Annunciata ieri sera la nuova Arturia DrumBrute, nuova bestiale drum machine della casa francese che promette di dare filo da torcere a tutti i competitori sul mercato.
Ieri sera, in orari insospettabili, è iniziata a circolare su internet – tramite una dettagliattissima scheda di Enrico Cosimi sul sito web audiocentralmagazine.com – una descrizione della nuova Arturia DrumBrute, la drum machine della serie Brute che ha avuto un notevole successo.
Nell’attesa di scoprire il leviatano MatrixBrute, il bestione che doveva presto venire incoronato re indiscusso della serie, la casa francese ci spiazza tutti con questo scattante guerriero ritmico che sulla carta non pare mostrare punti deboli: l’Arturia DrumBrute è realtà, sebbene sia ancora presto per poter mettere le mani su questo nuovo portento e raccontare la nostra esperienza.
Per cui a parte gli apprezzabili teaser, mancano tutti i dovuti stress test del caso per verificare se saprà tenere testa alle molteplici drum machine sul mercato, ma è vero che sulla carta mostra delle proprietà che sono fortemente attese ogniqualvolta si vede uscire una macchina del genere in commercio. Attese che molto spesso vengono disilluse, o appagate solo in parte. Questa Arturia DrumBrute, nell’inconfondibile livrea blu scuro opaco, comandi in tinta e serigrafie in bianco che contraddistingue la serie, ha esaltato tutti i lettori delle sue specifiche. Vediamole un momento:
- Diciassette suoni comprendenti kick 1, kick 2, snare, clap, hihat open, hihat close, conga hi, conga lo, tom hi, tom lo, maracas, rim shot, clave, tambourine, cymbal, cymbal reverse, zap. Clave e rimshot sono sullo stesso tasto e si può decidere quale suonare; lo stesso vale per maracas/tambourine e per la coppia cymbal/reverse cymbal. Finalmente vediamo comparire due kick distinte e separate e ci chiediamo – anzi, chiediamo a tutte le altre case produttrici – “ma ci voleva molto a capire che molto spesso i producer utilizzano più kick insieme contemporaneamente?”
- Come per le classiche drum machine, Roland in primis, ogni suono ha alcuni comandi dedicati direttamente accessibili a pannello, compresi volume e mute/solo, senza andare a scavare in sottomenu o selezionando la drum part come poteva essere per esempio nella Korg EMX.
- C’è spazio per 64 pattern, e 64 sono anche gli step del sequencer (gestibili attraverso quattro pagine in cui si ha accesso a 16 step alla volta, tramite i 16 pulsanti in alto). Come nel Beatstep pro, l’Arturia non mostra parsimonia alcuna in questo aspetto, offrendo la possibilità di generare sequenze particolarmente lunghe e complesse, di una lunghezza non comune altrove. Questi pattern possono anche essere concatenati.
- Possibilità di “giocare” in tempo reale con le sequenze e con i singoli elementi percussivi delle sequenze grazie alle funzioni di step repeat, accent, swing, randomness e pattern looper, quest’ultimo un particolare artificio che permette di riprodurre segmenti pari a un quarto, un ottavo, un sedicesimo, un trentaduesimo tutto a tempo.
- Un filtro Steiner Parker, come quello visto per gli altri strumenti della serie Brute, con modo passa-bassi e passa-alti, risonante e bypassabile. Potrebbe risultare assai comodo ed efficace in fase di performance.
- Altra caratteristica per la quale ci viene da chiedere a tutte le altre case produttrici la fatidica domanda “ci voleva molto a capirlo?” è la possibilità di selezionare la lunghezza in step di ogni parte drum indipendentemente, offrendo così la possiblità di creare veri e propri pattern poliritmici. Benvenuta Africa.
- Dodici, ripetiamo, dodici uscite analogiche separate in formato mini-jack per il ruoting di ogni singola parte drum. Questa caratteristica è uno degli aspetti più importanti, più agognati e quasi mai soddisfatti per la resa di una drum machine. E’ forse ciò che fa la differenza in una drum machine, e fa letteralmente esplodere le possibilità sonore ottenibili se si trattano singolarmente i suoni.
- La macchina presenta infine MIDI in e out, porta USB e sync analogico.
Tutto questo ben di Dio, pensavamo, avrebbe toccato prezzi un po’ più impegnativi delle drum machine prosumer che troviamo ultimamente in giro (a parte quelle di fascia alta tipo Elektron Analog Rytm o Dave Smith Tempest), visto anche che le proprietà elencate mancano nella maggior parte, per non dire in quasi tutte, le concorrenti attuali.
Eppure, con grande sorpresa, apprendiamo che la Arturia DrumBrute avrebbe uno street price annunciato di 449€.
Per informazioni più dettagliate vi rimandiamo all’articolo su Audio Central Magazine.
Torniamo a ripetere che per esprimere giudizi dovremmo provare la macchina (ci vorrà un po’, causa tempi puramente fisiologici in attesa della messa in circolazione), o per lo meno ascoltarla da vicino attentamente e in ogni sua parte. Per cui non vogliamo sbilanciarci, ma già dai dati leggibili sulla carta si può notare come abbiamo di fronte, finalmente, una drum machine analogica che presenta ciò che probabilmente aspettavamo tutti per il 9/09 della Roland.
Per il 9/09 day, in effetti, eravamo quasi certi di poterci aspettare (nei giorni immediatamente precedenti l’uscita imminente della TR-09 non era più una sorpresa, si trattava solo di aspettare specifiche e demo) che il rifacimento in versione Boutique della TR-909 potesse in qualche modo restituire il brivido, anche se in maniera surrogata, della storica macchina. Eppure la TR-09 manca di alcune caratteristiche che sono si sono rivelate essere proprio i punti di forza della storica versione precedente e che probabilmente hanno contribuito a rendere così famosa la TR-909 (oltre, certamente, a una serie di fatti squisitamente inerenti alla storia di certi generi di musica).
Stiamo facendo questo excursus sulla TR-09 perchè è la più recente drum machine uscita, allo stesso prezzo della Arturia DrumBrute, ma che risulta azzoppata da alcuni limiti intrinseci – probabilmente una scelta, ed ecco che possiamo risponderci da soli quando poco fa chiedevamo se per alcune caratteristiche “ci voleva molto a capirlo”.
Anche la Roland TR-8 della serie AIRA risultava parzialmente limitata, anche se tali limiti sono stati perdonati o aggirati dalle sue estesissime possibilità pratiche e sonore. Ci viene da pensare che con la Arturia DrumBrute siamo di fronte ad una mentalità completamente opposta a quella che la Roland ha mostrato per il suo 9/09 day. Era previsto che ieri uscisse una nuova macchina Arturia, ma la casa francese ha preferito non montare un hype esagerato.
Ciò che abbiamo invece visto con le ultime uscite Roland invece è stata una campagna di marketing molto più seduttiva, di un marchio che, sapendo di avere un nome forte, sa anche che c’è una fetta di fedelissimi che amerà i suoi prodotti senza se e senza ma.
Però, maliziosamente ma anche molto lucidamente, potrebbe aver ragione chi ha pensato che la Roland si stia “sedendo” su un approccio di marketing basato sul non dare mai completamente ciò che il pubblico vorrebbe, ma di fornire sempre strumenti indubbiamente di alta qualità che però tra una cosa e l’altra mancano sempre di qualcosina di fondamentale, un elemento che li renderebbe totalizzanti, definitivi, ma che inevitabilmente viene omesso quasi a farlo a posta, in modo che il pubblico resti sempre sintonizzato e rivolto a quale potrebbe essere il prossimo prodotto in progettazione, se potrà finalmente avere le caratteristiche che mancavano nella versione precedente.
Arturia invece dimostra di ascoltare ciò che serve ai musicisti e di offrire la sua versione, con un prezzo non gonfiato da quella che forse altrove potrebbe essere interpretata come un filo di arroganza nello sbattere in faccia un marchio “storico” che può fare quel che vuole. Se la macchina dimostrerà di suonare bene, passando quindi il test più difficile, l’Arturia DrumBrute potrebbe rappresentare uno schiaffo morale non indifferente, anzi oseremmo dire piuttosto budspenceriano, a molti competitori sul mercato.
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Paolo Castelluccio