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COCA PUMA sarà protagonista del Roma Europa Festival e ci ha raccontato la sua evoluzione artistica dopo l’uscita del suo “Panorama Olivia”.

COCA PUMA è stata sicuramente tra le rivelazioni di questo 2024. Il suo album “Panorama Olivia” unisce il presente new gen a un sound che attraversa differenti stati d’ animo e paesaggi sonori.

Basta premere play su Radar, playlist tra le più seguire per scovare i nuovi talenti italiani più interessanti su Spotify, per trovare i suoi brani come perfetta colonna sonora di una giornata odierna, tra le turbe di un presente incerto e la voglia sognante di lasciarsi avvolgere dalla scoperta di nuove emozioni. Un linguaggio universale condito dalla sperimentazione sonora che contraddistingue sin dagli albori il lavoro di COCA PUMA.

In vista del suo show al Roma Europa Festival abbiamo voluto chiederle come ha vissuto il post “Panorama Olivia” e indagare sulla nuova veste come compositrice della colonna di “Quasi a Casa” di Carolina Pavone, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. Buona lettura!

Ciao COCA PUMA, benvenuta su Parkett. Partirei chiedendoti come stai e come è stata questa estate per te.

Ciao! Grazie mille. Allora… questa è stata una delle estati più movimentate della mia vita sicuramente, l’esperienza del tour mi ha attraversata completamente, cambiandomi, donandomi mille lezioni e bellissimi ricordi. Soprattutto con i musicisti con cui sono partita, Stefano Rossi e Davide Fabrizio, si è creato un bellissimo rapporto e non credo che il tour sarebbe stato così se non avessi avuto accanto persone così speciali.

Il 28 settembre sarai al RomaEuropa Festival. Che legame hai con questo festival e in generale nella tua mappa sonora cosa rappresenta la tua città natale e quali sono stati i luoghi di Roma che hanno plasmato o influenzato la tua personalità artistica?

Conosco il festival e sono molto felice di farne parte quest’anno! Ho ancora locandine e piccole zine dell’edizione scorsa a casa, mi fa strano pensare di essere in line up quest’anno! Ovviamente ne sono molto felice, soprattutto perché questa tappa rappresenta un po’ la chiusura di questo tour, iniziato al Monk quel 19 Aprile, quando è uscito Panorama Olivia. È davvero emozionante per me tutto questo. Non direi che ci sono luoghi particolari che hanno influenzato la mia personalità artistica, direi piuttosto che ci sono posti a cui sono emotivamente legata, pregni di ricordi di vita, che in qualche modo prendono un posto importante in me e di conseguenza nella musica che faccio.

Le influenze maggiori poi nascono dalle persone, dagli amici e i musicisti che ho incontrato negli anni, persone che mi hanno fatta crescere, persone che mi hanno fatta incazzare, persone che ho amato moltissimo, persone che mi hanno ostacolata. Persone.

Lo scorso aprile è uscito “Panorama Olivia”, titolo che riflette chiaramente l’ampiezza di vedute che in qualche modo la tua musica abbraccia. Oggi il tuo panorama da cosa è costellato a livello di ispirazioni e reference?

In tour ci sono tanti momenti per ascoltare musica, basti pensare a tutti i chilometri che abbiamo fatto.. l’approccio che ho avuto in questi mesi è stato diverso però, c’era meno ricerca e più condivisione. Ho amato molto ascoltare tanta musica assieme ai ragazzi, ovviamente abbiamo i nostri tormentoni oramai, ma far scoprire loro ciò che piace a me, condividere quello che piace a tutti, lasciarmi sorprendere da quello che mi proponevano loro è stato bellissimo.

Tra i nostri tormentoni da tour non possono mancare Andy Shauf, Holy Hive, Marco Castello, Mauskovic Dance Band e The Vernon Spring.

Nell’ album, “Tardi” è un singolo che parla di cambiamento inteso sia come momento di riflessione ma anche come occasione di rinascita e rivincita. Oggi il cambiamento ti eccita o ti spaventa?

Il cambiamento spaventa sempre un pochino, però questo è un momento per me di grande eccitazione, tante cose stanno cambiando in meglio, sto facendo un lavoro su me stessa molto intenso, sento uno slancio vitale e questo mi consente anche di riscoprirmi, di riscoprire il mio potenziale, di vivermi i cambiamenti e la vita con più serenità.

Nel disco il pop prende una nuova forma, quasi un pop 2.0. nel senso che diventa una traduzione del quotidiano, ad esempio attraverso l’utilizzo dei vocal che in certe parti hai spiegato venire da note audio del telefono. Sei d’accordo con questa definizione e in che modo si sta evolvendo il tuo linguaggio espressivo dopo questo disco?

Mi piace questa definizione ma soprattutto mi piace che le persone interpretino in tanti modi il mio linguaggio. Dopo questo disco, chissà.. c’è tanto da lavorare e sto ancora raccogliendo idee per iniziare un nuovo viaggio.

Il cappellino è il tuo tratto estetico distintivo, quasi a subordinare la tua presenza alla tua musica. Senti ancora che in Italia la sostanza sia troppo coperta dalla forma e in che modo secondo te l’ immagine può rappresentare un’ ulteriore forma espressiva e non un surplus non necessario?

Per me, il cappellino è nato un po’ come una forma di protezione, e in più sì, volevo che la mia musica parlasse per prima. In Italia a volte ho l’impressione che l’immagine di molti artisti non venga utilizzata come estensione della loro arte, come un modo per veicolare un messaggio in linea con la loro musica. Non sempre sento coerenza, vedo armonia, come se l’immagine fosse la prima cosa che deve arrivare e la musica, invece, una cosa subordinata.

Nel tuo disco l’impressione è quella che ogni traccia crei un ritratto, un fotogramma ben preciso di sensazioni, idee quasi come un’istantanea.

È vero, per fare un esempio “Lupo Volkswagen” è esattamente questo, l’istantanea di un momento ben preciso, con tutte le sue suggestioni, così come Porta Pia o Tappeto. Mi piace tradurre tutto questo in musica.

Tra i tuoi ultimi lavori c’è anche la colonna sonora per il nuovo film di Carolina Pavone “Quasi a Casa”, che hai presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e ora nella sale. Che tipo di esperienza è stata e quanto il linguaggio cinematografico in passato e nel presente ha influito nella tua crescita come artista?

Questa mia prima esperienza è stata un viaggio meraviglioso. Lavorare sulle scene, avere un approccio alla scrittura diverso dal solito, lasciarsi guidare dalle indicazioni della regista, è stato molto stimolante. La musica poi ha un potere narrativo enorme ed è stato divertente giocarci. Il cinema è sempre stato presente nella mia vita e spero di poter rilavorare presto in questo campo. Inoltre, ultimamente ho ascoltato molti compositori di colonne sonore e Library Music anni 70/80, da Morricone a Piero Umiliani, I Marc 4, Stefano Torossi, Giuliano Sorgini, Piero Piccioni.

Credo in generale che il mio linguaggio tenda a legarsi molto alle immagini: quando scrivo, fermo qualcosa su carta, quando un’idea arriva e decido di registrarla o di lavorarci su, è perché evoca qualcosa dentro di me, e spesso questo qualcosa si traduce in forma d’immagine. I film mi hanno sempre ispirata e sono sicura che questo abbia influenzato molto la mia persona e la mia creatività. Spero quindi, di trovarmi all’inizio di un nuovo percorso e di poter donare al cinema tanto quanto il cinema ha donato a me.