Boss Doms dopo un sodalizio durato anni con l’artista Achille Lauro, torna alle sue origini musicali introducendoci il suo progetto solista.
Boss Doms, alias di Edoardo Manozzi, è un DJ, Producer e chitarrista romano, classe 1988. Artista poliedrico ed eclettico, la sua carriera è iniziata nei club come Dj, per poi fare il suo ingresso nel grande pubblico dopo la lunga collaborazione con Achille Lauro e la partecipazione al Festival di Sanremo: con i brani “Rolls Royce” e “Me Ne Frego” nel 2019 e 2020.
Dopo aver rilasciato il primo singolo da solista “I Want More” qualche mese fa, ha di recente pubblicato uno speciale remix di “Back To My Bed” sempre in collaborazione con Lauro e rielaborando la hit internazionale di Elderbrook (Alexander Kotz): produttore e cantautore inglese nominato ai Grammy Awards nel 2018 con “Cola“.
“Per me è stato un onore lavorare ad un brano di un artista del calibro di Elderbrook: uno degli act di musica elettronica più caldi del momento” – racconta Boss Doms.
Noi di Parkett abbiamo avuto il piacere di fare una lunga chiacchierata con lui. Per capire come è nato il suo percorso da artista e come si sta evolvendo il suo progetto solista. Ma prima di tutto, abbiamo avuto il piacere di conoscere una persona estremamente libera e spoglia di preconcetti, tanto da staccarci per un attimo dal mondo con il quale ci siamo spesso confrontati musicalmente, e scoprire un’artista che ha tutto il potenziale per riuscire a rimescolare le carte astratte della creatività musicale, per regalarci nuove visioni dentro un universo ormai quasi saturo di idee.
Un confronto che ha fatto nascere una lunga intervista, a tratti provocatoria, ma che ha portato alla luce diversi aspetti che cancellano, se vogliamo, le apparenze dietro le quali troppo spesso alle persone piace soffermarsi; lasciando spazio ad un personaggio visionario che, oltre essere un bravo papà e un’enorme appassionato di musica, è anche un’artista a 360 gradi.
Boss Doms infatti ha scelto l’amore per la musica come stile di vita. Grazie anche ad una capacità innata di creare una spaccatura tra l’acuità visiva nel suo modo di esporsi, e la percezione che si ha di lui una volta conosciuto.
Insomma, abbiamo conosciuto un Boss Doms che ci piace molto e che con il suo progetto solista, farà sicuramente parlare di sé.
Progetto nato e concepito con lo scopo di rendere la musica Techno più fruibile a tutti, come ci racconterà lui stesso. Attraverso un percorso di metamorfosi iniziato in questo ultimo anno e che lo pone in una condizione di inevitabile transizione tra passato, presente e futuro. Ed il primo dei suoi sostenitori, è proprio il suo amico Achille Lauro:
“Ho creduto nel talento di Boss Doms fin dal primo giorno. È un produttore estremamente eclettico: riflette quello che per me deve essere oggi la musica, ossia un’esperienza artistica ‘no gender’. Credo che nel 2020 la musica non debba più essere ingabbiata in generi: sarà premiata solo l’originalità. Quando l’ho conosciuto eravamo molto piccoli ed Edo suonava e produceva già musica elettronica. Insieme abbiamo condiviso gran parte della nostra vita e tantissimi palchi d’Italia. Conoscendone sogni, ambizione e talento io e il nostro team siamo stati entusiasti del suo ritorno al mondo dell’electro-pop. Siamo tutti al suo fianco per sostenerlo nel suo percorso verso il panorama internazionale. Ha tutte le carte in regola per sfondare“- Achille Lauro
Ciao Edoardo e benvenuto su Parkett. Partiamo dal primo singolo, “I Want More“. La traccia nasce, passami il termine, da un’insolita miscela di Techno-Pop. Un accostamento che per molti nostri lettori, può sembrare azzardato, dato che come spesso accade anche in altri generi, soprattutto oggi, si tende a far fatica ad accettare contaminazioni troppo distanti tra loro. Parlaci della traccia e di come è nato il tuo passaggio alla musica elettronica.
Ciao e grazie a voi. Prima di tutto devi sapere che il mio passaggio alla musica elettronica non è un passaggio, ma è un ritorno alla musica elettronica, perchè io ho iniziato esattamente così. Lo spostamento è stato quello verso la musica Rap/Hip Hop. Ma io ho iniziato con la musica Techno che si ascoltava nei rave qualche anno fa, poi ho fatto il percorso con Achille Lauro; e solo successivamente ho voluto ritornare a fare le cose che mi piacciono di più.
Sempre per quanto riguarda questo spostamento, sai, quando io lavoro con un’artista tipo Lauro, ossia con un cantante al centro dell’attenzione, c’è lui anche al centro della mia attenzione, le cose che facevo le producevo cercando prima di tutto di capire se le potessero essere cucite addosso o meno. Cosa molto importante, perchè non avrei mai fatto niente che avesse potuto nuocere al suo personaggio.
Invece adesso al centro dell’attenzione c’è il mio gusto, quindi è tutta un’altra storia.
Per quanto riguarda la realizzazione di “I Want More“, principalmente avevo questa visione di poter rendere la Techno più fruibile a tutti diciamo, ma anche fare prevalere il mio desiderio di fare arrivare all’orecchio di tutti sempre la mia musica, ed in questo modo è stata concepita la traccia; in un formato grazie al quale ascoltandola, si percepisca chi ci sia dietro, e che riesca nello stesso tempo ad essere più ascoltabile a tutti.
Considera che da sempre esistono tracce Techno che durano anche venti minuti, che tanti adorano, io per primo, ma esistono anche persone che sono abituate ad ascoltare musica Pop pura, e che se si ascoltano venti minuti di traccia in cassa dritta dopo i primi dieci secondi skippano, allora io un un certo senso ho cercato di prendere questi due concetti, unirli e rendere tutto più orecchiabile; con una struttura sempre Pop, con delle strofe, ma che comunque restasse in quel tipo di sonorità danceflore: il suono è quello, della Techno.
Ci sono le 303, c’è la cassa, i loop, i suoni dark. La traccia tra l’altro l’ho realizzata in collaborazione con un grandissimo amico, Simone Privitera.
Perfetto, ma sai, spesso la musica Techno, viene vissuta e risiede prevalentemente dentro lo stereotipo di un club buio, dove il Dj non interagisce mai o poco con il pubblico, il quale ne diventa ascoltatore passivo e dove la cassa dritta continua per ore e crea un legame introspettivo tra musica proposta/pubblico. Quindi, paragoniamo ora, in quanto novità, che “I Want More” sia un territorio deserto senza limiti, e vediamola quindi come se cercassi di far nascere in un ipotetico e paradossale contesto post-nucleare sonoro, una nuova forma di vita, primordiale, ma che abbia il potenziale per essere la miscela giusta per farla diventare un giardino con nuove forme mai ascoltate o, se vogliamo essere più precisi, dimenticate. Sicuramente rielaborate e personalizzate. È corretta come interpretazione?
Assolutamente sì, anzi, è un’interpretazione molto fiabesca e poetica che mi piace davvero molto. Fondamentalmente è un ricominciare, un rimescolare le carte, si ricomincia da capo insomma, hai tutto il mazzo in mano da giocare.
Quindi sì, è un input, se senti il remix di Elderbrook, è un Techno-Pop diverso. Ma guarda fidati, adesso avete sentito solo due canzoni, ne ho tantissime in progetto e quando sentirete tutto capirete il disegno più grande che c’è dietro: è musica, non è un genere.
E’ un’evoluzione stilistica e di immagine. Ecco voglio proprio dare un’altra immagine alla figura del Dj, sono un po’ stufo di questi stereotipi che abbinano questa figura ad un nerd vestito di nero dietro ad una console buia.
Una bella sfida! Ascolta, dagli hype che si generano intorno al tuo nuovo progetto, è un po’ come se ti ponessi sul piano di “Dio cattivo“, che condanna gli altri ad una vita senza idee, ed un po’ di fatto lo è, data l’assenza di idee nuove dentro la quale la musica elettronica naviga da forse troppo tempo. In quello che proponi, insieme al tuo modo di esprimerti anche sotto l’aspetto visivo, molto libero e contrastante, hai la facoltà di poter riportare alla luce un concept che si basa sulla formazione di un ascoltatore che non si identifica più solo dentro una categoria musicale; ma genera un individuo che diventa parte integrante, oltre che della location, anche dell’artista. Riuscendo a rendere protagonisti e portando tutti sullo stesso piano dell’intrattenimento proposto: libero e interpretativo. E’ questo il tuo scopo?
Certamente! Mi piacerebbe mettere tutti sullo stesso piano. La musica deve essere uno scambio di emozioni, uno scambio di energie. Io do qualcosa a voi, voi date qualcosa a me, mettiamola così. In realtà di fatto siamo tutti insieme e ci stiamo divertendo, stiamo facendo una cosa bella, con passione, perchè la musica deve essere passione.
Ci sono persone che studiano musica, lavorano tantissimo per fare bella musica, e poi c’è l’ascoltatore che studia i dischi, legge le biografie per capire cosa sta ascoltando. Io per esempio, ho letto le biografie di chiunque, ho ascoltato di tutto, ho cercato di imparare dalle canzoni riproponendole con la chitarra: dai Led Zeppelin agli AC/DC. Soprattutto da ragazzino, perchè adesso la chitarra la suono in funzione di quello che sto producendo, mentre prima suonavo solo la chitarra e se mi piaceva una canzone, la rifacevo immediatamente.
Io penso che quando tu vai ad ascoltare un live, non è semplicemente andarsi a divertire, cosa che comunque fa parte del gioco. Ma devi sempre ricordarti che stai andando in un posto…di cultura!
Dove dietro ci sono persone che studiano e si fanno in quattro per produrre materiale di qualità. Io tento di fare il massimo possibile, non tento di fare una canzonetta, io cerco di fare la miglior canzone della mia vita ogni volta; penso che tutti i musicisti bravi siano così.
Chi va ad ascoltare un live va a sentire qualcuno che sta proponendo il massimo che può raggiungere, con le sue possibilità.
È una cosa che ti fa onore ciò che hai appena detto, non sempre però avviene a livello pratico diciamo. Molti artisti giocano su questo aspetto soprattutto nell’ambiente dell’elettronica. Dove basta davvero poco, a volte, per portare a casa la serata, si sa!
Ti dirò, io non sono contrario nemmeno a questo. Ma perchè sono molto libero anche da questo punto di vista Stefano, io apprezzo tutto di tutti, non sono hater di niente.
Prendi per esempio uno come David Guetta e Steve Aoki, per fare due nomi a caso: cosa vuoi dire a due così? indipendentemente da quello che fanno? Cioè tu stai andando a vedere uno show, una persona che oltre che essere un’artista, è un performer, un intrattenitore; e non dovresti star li troppo a pensare a cosa sta facendo in console.
Tutti questi ragazzi che raggruppano masse e fanno divertire migliaia di persone, ti assicuro che sono molto meglio di tanti altri; e che la musica che fanno, è di qualità anche se la fanno con diversi produttori e altri mezzi.
Ma soprattutto ricordati, che se ottieni dei risultati, significa che vali. Punto!
Quindi di tutte queste paranoie mentali che si fanno le persone, francamente non mi interesso. Sicuramente io, Boss Doms, propongo un live set che è fatto in un determinato modo. La mia proposta è questa ed è diversa dalla proposta di HOSH, di David Guetta, di Paul Kalkbrenner e così via. Ognuno ha la sua. Il mio Dj set live è molto improvvisato, ma solo perchè ho un background che me lo permette, se vogliamo tornare al mio passato.
La mia prima performance live è stata con un computer ed ableton, ed era un Dj set di musica puramente Techno. I primi CDJ li ho presi in mano a ventidue anni circa. Prima andavo in giro con il PC e facevo musica con i midi, i sequencer e tutto quello che serviva. L’importante secondo me è variare, proporre sempre cose nuove.
E’ bello il progetto con Lauro, è bello adesso il progetto da solo, sarà bello il progetto se tornerò con Lauro. Sono tutte proposte. Tutto qui!
Ok parliamo del tuo ultimo singolo, il remix di “Back To My Bed“ di Elderbrook uscito il 25 di novembre e realizzato insieme proprio ad Achille Lauro. Il tuo remix rende la traccia più slegata e personale rispetto all’originale. Parlacene.
Elderbrook è un DJ che mi piace molto, mi ero già proposto di fare un remix di una sua traccia ma era troppo tardi. Per me, con questo remix di “Back To My Bed”, è stato un onore lavorare con un’artista nominato a Grammy ed è stata un’opportunità per portare la mia musica fuori dall’Italia. Ci tengo molto.
Elderbrook è un’artista che amo e aver collaborare con lui è stato davvero speciale. Alla traccia ho semplicemente voluto dare un’impronta più romantica. Come ho già detto altre volte tra l’altro ho fatte 15 versioni diverse del remix, alla quindicesima tutti pensavamo che fosse quella giusta ma io non ne ero ancora convinto. Così, mi sono svegliato la mattina dopo, a soli due giorni dalla consegna, e in tempo da record ho chiuso la sedicesima versione, che è proprio quella che sentite: quella GIUSTA!
Come tutti gli artisti in continua ricerca di se stessi dentro la propria arte, raccontaci anche il tuo background musicale pre e post formazione Doms/Lauro, chi ti ha influenzato e chi ha contribuito alla formazione di «Boss Doms» per come lo conosciamo oggi?
Tantissimi artisti, quelli che cito più spesso rientrano nella sfera Rock, come dicevo prima, Led Zeppelin, AC/DC ma anche Deep Purple senza che te li elenchi tutti. È una domanda alla quale non so mai dare una risposta precisa perchè ho ascoltato talmente tanta musica che mi hanno ispirato tutti quanti.
Ti rispondo anche così Stefano: penso che ogni artista nella sua carriera, anche il più sconosciuto, se mi è arrivato, ha fatto una canzone che a me piace.
Quindi potenzialmente tutti possono insegnarti qualcosa. Sicuramente anche Achille Lauro stesso, parlando di una cosa più pragmatica. Il percorso che abbiamo fatto insieme, lo abbiamo detto spesso, ci ha cresciuto entrambi, ognuno ha imparato qualcosa dall’altro.
Il vivere alcune situazioni insieme ci è servito moltissimo. Fino ad arrivare al palco di Sanremo, che per due volte è stata una scuola che ci ha insegnato molto dopo una collaborazione alle spalle iniziata anni prima.
Guarda, personalmente ti considero un’artista molto valido, con delle idee tanto magnetiche quanto uniche che tutti hanno avuto modo di vedere, e non mi riferisco solo all’esibizione di Sanremo. Ma dopo quell’esperienza ti sei fatto un’idea di come dovrebbe essere il tuo ascoltatore ideale oggi?
Beh, sicuramente un outsider, prendo una fascia di ascoltatori che non si sofferma all’apparenza e che va un po’ oltre.
E sinceramente no, ho sempre pensato che non devi fare musica per un target, ma devi trovare un target per la tua musica.
Io faccio la mia, la faccio ascoltare e il target di persone si formerà da solo. Adesso è un po’ presto perchè ci sono solo due brani fuori. La gente mi conosce, in Italia, per tutto il percorso che ho fatto con Lauro. Ma se ascolti questi due pezzi si sente che sono sempre io, il mio gusto è quello capisci? Le sonorità sono riconducibili a me, lo senti.
Perfetto, la tua determinazione precede la realizzazione dei tuoi obbiettivi, ed è una cosa che ti fa onore, ma che potrebbe anche il non vedere realizzati i tuoi progetti. Hai mai contemplato questa ipotesi e ti sei mai chiesto “ok, e se non funziona?“. Ti occupi anche di altro all’interno dell’universo artistico come producer?
La differenza tra un sogno e un obbiettivo è una dead line mio caro, funzionerà, fidati!
Mentre invece per quanto riguarda le altre forme d’arte, ti direi che desidererei tanto avere gente che svolgesse lavoro al posto mio, quindi paradossalmente la risposta è “si”. Nel senso che comunque i video li seguo io, il novanta percento delle volte sono idee mie, il brainstorming, il boocking, me li studio sempre io.
Seguo tutto, le grafiche. Poi ovviamente mi avvalgo ti tantissimi collaboratori, come il reparto grafico, il reparto styling, il reparto video, foto, branding, il reparto social. Io ovviamente mi confronto sempre con i responsabili di ogni settore su come coordinare il lavoro, che implica uno scambio di idee, ma che passano sempre tutte da me e dal mio management. Ci sono tante volte che io propongo a loro e viceversa.
Non mi reputo e non mi piace comunque considerarmi un one man band, io sono un musicista, poi ovviamente seguo anche tutto il resto.
Ti apro una parentesi per i tuoi lettori, tornando al tuo discorso di prima sullo stereotipo del club, mi è venuto in mente che noi abbiamo portato la Techno a Modena, in piazza quest’estate, con “I Want More”, a persone di ogni età e ogni gusto, e che ci ascoltava e ballava la nostra musica. Una cosa che ha funzionato nonostante le restrizioni. Ed è stata una cosa importante per me!
Allora sfatiamo un altro mito per i nostri lettori, la separazione con Achille Lauro. Per come la vedo io e da quello che trapela, il vostro rapporto è unito da una sincera amicizia (almeno sembra). Ed è visto un po’ come quando Thom Yorke si è staccato dai Radiohead per fare un album solista devastante, ed è tornato poi coi Radiohead, a fare altrettanta roba figa. Per poi staccarsi nuovamente, formare gli Atom For Peace e ritornare di nuovo successivamente alla prima formazione. Questo processo può identificarsi con la tua scelta?
Chi può saperlo, ad oggi sì, nel senso che io e Lauro ci conosciamo da quando abbiamo otto anni. Abbiamo sempre fatto musica per i cavoli nostri insieme. Prima di fare “ragazzi madre” che è stato il nostro debut album, abbiamo fatto altri pezzi insieme, come “giovani crimini”, remix come “barabba mixtape” e molto altro. Poi io ho continuato a fare il Dj, lui ha firmato con Roccia Music, (Marracash, Shablo, Del, Luchè, Sfera, ecc.). Poi abbiamo ricominciato insieme e abbiamo fatto altri tre album. Ora ci siamo di nuovo separati e io sto facendo il mio progetto solista mentre lui sta continuando a fare Achille Lauro. Domani non si sa.
Non escludo niente, siamo amici, siamo partners di musica. E se abbiamo condiviso tutto questo percorso insieme significa che abbiamo gli stessi gusti musicali, o comunque affini, quindi non si sa mai. Lo stesso remix di “Back To My Bad” lo abbiamo fatto insieme.
Mi piacerebbe che la roba che faccio con Lauro, lo portasse un po’ fuori dal suo mondo, proporre qualcosa tipo che: “se lo fai con Doms, allora stai proponendo un nuovo Achille Lauro, non quello che sei abituato a sentire”.
Si, ma un’artista però deve saper ponderare e avere le idee chiare prima di intraprendere certe strade. Tu hai fatto delle considerazioni o con “Back To My Bed” e “I Want More” ti sei buttato di testa ad occhi chiusi seguendo il tuo sogno? E soprattutto, sia te che Achille Lauro, che insieme stavate delineando un percorso già avviato e di successo, perchè la decisione di questo vostro processo di crescita su due livelli completamente nuovi?
Ti stoppo subito sulla prima perchè penso l’esatto opposto.
Bisogna filosofeggiare poco con la musica, fai e basta, fai le uscite, fai musica, fai bella musica, conta solo quello. I progetti e tutto il resto sono secondari. Prima di tutto devi fare bella musica. Io sono uno di quelli che la pensa così.
C’è anche chi ragiona al contrario, che fa progetti con un grandissimo marketing che funziona tantissimo e poi la musica non è nemmeno un granché. Però con quel marketing la musica passa in secondo piano e non è nemmeno più il focus principale. Questa è la mia considerazione.
Visto il tuo intento di “rivoluzione” musicale e di genere quindi, oltre a quella parte di pubblico che già possiede un certo tipo di mentalità capace e pronta ad apprezzarti, è importante per te attirare anche le nuove generazioni? In che modo inoltre, secondo te, la tua musica può agganciarsi ai gusti dei più giovani e trasmettere loro un messaggio “evolutivo”?
Assolutamente sì, soprattutto è a loro che va tutto quanto, non a chi già c’è. È a quelli nuovi, è per loro che facciamo tutto questo, per trovare nuovi adepti se vogliamo chiamarli così. Poi in realtà effettivamente come ti ho detto ho fatto sentire la mia Techno a gente che non sapeva nemmeno cosa fosse e che erano lì per sentire altro, ed hanno apprezzato. Per me è una vittoria perché hai portato il tuo genere in un nuovo ambiente e, anche se ci sono state paradossalmente tre persone che hanno pensato “ma sta roba è figa” , noi abbiamo conquistato tre nuove persone. Noi, inteso come popolo dance, club. Quello dico, capisci?
Questa è una cosa fondamentale secondo me. In che modo questa mia nuova musica possa essere percepita tra i miei fans? Questo non lo so assolutamente, però quello che voglio e che desidero è che passi la passione e l’amore che ci metto e che ci mettono tutti coloro che mi stanno vicino. La dedizione, l’amore che ci metti è quello che poi diventa carismatico ed è ispiratorio. I personaggi che più mi hanno ispirato nella vita sono quelli che hanno dedicato tutto loro stessi in qualcosa, riuscendoci.
Perché se dedichi tutto te stesso, è solo una questione di tempo, è un conto alla rovescia. Prima o poi succede. Devi solo cercare di non cambiare mai strada altrimenti il conto alla rovescia si azzera. Invece, se rimani sempre fedele e dritto sulla tua visione, e ci metti tutto l’amore anche in un periodo difficile come questo, in cui sembra non esista un futuro, vedrai che prima o poi arriverà il tuo momento.
La domanda precedente nasce anche dal fatto che oggi, il pubblico che segue determinati filoni musicali, spazia dentro un’età prevalentemente adolescenziale, per poi arrivare ad una parentesi di ascoltatori più adulta, ma di nicchia. In entrambi i casi il messaggio può essere percepito in modo diverso. Anche questa è una bella responsabilità. Cosa ti sentiresti di consigliare ad entrambi gli ascoltatori cosi generazionalmente agli antipodi?
Io ti dico che non mi sento di consigliare niente perché, secondo me, l’interpretazione della musica deve essere soggettiva, quindi, tu devi interpretare come ti pare. Se hai cinquant’anni, o sessanta, e la interpreti in modo negativo, “bella per te”, se la interpreti invece con: a me questa musica piace, “bella per te”. La stessa cosa a tredici anni. Ovviamente i ragazzi più giovani sono più legati alla musica con cui sono cresciuti.
Ad esempio, mi accorgo che tante persone che vanno dalla quarantina in su hanno apprezzato quando noi abbiamo fatto lo switch sulla musica un po’ più rock, perché ovviamente la capivano di più, e perché era la musica con cui sono cresciuti, con quella sonorità che li ha riportati in una sorta di confort zone dove si sono sentiti un po’ dentro le sonorità che ascoltavano quando erano giovani; si sono sentiti un po’ a casa, diciamo.
Mentre magari i ragazzi molto giovani, non avendo un passato così lungo alle spalle, sono sempre alla ricerca di novità, di cose nuove, di innamorarsi di nuovi generi e sono magari anche più attenti alla tendenza. Quando sei più grande inizi a tralasciare certe cose. C’è anche una sorta di bigottismo da genitore che emerge spesso, è un po’ uno stereotipo che ti porta a rifiutare le nuove tendenze e rimanere tradizionalista.
Assumendoti il rischio che la libera espressione e concetto di sessualità del tuo personaggio possa essere visto come la “moda del momento”, come ritieni che questa espressione di sé sia compatibile con il tipo di musica che produci? Credi che, se ti esibissi in jeans e scarpe da ginnastica, il messaggio musicale che trasmetti avrebbe lo stesso impatto o esiste una particolare importanza nella connessione tra “libertà di espressione e musica”?
Se mi esibissi in jeans e maglietta sarebbe la cosa più figa del mondo.
Ma anche senza maglietta, così. Nudo. Abbiamo fatto tra l’altro “Rolls Royce” al Mediolanum Forum ad Assago a Milano, con Le Vibrazioni, e io ero vestito in tuta Adidas gialla, Doctor Martins e una giacca di pelle. Però avevo una chitarra Jaguar bianca, aspetta te la faccio vedere… che bastava lei, capito?
Noi abbiamo la fortuna di fare questo, siamo noi che dobbiamo comunicare alla gente di essere libera. Devi venire a sentirmi come ti pare, più vieni strano, più sei libero, e a me piace. Però se vieni vestito normale son contento uguale, mi capisci? L’importante è che vieni e porti belle vibrazioni. Basta.
Il tuo ultimo progetto “Back To My Bed“ è una sorta di unione degli opposti, Yin e Yang racchiusi nello stesso cerchio, che danno vita ad un’idea di amore psichedelico, futurista e non facilmente categorizzabile. Un concetto di armonia ed equilibrio di forze contrapposte che creano interazione ed energia. Come vivi questo concetto nella tua quotidianità e qual è la tua visione sulla società odierna, forse schematica e stereotipata che ci circonda?
A me piace vedere il bello delle cose, e quindi tutti i periodi storici hanno avuto i loro pregi e i loro difetti. Ma ti dico, abbiamo contestato tanto i cellulari, gente che sembra lobotomizzata tutto il giorno sui social, però guardaci, adesso stiamo facendo un’intervista su Skype, stiamo facendo il nostro lavoro entrambi, segregati in casa per colpa di un virus, e senza questa tecnologia non avremmo potuto fare questo tipo di interazione probabilmente.
Ho fatto dei Dj set online e tantissime cose siamo riuscite a farle durante questa quarantena grazie a questi mezzi. Questo tipo di tecnologia e di comunicazione è stata fondamentale in questo momento, anche per i ragazzi che non possono andare a scuola e devono fare le lezioni online, o chi lavora in smart working.
Insomma, a me piace vedere il bello nelle cose, indipendentemente da tutto. Anche perché se ti concentri sul bello, puoi tirarlo fuori, se ti concentri sul brutto, ti deprimi e basta.
Tu Edoardo, sei una persona che non giudica mai vero?
Giudico il meno possibile.
Si vede, si trapela molto nel tuo modo di esprimerti e di parlare. E’ molto bella questa cosa!
Più che altro cerco di non dare un mio giudizio personale ma cerco di vedere le cose nella loro totalità.
Cerchi di capire più che di giudicare!
Esatto!
Trapela sicuramente un grandissimo rispetto nei confronti, come hai detto anche prima, oltre che verso gli altri artisti, anche verso tutto quello che ti circonda.
Sai io penso che non siamo nessuno per dire agli altri cosa devono fare, e se ti metti in una condizione di ascolto, recettiva, tu puoi imparare da tutto quello che vedi. E quindi ogni giornata può essere una scuola di vita.
Puoi raccontarci cosa ci aspetta in futuro dal punto di vista della tua crescita musicale da solista?
Ho un disco che sta esplodendo, ma purtroppo (o per fortuna), io vorrei sempre che tutti i miei pezzi uscissero contemporaneamente ma non si può. Per liberarli ci vuole del tempo. Anche a te che ci scrivi, per farteli godere in un certo modo, farti fare un percorso, un viaggio. E’ importante.
Ti faccio un esempio. Io ho una bambina di due anni, che è piena di giocattoli, e se io le metto i giocattoli tutti insieme lei non ci capisce niente, se invece glie ne tiro fuori uno, lei gioca con quello, poi lo mettiamo via e tiriamo fuori qualcos’altro. Se metti tutto insieme si fa confusione. Cosi si dedica quel tempo a quella cosa particolare.
Ecco io invece ho un figlio, ha quasi sei anni ed è davvero un casinista da quel punto di vista. Ma la colpa è mia.
Ma vedi, io invece mi sono reso conto che se concentri l’attenzione su una cosa per volta, crei l’attenzione su ogni singolo progetto.
Quindi, tornando alla musica, io vorrei fare uscire tutto, ma mi rendo conto che è bello il viaggio, non solo l’arrivo. Aspetta e vedrai!
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