In Australia sta per iniziare la stagione dei festival, ma il clima quest’anno è tutt’altro che sereno: non mancano infatti le polemiche scatenate dalla proposta di fornire, ai giovani partecipanti, dei drug test gratuiti, che permettano di scoprire da quali sostanze siano formate le pillole che molti di loro consumano.
L’International Harm Reduction Association, e le persone coinvolte al suo interno, sostengono questo tipo di approccio tramite drug test per cercare di limitare i rischi derivanti dall’assunzione di stupefacenti. L’obiettivo dell’IHRA è quello di prevenire l’uso delle sostanze illegali attraverso campagne di informazione e prevenzione, cercando di limitare i danni provocati dal consumo (nei casi in cui questo sia inevitabile).
Il fine dell’organizzazione, è infatti quello di promuovere la salute ed il rispetto della legge, anche se, in alcune occasioni, la stessa legge sembra proibire l’uso delle droghe senza cercare di capire quale sia il problema reale. L’IHRA di conseguenza, mette in evidenza come le strategie utilizzate dalla maggior parte dei governi si siano rivelate inefficaci, suggerendo una visione più pragmatica.
Le morti causate dalle sostanze stupefacenti in Australia sono un numero preoccupante: i casi della diciannovenne deceduta a Sidney durante il festival Harbourlife, morta per una dose di MDMA, e quello dei due ragazzi morti allo Stereosonic la scorsa estate, hanno fatto suonare un campanello d’allarme. A febbraio il dottor Alex Wodak ed il dottor David Caldicott, esperti in materia, iniziarono a suggerire la diffusione di test che provassero la presenza di sostanze mortali all’interno delle pillole, con lo scopo di prevenirne l’assunzione.
Harm Reduction Australia, The Australian Drug Observatory, Students for Sensible Drug Policy Australia insieme ad altre associazioni hanno lanciato la campagna Just One Life, che si pone l’obiettivo di evitare che anche quest’anno il problema del consumo di stupefacenti diventi una piaga.
Le parole di Caldicott spiegano così il progetto:
”Nessuno sta incitando all’uso di droghe. Nessuno lo vuole incoraggiare. Quello che stiamo provando a garantire è che altre giovani persone non muoiano…”
Il governatore del New South Wales, Mike Baird, ha però dichiarato di opporsi all’iniziativa dicendo di non voler in nessun modo favorire la circolazione e l’assunzione di sostanze illegali, condannandone l’impiego.
Il presidente di Harm Reduction Australia, Gino Vumbaca, vede invece nella distribuzione dei test l’unica soluzione possibile (al momento) per evitare che la lista dei decessi continui; anche se non sarebbe questa la scelta ideale, pone l’accento sul fatto che però sia l’unica praticabile. Dopo il no del governatore Baird, Vumbaca rivela che, al momento di discutere con lui la proposta, non ha potuto neanche mettere piede dentro la stanza.
Dal pensiero del dottor Caldicott invece, si può evincere tutta la frustrazione che si è diffusa dopo la presa di posizione di Baird contro i drug test:
“C’è una strada migliore di questa che potremmo percorrere, ma loro (il governo) vogliono ignorare l’evidenza…”
Ovviamente la vita delle persone è la cosa più importante a cui pensare, e proprio per questo l’iniziativa mette a disposizione i test per prevenire che i più giovani ingeriscano una sostanza che gli possa costare la vita. Just One Life infatti, continua a sostenere a gran voce l’utilizzo dei kit.
Una delle più grandi compagnie di comunicazione australiana, Fairfax Media, ha confermato che quattro dei più grandi organizzatori di eventi australiani sono favorevoli ai test, poiché nonostante i controlli di autorità e polizia, purtroppo il consumo di sostanze stupefacenti ai festival, ed i rischi che ne derivano, “sta diventando un problema sotto gli occhi di tutti”.
Alessandro Carniel