Celebriamo oggi un artista che con la sua sensibilità è riuscito a coniugare diverse sonorità e stili musicali disegnando atmosfere e stati d’animo. Parliamo di Apparat.
La storia di Apparat, Sascha Ring, inizia il 27 giugno 1978 in una cittadina dell’allora Germania dell’Est, Quendlinburg. Con gli amici organizzava rave, beveva e fumava come tutti i ragazzi di provincia che non hanno di meglio da fare. Questo fino al 1997 quando si mosse verso la Capitale, Berlino, nelle quale arrivò per fare il grafico e invece divenne Apparat. Continuando a fare quello che faceva ma decisamente più in grande e meglio organizzato.
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Non diventò graphic designer ma mantenne la visione per cui tutto dovrebbe essere ben proporzionato, seguire la sezione aurea, per piacere agli occhi e, in questo caso specifico, alle orecchie. Un perfezionista, egli stesso sa di esserlo, di quelli a cui non piace niente di ciò che fanno.
Anche nel fisico e nei modi di fare incarna la sua personalità, o comunque il personaggio che vuole trasmettere. Alto, longilineo, capelli arruffati, schivo, timido, etereo. Un mix tra un poeta maledetto e un vecchio romantico tedesco di fine ‘700. La sua musica infatti trasmette sentimenti, spesso anche malinconici, con voci angeliche che si sovrappongono a distorsioni digitali, che si mescolano a violoncelli e riverberi. Se gli si chiede cosa ascolta la risposta è spesso “il suono del silenzio o il vento”.
Comunque Apparat sa come mandare avanti i suoi business. Già nel ’99, insieme a T. Raumschmiere fondava la Shitkatapult, una delle etichetta più innovative del nostro tempo, con la quale ha pubblicato la maggior parte dei suoi lavori.
Inoltre la sua musica è stata spesso usata per il cinema e la televisione, alcune volte anche a sua insaputa come nel film Anhilation con Nathalie Portman. Ha firmato le colonne sonore di Capri-Revolution (2018) e Il giovane favoloso (2014), sulla vita di Giacomo Leopardi, entrambi con regia di Mario Martone, mentre uno dei suoi brani più evocativi Goodbye compare in serie TV come Breaking Bad e Dark.
Strano ma vero, ha collaborato anche con Gianna Nannini, e nel 2004 ha preso parte a una delle session di John Peel, alle quali parteciparono ai tempi, giusto per fare qualche nome, i Nirvana, gli Smiths, i Pink Floyd, i Led Zeppelin, Hendrix e Bob Marley. Dopo, nel 2007, ha formato anche una band per suonare dal vivo l’album Walls, con Raz Ohara al piano e Jorh Waehner alla batteria.
Non si può, poi, non menzionare la collaborazione con i suoi amici berlinesi, Gernot Bronsert e Sebastian Szary, in arte Modeselektor, con i quali ha dato vita nel 2002 a Moderat, progetto che più volte ha messo in pericolo il loro legame per via di divergenze artistiche ma che ci ha regalato anche perle elettroniche come “A New Error”.
Ah, possiede anche un ristorante a Berlino-Kreuzberg con Zum Mond in Koepenicker Straße.
Sta di fatto che Apparat, come pochi altri artisti prima di lui, è riuscito a modificare il suo stile negli anni, toccando generi diversi, sonorità diverse e raggiungendo pubblici differenti. Ma quello che non è mai cambiato è la carica emotiva che esprimono le sue produzioni.
Si tratti dei primi brani usciti per la Mute Records o per la BPitch Control di Ellen Allien, più incentrati sul dancefloor molto glitch, o delle ultime release che includono archi e fiati con sentori di musica classica, Apparat è riuscito a toccare l’anima della musica elettronica.
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