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Ortigia Sound torna nella splendida cornice dell’ isola di Ortigia il prossimo weekend. Abbiamo indagato e analizzato i luoghi emblematici e significativi nello svolgimento del festival insieme al responsabile produzione Angelo Morando.

Ortigia Sound è alle porte. Dal 1 al 4 agosto il Patrimonio Unesco dell’ isola siciliana si colorerà delle sfumature più disparate della migliore elettronica internazionale. Donato Dozzy, David August, Blawan e Holy Tongue sono solo alcuni dei nomi imperdibili di questa edizione che promette ancora una volta di unire territorio e musica dentro un’ esperienza riconciliante con il circostante e allo stesso tempo unica nel suo genere.

I luoghi di Ortigia Sound sono assoluti protagonisti nello sviluppo del racconto dell’evento. Riempiti di nuovo codici e significati sociali, vissuti per un breve periodo dell’ estate in una maniera inedita. Luoghi di socialità e di scambio ma anche sfondo di performance dal carattere distinto, pronti a mutare pelle e a regalare nuovi confini mai oltrepassati.

Abbiamo voluto farci raccontare qualcosa in più sui criteri di scelta dei luoghi di Ortigia Sound 2024 e sullo sviluppo di pari passo al branding del Festival dal responsabile della produzione Angelo Morando. Buona lettura!

Ciao Angelo, Benvenuto su Parkett. Vorrei partire chiedendoti come stai e come è stato lavorare quest’anno sul festival rinnovato in una nuova veste? Che sfide nuove ha portato?

Il lavoro svolto quest’anno è stato più complesso e articolato rispetto al solito, e questo soprattutto perché abbiamo dovuto cercare una nuova location per il main stage, che da quest’anno non sarà più all’interno della piazza d’armi del Castello Maniace.

La ricerca ha dovuto tenere conto delle peculiarità di Siracusa e dell’isola di Ortigia, dove non è semplice trovare spazi connotati da una forte componente storico-culturale e al contempo capaci di contenere migliaia di persone, il tutto senza sconvolgere la quotidianità delle persone che ci vivono. Anche per questo abbiamo deciso di seguire la direttrice della rigenerazione, e quindi rivalutazione, di uno spazio storico ma un po’ “dimenticato”, quello dello “Sbarcadero”.

Il focus del festival è appunto il territorio siciliano ed in particolare il rapporto tra i luoghi storici che ospitano il festival el a programmazione musicale che proponete. Qual è il rapporto tra questi due elementi e quali sono i criteri di scelta di una location rispetto alla proposta musicale che viene pensata per quel luogo?

Non è possibile scindere il territorio dal festival. Le due entità vanno di pari passo e sono interconnesse. Questa è sempre stata l’idea da cui nasce Ortigia Sound. Il festival si nutre della storia di questo luogo e l’esperienza di chi viene al festival si forma tra paesaggi e monumenti millenari.

La scelta di una location quindi non può non tener conto di questo: non siamo a Berlino, sarebbe fuori contesto portare le persone in un capannone post industriale. Poter godere di spazi che coniugano l’arte greca al barocco, immersi in un simile contesto artistico, comporta però anche una grande responsabilità nei confronti di questo patrimonio culturale. E questo non dobbiamo mai dimenticarlo.

L’opening party del festival si terrà al Foro Siracusano. Che tipo di scelte avete fatto per questo evento in un luogo così rappresentativo dell’identità siciliana?

La scelta del foro è legata alla volontà, dopo dieci anni, di valorizzare nuovi luoghi di Siracusa ricercando spazi rimasti ancora un po’ fuori dalla rinascita che ha coinvolto soprattutto l’isola di Ortigia. Il Pantheon Stage di quest’anno infatti si trova al confine tra parte più antica e quella più nuova della città, nei giardini del Foro Siracusano, accanto all’area dove sorgeva l’agorà prima e il foro romano poi.

Si tratta quindi di un luogo con una forte componente storica, che ci ha portati a decidere di ridurre al minimo il nostro intervento in termini di allestimento per evitare di contaminarla.C’è poi il tema legato al clima: organizzare un festival la prima settimana di agosto in Sicilia vuol dire scontrarsi con temperature sempre più elevate, e questo ci ha spinto a cercare uno spazio più aperto e ricco di verde rispetto all’Antico Mercato.

Il resto degli eventi si concentrerà sull’isola di Ortigia, ponendo come tema centrale nella logistica la gestione degli spostamenti. Come Vi siete posti rispetto a questo tema e quanto è complicato con un festival in costante crescita soddisfare le richieste dei clienti?

Questo è l’aspetto più complesso, essendo gli spazi ovviamente limitati. Per esempio c’è poi il tema delle consegne dei materiali da parte dei fornitori: i mezzi pesanti non possono entrare dentro Ortigia, quindi abbiamo previsto un punto di “smistamento” esterno dove il materiale e le attrezzature vengono caricati su furgoncini più piccoli e da lì trasportati nelle varie location, che sono dislocate in vari punti.

Ortigia Sound è infatti un festival “diffuso” e questo ha delle conseguenze sia sul piano logistico sia sul numero di persone necessarie per gli allestimenti e per lo svolgimento dei lavori. Noi infatti abbiamo dalle quattro alle cinque location che “vivono” contemporaneamente, magari con pubblici anche diversi e con necessità diverse. E i costi chiaramente sono più alti rispetto ad un evento che si svolge in un unico spazio.

Un’altra location di assoluto rilievo è il Bamboo Park. Qual’ è la particolarità di questo luogo e come verrà reimmaginato per questa speciale occasione?

La decisione presa lo scorso anno di trasferire gli after party al Bamboo Park è legata principalmente alla necessità di avere una capienza maggiore. Il KmZero, la villa che aveva ospitato i party delle precedenti edizioni, era diventata troppo piccola per questi party, diventati nel tempo tra gli appuntamenti più richiesti. Abbiamo quindi scelto il Bamboo Park per la sua estensione, ma non solo. È una location che ha una natura doppia: si trova dentro un’area periferica con agglomerati industriali ma che rappresenta il confine con l’area della riserva naturale del Fiume Ciane e le saline di siracusa, un contesto industriale ma è immerso nella natura delle rive del fiume Anapo, da cui nasce il mito di Anapo e Ciane. C’è quindi un incontro tra contemporaneità, natura e mito che rispecchia in qualche modo l’anima del festival.

Rispetto allo scorso anno, per l’edizione 2024 abbiamo deciso di rendere il Bamboo Park ancora più centrale nel programma del festival. Abbiamo anticipato l’apertura dell’Anapo stage anche per permettere a chi non andrà al Main Stage di godere di un’esperienza completa. Per questo abbiamo previsto anche delle zone food e relax, tra le altre cose. Inoltre abbiamo un nuovo palco progettato internamente, concentrandoci su un impianto audio capace di garantire un’esperienza sonora di altissimo livello.

ORTIGIA SOUND 2024

Altro elemento primario nella costruzione del background del festival è appunto il Mar Mediterraneo. Che ruolo ha il mare all’interno del contesto di Ortigia come elemento e che dialogo costruisce con le performance?

Beh, possiamo dire che il mare è la location principale del festival, E non potrebbe essere altrimenti trovandosi a Siracusa e in particolare a Ortigia, che è al contempo quartiere e isola. Insomma, il main stage di Ortigia Sound è il Mar Mediterraneo e lo sarà sempre. Inoltre quest’anno i Boat Parties saranno ospitati da una nuova barca che si spingerà oltre il golfo di Ortigia, inoltrandosi lungo la costa sud di Siracusa e esplorando la riserva del Plemmirio.

Ultima domanda. Cosa vi augurate da questa edizione e cosa direste ai lettori di Parkett per descrivere con tre aggettivi l’esperienza Ortigia Sound.

Questa per noi è un’edizione molto importante e ha l’ambizione di presentarsi non solo come celebrazione degli obiettivi raggiunti, ma soprattutto come riflessione sul futuro, diventando laboratorio di progettazione culturale e catalizzatore di idee rivolte alle comunità dell’area del Mediterreano.

Siamo convinti che un festival oggi non possa e non debba solo sfruttare il contesto in cui nasce, ma debba diventarne parte. E noi vogliamo farlo non celebrando quello che il festival è stato, ma ciò che sarà e quale potrà essere il suo contributo a questo luogo e alla società che lo abita.