Abbiamo avuto il piacere di immergerci nell’universo di Bluemarina, DJ e designer siciliana, la cui arte fluisce come il mare, plasmando costantemente la sua identità. Bluemarina incarna un equilibrio delicato tra suono e immagine, creando esperienze che dissolvono i confini e invitano all’esplorazione.
I suoi progetti, come Gospel delle Sirene, uno spazio sonoro libero e fluido trasmesso mensilmente su Radio Raheem, e Fluidae Collective, una comunità dedicata all’inclusività e alla sperimentazione artistica, non sono solo iniziative, ma veri e propri dialoghi vivi che celebrano la fluidità dell’identità e il potere della connessione. Nella nostra conversazione, Bluemarina ci ha svelato le correnti che alimentano il suo mondo artistico, le radici che la legano alla sua terra siciliana, e la visione in continua evoluzione che porta con sé per la scena musicale underground.
Ciao Federica, come stai? Siamo entusiaste di avere l’opportunità di fare una chiacchierata con te!
Ti va di parlaci un po’ delle tue origini? Il nome Bluemarina trasmette un forte legame con il mare. Come il paesaggio siciliano ha influenzato la tua identità musicale e il tuo suono?
Ciao a voi e grazie per lo spazio!
Nascere in un punto della Sicilia in cui si incontrano due mari è come vivere in un film che scorre all’infinito, un loop di oggetti e visioni che ti “passano” davanti incessantemente. La scenografia cambia ogni due o tre ore, seguendo il ritmo delle correnti, del vento, della luce. Questo continuo mutamento è diventato parte del mio immaginario, un’ispirazione naturale. Così, in maniera molto semplice, il nome Bluemarina nasce da qui: dal mare. È una suggestione che si lega anche al tipo di suono su cui lavoro. Il mare porta con sé cose preziose da ogni angolo del mondo: frammenti e culture che si intrecciano, storie di uomini e donne che hanno vissuto, amato e combattuto sulle sue rive. La mia ricerca sonora segue questa scia, cerco connessioni tra identità culturali diverse, provando a racchiuderle in un’unica espressione musicale. Un suono che in qualche modo richiami anche la circolarità dell’acqua, che scorre e fluisce, come il mare stesso.
Crescere a Messina, dove due mari si incontrano e dialogano senza fine, deve aver lasciato un’impronta profonda nel tuo immaginario. Come questo paesaggio mutevole e carico di storie ha influenzato il tuo percorso verso la musica elettronica e la scelta di esprimerti come DJ?
Il mio mondo di provenienza è Messina ma la mia formazione si è costruita spostandomi tra diverse città italiane, tuttora sono un pò itinerante, e questo ha contribuito a una crescita culturale e sonora molto variegata, che non stringerei nella definizione di elettronica ma che si affaccia su diversi mondi tra cui il field recording, la world music, la cultura rave, la poesia, per citare i primi che mi vengono in mente. Per il resto sono cresciuta in una casa piena di musica e ho sempre avuto una curiosità insaziabile. Essere DJ è stato quasi un passaggio naturale, un mezzo attraverso cui raccontare storie non verbali e creare un immaginario sonoro. Ricordo che in seconda media passavo le serate a registrare tracce dalla radio su cassette, per riascoltarle il giorno dopo. Forse, in un certo senso, quello era già un primo DJ set, anche se allora non ne ero consapevole.
Sappiamo che oltre a lavorare con il suono, esplori il mondo visivo come designer. Come dialogano queste due anime creative? Esistono momenti in cui una ispira e trasforma l’altra, creando un equilibrio inatteso?
Per me sono due attività che viaggiano su binari paralleli, il processo creativo alla base è molto simile ma gli output sono diversi: il suono e l’immagine; quindi è inevitabile che si influenzino a vicenda. Ogni suono, per me, ha un colore, una consistenza materica, così come ogni immagine può evocare una sonorità specifica. I nostri sensi, anche se autonomi, non agiscono mai in modo completamente separato ma si contaminano tra loro, si intrecciano.
La cosa più bella è quando riesco a lavorare su progetti dove entrambe le attività si incontrano concretamente, come la sviluppo della visual identity per un progetto musicale, la sonorizzazione di uno spazio, allestimenti e progetti audio/video. In entrambi i casi comunque questi processi creativi sono modi per esplorare e tradurre il mio mondo interiore, un modo di mettere ordine nel caos, trasformando l’essenza di un’emozione in qualcosa di concreto e comunicabile.
Quando crei un set, come scegli i brani? C’è una storia o un’emozione che cerchi di raccontare ogni volta?
Il primo approdo è quello del piacere. Può trattarsi di qualsiasi cosa, dalla pizzica alla techno: se un brano mi fa sentire “a casa” vuol dire che è quello giusto. Per me ogni set è un viaggio in un paesaggio sonoro che si plasma in tempo reale: cambia con il luogo, le persone, la vibes del momento, ma anche con il mio mood e gli ascolti che faccio in quel determinato periodo. Mi porto dietro storie e frammenti di racconti, poi a seconda della situazione decido sul momento quali raccontare.
Di solito lavoro sull’erosione delle categorie, dei generi, come se il set fosse un collage, ovviamente c’è un filo conduttore ma cerco sempre di cambiare il ritmo del flusso per evitare che le persone rimangano imbambolate davanti la console. Poi sì, ci sono le questioni tecniche, ma quelle vengono dopo, io ho un certo fetish per le sbavature, le imperfezioni e gli imprevisti che possono succedere mescolando le tracce tra loro, quella è la parte più eccitante di un djset per me, il perfezionismo non è sexy!
La tua descrizione sembra di un viaggio sonoro in continua evoluzione, fatto di emozioni, storie e imperfezioni dove ogni set diventa un’esperienza unica, un collage che rompe le barriere tra i generi. Guardando al tuo percorso, c’è stato un momento particolarmente significativo che ha lasciato un segno indelebile nella tua carriera e nel tuo modo di vivere la musica?
I punti di svolta possono essere tanti per chi ascolta musica, e variare a seconda degli incroci e delle scoperte della vita. Potrei parlarti di quando da piccolina andavo ad ascoltare i concerti jazz con mio padre, o della prima volta a Londra con la mia amica Anna Paola, ma qui mi piacerebbe citare un album che per me è stato importante, legato a un periodo molto felice e spensierato della mia vita. Il periodo è quello degli anni universitari a Roma, c’era il boom dell’indie rock, la musica 60’s e gli skinny jeans di tutti i colori, e l’album è Screamadelica dei Primal Scream, disco del ‘91 che ho scoperto nel 2007. Lo trovai illuminante, fondeva il rock del passato con la dance, l’acid house, lo shoegaze e la dub, in una sintesi lisergica, sensuale ed elegantissima. Da lì ho smesso di ascoltare solo chitarrine e mi sono aperta alle sonorità elettroniche. Ovviamente ero innamorata di Bobby Gillespie (e lo sono tuttora).
Traslando questa capacità di creare connessioni uniche, raccontaci del tuo set per il boat party di OSS quest’estate: come hai progettato quell’esperienza e quali sensazioni volevi far vivere al pubblico in quell’atmosfera?
È stato molto divertente perchè venivamo da tre giorni di festival incredibili, dove il flusso sonoro è stato protagonista, e quel boat party, dove ho condiviso la console con Upsammy, è stata la chiusura perfetta. Navigavamo al largo di Ortigia, immersi nella luce del pomeriggio e sembrava di essere sospesi fuori dal tempo. Non saprei raccontare meglio di così cosa sia successo.
Restando sul tema dei tuoi progetti, ci piacerebbe ora scoprire di più su Gospel delle Sirene, la tua residenza mensile su Radio Raheem. Come è nata l’idea di questo progetto? Quali obiettivi ti sei posta e quali momenti speciali o collaborazioni ti sono rimasti più a cuore?
Gospel delle Sirene è uno scrigno sonoro che raccoglie frammenti provenienti da ambiti diversi, le sirene ci raccontano di approdi segreti, tempeste furiose, e giornate memorabili. In questo spazio radiofonico i frammenti confluiscono in un racconto libero, senza genere, fatto di innesti, paesaggi antichi coesistenti. Il progetto nasce per permettere a questi racconti di confluire in un flusso libero, fatto di innesti senza genere, che possa essere condiviso regolarmente con artisti e collettivi da ospitare. Un’episodio che mi sta particolarmente a cuore è la registrazione del set fatto qualche mese fa alla di Pescheria Alessi a Roma, uno spazio di connessione e ascolto profondo fondamentale in Italia, dove per la prima volta ho messo a terra un pò di materiale raccolto nel tempo, tra field recording, voci dei pescatori dello Stretto di Messina e tracce del cuore. Sono molto grata a Hugo, Simona e alle altre amiche per avermi ospitata. Altri episodi speciali sono stati i live dei Les Biologistes Marins e del collettivo Magica Mistica Musica. Sono incredibili, correte ad ascoltarli su Radio Raheem!
Gospel delle Sirene appare come uno spazio libero e ricco di emozioni, dove le storie sonore si intrecciano in modi sorprendenti. A proposito di condivisione e comunità che danno vita a nuove possibilità artistiche, ci piacerebbe approfondire un altro tuo progetto: Fluidae Collective. Come è nato e quali ideali e obiettivi vi guidano? Ti va di parlarcene un po’?
Certo! Fluidae è un progetto che nasce dalla necessità di cambiare le regole del gioco nella scena musicale siciliana e nazionale, dove il gender balance è quasi inesistente. Volevamo creare uno spazio inclusivo, sicuro e stimolante per artiste che si riconoscono nel genere femminile, queer, non-binary e tutte le identità marginalizzate che spesso non trovano il giusto spazio per esprimersi. Ciò che ci ha ispirate nella scelta del nome è la nostra isola, con la sua storia, il mare e le leggende che portano con sé un senso di fluidità. Il nostro lavoro ha trovato ispirazione dallə artistə che hanno segnato la storia della musica elettronica del Novecento (Suzanne Ciani, Pauline Oliveros, Eliane Radigue per citarne alcunə), sia dalla necessità di offrire nuovi linguaggi e possibilità creative. Fluidae è la prima community FLINTA (Female, Lesbian, Intersex, Non-binary, Trans, Agender) in Sicilia. Non ci occupiamo solo di musica, ma anche di arti visive, DJ e music production workshop, residenze artistiche, e ogni tipo di incontro che possa generare dialogo e ispirazione. Il nostro obiettivo è tracciare nuovi percorsi decostruendo un sistema rigido e binario, per lasciare spazio a una cultura più aperta, fluida e libera.
Il progetto Fluidae Collective riflette una visione potente e inclusiva, che valorizza la collaborazione come strumento per abbattere barriere e creare nuove possibilità. Quanto è importante per te la collaborazione nella tua carriera artistica? E quali elementi ritieni indispensabili per costruire collaborazioni autentiche ed efficaci?
Crescere in Sicilia ti porta spesso a sentirti un po’ come un’isola nell’isola, e creare connessioni solide può essere complicato. Proprio per questo la collaborazione per me è diventata essenziale e cerco sempre di uscire dalla mia comfort zone, viaggiare, e abbracciare il nuovo sfruttando ogni mezzo per connettermi e creare progetti con altrə artistə anche a distanza. Sicuramente per una bella collaborazione non deve mancare il divertimento e la fiducia reciproca!
Concludendo, mentre guardiamo al futuro, come immagini che evolverà la scena musicale underground in Italia nei prossimi anni? E quale contributo speri di portare in questo contesto, affrontando le sfide e cogliendo le sorprese che il momento riserva?
Diciamo che non è un periodo particolarmente roseo per la scena underground. Quello che vedo è un’influenza sempre più diretta dell’aspetto estetico della festa a discapito della qualità del suono, mi riferisco a tutti quei party organizzati in ville, giardini, luoghi di culto e nelle varie chiese sconsacrate, tutti posti incredibili ma dove spesso non si crea la giusta situazione per una festa. Sicuramente questo è legato anche alla difficoltà di tenere uno spazio aperto oggi, ma comunque l’“instagrammabilità” di un party ha sempre più potere e crea dispersione tra noi. Dunque anche se con le migliori intenzioni delle organizzazioni in termini di ricerca artistica noto comunque una spaccatura, e mi auguro che nel prossimo futuro possa essere risanata. Il mio ruolo? Sinceramente non lo so, ma spero di vivere all’altezza dei miei sogni di sempre, rimanere coerente e portare avanti i miei passaggi.

ENGLISH VERSION
Hi Federica, how are you? We’re thrilled to have the opportunity to chat with you!
Hi, and thank you for having me! I’m doing great, how about you?
In this interview, we’d love to explore your artistic journey, not only as a DJ but also as a designer, and learn more about your project Gospel delle Sirene and the origins of Fluidae Collective! Can you tell us a bit about your roots? The name Bluemarina conveys a strong connection to the sea. How has the Sicilian landscape influenced your musical identity and sound?
Being born in a place in Sicily where two seas meet is like living in an endless movie, a loop of objects and visions constantly passing in front of you. The scenery changes every two or three hours, following the rhythms of the currents, the wind, and the light. This continuous transformation has become part of my imagination, a natural source of inspiration. Thus, quite simply, the name Bluemarina originates from here: the sea. It’s also a suggestion linked to the type of sound I work with. The sea brings precious things from every corner of the world: fragments and cultures intertwine, stories of men and women who lived, loved, and fought on its shores. My sonic research follows this path; I seek connections between different cultural identities, trying to enclose them in a single musical expression. A sound that somehow also recalls the circularity of water, flowing like the sea itself.
Growing up in Messina, where two seas meet and endlessly converse, must have left a deep mark on your imagination. How has this ever-changing, story-filled landscape influenced your journey into electronic music and your choice to express yourself as a DJ?
My roots are in Messina, but my training has been shaped by moving between various Italian cities. I’m still a bit of a wanderer, and this has contributed to a highly diverse cultural and sonic growth, which I wouldn’t narrow down to just electronic music. It extends to different realms such as field recording, world music, rave culture, poetry – just to name a few. I grew up in a house full of music and have always been insatiably curious. Becoming a DJ was almost a natural step, a medium through which I could tell non-verbal stories and create a sonic imaginary. I remember that in middle school, I used to spend evenings recording tracks from the radio onto cassettes to listen to the next day. Perhaps, in a way, that was already my first DJ set, even if I wasn’t aware of it at the time.
We know that, beyond working with sound, you explore the visual world as a designer. How do these two creative identities interact? Are there moments when one inspires and transforms the other, creating an unexpected balance?
For me, these are two activities that run on parallel tracks. The creative process at their core is very similar, but the outputs differ: sound and image. So, it’s inevitable that they influence each other. Every sound, to me, has a color and a tactile consistency, just as every image can evoke a specific sound. Our senses, even though they function autonomously, never act in complete isolation – they contaminate and intertwine. The most beautiful thing is when I get to work on projects where both activities concretely come together, such as developing the visual identity for a musical project, soundtracking a space, or creating audio/video installations. In both cases, these creative processes are ways to explore and translate my inner world, a way to bring order to chaos, transforming the essence of an emotion into something concrete and communicable.
When you create a set, how do you choose the tracks? Is there a story or emotion you try to convey each time?
The first approach is always pleasure. It can be anything – from pizzica to techno: if a track makes me feel “at home,” then it’s the right one. For me, every set is a journey through a sonic landscape that takes shape in real time. It changes with the place, the people, the vibe of the moment, as well as my mood and what I’m listening to at that time. I carry stories and fragments of narratives with me, and depending on the situation, I decide on the spot which ones to share. I usually work on eroding categories and genres, as if the set were a collage. Of course, there’s a common thread, but I always try to change the rhythm of the flow to keep people from zoning out in front of the console. Then yes, there are the technical aspects, but those come later – I have a bit of a fetish for smudges, imperfections, and unexpected moments that can happen while mixing tracks. That’s the most exciting part of a DJ set for me – perfectionism isn’t sexy!
Your description makes it sound like a constantly evolving sonic journey, filled with emotions, stories, and imperfections where every set becomes a unique experience, a collage breaking genre boundaries. Looking at your journey, has there been a particularly significant moment that left an indelible mark on your career and your way of experiencing music?
There can be many turning points for someone who listens to music, and they vary depending on life’s intersections and discoveries. I could tell you about when I used to go to jazz concerts with my father as a child or my first time in London with my friend Anna Paola, but here I’d like to mention an album that has been important to me, tied to a very happy and carefree period in my life. The period was my university years in Rome, during the indie rock boom, with 60’s music and colorful skinny jeans everywhere. The album is Screamadelica by Primal Scream, a 1991 record that I discovered in 2007. I found it illuminating – it blended past rock with dance, acid house, shoegaze, and dub into a lysergic, sensual, and elegant synthesis. From there, I stopped listening exclusively to guitar-driven music and opened myself to electronic sounds. Of course, I was in love with Bobby Gillespie (and I still am).
Drawing on this ability to create unique connections, tell us about your set for the OSS boat party this summer: how did you craft that experience, and what sensations did you want to evoke in the audience in that unique atmosphere?
It was so much fun because we were coming off three incredible festival days, where the sound flow was the main character. That boat party, where I shared the console with Upsammy, was the perfect closing act. We were sailing off the coast of Ortigia, immersed in the afternoon light, and it felt like being suspended out of time. I can’t describe it better than that.
Staying on the theme of your projects, we’d now love to learn more about Gospel delle Sirene, your monthly residency on Radio Raheem. How did the idea for this project come about? What goals have you set for it, and what special moments or collaborations stand out for you?
Gospel delle Sirene is a sonic treasure chest collecting fragments from different fields. The sirens tell us of hidden landings, furious storms, and memorable days. In this radio space, the fragments come together in a free-flowing narrative, genreless, made of grafts, ancient landscapes, and coexistences. The project was born to allow these stories to converge in a free flow of genreless grafts, which could regularly be shared with guest artists and collectives. A particularly dear episode to me was the recording of a set a few months ago at Pescheria Alessi in Rome, a space of connection and deep listening that is fundamental in Italy. It was the first time I could materialize some of the material I had gathered over time – field recordings, the voices of fishermen from the Strait of Messina, and heartfelt tracks. I’m very grateful to Hugo, Simona, and my friends for hosting me. Other special episodes included live performances by Les Biologistes Marins and the collective Magica Mistica Musica. They are incredible – you must listen to them on Radio Raheem!
Gospel delle Sirene appears as a free and emotion-filled space where sonic stories intertwine in surprising ways. Speaking of sharing and communities that give rise to new artistic possibilities, we’d love to delve into another of your projects: Fluidae Collective. How did it come about, and what ideals and goals guide you? Would you like to tell us more about it?
Of course! Fluidae is a project born out of the need to change the rules of the game in the Sicilian and national music scene, where gender balance is almost nonexistent. We wanted to create an inclusive, safe, and stimulating space for artists who identify as female, queer, non-binary, and all marginalized identities that often don’t find the right platform to express themselves. What inspired us in choosing the name is our island, with its history, the sea, and the legends that carry a sense of fluidity. Our work draws inspiration from artists who have shaped the history of electronic music in the 20th century (Suzanne Ciani, Pauline Oliveros, Eliane Radigue, to name a few) and from the need to offer new languages and creative possibilities. Fluidae is the first FLINTA (Female, Lesbian, Intersex, Non-binary, Trans, Agender) community in Sicily. We’re not just about music but also visual arts, DJ and music production workshops, artist residencies, and any kind of meeting that can generate dialogue and inspiration. Our goal is to carve new paths by deconstructing a rigid binary system to make way for a more open, fluid, and free culture.
The Fluidae Collective project reflects a powerful and inclusive vision that values collaboration as a tool to break barriers and create new opportunities. How important is collaboration in your artistic career, and what elements do you consider essential for building authentic and effective collaborations?
Growing up in Sicily often makes you feel like an island within an island, and building solid connections can be challenging. For this reason, collaboration has become essential to me. I always try to step out of my comfort zone, travel, embrace the new, and use every means available to connect and create projects with other artists, even remotely. For a collaboration to be successful, there must definitely be mutual trust and, above all, fun!
As we look toward the future, how do you see the underground music scene evolving in Italy over the coming years? And what role do you hope to play in shaping this evolution, navigating its challenges, and embracing the surprises it may bring?
Let’s say it’s not a particularly rosy period for the underground scene. What I see is an increasing influence of the aesthetic aspect of parties at the expense of sound quality. I’m referring to all those parties organized in villas, gardens, places of worship, and deconsecrated churches – amazing venues but often without the right setup for a proper party. This is definitely linked to the difficulty of keeping spaces open today. However, the “Instagrammability” of a party is gaining more power, creating a dispersion among us. So, even with the best artistic research intentions of the organizations, I still notice a division, and I hope this can be healed in the future. My role? Honestly, I don’t know, but I hope to live up to my lifelong dreams, stay true to myself, and carry on my journey.