Ash, producer e dj egizio-canadese, ci ha aperto le porte del suo universo musicale in occasione dell’uscita dell’Ep “About Life” venerdì 25 febbraio.
Ash è un esempio lampante di quanto la multiculturalità in musica sia assolutamente un valore aggiunto. Infatti il dj venticinquenne, di origini egiziane e cresciuto in Canada, riflette nelle sue produzioni gli echi mediorientali che incontrano la trance europea.
Ash è il figlio dei nostri tempi in tutto. Figlio della globalizzazione che ha annullato i confini fisici, in cui rincorrere la propria storia diventa un atto di ricerca e non più una gita in un van a otto posti. L’Egitto è dentro la storia musicale di Ash ed è il luogo che paradossalmente lo ha reso famoso.
Lo streaming della traccia dei record “Mosaique” con le Piramidi di Giza sullo sfondo è diventato virale. In breve tempo è stato contattato dai maggiori esponenti del settore: la crew Cercle che lo ha reso protagonista di uno straordinario dj set sul deserto bianco egiziano.
Un onore non da poco. Soprattutto se pensiamo che Ash ha oggi solo 25 anni.
Ash è figlio della nostra era anche per quanto riguarda le modalità in cui ha raggiunto il successo. “Mosaique” è stata consacrata dal pubblico web, raggiungendo in poco tempo delle cifre a livello di streaming stratosferiche. Per un ragazzo con una formazione musicale canonica che stava sperimentando da poco tempo la produzione elettronica la spinta popolare è stata linfa vitale.
Il 25 febbraio è uscito il suo ultimo Ep “About Life” un viaggio attraverso cinque tracce che ripercorrono i momenti più significativi della sua vita. Un disco autobiografico dove non mancano suggestioni musicali interessanti e un’evoluzione verso un suono più maturo, ambientale.
In cui l’analogico e il digitale si completano, e le parti strumentali si integrano in maniera istintivamente ordinata nello sviluppo di ogni brano. Abbiamo deciso di farci raccontare proprio da Ash la genesi di questo disco e una riflessione sulla sua ascesa così rapida e frenetica.
Ciao ASH. Benvenuto su Parkett, è un piacere averti come nostro ospite. Il tuo primo approccio alla musica è stato strumentale. So che il primo strumento che hai iniziato a suonare è stato il pianoforte. Quando è avvenuto il passaggio alla musica elettronica e quanto è stata importante la tua formazione classica nell’approccio alla composizione?
Ciao! Grazie, il piacere è mio! Esattamente. Ho iniziato con il pianoforte e sono passato alla musica elettronica all’età di 12 anni quando ho iniziato a scoprire i DJ e la produzione musicale. La formazione classica sicuramente mi ha aiutato molto nella mia maniera di fare musica. Quando ho iniziato, l’idea era di usare le mie capacità di composizione e la formazione che ho avuto per creare un pezzo elettronico. All’inizio ero limitato dalle mie capacità di produzione musicale poiché non avevo idea di quali elementi mi servissero per creare una traccia, sapevo solo come sviluppare la parte della melodia. Piano piano ho iniziato ad analizzare le mie tracce preferite e ad imparare da esse!
La trance è stato sicuramente un genere importante tra i tuoi riferimenti musicali. Un genere che non ha la popolarità della techno o dell’house ma che è stato fondamentale, ad esempio, per il trend di quella techno emozionale che oggi suscita grande interesse. Cosa rappresenta per te la trance e quali sono stati i dischi che ti hanno ispirato o fortemente influenzato?
La trance è stata la mia più grande ispirazione quando ho iniziato a produrre. Ho adorato il fatto che avesse sempre una bella rottura melodica emotiva. Ho sempre amato le interruzioni melodiche. Il mio artista preferito era Dash Berlin. Adoravo il suo album “The New Daylight”, avevo 13 anni quando è uscito. Il breakdown del piano, i pad e le melodie dei synth nelle sue tracce “Till The Sky Falls Down” e “Waiting” sono stati così stimolanti per me, li ascoltavo e chiudevo letteralmente gli occhi, godendomi queste bellissime melodie. Per me questo era il tipo di musica elettronica migliore e più emozionante. Anche se non ascolto più la Trance, ho ancora la pelle d’oca quando ascolto queste tracce.
Nel 2016 il brano “Mosaique” ti ha portato al successo in età molto giovane, con un numero incredibile di stream e visualizzazioni. Qual è secondo te il fattore positivo per la musica nell’era dello streaming e, nel tuo caso, quale pensi sia stato l’input che ti ha permesso di raggiungere queste cifre così importanti?
Prima di “Mosaïque”, pensavo che il fattore principale per avere successo nella musica fosse fare buona musica, inviarla alle etichette, ottenere un contratto e poi lasciare che la label si occupasse della promozione e così via. L’era dello streaming ha cambiato tutto. Ad essere onesti, stavo inviando la mia musica alle etichette e non ho mai ricevuto risposta. Quindi ho deciso di pubblicare costantemente su Spotify e servizi digitali tramite un distributore chiamato Distrokid quasi gratuitamente e mantenendo il 100% dei miei diritti.
Ho anche iniziato a filmarmi mentre suonavo questi brani dal vivo e a metterli su Youtube. Poi gli algoritmi hanno iniziato a fare il loro lavoro, ed hanno iniziato a raggiungere alcune persone. Se la musica è buona viene ascoltata e più persone condividono, consentendo una crescita. Questa è la realtà dell’era dello streaming. Credo che si le label possano fare un lavoro straordinario nel promuovere un brano e possano essere un enorme vantaggio nella carriera di un artista, ma uscire su una casa discografica non è più una necessità. Nel caso di Mosaïque, gli ascoltatori (e algoritmi di streaming) sono stati il fattore più importante per raggiungere i 120 milioni di stream fino ad oggi.
“About Life” è il tuo EP che uscirà a febbraio, rappresentando letteralmente momenti della tua vita. Come è nata la necessità di trasformare in musica momenti di vita e in particolare quanto è difficile tradurre in musica i ricordi del passato? La composizione è spesso un atto istintivo mentre io credo che rielaborare una sensazione o un momento vissuto richieda una riflessione, non trovi?
Bene, ogni traccia rappresenta un sentimento o una storia, è sempre quello che provo in quel momento. È vero che raccontare una storia passata attraverso la musica è più impegnativo. Volevo raccontare il mio vissuto attraverso la musica rivivendo questi momenti. Sono totalmente d’accordo, ha bisogno di una riflessione, ma “About Life” ad esempio è stato principalmente istintivo, avevo trovato un mio vecchio progetto che avevo creato quando avevo 15 anni e aveva la melodia principale del synth che senti in About Life.
Ascoltando questa melodia e ricordando esattamente com’era la mia vita quando l’ho composta e tutte le storie che la circondavano in quel momento, ho immediatamente voluto iniziare a ricreare una nuova traccia ispirata da essa. Automaticamente, quando sei in questo stato di riflessione sui tuoi ricordi mentre crei, diventa quasi istintivo. I ricordi risuonano nella parte posteriore della tua mente mentre componi.
Il brano “Homes” catapulta l’ascoltatore in atmosfere orientali che rimandano alle tue origini egiziane. Come sei riuscito a coniugare l’energia dei suoni mediorientali con il tuo stile musicale?
Mi è venuto naturale quando stavo sperimentando all’età di 18 anni. La musica elettronica che ascoltavo era tutta occidentale, principalmente dall’Europa. DJ e produttori francesi, tedeschi e olandesi. Naturalmente, quando sei all’inizio del tuo viaggio, vuoi comporre esattamente la stessa musica, perché questa è quella che funziona ed è quello a cui il tuo orecchio è abituato. Tuttavia, sono stato influenzato anche dalla musica egiziana che ascoltavo in Egitto, o dai vecchi classici egiziani che mio padre suonava a casa.
Un giorno stavo lavorando su una traccia deep house e l’avevo finita, il drop era fondamentalmente Kick, grande basso analogico deep house, rullante e charleston. L’ho fatto sentire ad un amico e gli è piaciuto molto. Poi ho pensato: e se provassi ad aggiungere una melodia di chitarra sopra questo drop? Ed è allora che ho suonato una melodia di chitarra orientale su questo drop. L’ho inviato di nuovo al mio amico e gli chiesi se stessi rovinando il drop, perché a me ovviamente suonava diverso da quello a cui ero abituato. Lui lo ha adorato assolutamente e poi le persone hanno riconosciuto in questo elemento qualcosa di unico. Quindi ho iniziato a farlo di più!
“Little Changes” è l’unica traccia dell’EP con la presenza dell’elemento vocale e vede la tua collaborazione con Simon Jinadu… Come è iniziato questo sodalizio artistico e quali sono i cambiamenti a cui si riferisce questa traccia?
Mi sono messo in contatto con Jinadu tramite il suo editore Ultra, gli ho inviato lo strumentale e lui ha subito deciso di scrivere e registrarci qualcosa sopra. Non appena ha inviato la demo, ne ero così felice, era bellissima ed era esattamente quello che stavo cercando. La traccia è stata scritta durante uno dei lockdown , quindi i piccoli cambiamenti si riferiscono alle piccole cose che le persone iniziano a notare e ad apprezzare dopo che ci è stato portato via per un po’. È un messaggio di speranza e la voce di Jinadu lo traduce perfettamente in musica.
“Where’s my mind” chiude l’EP incarnando perfettamente il tuo stile musicale e vede l’uso magistrale del sassofono. Come riesci ad inserire questo strumento in modo così naturale e a condensarlo con il resto del tappeto ritmico?
Grazie mille! Cerco di non forzarlo in una traccia. A volte sto componendo qualcosa e sento che ha bisogno di un sassofono per farlo fluire. Quindi inizio ad improvvisare e di solito la prima melodia che mi viene in mente è quella su cui mi appoggio. Inoltre, non mi importa se l’assolo dura un minuto o più, è davvero un uso dettato dall’istinto e da come mi sento al riguardo.
Cercle Records ti ha dato la possibilità di vedere in anteprima “White Desert” nel deserto egiziano. Che rapporto hai con Cercle e come è nata questa idea?
Cercle è sempre stata una piattaforma fantastica per il mio tipo di performance ed ero davvero entusiasta quando ho avuto la possibilità di suonare questo brano con loro nel deserto bianco egiziano. Mi è sembrato perfetto, sposare la loro bellissima presentazione di una location incredibile con la mia esibizione dal vivo. È stata un’esperienza unica!
Anche per l’uscita di “Mosaique” hai realizzato la performance live dalle Piramidi di Giza. Quanto è importante nell’atto performativo includere una parte delle tue origini e quali sono i luoghi egiziani che vorresti far conoscere in futuro, magari, attraverso le tue performance?
Questa performance dal vivo in particolare è stata molto importante per me perché quando “Mosaïque” ha iniziato a ricevere molti stream, la gente non conosceva l’artista dietro il pezzo. Suonarlo davanti alle piramidi e dal vivo è stato un modo per mostrare agli ascoltatori da dove vengo e come suono dal vivo. Ci sono molti bei posti in Egitto che alla fine mi piacerebbe mostrare nelle mie future esibizioni!
Nell’era dello streaming la presenza digitale è diventata un imperativo importante e la figura del dj si sta trasformando sempre più in quella di una star internazionale, che vede spesso diventare pubblica anche la sua vita privata. Come vivi il rapporto con i social network e come riesci a conciliare la tua vita privata con il tuo essere un dj giovanissimo e già con una grande fama internazionale?
È sicuramente importante. All’inizio ero molto timido e avevo paura di pubblicare qualsiasi cosa, ma mi sono sentito più a mio agio da quando ho capito l’importanza dei social media nella carriera di un artista. Ho anche voglia di condividere di più e di avvicinarmi di più agli ascoltatori e alle persone che mi supportano, perché alla fine è grazie a loro che sono dove sono ora e sono in grado di fare quello che faccio ogni giorno !
Ultima domanda. Quali sono i tuoi prossimi progetti per il futuro e in che direzione andrà la tua ricerca musicale?
Sto già lavorando a nuova musica che non vedo l’ora di condividere dopo l’uscita del mio EP. Sto anche lavorando a una nuova forma di performance dal vivo. Penso che sia importante innovare sempre ed è importante per me crescere e migliorare sempre il modo in cui faccio le cose. Non vedo l’ora di condividere ciò che sta arrivando.
ENGLISH VERSION
Hi ASH. Welcome to Parkett, it’s a pleasure to have you as our guest. Your first approach to music was instrumental, as I know that the first instrument you started playing was the piano. When did the transition to electronic music take place and how important was your classical training in the way of approaching composition?
Hi! Thank you, the pleasure is mine! Exactly, i started with the piano and transitioned to electronic music around the age of 12 when I started discovering DJ and music production. Classical training definitely helped me a lot in my composition. When I started, the idea was to use my composition skills and the training I got to create an electronic piece. At first I was limited by my music production skills as I had no idea which elements I needed to create a track, I only knew how to compose melodies, but I slowly started to analyze my favourite tracks and learn from them!
Trance was certainly an important genre among your musical references. A genre that doesn’t have the popularity of techno or house but which was fundamental, for example, for the trend of that emotional techno that today produces great interest. What does trance represent for you and what were the records that inspired or strongly influenced you?
Trance was my biggest inspiration when I started producing, I loved the fact that it always had a nice emotional melodic breakdown. I’ve always loved melodic breakdowns. My favourite artist was Dash Berlin. I used to love his album “The New Daylight”, I was 13 when it came out. The piano breakdown, the pads and the synth melodies in his tracks Till The Sky Falls Down and Waiting were so inspiring to me, I used to listen to these and I literally close my eyes and enjoy these beautiful melodies. To me this was the best and most emotional type of electronic music. Even though I don’t listen to Trance anymore, I still get goosebumps when I listen to these.
In 2016 the track “Mosaique” took you to success at a very young age, with an incredible number of streams and views. In your opinion what’s the positive factor for music in the streaming era, and in your case, what do you think was the factor that allowed you to reach these very important figures?
Before Mosaïque, I used to think that the main factor to succeed in music was making good music, sending to labels, getting signed and then letting the label take care of promotion and such. The streaming era changed everything. To be honest, I was sending my music to labels and never hearing back, so I decided to just release consistently on Spotify and digital services through a distributor called Distrokid for almost no cost and while keeping 100% of my rights. I aso started to film myself playing these tracks live and put them on Youtube.
Then the algorithms started doing their job, eventually it starts reaching some people, if the music is good, they share and more people share and it grows. This is the reality of the streaming era, I believe that while labels can do an amazing job promoting a track and can be a huge benefit in an artist’s career, it’s also not a necessity anymore and in the case of Mosaïque, the listeners (and streaming algorithms) were the biggest factor in reaching 120 million streams to date.
“About Life” is your EP which will be released in February, literally representing moments of your life. How did the need to transform moments of life into music arise and in particular how difficult it’s to translate memories of the past into music? Composition is often an instinctive act while I believe that reworking a sensation or a lived moment requires reflection, don’t you agree?
Well, every track represents a feeling or a story, it’s always what I feel in the moment. It is true that telling a past story through music is more challenging. I wanted to tell my story through music by reliving these moments. I totally agree, it does need reflection, but About Life for example was honestly mainly instinctive, I had found an old project of mine that I had created when I was 15 and it had the main synth melody that you hear in About Life.
Hearing this melody and remembering exactly how my life was when I composed it and all the stories around it at that time and I instantly wanted to start recreating a new track inspired from it. Automatically, when you’re in this state of mine of remembering your memories while creating, it becomes almost instinctive, the memories are playing in the back of your mind while composing.
The track “Homes” catapults the listener into oriental atmospheres that refer to your Egyptian origins. How did you manage to combine the energy of Middle Eastern sounds with your musical style?
It came naturally to me when I was experimenting at the age of 18. The electronic music I was listening to was all western, mainly from Europe, french, german and dutch DJ’s and producers. Naturally, when you’re in the beginning of your journey, you want to compose the exact the same music, because this is what works and what you’re used to hearing in electronic music. However, I was also influenced by the Egyptian music I was listening to in Egypt, or old Egyptian classics that my dad used to play at home. One day I was working on a deep house track and I had finished it, the drop was basically Kick, big deep house analog bass, snare and hi-hat.
Then I send it t to a friend and he loved it. Then I thought: what if I try to add a guitar melody on top of this drop, and that’s when I played an oriental guitar melody on this drop. I sent it to my friend again and was asking if it was ruining the drop, because to me, it obviously sounded different than what I was used to, and he absolutely loved it and then people said that it added something unique. So I started doing that more!
“Little Changes” is the only track of the EP with the presence of the vocal element and sees your collaboration with Simon Jinadu .. How did this collaboration start and what are the changes this track refers to?
I got connected to Jinadu through his publisher Ultra, I sent the instrumental and he quickly decided to write and record something on it. As soon as he sent the demo, I was so happy with it, it was beautiful and exactly what I was looking for. The track was written during one of the lockdowns, so the little changes refer to the little things that people start noticing and appreciating after it was taken away from us for a while. It’s a message of hope and Jinadu’s voice perfectly translates that in the music.
“Where’s my mind” closes the EP perfectly embodying your musical style and sees the masterful use of the saxophone. How do you manage to insert this instrument in such a natural way and condense it with the rest of the rhythmic carpet?
Thank you so much! I try not to force it into a track. Sometimes I’m composing something and I feel like it needs a saxophone to make it flow, so I start improvising over it and usually the first melody that comes to mind is the one I would stick to. Also, I don’t mind if the solo is like a minute or more long, it really always how I feel about it.
Cercle Records gave you the chance to preview “White Desert” in the Egyptian desert. What relationship do you have with Cercle and how did this idea come about?
Cercle was always an awesome platform for my type of performance and I was really excited when I got the chance to play this track with them in the Egyptian White Desert. It felt like a perfect fit, marrying their beautiful showcasing of an incredible location with my live performance. It was a unique experience!
Also for the release of Mosaique you made the live performance from the Pyramids of Giza. How important is it in the performative act to include a part of your origins and which are the Egyptian places that you would like to make known in the future ,perhaps, through your performances?
This live performance specifically was very important to me because when Mosaïque started to get a lot of streams, people didn’t know the artist behind it. Playing it in front of the pyramids and live was a way of showing the listeners where I’m from and how I play live. There are many beautiful places in Egypt that I would eventually love to show in my future performances!
In the era of streaming, the digital presence has become an important imperative and the figure of the DJ is transforming more into that of an international star, who often also sees his private life become public. How do you live the relationship with social networks and how do you manage to balance your private life with your being a very young DJ and already with a great international reputation?
It definitely is important. In the begginning, I was very shy and scared to post anything, but I’ve gotten more comfortable with it since I understood the importance of social media in an artist’s career. I also feel like sharing more and get closer to the listeners and people who support me, because at the end of the day, it’s thanks to them that I am where I am now and I am able to do what I’m doing every day!
Last question. What are your next projects for the future and in which direction will your musical research go?
I’m already working on new music that I can’t wait to share after my EP is out. I am als working on a new form of live performance, I think it’s important to always innovate and it’s important for me to always grow and improve how I do things. Can’t wait to share what’s coming.