La frise, DJ emergente residente a Essen, ci offre uno sguardo sulla sua esperienza e i suoi consigli per navigare la competitiva scena clubbing tedesca.
Nasrat Bazerbashi, noto come La frise, è un dj emergente proveniente da Aleppo, una città più volte luogo di conflitti bellici. Da sempre, La frise ha interpretato problemi e catastrofi non come barriere insuperabili, ma come stimoli per la sua creatività, motivandolo a pensare “outside the box”.
Residente a Essen, Germania, dove studia ingegneria civile e fa il DJ, Bazerbashi ha discusso con Parkett delle difficoltà del contesto del clubbing tedesco, delle sue strategie di successo e dei lati oscuri di questo ambiente. Senza peli sulla lingua.
Ciao Nasrat, benvenuto su Parkett. Da qualche anno persegui la tua passione come DJ a Essen, cittadina nella Germania occidentale. Come ti ha accolto la scena clubbing tedesca?
Direi che la scena ha risposto bene alle mie aspettative mostrando grandi consensi verso me e il mio modo di fare musica. Ci sono tantissime “sotto-scene”, dove è possibile ascoltare e scoprire musica e artisti molto interessanti. E poi c’è l’atmosfera unica che regala il panorama post-industriale della Ruhr. Però, ammetto che la competizione può essere pesante a volte.
Hai aneddoti da raccontarci?
Ce ne sono tante di storie (ride). È capitato a me e ad altri DJ di notare colleghi sulla pista da ballo durante il nostro set. A quel punto, inizia “l’XFactor del clubbing”. Il DJ in pista comincia a esaminare ogni dettaglio del set e a discutere con gli altri sui presunti errori che sente. Altri vengono proprio a dirtelo in faccia.
Ma si tratta di DJ emergenti oppure già affermati nella scena?
Entrambi.
Immagino non siano tutti così, vero?
Fortunatamente no. Ci sono molti artisti che si complimentano per i set, dj con cui resto in contatto. Ho costruito amicizie con alcuni colleghi con cui collaboro con piacere. Ma per diventare amici e lavorare insieme bisogna condividere la stessa visione del clubbing. Trovare qualcuno con idee che si allineano alle tue non è sempre una passeggiata, specialmente in un contesto così competitivo.
Come affronti la competizione?
Sembrerà un luogo comune ma “non mi curo di loro ma guardo e passo”. Sono sempre stato molto concentrato su di me e i miei obiettivi e i risultati pian piano si vedono. Come DJ emergente, devi innovare e reinventarti, attrarre l’interesse degli organizzatori di eventi, festival, party. È la strategia più efficace per arricchire il tuo curriculum di DJ. E soprattutto, ogni artista dovrebbe iniziare il suo percorso con una domanda fondamentale: “Cosa voglio dalla scena? Cosa cerco?”. Rispondendo a questa domanda si è già a metà dell’opera.
Cosa vuole dalla scena La frise? Cosa cerca?
La mia aspirazione è di esibirmi in luoghi dove il profitto non è la priorità. Recentemente ho ridotto le mie apparizioni nei club, dove l’attenzione sembra spesso concentrata sul guadagno.
La pandemia è stato un punto di rottura nel mondo del clubbing. Tanti club purtroppo hanno chiuso, solo i “più forti sono rimasti in piedi”. Ergo chi ha e aveva già soldi. Realtà più piccole e underground sono diminuite. Ma io ne sono un grande fan e continuerò a sostenerle.
Ecco perché sono diventato più selettivo. Preferisco suonare in ambienti underground, o luoghi che so essere accoglienti per i raver. Luoghi dove l’ostentazione è limitata e le persone sono più interessate a godersi il momento e a sentirsi libere piuttosto che a mettere in mostra l’ultimo outfit da serata. Perché, per me, la techno rappresenta soprattutto libertà. E se ti senti libero balli anche in pigiama.
Spulciando su i tuoi social ho scoperto che anche tu organizzi eventi. Come ti “reinventi” e contribuisci alla scena techno della Ruhr?
Nel 2019 ho fondato il format STATIK ma con la pandemia c’è stato un lungo stop. Tra il 2021 e il 2022, però, la situazione si è rilassata e quindi ho ripreso ad organizzare rave. Penso questo sia il modo migliore per farsi notare nella scena, creando qualcosa di unico, interessante. Il penultimo party organizzato si è svolto in una chiesa. In quel caso STATIK si è trasformato in un vero e proprio collettivo, dove altri artisti e amic* mi hanno aiutato ad organizzare il tutto. I loro spunti e le loro idee sono stati molto preziosi. È stato una bomba, davvero. E il giorno dopo la chiesa era sacra e immacolata proprio come prima del rave (ride).
Se penso alla techno e al clubbing penso a un qualcosa di dinamico. Perché il nome STATIK, allora?
La Statica è la parte della meccanica che studia l’equilibrio. Lavoro anche professionalmente nell’ambito della Statica, specialmente nella costruzione di ponti (da qui il ponte nel logo). E i ponti statici per me rappresentano la metafora del collegamento tra gli artisti emergenti e quelli più famosi attraverso sostegno e supporto.
Quali sono i punti chiave del format?
Lo slogan di STATIK è “Support. Local. Underground.“.
Nei rave di STATIK si cerca sempre di valorizzare artisti emergenti, infatti in line up c’è sempre un dj che suona per la prima volta. E anche gli artisti del posto hanno la possibilità di esporre i propri lavori, quadri, disegni, nella venue del rave. Mi piace molto creare un progetto multidisciplinare. Così la gente prima si gode la mostra e dopo può scatenarsi sulla pista da ballo.
Inutile menzionare che non adottiamo concetti come il dress code. Ho conosciuto il mondo del clubbing underground, accogliente e familiare, e desidero offrire la stessa esperienza ai partecipanti dei party di STATIK. Diversi frequentatori, dopo i rave, mi hanno confidato: “Quando partecipo ai tuoi rave, mi sento accolto come a casa di mia madre”. Io e i miei futuri collaboratori ci impegneremo sempre per ricreare questo senso di appartenenza nei nostri eventi.
Ah e soprattutto i rave di STATIK sono super economici!
Tu hai origini arabe e vedo che il simbolo di Statik include anche caratteri arabi. Quanto la tua cultura influisce sui tuoi progetti?
Moltissimo. In ogni mio set, cerco di inserire almeno un brano con vocal arabi o con sonorità dal sapore orientale. Non è raro che faccia set di oriental house. Adoro la mia cultura, la mia lingua. Purtroppo, molte persone collegano l’arabo a temi come terrorismo e guerra. Voglio mostrare quanto l’arabo possa essere affascinante e romantico.
A tu per tu da dj emergente a dj emergente. Avresti un’ultima cosa da dire per chi vuole muovere i propri passi nel contesto competitivo del clubbing?
So che potrei sembrare un disco rotto, ma come ho già sottolineato, l’essenziale è capire cosa si vuole ottenere dalla scena, quali sono i propri obiettivi e come si vuole contribuire al mondo del clubbing. Suonerà come un cliché, ma è fondamentale rimanere fedeli alla propria visione del clubbing. Liberi, proprio come la techno.
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ENGLISH VERSION
La frise, an emerging DJ based in Essen, gives us an insight into his experience and advice for navigating the competitive German clubbing scene.
Nasrat Bazerbashi, known as La frise, is an up-and-coming DJ from Aleppo, a city that has been the site of war conflicts several times. La frise has always interpreted problems and catastrophes not as insuperable barriers but as stimuli for his creativity, motivating him to think ‘outside the box’.
Living in Essen, Germany, where he studies civil engineering and DJing, Bazerbashi spoke to Parkett about the challenges of the German clubbing scene, his success strategies, and this industry’s dark side. Without mincing his words.
Hello Nasrat, welcome to Parkett. For a few years now, you’ve been pursuing your passion as a DJ in Essen, a city in Western Germany. How has the German clubbing scene welcomed you?
The scene has met my expectations with great support towards me and my music. There are many sub-scenes where you can listen to and discover exciting music and artists. And then there’s the unique atmosphere provided by the post-industrial landscape of the Ruhr. However, I admit that competition can be tough sometimes.
Do you have any anecdotes to share with us?
There are many stories (laughs). It has happened to me and other DJs to notice colleagues on the dance floor during our set. At that point, the ‘XFactor of clubbing’ begins. The DJ on the dancefloor starts going over every detail of the set and discussing the alleged mistakes they hear with others. There are also DJs who come right up and say it to your face.
But are these emerging DJs or those already established in the scene?
Both.
They’re not all like that, right?
Fortunately not. There are a lot of artists who compliment my sets and DJs I keep in touch with. I have built friendships with some colleagues with whom I work with pleasure. But to become friends and work together, you must share the same clubbing vision. Finding someone with ideas that align with yours is not always a walk in the park, especially in such a competitive environment.
How do you deal with competition?
It might sound cliché, but “I don’t care about them, everything goes right over my head”. I have always focused on myself and my goals, and the results are gradually showing. As an emerging DJ, you must innovate and reinvent yourself, attracting the interest of event organizers, festivals, and parties. This is the most effective strategy to enrich your DJ resume. Above all, every artist should start their journey with a fundamental question: “What do I want from the scene? What am I looking for?”. Answering this question is already half the battle.
What does La Frise want from the scene? What are you looking for?
I aspire to perform in places where profit is not the priority. Recently I have reduced my appearances in clubs, where the focus is often on making money.
The pandemic has been a breaking point in the clubbing world. So many clubs unfortunately closed, and only the ‘strongest ones made it’. Ergo, those who have and already had money. Smaller and more underground realities have decreased. But I am a big fan of them and will continue to support them.
That’s why I’ve become more selective. I prefer to play in underground places or venues I know to be welcoming for ravers. In places where ostentation is limited, people are more interested in enjoying the moment and feeling free than showing off the latest party outfit. Because techno represents freedom above all, and if you feel free, you can even dance in your pyjamas.
Browsing through your social networks, I discovered that you organize parties too. How do you ‘reinvent’ yourself and contribute to the Ruhr techno scene?
In 2019 I founded the format STATIK, but there was a long pause due to the pandemic. However, between 2021 and 2022, the situation relaxed, and so I started organizing raves again. That’s the best way to get noticed in the scene by creating something unique and interesting. The penultimate party I organized took place in a church. In that case, STATIK transformed into a true collective, where other artists and friends helped me manage everything. Their insights and ideas were precious. It was a blast. And the day after, the church was sacred and immaculate, just like before the rave (laughs).
When I think of techno and clubbing, I think of something dynamic. Why the name STATIK, then?
Statics is the part of mechanics that studies balance. I also work professionally in Statics, especially bridge building (hence the bridge in the logo). And statics bridges, for me, represent the metaphor of the connection between emerging artists and more famous ones through constant support and encouragement.
What are the key points of the format?
STATIK’s slogan is ‘Support. Local. Underground.‘.
At STATIK raves, we always highlight emerging artists. In the line-up, there is always a DJ playing for the first time. Local artists can also exhibit their work, paintings, and drawings in the rave venue. I like to create multidisciplinary projects. So people first enjoy the exhibition, and afterwards, they can go wild on the dance floor.
We do not adopt concepts such as dress codes. I have got to know the world of underground clubbing, which is cosy and familiar, and I want to offer the same experience to the party-goers at STATIK. Several ravers have confided in me after raves: ‘At your raves, I feel welcomed like at my mother’s house’. My future collaborators and I will always strive to recreate this sense of belonging at our events.
Ah, and best of all, STATIK raves are super cheap!
You have Arabic origins, and I see that the symbol of Statik also includes Arabic characters. How much does your culture influence your music and your projects?
A lot. In every one of my sets, I include at least one track with Arabic vocals or a taste of Oriental sounds. It’s not uncommon for me to play sets of oriental house. I love my culture, my language. Unfortunately, many people associate Arabic with topics like terrorism and war. I want to show how Arabic can be fascinating and romantic.
You and another emerging DJ, eye-to-eye. Can you say one last thing for those who want to take their steps in the competitive clubbing scene?
I might sound like a broken record, but as I have already pointed out, the key is understanding what you want to get out of the scene, your goals and how you want to contribute to the clubbing world. It will sound cliché, but staying true to your vision of clubbing is essential. Free, just like techno.