La macchina del tempo può assumere la forma di un sintatizzatore? Secondo Don Buchla, probabilmente, si.
La notizia circolata in queste ore riguarda la scoperta di una sorta di macchina del tempo, sotto forma di synth, che ha aperto un possibile varco tra la musica elettronica e la controcultura degli anni ’60.
Eliot Curtis, un cinquantenne tecnico della KPIX-TV, network televisivo di San Francisco, ha accidentalmente subito quello che in gergo viene definito un “high contact” vale a dire l’esperienza indotta dagli allucinogeni non assunti volontariamente, dopo essere entrato in contatto con LSD lasciato all’interno di un raro modello vintage Buchla 100 originale che lui stava riparando per tentare di riportarlo in vita.
L’esemplare del sintetizzatore Buchla 100 venne commissionato dai professori Glenn Glasow e Robert Basart della California State University East Bay, dal leggendario pioniere del synth di Berkeley, Don Buchla, ed abbandonato per oltre 50 anni in un’aula accademica utilizzata per la pratica degli studenti.
A quanto pare lo strumento era di proprietà di Owsley Stanley, ingegnere del suono dei Grateful Dead nonchè amico dell’ingegnere Buchla.
Curtis stava operando sul sintetizzatore nel suo laboratorio di casa quando ha rinvenuto una sostanza cristallina sotto uno dei componenti principali all’interno del Buchla 100: l’oscillatore noto come “Red Model”.
Mentre tentava di pulire la sostanza con il dito, convinto che si trattasse di un’incrostazione, l’ignaro tecnico ha cominciato a percepire a livello neuronale e sensoriale i primi effetti di quello che si sarebbe rivelato in breve tempo un trip acido della duratad di ben nove ore, con l’intensità e gli effetti del LSD che circolava negli anni ’60. Un vero e proprio trip…nel tempo.
Il singolare evento conferma un rumour che non aveva trovato conferme sinora, vale a dire che l’ingegner Buchla, notoriamente appassionato di sostanze acide e psicoattive, immergesse i suoi “famigerati” oscillatori “Red Panel” nell’LSD, con l’intenzione di offrire al performer che lo avesse utilizzato un’ispirazione chimica e un’esperienza fuori dal comune.
Secondo un servizio del KPIX News Report, la musicista Suzanne Ciani, che ha studiato con Buchla negli anni ’60 e ’70 a Berkeley, avrebbe definito il progettista, contemporano di Robert Moog, come “il Leonardo Da Vinci dell’electronic music design“.
“È un po ‘come il viaggio nel tempo“, ha dichiarato la tastierista statunitense di origini italiane. “Se si potesse tornare indietro questo sarebbe un bel modo per viaggiare: per condividere le droghe che chiunque assumeva in quel periodo. “