Burning Man 2018 promette di espandere la propria area. Una decisione che si tradurrà in più partecipanti e in più installazioni artistiche, ma anche in ulteriori aumenti nei prezzi che, a dispetto di una politica di “inclusività radicale”, rimangono tutt’altro che inclusivi.
Burning Man 2018 (scopri il tema scelto per la prossima edizione) continuerà la sua corsa per affermarsi come uno dei festival più rilevanti a livello mondiale.
Se fino a qualche anno fa il festival organizzato nel Black Rock Desert era conosciuto principalmente per la sua attitudine freak e liberista, adesso può gareggiare con i big internazionali anche sul piano prettamente numerico.
Gli organizzatori hanno parlato di un progetto per portare il numero dei partecipanti dagli attuali 65.000 a 100.000, nei prossimi anni, con un ampliamento di 22 miglia dello spazio a disposizione.
Questo significherebbe anche un aumento delle esposizioni di arte – dalle attuali 330 a 400 -, degli spazi a tema, che passerebbero dagli attuali 1100 a 2000, e dei veicoli modificati utilizzati per spostarsi nel deserto del Nevada.
Insieme ai numeri, crescono anche i dubbi su quanto dello spirito preso in prestito da Woodstock e dall’esperienza del ’68 sia rimasto nel Burning Man 2018.
Numerose sono, infatti, le denunce di incoerenza verso principi come inclusività radicale, altruismo, e responsabilità condivisa, di cui Burning Man si è fatto portabandiera fin dalla sua prima edizione.
Le critiche portano spesso come argomento il prezzo dei biglietti, salito gradualmente.
Dalle edizioni free dei primi festival, alle migliaia di euro necessarie per garantirsi un’esperienza completa nelle ultime edizioni, come testimoniato in questo report.
Un aumento dei prezzi che avrebbe avuto come prima conseguenza la gentrificazione del Burning Man. La sua trasformazione da festival popolare a festival ad uso e consumo delle classi più agiate.
Iconiche sono, a riguardo, le parole di Elon Musk, CEO di SpaceX e Tesla Motors:
“Burning Man is Silicon Valley”.
Un legame non necessariamente negativo, quello tra il festival e la casa delle più grandi menti hi-tech (qui un’interessante analisi del loro rapporto), ma concettualmente molto lontano dai tempi in cui i burners prendevano in prestito da Hakim Bey il concetto di Zona Temporaneamente Autonoma per descrivere il Burning Man.
Insomma: che Burning Man stia vincendo la sfida sul piano commerciale, è fuori di dubbio. Su quello etico, invece, il dibattito è ancora aperto, e gli sviluppi non scontati.