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Il 14 maggio Deborah De Luca è tornata nella sua Napoli per un extended set 4 ore. Sono accorse 7mila presenze e la cosa fa discutere.

Domenica 14 maggio, la dj partenopea Deborah De Luca ha riempito l‘Arenile di Bagnoli con ben 7mila presenze. I 7 mila paganti hanno continuato a ballare nonostante le condizioni meteo avverse, aiutando così la produttrice a realizzare uno dei suoi sogni, ovvero, arrivare finalmente al cuore della sua amata città.

Ma sarà veramente così? Effettivamente, nonostante il gran clamore, sui social si sono riversati fiumi di critiche. Molte di queste, relative alla performance che Deborah ha realizzato all’Arenile.

Nel dettaglio, le invettive sono scattate non propriamente nei confronti dell’artista, ma nella musica da lei proposta. Ad esser contestato, è il fatto che l’artista abbia scelto di inserire nella propria tracklist brani appartenenti a correnti artistiche lontanissime dalla techno. Sotto accusa tracce come “One, Two Step” di Ciara, e brani neomelodici che hanno contribuito a far ribattezzare scherzosamente la performance di domenica come “neomelodic techno”.

Ma è davvero giusto prendersela con l’artista?

Quando un artista sceglie di intraprendere la carriera di DJ, è consapevole che oltre a poter ambire a fama e soddisfazioni, avrà puntati su di sé anche i riflettori degli haters.

Tuttavia, è doveroso fare una piccola parentesi su ciò che è accaduto nel caso di Deborah De Luca. L’artista in questione ha un vissuto alle spalle, che a prescindere dal proprio gusto personale, è costellato di successi. Inoltre, quella dell’Arenile non è stata sicuramente la prima arena che ha riempito e soprattutto, negli ultimi anni la sua musica è esplosa nei grandi festival di tutto il mondo (tra questi per esempio Sonus Festival 2023).

Il problema forse non risiede né in Deborah, né nella musica che propone. Sono tanti gli haters che accusano la produttrice di essere più una performer che una dj. Ma anche questa è una delle tante frecce, che la community lancia spesso alle donne che suonano sui nostri palchi.

Queste però sono considerazioni inutili e fini a loro stesse, a nostro avviso lontanissime dal clubbing e da ciò che esso dovrebbe lasciare nell’animo del pubblico.

È interessante invece approfondire un altro aspetto della questione, ovvero, proprio il pubblico. Osservando i commenti che hanno animato le discussioni sui social emerge un dato importante. Oltre alla solita diatriba tra Guelfi bianchi e quelli neri, che vede da una parte i Berlinesi contro gli Ibizenchi, abbiamo visto un enorme spaccato generazionale.

Accade da sempre, che le vecchie generazioni facciano un po’ fatica a lasciare il testimone alle nuove leve. Solo che a questo giro forse siamo noi clubber navigati a non riuscire ad accettare il fatto che non è cambiato solo il pubblico, ma anche la musica.

Cambia il pubblico, ma cambia anche la musica..

Anche chi frequenta questo mondo da 10, 20 o più anni, un tempo è stato agli esordi e sa cosa significa venire etichettato come una persona che “ascolta rumore” ma questa volta è diverso. La verità forse è che la musica techno non è mai stata così vicina alla commercializzazione come in questo momento.

La musica che fino a ieri veniva associata a situazioni di ansia e pericolo per i giovani, oggi viene tranquillamente accostata a spot televisivi, reel imbarazzanti e persino video di cucina. Trasformando così la nostra musica techno nel nuovo collante che tiene insieme l’odierna industria mainstream.

Un’altra differenza tra la vecchia e la nuova guardia, è che la prima ha avuto l’opportunità di vivere un fenomeno che veniva considerato ancora di nicchia, ancora per pochi. Mentre adesso la musica elettronica (per alcuni casi è una fortuna), inizia a fondersi sempre di più con la realtà quotidiana di ognuno di noi.

I più giovani quindi, stanno crescendo cullati da quella corrente artistica che ai nostri tempi rappresentava un po’ il profano della musica e oltre a questo è sicuramente cambiata anche la percezione stessa che essi hanno del club.

Ma la colpa fondamentalmente non è la loro e nemmeno la nostra. Sono cambiate veramente tante cose, fuori e dentro dalla dancefloor.

Noi siamo cresciuti guardando Mtv, cercando le nostre canzoni preferite nei vinili, nei cd audio e nelle cassette mixtape. Mentre attualmente la musica si ascolta e si acquista online e i novizi crescono guardando lo schermo di un telefono cellulare.

Anche la percezione del club è sicuramente mutata. Forse negli ultimi anni l’attenzione nella dancefloor viene inevitabilmente spostata dalla consolle alla propria immagine.

È vero che le nuove leve sembrano passare più tempo a scattarsi foto, piuttosto che riflettere sul contenuto artistico di un evento. Ma è anche vero che la colpa non è loro, se guardare il mondo attraverso l’obiettivo di uno smartphone, piuttosto che dal vivo, è diventato di tendenza.

E a pensare che per evitare discussioni inutili, basterebbe solo chiudere gli occhi, ascoltare e iniziare a ballare. Dopotutto il denominatore comune è sempre la musica, assieme alla capacità che essa ha di aggregare milioni di persone.

Noi siamo riusciti a tessere una lunga tela di ricordi e situazioni che solo sotto cassa potevano accadere. Siamo sicuri che nonostante le diversità, anche i novizi riusciranno a fare lo stesso, dopo tutto, ciò che accade nel club, resta per sempre nel club, è una regola aurea che vale per tutti.