DayKoda, una corrente che si espande in diversi generi per confluire nei parametri di una indiscussa ecletticità.
DayKoda (Andrea Gamba): personalità che congiunge la conoscenza del passato e, allo stesso tempo, si pone da veggente nei confronti del prossimo futuro; un suono che dilata un’indomabile natura creativa. Le sue produzioni rileggono e interpretano la storia di jazz, funk ed hip-hop con un moto passionale che confluisce in un’originale ottica multi-direzionale che abbatte ogni confine.
Presto, ci presenterà il suo ultimissimo lavoro che mette in evidenza la costante evoluzione acustica a cui, già, il ventisettenne Andrea Gamba ci ha abituato. Il tempismo nel futuro è l’elemento essenziale per una sincronia di elaborazioni sonore dallo stile extraterritoriale d’oltre Manica e d’Oltreoceano.
Ai nostri lettori l’intervista a Daykoda:
Ciao DayKoda bentornato su Parkett! Da contributor ad artista, cosa si prova a stare dall’altra parte?
Ciao Giulia! È un piacere essere qui di nuovo. Sono molto felice di fare questa interview assieme, soprattutto per un bel portale come Parkett
Soli 27 anni, ma la tua musica rappresenta una chiara sintesi di contaminazioni acustiche, un percorso ascensionale che si basa su oculate scelte tecniche e particolari percorsi emozionali. Vuoi parlarci di come è nata la tua passione per tutto questo?
In tutta sincerità la svolta elettro-acustica è arrivata solo di recente. Agli inizi del progetto Daykoda mi concentravo principalmente sulla produzione elettronica e sulla contaminazione con piccoli elementi acustici. Ora che alle mie file si sono aggiunti dei validissimi musicisti ho iniziato ad inserire sempre di più l’elemento acustico nelle mie produzioni e sarà una cosa che avrete modo di sentire nel prossimo disco a cui sto lavorando!
Se dovessimo fare un gioco e associare una città europea (e non solo) per ogni genere musicale, dove collocheresti il tuo jazz, il tuo funk e hip hop?
Beh, per il Jazz ti direi Londra, per il Funk New-York e per l’hip-hop Los Angeles!
La tua arte ha come sfondo una ricerca essenziale che evidenzia una vocazione naturalista ed ambientalista. Ricerca che riesci a nutrire anche in una città come Milano e che ti ha portato ad Ortica, un ambiente creativo che si è costruito sul nulla e dal nulla. È incredibile la capacità che hai nel contestualizzare il tuo suono facendolo partire da un territorio e portandolo alla conoscenza di altri. Per te la sperimentazione dove inizia, che processo segue e quale finalità persegue?
Ti ringrazio molto, è un bellissimo complimento. Posso dirti che a mio parere la sperimentazione musicale deve assolutamente essere finalizzata alla ricerca di un suono personale, un vocabolario univoco che permetta di comunicare prima di tutto con te stesso e poi con gli altri. Il processo è molto variabile essendo sperimentale già di per sé, ma credo che il consiglio più importante sia quello di uscire dalla propria comfort zone e spingersi oltre con la ricerca di nuovi suoni e nuove frontiere musicali.
L’esigenza di fare musica è un modo per nascondere una timidezza profonda (evidente) o semplicemente è reinventare un nuovo modo di comunicare?
Per quanto riguarda me, credo nasca dall’incapacità di comunicare a parole sentimenti e sensazioni radicate nella mia persona. Mi piacerebbe portare agli altri la mia visione sul mondo tramite la musica, credo che il goal sia sempre stato quello.
In una città come Milano, in cui sperimentazione e contaminazione sono aspetti dominanti proprio come il suono che produci, quanto è importante lasciare intatti gli ambienti indipendenti per costruire collettivi sociali che possano davvero includere e togliere dai pericoli di un ambiente urbano tanto vasto quanto ristretto nei suoi perimetri?
Fondamentale! E lo vediamo dando solo un’occhiata a quello che accade all’estero. Se penso anche solo a Londra, dove sono nate delle vere e proprie istituzioni per preservare il sound di una particolare scena, questo mi fa ben sperare che anche in Italia ci possa essere il salto di qualità. Sarebbe ideale iniziare ad avere una idea di arte più espansiva, che non ricopra solo il settore interessato ma che possa essere di appannaggio comune a prescindere dalla classe sociale o lavorativa a cui si appartiene.
Milano è una città piena di potenzialità, uno scambio extra-culturale che la inserisce come la città più simile a ciò che si vede fuori, contestualizzare l’arte è il suo più grande errore, arrangiarla ancora di più, gli spazi vuoti non determinano nessun cambiamento, la riqualifica parte dalla mentalità collettiva e finisce nelle validità progettuali, e la creatività ha bisogno di tornare a nutrirsi di tanto.
Credo nella ripresa e all’investimento in questa realtà, mi rende ottimista!
Tre nomi che hanno influenzato fortemente la tua musica
Sicuramente Radiohead, Flying Lotus e Jason Wool.
Dopo un’ estate di vera ripartenza, hai progetti per l’inverno che verrà?
Sto lavorando ad un nuovo, corposissimo disco che spero vedrà la luce presto. In inverno ho anche altri concerti in programma e spero di farmi un bellissimo ed intenso tour dei club invernale!
Grazie mille
Grazie a voi, è un piacere!
Giulia Massara