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Una, o forse anche due considerazioni preliminari prima di addentrarci nell’identità Capofortuna, propedeutiche certamente alla comprensione della logica retrostante il progetto stesso…

In natura, nelle società, indagando di culture, tra gli ambiti di qualunque dinamica relazionale; si materializzano delle superfici esperenziali con poteri di accumulazione ben prestabiliti, aree che riempiamo di quei significati e di quelle “energie” che ne costituiscono a lungo andare la loro identità. Capita però, con cadenza più o meno dilatata, che si arrivi all’accumulazione di una tale massa di contenuto non più tollerabile dai perimetri attuali, il che sollecita l’emergenza di due possibili scenari derivanti: o si opera nella frenetica conservazione di un delicatissimo status-quo situazionale, perennemente al limite del suo punto di rottura; oppure, si assiste al fisiologico trasbordo iniziando già a riflettere sul possibile riordino di un nuovo sistema. Il più delle volte, le due energie si attivano all’unisono, possono pacificamente coesistere senza nutrire eccessiva preoccupazione sulle strategie dell’altra, nella certezza che entrambe hanno ancora vita da spendere sicché poggiate ciascuna su logiche completamente diametrali, conflittuali sì, ma ignoranti l’una dell’altra. Nella verità e nel complesso, questo è un processo molto meno “straordinario” di quanto ci si potrebbe raffigurare; se pensiamo all’evoluzione delle arti, la pratica letteraria è un chiaro esempio di mai-risolte diatribe stilistiche tra classici e avanguardisti, decadenti e romantici, realisti e futuristi: un posizionamento da trincea che ultimamente attiene al panorama elettronico ben più di quanto vogliamo credere.

Pagine e pagine di testi virtuali sono state spese avendo a riguardo come loro oggetto di dibattito, quella sempre-verde (ma assolutamente sterile) inquadratura Mainstream vs Underground; appurato magari che, molto semplicemente, l’uno se ne fotte dell’altro – e che una tendenza alla comparazione relativa è propensione quasi esclusiva del pubblico a modello “tifo da stadio” piuttosto di chi attivamente abita gli ambienti – la discussione continua a persistere sotto altre forme e sostanze, ma dall’interesse più sofisticato e sottile.

A tutti sono risapute le formule “facilone” dell’Overground, un’impressionante forza economica (dall’effetto reale non trascurabile tenendo conto delle sue ripercussioni territoriali e del beneficio che essa indirettamente apporta ad altri attori locali) che correda la sua offerta musicale con altrettanti investimenti scenografici e che proprio funzionali non sono, riflettendo sul loro innegabile potere attrattivo. Facili dunque, che passi anche la qualità di ripetitive, ma connaturate di standard qualitativi lungi dall’essere semplici. Il problema dunque non è tanto la proposta nella sua attinenza globale, ma quanto è circoscrivibile sul solo asse musicale: snare, rullante in ascesa per tutte le battute di un minuto e gonfi kick a 4/4, chiudi tutto in una manciata di tempo e dai un altro giro alla ruota. Ora, se questo sia male o no, è più che altro una questione di discrezione soggettiva, il vero problema – tornando a monte della discussione – è la preoccupante quantità di detta pratica, troppa rispetto quanta siamo disposti a tollerarne, magari chiudendo anche un occhio. Se negli anni non si è vista scalfita considerevolmente nella sua egemonia, parimenti, i “movimenti di protesta” hanno comunque preso una loro identità, tramutandosi in goliardiche iniziative di abolizione come in atteggiamenti ben più maturi e responsabili; una nuova parafrasi di “anima, corpo e spirito” della cultura elettronica, spogliata ad oggi di quell’essenzialità che l’ha vista in origine e sostituita negli anni da discutibili orientamenti quantitativi.

La missione dei Capofortuna è questa: una protesta in nome dell’originalità sotto il manifesto di un anticonformismo proteso all’evoluzione a-canonica del suono, fedele sì alle insostituibili tradizioni come anche alla più sofisticate avanguardie di settore – riportando le parole spese in sezione Info. – funk interstellare senza tempo, senza gravità, senza compromessi.CapofortunaI Capofortuna sono Rame e Ricky Cardelli (Funk Rimini) e abbiamo deciso di sapere direttamente da loro quanto è militato artisticamente nella bandiera di traiettorie ipnotiche che incrociano satelliti disco e house.

Partiamo subito da una considerazione preliminare. Come piuttosto chiaro dalle vostre stesse parole, il Mercato è saturo (nell’elettronica come nel Pop e nell’Indie) di formule pronto-uso da ricreare in vitro inseguendo freddamente il suono del momento. Dalla parte del fruitore, tenendo conto del fatto che “nell’era dell’informazione, l’ignoranza è una scelta” (cit.) in quale percentuali si spartiscono le colpe dell’otturazione tra il pubblico e i vostri colleghi? Dal mio punto di vista, è un 50% netto tra un accontentarsi e un accontentare reciproco, niente più niente meno di quanto sindacalmente richiesto da una parte e dovuto dall’altra, [Per pigrizia? Per comodità?…] è solo una mia percezione o riuscite ad essere anche voi dello stesso avviso?

Protesta e ignoranza sono termini un pò forti usati in questo contesto di musica e passioni; Non dimentichiamoci che si parla divertimento e di emozioni legate alla musica e di gusti che devono essere soggettivi. Noi abbiamo una nostra visione di quello che oggi è il caos e l’overdovse di informazioni, spesso legate alla forma e poco al contenuto. Il pubblico assimila tutto in modo istintivo, e non sempre può avere la priorità di fare ricerca e approfondimento. Si preferisce andare sul sicuro in molti casi, il marketing può ingannare perchè a volte nasconde l’ ”essenziale”. Non c’è una colpa attribuibile in percentuale, oggi si basa tutto sul qui e ora. 

Ultimamente il Web ha Tam-Tamizzato la forte provocazione di Ilario Alicante, il cd. “tendone per coprire la console”, collezionista poi di grande consenso mediatico (anche certamente per l’influenza della fonte). Ve ne propongo un’altra.
Non un sipario davanti lo stage, ma – dall’oggi al domani – la privazione di qualunque tecnologia e di qualunque interfaccia 2.0 tra artista/performer e consumatore: social, mailing-list, messaggistica diretta, tutto ciò che vi venga in mente. Quale sarebbe la portata dello shock inflitto alla scena? Come si evolverebbe il marketing del proprio nome, se ancora di marketing potremmo parlare?

Con tutto il rispetto, non seguiamo molto queste notizie, preferiamo occuparci di musica. L’idea dell’annullamento dell’identità è già stato sperimentato e oggi non sarebbe più possibile perché il pubblico vuole le proprie certezze.
Senza il web si farebbe tutto in maniera più lenta; una scena fatta di esperienze vive e dirette come è stato sempre prima dei social network: i concerti, i locali, le feste in cantina, le fanzine, i poster, i passaparola, i negozi di dischi sono da sempre veicoli di informazioni preziose per i fan della musica, ancora oggi esiste una rete che preferisce usare questi mezzi. 

[Rivolto a Rame] Pastaboys, Uovo e Rame sono da anni i volti a colonna sonora di innumerevoli serate romagnole, senza sbilanciarci, terra capitale del movimento notturno italiano da tempo immemore. Immagino che tu prima di moltissimi altri abbia iniziato a percepire queste devoluzioni. Ricordi il momento o l’occasione esatta (se ve ne è una e se la puoi raccontare) in cui hai distintamente avuto il primo sentore delle formule pronto-uso e di quella discesa che poi hanno avuto?

Non c’è un momento esatto, ma un periodo storico, è successo tutto in fretta e quando ce ne siamo accorti, era già successo, è stato inarrestabile, ci siamo adeguati, provando anche noi a capirci qualcosa in più, per capire quale fosse il valore aggiunto che può portare la tecnologia senza scartarla a priori; è stata un esperienza anche quella. Il talento non si misura con la sola strumentazione. 

[Rivolto a Ricky] Qui si parla di elettronica, ma il prodotto di plastica ad alto consumo “capitalistico” è connaturato un po’ in tutto lo scenario musicale italiano. Da un lato, abbiamo la ferocia commerciale dei talent – X-Factor, Amici, Italians Got Talent, The Voice, (…) – veri e propri rule-makers dei criteri di vendibilità, piattaforme di decollo di splendenti comete dal viso pulito ed innocente, appetibili ad un pubblico adolescenziale altamente influenzabile. Dall’altro, abbiamo fenomeni dapprima emergenti (che non mi sbilancerei ad intitolare “indipendenti” ) come Calcutta, Lo Stato Sociale, Thegiornalisti, Pop-X, Gomma, IOSONOUNCANE, per non parlare del fenomeno Liberato, che, con più o meno palesità stanno convergendo nelle associazioni dei grandissimi riflettori.
Che cosa sta accadendo in Italia? L’egemonia del canone televisivo, in così tanti anni di influenza in prima serata, è ancora artefice delle regole del gioco oppure si sono sostituiti altri grandi meccanismi “burattinai” es. YouTube e tutti i servizi streaming?

Per me non è importante il veicolo, ma il messaggio che porti, e sopratutto il sound, Il feeling, il groove. Il mercato commerciale, la musica in televisione e certi fenomi del web non sono la mia idea di musica…
In italia ma anche nel mondo esiste una scena di musicisti e producers che mettono la musica davanti all’immagine ed è quella a cui mi sento più legato, a
discapito di un successo facile e veloce. 
Capofortuna…invece per quanto riguarda voi due, chi ha contattato chi? Capofortuna è stata veramente la conseguenza di un “al diavolo tutto, fottiamocene e ripartiamo da capo…” o comunque l’idea retrostante era più soft e smussata di quanto mi sono “innocentemente” immaginato?

Ci siamo incontrati come spesso accade, casualmente, a suonare come dj allo stesso party… è partito il back to back, e abbiamo scoperto una chimica che ci ha portato in studio poche settimane dopo; lì è nata la nostra prima traccia “Crush On You” che darà il titolo al nostro Ep in uscita su Slolw Motion Records. Capofortuna è il nostro entusiasmo di condividere la musica senza limitazioni, abbiamo scoperto la passione comune per tantissime band passate e presenti e la nostra musicalità si sposa alla perfezione. C’è stato subito un senso di unione fra me [Ricky] e Rame con tutta la band di Funk Rimini per cui Capofortuna sta a Funk Rimini come I Parliament stanno ai Funkadelic. Siamo fratelli nella la musica, fuori dallo studio e in studio, Capofortuna insieme a Funk Rimini sta vivendo un periodo di forte creatività, ed è in uscita un remix del brano “Duke Fantasies” su Fresh Yo! che sigillerà questa fratellanza. Anche se in questo momento di grande creatività nessuno si vuole perdere il saggio di Natale dove ognuno di noi esibirà in qualcosa che non ha mai fatto, ad esempio Rame suonerà Let It Be al piano e Ricky si esibirà in una routine di srcatch!

Possiamo quindi veramente dire che The Old-School is the New-School?

La classificazione ghettizzata dei generi musicali non ci è mai piaciuta ed è una delle prime cose che abbiamo in comune, per creare qualcosa di nuovo bisogna conoscere il passato. Old school e New School devono sempre camminare fianco a fianco. 

A proposito di New-School, un altro fenomeno che mi sembra di aver rilevato nelle mie sessioni di ricerca quotidiana, è il prorompente avanzare di un suono (rintracciato anche nel carattere Capofortuna) assolutamente gradevole nel potenziale ad entrambe le tipologie di pubblico: quello da club e quello da “concerto” che fino a qualche anno fa mai si sarebbero affilati davanti lo stesso botteghino. Artisti come Flume, Moderat, James Blake, Disclosure, Four Tet sono figure omogenee, nel senso che si spartiscono una abbastanza equa porzione di seguito da entrambe le parti, pur conservando una musicalità distintiva. Tant’è vero che si è arrivati a parlare di “Inditronica” con un calco assolutamente nutrito di artisti professanti. È forse perché siamo tutti un po’ confusi, nel senso più genuino del termine, oppure si sta effettivamente delineando un nuovo tragitto ancora work-in-progress?

Da sempre un certo tipo di pubblico preferisce trovare più umanità in esibizioni live che oggi spesso sono accompagnate da un dj set che è altrettanto “umano”. Noi pensiamo al percorso delle emozioni positive legate alla felicità di fare musica che si trasmette su chi ascolta e viceversa. 

Per i più “smanettoni” che ci leggeranno, vogliamo dare uno sguardo più da vicino ai vostri sapori analogici? Fateci fare un giro nel set-up di Capofortuna e raccontateci di come tutto confluisca in un’unica manifestazione creativa.

Abbiamo cercato di utilizzare dal vivo un set up il più semplice possibile, per tirare fuori il massimo da quello che abbiamo. Rame si occupa della sezione Drum machinese/samplers e Ricky della parte Synths. Roland 707 – Roland R8 – Korg Volca Beats/Bass insieme a Roland 404 e Yamaha Su10 il tutto “linkato” via midi e audio con il Roland JX3P e il Moog Rogue a comandare i bassi. Si unisce con noi anche Francesco Cardelli aka Crimson, producer drum and bass e fratello di Ricky, al basso e alla chitarra. In studio usiamo anche il nostro amato piano Rhodes e l’immancabile flauto traverso, che è diventato un pò il nostro marchio di fabbrica, abbiamo anche usato un particolare strumento a transistor che si chiama Clavioline, una sorta di synth primordiale degli anni ’50 nella traccia “Espresso Notte” una collaborazione con il gruppo Club Paradiso uscita per Mondo Groove. Abbiamo anche un Akai AX60, un Korg Poly800 una Logan string machine e un organo Farfisa. Ogni strumento è per noi fonte di ispirazione e infinita ricerca. Abbiamo anche la fortuna di collaborare con ottimi elementi del gruppo Funk Rimini come Oder Beats e dj Kambo

Creatività appunto, quello che manca nelle già tanto blasonate formule pronto-uso e quanto invece dovrebbe arricchire il percorso di ogni emergente.
Siamo un popolo di consapevoli conservatori in questo senso?

In generale oggi con il tempo che viene richiesto per presentare i progetti è tristemente comune che un po’ di creatività venga sacrificata, quando il sistema ti mette con le spalle al muro è difficile rimanere sperimentatori e permettersi di vivere fino in fondo un idea e un esperienza con tutto quelle ne consegue, errori compresi!

Capofortuna

Credits: Mattia Bonaretti

Rischiando anche di peccare di presunzione, quale volere aggiunto, assolutamente distintivo, apporta secondo voi il progetto Capofortuna allo scenario italiano?

La musica è il nostro unico elemento e ci fa stare bene, se questa cosa può essere trasmessa e diventare contagiosa abbiamo raggiunto il nostro scopo. Siamo portatori di una viscerale passione che solo nell’attimo si può descrivere. 

Una sola parola, sintetica, con cui vi definireste e perché.

Domanda difficile, un amico qui a fianco ci suggerisce meravigliosi, ovviamente è uno scherzo! Istintivi calza meglio, fa davvero parte del nostro carattere.

I Capofortuna saranno ospiti tra la foltissima programmazione by Jazz:Re:Found. Scopri tutti i dettagli sulla decima edizione del Festival in questa nostra ampia vetrina.