fbpx

Fabio Colicchi è uno dei volti più eccentrici e importanti del clubbing romano. In questa intervista ci racconta la sua storia, il suo lavoro e la nascita di un club che sa di internazionalità: il Magick Bar.

Nel primo decennio degli anni 2000 era piuttosto normale rimanere colpiti dal mondo del clubbing, tecnologie e novità erano all’ordine del giorno e la voglia di sperimentare era ai massimi livelli. In questo stato d’animo di grande desiderio e fervore Fabio Colicchi ha impostato la sua carriera ed infine la sua vita.

Fondatore di Anarchy in the Club nel 2007, rende in poco tempo questa semplice crew uno dei party di riferimento della scena romana e non solo, ricevendo consensi e supporto da parte di tutta Europa. Nel 2010 diventa socio e direttore artistico del Goa Club di Roma, fino al 2018. Nell’arco del tempo ha ospitato a Roma migliaia di artisti internazionali, di ogni categoria e genere della musica elettronica, creandosi un bagaglio musicale e culturale degno di nota. Colicchi ha tessuto rapporti con label e collettivi, conquistando la stima di professionisti e addetti del settore, fino ad arrivare ad organizzare party al Bar25 di Berlino, all’ ADE di Amsterdam, ad Ibiza e a Londra.

Fabio Colicchi at The Magick Bar

Ha organizzato, nel tempo, diversi progetti che hanno lasciato un segno nella storia degli eventi italiani. Per citarne alcuni possiamo ricordare la direzione artistica degli eventi di AltaRoma nel 2007, la creazione di Navalon Festival nel 2016, una celebrazione di musica e arte nella splendida cornice di Montalcino. Nel 2019 ha partecipato all’organizzazione di Ahila Desert Gathering, un raduno di quattro giorni all’interno del deserto di Agafay in Marocco con 72 ore di musica e nel corso del tempo ha collaborato con importanti aziende internazionali come RedBull Music Academy, Diesel, Nike, Absolute, Vogue, Martini, Charartt, Gucci e molti altri.

Anarchy in the Club at Goa Club

Tra i progetti di Fabio Colicchi non possiamo non citare, nel 2016, Coropuna. Uno spazio artistico ricavato da una vecchia officina dove vengono fuse musica live e dj set con la cucina e lo showcooking, esibizioni artistiche e installazioni. Ma il progetto più longevo di tutti è stato quello del Magick Bar, che dal 2008 anima l’estate romana offrendo una vastissima e ricercata proposta musicale, nell’ambito dell’avanguardia elettronica.

Ciao Fabio Colicchi, benvenuto su Parkett. Magick Bar, nel tempo, ha conquistato la posizione di caposaldo della nightlife estiva romana. Ti andrebbe di raccontarci quali sono stati gli obiettivi raggiunti e come è andata questa stagione?

L’obiettivo dell’estate è stato sicuramente quello di offrire al pubblico romano della musica che non si aspettava. Abbiamo ospitato tanti artisti stranieri e allo stesso tempo abbiamo proseguito la nostra proposta di dj resident, con la voglia di dare spazio e visibilità a tutti gli artisti romani ed italiani che da anni si prodigano all’interno di questa scena.

Il mio obiettivo personale è sempre stato quello di dare visibilità alle persone che mi trasmettono impegno e dedizione. Da sempre mi interfaccio con label, con artisti che mettono in risalto una propria visione, che hanno un proprio concetto musicale da esprimere, insomma figure con un’identità ben visibile. Il concetto è molto semplice: colui il quale dimostra di “sbattersi” per la musica, colui il quale ha una visione ben definita e spende energia per promuoverla, qui è sempre il benvenuto ed avrà sempre il suo spazio.

Tra i dj resident del Magick Bar possiamo sicuramente citare Neel, caposaldo della techno psichedelica, che propone il suo format “Neel invites”, con il quale abbiamo invitato tantissimi artisti internazionali. Impossibile non citare Function, Irene Amnes e Dj Red. Tra i nostri dj abbiamo invece Cosimo Damiano, Gattonero, Brasi, Sandra Mason, Gabbs, Nicolas Lutz e Binh.

Tra i nomi del panorama estero abbiamo il duo BMG (Ectomorph), negli anni abbiamo portato Peter Van Hoesen, abbiamo Hugo Sanchez con la sua serata che da 7/8 anni è nostro ospite.

Label con cui abbiamo collaborato nel tempo sono state Minimal Rome, Iykos Records che è un’etichetta che fa sempre deep techno, abbiamo Mental Modern ossia un’altra etichetta techno con la quale collaboriamo ogni anno e facciamo degli showcase. Impossibile non citare Incoherent Debts, My Own Jupiter di Nicolas Lutz con la quale facciamo uno showcase ogni anno e Jooice Music con Gabbs.

Il Magick Bar è ricerca musicale, culinaria e da bere. Ti andrebbe di raccontarci come è nato il progetto, come si è evoluto nel tempo e verso che orizzonti è rivolto?

Tutto nasce dalla mia voglia di portare all’interno della mia città diverse atmosfere musicali. Desideravo riportare a Roma quella “club culture” che ho vissuto all’estero durante i miei viaggi e per la quale poi è nata la mia passione. Questo è stato sempre il mio obiettivo, nel caso specifico del Magick Bar, grazie alla sua posizione centrale e suggestiva sul Tevere, abbiamo cercato di offrire la possibilità di godere di ottima musica, in una splendida location, abbracciando un pubblico vastissimo che spazia dall’amante della musica elettronica fino al cittadino straniero che capita per caso in questo posto.

Riconosco che il Magick Bar possa essere considerato un posto cool e fico, ma è anche una location che non scende mai a compromessi per quanto riguarda la musica. Offre l’opportunità di ascoltare degli artisti gratuitamente, senza pagare un ingresso, che in altri paesi o in altri posti richiederebbero un prezzo importante. Tutto questo ci permette di attirare pubblico anche solo per la bellezza e la magia del Magick Bar.

Quando ho avviato il progetto Magick Bar la “club culture” era al massimo della sua espressione. Ora naturalmente tutto è cambiato, sono passati gli anni e tutto si è contaminato. Forse si è anche un po’ persa quella purezza che Io ho vissuto, comunque parliamo di “club culture” che include la parola cultura e che quindi presuppone un proprio linguaggio, un proprio una propria identità, una propria attitudine e che, secondo me, si stava e si sta un po’ perdendo.

Essere presenti in un posto al centro di Roma, ad ingresso gratuito, dove comunque si propone un certo tipo di musica e di ricerca musicale, secondo me è importantissimo per la “club culture” romana e italiana. Anche solo il fatto di esserci, cioè soltanto di proporre questa cosa e di dare fruibilità massima alla musica e l’attitudine alla cultura club è sempre stato il primo obiettivo principale.

Quale credi possa essere l’obiettivo futuro di Magick Bar?

Una delle certezze sarà il grande weekend di chiusura stagione che si terranno al Magick Bar. In data Venerdì 29 Settembre avremo come ospiti Katatonic Silentio, Cosimo Damiano e Gattonero al bar, mentre al Teatro di Minerva ospiteremo Lola Kola, Pierpanico, Egeeno e Gabor. In data Sabato 30 Settembre invece nella prima sala avremo la musica di Omar e Brasi con l’aggiunta di una Special Guest, mentre nella seconda sala Steve Pepe e Simona Beat.

L’obiettivo futuro è rimanere stabili e presenti, propagando la nostra onda. Negli anni il progetto si è allargato, lo scorso anno abbiamo costruito la nuova area che si chiama il Teatro di Minerva dedicata alla musica slow beat, soprattutto incentrata sulla dimensione live performance.

Quest’anno abbiamo fatto una rassegna di concerti live dal nome Ludos Argentum, con il quale abbiamo proposto delle realtà romane e italiane di un certo tipo di musica live, suonata con una propria linea conduttrice e con un certo tipo di atmosfera. Questo progetto ha ampliato notevolmente la nostra proposta musicale, la possibilità di vivere due situazioni, con due console separate e due punti musica diversi completa ancora di più la nostra visione.

È interessante dire che la realtà del Magick Bar risulta oggi un punto di riferimento per la musica e contemporaneamente un luogo di rivalutazione sociale e cittadina. Grazie al terreno datoci in concessione dal Comune di Roma, noi ridiamo linfa vitale a 360 gradi ad uno spazio che è stato lasciato per molto tempo in disuso, creando qualcosa di nuovo da qualcosa che prima non esisteva.  Con il nostro impegno a bonificare e a riqualificare l’area, restituiamo alla città di Roma un luogo magico e immersivo dove il cliente può ritrovarsi nella musica, nel drink e nel food.

Oggigiorno stiamo vivendo una trasformazione del pubblico all’interno dei club. Prima determinati ambienti erano conosciuti solo da persone del settore e veri appassionati, con certi usi e costumi ben definiti. Oggi questo limite sta sparendo, la frequentazione dei “locali di nicchia” sta diventando una moda e indice di popolarità. Come si contrasta il sovraffollamento di certe realtà? Esiste un’educazione musicale secondo te?

Certamente. Rispetto a qualche anno fa la situazione è cambiata. La figura del dj all’interno della “club culture”, con l’avvento dei social, si è evoluta e si è persa quell’aura di mistero su cui si basavano diversi party e la nostra scena è diventata troppo visibile. Riconosco delle difficoltà da parte delle nuove generazioni nell’apprezzare a primo impatto una proposta musicale di un club con una certa visione, o magari un discorso di coerenza di programma rispetto ad altri club con intenzioni e visioni diverse.

Come dicevo prima, nel mio progetto del Magick Bar, la volontà è sempre stata quella di offrire una piattaforma libera e fruibile a tutto tondo per la totalità del pubblico romano e non solo. La coerenza si mantiene soltanto tramite la scelta musicale e la proposta.

La linea del Magick bar è molto definita e improntata sulla cultura e la proposta.

È chiaro che, se il pubblico non apprezza o non si trova dentro la coerenza musicale, alla fine dei conti sceglie di non venire all’interno di Magick Bar. Quello che ho notato negli anni è stato che attraverso la proposta musicale si crea e si delinea un tipo di pubblico che si auto-seleziona. Anche chi non è interessato a questa musica capita che sia nostro ospite, ma poi trovandosi nella situazione può apprezzare come disprezzare.

Spesso quando si parla di musica non si presta dovuta attenzione al fattore umano, ossia a coloro che la producono. Essere direttore creativo di diverse realtà come Magick Bar, Nevalon Festival e Kasa Kumbas ti fa vivere a contatto con le persone. Quali sono gli aspetti positivi e negativi di questo lavoro per Fabio Colicchi?

Sicuramente lati positivi tantissimi. La soddisfazione più grande per me è quella di poter dare spazio a realtà musicali, label e collettivi che come me hanno una forte passione per la musica e per la “club culture”.  Negli anni abbiamo svolto un ottimo lavoro nel mantenere viva una scena che era nata molto tempo prima, offrendo al pubblico una notevole proposta artistica. Ogni anno cerchiamo di migliorarla ed ampliarla, conferendogli maggiore risonanza.

Il risultato positivo di questo lavoro è trovare all’interno del Magick Bar clienti che vengono dall’estero, desiderosi di apprezzare la musica che proponiamo. Ovviamente la mia osservazione non è rivolta solo al pubblico estero ma anche a tutte le nuove generazioni che piano piano, si stanno affacciando al mondo della musica elettronica. Dal mio punto di vista è importante mantenere accesa e viva la fiamma della “club culture”, alla quale Io ho dedicato e dedico tutt’oggi il mio lavoro. La soddisfazione più grande che ottengo dalle mie fatiche è quella di potermi emozionare e di poter godere della musica che proponiamo qui al Magick Bar, perché in fin dei conti Io sono il primo fruitore di quello che faccio tutti i giorni.

Magick Bar by Fabio Colicchi

Non ci sono così tanti aspetti negativi, secondo il mio parere. Può capitare a volte che delle persone non si trovino bene qui all’interno del Magick bar, un po’ perché non si trovano in linea con la proposta musicale, un po’ perché questa location non si connette ai propri bisogni e necessità. Sinceramente questo non lo definirei un aspetto negativo, d’altronde il mondo è bello perché è vario, e per certi versi sono contento che la visione musicale del Magick Bar non piaccia a tutti quanti. Sicuramente, negli anni avrei potuto fare delle scelte economicamente più vantaggiose, poiché per tanto tempo abbiamo invitato artisti internazionali dal booking a cifre stellari, ma ho sempre affrontato le mie decisioni a cuor leggero, in quanto per me l’espansione della “club culture” è una missione.