciocco”, an area of 600 hectares surrounded by nature that has great value for us.
Yes ok, the world is fine, you see many things and so on, but then the more you travel and the more there is a voice that reminds you of your origins, your roots. Those roots that you can neither cancel nor deny, there is no point in doing so, they are part of you. If we are what we are now, it is because we were born here, it is probably because as children we developed a certain empathy between us, contact with nature.
So, coming back here after all these experiences is a privilege for us. The time is also ripe to be able to organize something like this and finally put our Italian know-how on the plate, and I add, Tuscan know-how, because food, for example, is one of the things we obsessively take care of. To tell you: all the festivals around the world are rightly centered on music, while food is often mistreated, not taken care of and you eat because you have to eat, for survival.
For us, however, it is a moment of great pleasure and therefore we have various culinary solutions that are rooted in the Tuscan tradition, as well as a master class with Aurelio Barattini, who is a great chef.
I’ll tell you an anecdote about him: a year and a half ago he was called because there was a private dinner in a villa, here in Lucca, and he didn’t know who they were. Then a helicopter arrived and The Edge and Bono from U2 got off (laughs, ed). Then there is also Francesco Crescentini who, on the other hand, will take care of the chef’s dinner on Saturday evening which we set in the “Taverna dello scoiattolo”, our new hut which rises practically 300 meters from the festival area and gathers about 120 people. However, throughout the festival area we have the Slow Food presidium of Garfagnana and Media Valle del Serchio, therefore local products, also with vegetarian proposals.
We are not only music, but also food and all those activities that have enriched the festival, especially this year, starting from the collaboration with Sacbe Camp.
In fact, in my opinion there is a basic dualism in Limbo Festival. Last year there was the metaphor of the tribe, of sharing. Instead this year I had read, in fact, that the claim is “A Human Future”, but a future that actually looks to the past, to the roots. Can you explain this to us a bit?
It’s something I’ve been feeling for years and that we’re discovering more and more in our country too, or in any case in Europe. One thing that I began to experience especially in South and Central America, but also in the United States. Places where parties are increasingly spread out, away from the chaos, where you may have to drive 4 or 5 hours to reach the location. You understand that what was previously considered a negative now becomes an asset.
To us too, the first objection they made to us when we left was “Oh God, you’re far from everything!”. Here, good! It is important to be away from everyone. Also for the public he wants to be in a more natural, ancestral, primordial, wild condition, let’s call it what we want, but as long as it is in contact with nature.
We know very well what life is like today, how hectic it is, how many levels of stress there are. Therefore, being able to create a “three days” in which you really forget your car, because we have a shuttle service, and possibly even the telephone is fantastic.
It is a discourse of Humanism. This new humanism that everyone is talking about. All the CEOs, all the big companies that, again, put the emphasis on this thing. Because artificial intelligence is a bit frightening, even if it will certainly improve our lives, but at the same time it is important to teach the humanist culture, which characterizes our European civilization, especially the Italian one, and is a great contribution to our society. While in the parts of Cupertino (laughs, ed) they are more deficient from this point of view, however, vice versa, they have those who develop new technologies.
You have to maintain a balance in this world, because otherwise AI risks being a very dangerous thing. Sometimes, you know, they say, “Are you scared of AI?” Natural stupidity scares me even more. But a thought about this future, about what will happen to our children, our grandchildren must be done.
So this year we have also tried to set up communication in search of this link (which is also very philosophical) and to develop the Limbo Festival with in-depth talks, summits, human design activities, with the aim of create ever greater things also in terms of content.
Sacbe, our collaborator for this edition, for example, is a Camp, a Mexican community, which in the last 10 years has made Burning Man (where I have been in 2016 and 2018, and where I will return in 2023) where I go to play basically. Instead, they set up a camp with all the meditation activities.
Since we are close friends with Maria Sanchez (co-founder of Sacbe Camp, ed), we said to each other at a certain point why don’t we integrate, given that we are involvement, we are inclusive, this cultural exchange between countries? Which, although different, often find many points in common. So it was interesting for me to call Sacbe Camp to bring their meditative activities, the cocoa ceremony, their musicians.
There will be many pleasant moments and dedicated commercials. We will start with Maike Gabriela, a native Spanish with German origins, Human Design consultant and founder of the “Transformational Human Design™” method, and then continue with Vandana Hart, creator and leader of the global movement “We Speak Dance”. Then among the most anticipated performances, that Jill Goldman, an activist, director and artist from Los Angeles whose work incorporates performance, photography, film and video, who with “Disentanglement Re-Embodiment” will invite participants to dissolve the ties of oppression and to imagine a reincarnated self, free from patriarchal power and domination.
Furthermore, the user who comes to visit us is able to flow everything easily because there is nothing at the same time. We also have yoga, hiking, walking with alpacas, food and wine masterclasses. Sure, it’s a sequence of activities that runs from morning to late at night.
This is definitely a music festival in which, however, the music ultimately accompanies all the situations you have created, I understand. Even if, actually, it’s not that the music is put in the background because you have a remarkable line up.
But it risks going into second place.
Because I’m telling you about anything but music! (smiles, ed.). But that’s the best part in my opinion. A high musical level, however an important, refined and different line up. We have from Roman Flugel, to the afro-beat group, to ambient music, to DJ disco, to electronic live acts, the dub of Leo Di Angilla.
As you said at the beginning, you started from hip-hop and then moved on to house, to minimal, and Limbo Festival is a bit like you, it encompasses different realities.
Yes, because music is everything, and this festival brings together absolutely all our passions, both musical and in terms of content. We have also brought in musicians from the Luigi Boccherini Conservatory of classical music, we have an opera singer who, I anticipate, will perform in my ambient set. There will be some truly magical moments.
So the situation is very composed, it’s a puzzle in which music, activities, contents and food form Limbo. Remove one and the balance cracks. Instead it is a whole and it makes sense if these elements coexist harmoniously.
I have a curiosity, why exactly this name, LIMBO? I thought a lot about this… Because limbo can be both Caribbean dance but it can also mean edge, or, as for Dante, a cross between Hell and Heaven.
I tell you the truth, he was born in 15 seconds. Because when we talked about it with Alessandro (Stefani, ed) he said to me “But what do we want to call it?”, 10 seconds of silence passed and I said LIMBO! I don’t know why, that is, limbo is not quite clear what it is, it is a bit like no man’s land, the Nowhere Land. An area that is not well defined, just as we are indefinite. Moreover, limbo is a word that sounds good in all languages, and everyone liked this.
As you can see, there wasn’t a large study behind it (smiles, ed). I’ll make you another link then, they say children go into limbo. We are children, fundamentally, and the child inside us must remain alive, especially in people who consider themselves artists. You must remain instinctive, pure, innocent. Without thinking that, then, this festival is located 50 meters from the house of Giovanni Pascoli, who coincidentally spoke of the “fanciullino” (little boy, ed) it is a recurring discourse for us.
Well what can I say, it seems made on purpose! Unfortunately we have come to an end. As a last question, I usually always ask for a personal thought from the artist I am interviewing, an instance, your idea, whatever you want to share with us.
So, our intent is to make people feel good, we have a very altruistic approach. We are not there to count the numbers, Limbo is not born with cold business reasoning. Obviously there is a whole project behind it, there is a large investment and we know that things will then have to come back, but basically it was born as something instinctive, with the desire to leave a mark in us and in the people who will participate. Truly, it is a thing done with the heart that fills us with joy.
It is probably because, both Alessandro and I, we bring into play our feminine side (which is actually present in all men) understood as a concept of hospitality. From what I perceive, this probably affects the entire work team and also affects the outside world. In fact, I have to say that, unlike other situations, Limbo Festival is a very popular festival for women.
This is not an obvious concept. Thank you, Luca, for the chat. I wish you all the best for the festival!
Thank you too Nicola, good job! Bye, see you soon.