La vibrante reazione sociale e culturale dopo gli eventi drammatici che hanno coinvolto il Club Bassiani rappresenta, oggi, uno tra i più interessanti avvenimenti di carattere sociale in Europa.
A seguito del violento raid con cui la polizia locale ha sgomberato gli spazi del Bassiani, il più importante club di Tbilisi, i media internazionali hanno puntato i riflettori su quella che sta assumendo sempre di più i connotati di una nuova battaglia di libertà, per il riconoscimento dei diritti delle minoranze, della comunità LGBT e a favore della liberalizzazione delle droghe.
Nelle scorse settimane la reporter britannica Rayhan Demytrie ed il filmaker Ed Ram si sono recati nelle capitale dell’ex repubblica sovietica dove sta divampando la protesta ed hanno realizzato per la BBC il documentario dal titolo Georgia’s Rave Revolution.
Il reportage racconta attraverso la cronaca e le testimonianze dirette dei principali protagonisti di questi concitati mesi di dura battaglia civile, gli eventi del maggio scorso, quando a seguito di un dichiarato controllo anti-droga, la polizia governativa ha eseguito con la forza lo sgombero di alcuni dei principali club di Tblisi, tra cui il celebre techno-club Bassiani, costringendoli temporaneamente alla chiusura.
L’azione delle forze dell’ordine locali ha fatto seguito ad una dichiarata presa di posizione da parte dei partiti politici di ispirazione neo-liberale, all’epoca dei raid della polizia guidate dal premier Giorgi Kvirikashvili e del ministro degli interni Giorgi Gakharia, entrambi del partito di centro-destra Georgian Dream – Democratic Georgia, la formazione che attualmente detiene la maggioranza assoluta dei seggi del parlamento georgiano.
Il partito è a capo della coalizione di governo Georgian Dream Coalition, all’interno della quale trovano spazio forze ultraliberiste, repubblicante, nazionaliste radicali e di ultra destra xenofobe.
Lo sdegno internazionale che ha contraddistinto l’eco mediatica della violenta repressione e delle decine di fermati tra i quali anche Zviad Gelbakhiani, uno dei fondatori del Bassiani, ha comportato la spontanea e rapida nascita di un movimento culturale e di protesta, eterogeneo ma al contempo coeso, cui hanno aderito centinaia di giovani clubber.
La loro protesta nei giorni immediatamente successiva ai raid ha contribuito a tenere acceso il dibattito e con esso i microfoni dei media internazionali sul problema delle discriminazioni e del mancato riconoscimento dei diritti delle minoranze in Georgia, primi fra tutti, quelli della comunità LGBT, la quale nel Bassiani ha da sempre trovato un punto di riferimento oltre che un luogo libero di espressione sociale e culturale.
Al movimento di rivendicazione pacifica che ha invaso giorno e notte le strade di Tbilisi a suon di beat elettronici e che ha ricordato le manifestazioni con le quali si diede avvio alla frammentazione dell’ex U.R.S.S. negli anni novanta, hanno aderito numerosi DJ, musicisti e producer da tutto il mondo, che si sono uniti ai giovani georgiani al grido di “We dance together, we fight together” per chiedere le dimissioni del governo (dallo scorso giugno guidato dal nuovo premier Mamuka Bakhtadze).
In un quadro politico particolarmente instabile,nel quale si annidano malcelati interessi economici e i poli opposti si attraggono tra emulazioni del neo-protezionismo atlantico di Trump da un lato e il tentativo di aumento dell’influenza egemonica della Russia di Putin dall’altro, le acuite tensioni sociali, in un territorio da sempre oggetto di contesa, rischiano di dilaniare in un conflitto senza precedenti.
Georgia’s Rave revolution riesce, senza semplificazioni e senza appoggiare facili tesi preconfezionate, a tratteggiare i caratteri di una nuova rave generation che, partendo dalla passione per la musica e per il ballo, sta acquisendo sempre più consapevolezza come movimento culturale.
Partendo dallo sgombero del Bassiani, infatti, il documentario della BBC, attraverso le testimonianze dirette dei leader che si ispirano al nazionalsocialismo (quale George Chelidze, capo del gruppo Georgian National Unity), di quelli anti-libertari della Chiesa Ortodossa e dei partiti filo-russi, apre una finestra inquietante sugli incerti scenari sociali della democrazia in Georgia, ponendo l’accento sul rischio che anche questa nuova importante battaglia per il riconoscimento dei diritti civili venga soffocata sull’altare degli interessi locali e delle infiltrazioni delle grandi lobby economiche.
Grazie alla rave revolution georgiana il Bassiani, oggi, è ancora vivo ma non è dato sapere quanto questo simbolo resisterà, in quanto la battaglia della club culture contro la repressione e la chiusura degli spazi di libertà e di espressione sembra tutt’altro che conclusa.