fbpx

Sta circolando in rete una maratona modulare lunga dodici ore, in cui il talentuoso Colin Benders improvvisa creativamente sul suo sistema di moduli, fino allo sfinimento.

È di pochi giorni fa la messa in circolazione su internet di un video piuttosto “sostanzioso” di una jam session, o dovremmo dire una vera e propria maratona modulare di ben dodici ore in cui il giovane Colin Benders improvvisa sul suo nutrito sistema letteralmente per mezza giornata senza interruzioni. Il video è stato girato in streaming e poi pubblicato su Youtube. La didascalia recita testualmente “oggi suonerò in streaming finchè non ce la farò più, vediamo come va“. Benders non è nuovo a questi video molto lunghi di improvvisazione, ma a dodici ore filate ancora non era mai arrivato.

Il video è costituito da dodici ore molto istruttive, oltre che molto divertenti, in cui il talento di Benders spazia tra una quantità di generi e sottogeneri diversi con disinvoltura e flessibilità. In questo si vede quanto un performer è un bravo musicista, dal momento che si ritrova capace di uscire dalla sua zona di comfort e avventurarsi in territori anche relativamente lontani dalle proprie corde più essenziali. Anche perchè non si tratta di giri di basso o atmosfere banali, ma contengono sempre una vibe piuttosto interessante.

Ogni tanto durante il video, forse anche per approfittare di una pausa e ricaricare il cervello, Benders lascia il sistema andare da solo e prende il microfono per un saluto o dare qualche spiegazione. Non sono in realtà momenti morti, se si pensa a quanto un sistema modulare può essere messo in grado di intrattenere musicalmente l’ascoltatore anche senza interventi esterni. Oltre un certo grado di complessità, una patch – ossia un assetto di collegamenti tra moduli che genera suoni, ritmi e melodie – è in grado di mantenere un equilibrio tra stabilità ed evoluzione anche da sola. Questo è uno degli aspetti più emozionanti e apparentemente misteriosi di un sintetizzatore modulare. Ed è anche uno dei risultati che probabilmente il pioniere Don Buchla auspicava quando progettava lo strumento che avrebbe rivoluzionato il mondo. Abbiamo detto in questo caso Don Buchla, e non Robert Moog, dal momento che fu più Buchla ad essere fautore di una non totale controllabilità del suono secondo quella che era la sua idea di sintetizzatore modulare, mentre Moog aveva un approccio più razionale e pulito con la sua filosofia di sintesi sottrattiva.

In realtà il sistema di Colin Benders contiene entrambe le scuole di pensiero, la East Coast di Buchla e la West Coast di Moog, se si riesce a scorgere la moltitudine di moduli di cui è composto il suo sistema. Anche perchè oggi si è riusciti a trasportare nel formato Eurorack, il più versatile ed utilizzato, i sistemi di sintesi additiva di Buchla, che essendo un mondo a sè utilizzava in origine un formato del tutto differente. Per cui è molto facile che i sistemi modulari odierni siano ibridi tra questi due mondi e anche di più, attingendo ad un’infinità di idee provenienti dai brand in continua espansione, portatori di idee che valicano di anno in anno i limiti conosciuti del suono elettronico.

Certo è che in un tale tripudio di cavi e file di moduli, Colin Benders si avvale di un sistema assolutamente completo e in grado di affrontare in scioltezza qualsiasi genere. Non è certo il sistema più grande visto finora su internet (ad esempio vi invitiamo a vedere quello di Venetian Snares), ma certamente tutti sappiamo che le dimensioni non contano. Conta piuttosto la creatività, come sempre.

Godetevi queste dodici ore da ballare o da ascoltare, da studiare o da interpretare.

Paolo Castelluccio