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Appena conclusa la VII edizione di Videocittà, un trionfo con oltre 22.000 partecipanti in tre giorni. Il programma musicale di quest’anno ha particolarmente brillato. Grande entusiasmo per i live multimediali di Electric Indigo, Folamour, Overmono e Tommy Cash, e per l’emozionante esibizione di Giorgio Moroder con il Quiet Ensemble. 

Abbiamo avuto il privilegio di intervistare proprio Electric Indigo, artista e figura di spicco nella musica elettronica con una carriera che spazia oltre tre decenni. Originaria di Vienna, ha iniziato come DJ negli anni ’90, diventando una stimata produttrice, compositrice e curatrice. Fondatrice di female:pressure, una rete dedicata alla visibilità e all’inclusività delle donne, artisti trans e non-binari nella musica e nelle arti visive, la sua musica sperimentale e tecnicamente avanzata esplora le intersezioni tra suono e immagine, guadagnando riconoscimenti globali per la sua innovazione e dedizione artistica. Enjoy!

Credit Photo Visioni Parallele

La tua attività abbraccia tre decenni e numerosi cambiamenti musicali all’interno del panorama dell’elettronica.
Puoi riportarci ai primi giorni della tua carriera a Vienna? Com’era la scena musicale locale e come ha influenzato il tuo primo approccio al DJing e alla produzione di musica elettronica?

Ho iniziato a fare la DJ nel 1989 in un piccolo bar, un po’ alternativo, che frequentavo regolarmente come ospite. Lì, le persone della scena suonavano i loro dischi preferiti e, dato che avevo già una collezione di dischi a casa, ho pensato di farlo anche io. Quindi, ho chiesto ai proprietari e loro hanno accettato di farmi provare. Suonavo principalmente funk, il primo hip hop e il cosiddetto rare groove su giradischi a cinghia senza un vero mixer da DJ.
Il compenso era di 200 scellini (circa 15 €) per tutta la notte e dovevo pagarmi le bevande… Quando ho iniziato a suonare musica elettronica, sono stata semplicemente sostituita da qualcun altro senza che me lo dicessero. Un giorno, arrivando per il mio spettacolo regolare, c’era già un’altra persona al mio posto.
Molte persone a Vienna, in particolare coloro che amavano la musica black, disprezzavano la techno e la musica house. Ritenevano che non avesse anima, né funk. Tuttavia, c’era una piccola scena techno già molto attiva all’inizio degli anni ’90. Alcuni dei suoi sostenitori sono ancora attivi oggi e continuano a contribuire con ottima musica al nostro mondo. C’erano, ad esempio, Dan Lodig, DJ Glow, Tina 303, Christopher Just, Ilsa Gold e naturalmente Patrick Pulsinger ed Erdem Tunakan, con i quali ho realizzato alcuni dischi nei primi anni ’90.

Quello che ha davvero plasmato la mia carriera, però, è stato il mio trasferimento a Berlino nel 1993 per lavorare presso l’ormai leggendario negozio di dischi Hard Wax. Questo mi ha davvero definita come artista.

Il tuo primo approccio al DJing – e successivamente alla produzione e composizione – è dunque stato quasi spontaneo. La tua musica ora è profondamente tecnica, intellettuale e spesso sfuma i confini tra suoni elettronici e sperimentali. Dove trovi maggiormente ispirazione a livello sonoro? 

Trovo la maggior parte dell’ispirazione nei miei strumenti. Giocare con le macchine, sia software che hardware, è sempre stato per me affascinante e ispirante.
Un altro importante trick che uso per comporre musica e creare suoni interessanti è adoperare un approccio più concettuale con una limitazione auto-imposta. Ad esempio, utilizzare solo un pool molto ristretto di suoni per un’intera opera o disco, come le registrazioni di oggetti metallici per il mio album Ferrum.

Qual è il tuo punto di vista sul silenzio? Gioca un ruolo nella struttura e nell’impatto emotivo delle tue composizioni?

Il silenzio è estremamente importante per mantenere la mia sanità mentale. Non ascolto mai musica di sottofondo, mi farebbe impazzire col tempo. Le mie orecchie hanno bisogno di silenzio per recuperare dalla musica ad alto volume, il mio cervello ha bisogno di silenzio per concentrarsi, la mia anima ha bisogno di silenzio per restare in equilibrio. Nella mia musica, mi piacciono l’aria e la trasparenza. Di solito non c’è molto silenzio. Raramente faccio pause drammatiche e silenziose, ad esempio. Ma non mi piace quando tutto è riempito al massimo.

Nella tua esperienza, come descriveresti la relazione tra il comporre qualcosa che sia “apprezzato dagli altri” e lo spingere in avanti la ricerca artistica e sperimentazione per le tue produzioni?

A volte è una lotta. Spesso mi è capitato di trovare alcuni suoni – e di conseguenza la musica che ho creato con essi – estremamente gratificanti e gioiosi. Solo per scoprire in seguito che gli altri li trovavano ripugnanti. Retrospettivamente, penso di non essere sempre in grado di comprendere veramente l’essenza di ciò che trovavo gratificante. Quindi a volte è successo che io non sia stata capace di tradurlo affinché più persone potessero goderne o immergersi in esso. Questa è l’arte di fare buona musica, immagino 🙂 Questi fallimenti sono i miei incentivi più importanti per continuare a imparare e migliorare. Sento di essere sulla buona strada! Un grande DJ sa suonare musica insolita o difficile e combinarla in modo che diventi accessibile a un pubblico più ampio.

Come donna pioniera in un’industria prevalentemente dominata dagli uomini, quali sono state alcune delle sfide più grandi che hai affrontato e quali risultati ti rendono più orgogliosa?

Ciò che mi infastidiva di più era che la gente a malapena conosceva tutte le altre donne che erano già attive in questo campo. Ho quindi creato un database online per le minoranze di genere nella musica elettronica e nella cultura dei club per rendere le informazioni pubblicamente disponibili. Questo è stato il punto di partenza per il network female:pressure. Sono abbastanza orgogliosa di aver avuto questa idea già negli anni ’90. female:pressure era e forse è ancora un progetto innovativo.

Quanto a sfide, [in quanto donna, ndr.] io credo che ci sia bisogno di una certa toughness per mettere da parte lo scetticismo costante riguardo alle tue abilità e osare ancora fare errori, osare provare cose nuove. Hai bisogno almeno di alcune persone che credano in te e io sono fortunata ad averle avute! Penso che fallimenti ed errori siano una fonte importante di creatività e di crescita come artista.

Come menzionavi, ormai ventisei anni fa hai fondato female:pressure, un network per donne, AFAB, transgender, non-binary e artisti genderqueer nella musica elettronica e nelle arti visive, atto a promuovere visibilità e unità tra le artiste. 

Come affronta female:pressure la sotto-rappresentazione di questi gruppi nelle industrie creative?

Da un lato, il network serve a trovare persone che la pensano allo stesso modo e a ridurre il senso di solitudine che molti membri di gruppi emarginati tendono a provare. Tali iniziative possono essere rassicuranti e di supporto. Uno dei nostri strumenti più importanti come network è la nostra mailing list, dove le persone condividono i loro successi e dove si può anche trovare aiuto dai propri pari. È anche uno spazio in cui continuiamo a evolverci attraverso discussioni che a volte sono davvero difficili ma ci tengono sull’attenti quando si tratta di questioni scomode come la mancanza di inclusione, lo smantellamento delle strutture di potere e lavoro antirazzista all’interno della nostra scena o del nostro network.

Un altro contributo molto importante per affrontare queste questioni è FACTS. Nel 2013, siamo stati i primi a pubblicare studi sulla rappresentazione di genere nei line-up dei festival di musica elettronica. Da allora abbiamo pubblicato sei rapporti e possiamo analizzare le tendenze su 10 anni. Questi fatti sono uno strumento estremamente importante per far capire alle persone la situazione in cui ci troviamo e per aumentare la consapevolezza sulle carenze strutturali.

Inoltre, offriamo strumenti pratici per trovare informazioni sulle persone emarginate nella scena e per entrare in contatto con loro, aumentando la visibilità di queste artiste. Abbiamo anche profili sui social media dove cerchiamo di amplificare il lavoro non solo dei nostri membri ma anche di altre donne e minoranze di genere. Infine, ma non meno importante, abbiamo diversi programmi radiofonici e la nostra serie di podcast in cui presentiamo regolarmente musica di donne, artisti non binari e gender non-conforming.

Voglio sottolineare che tutto questo lavoro che stiamo facendo è volontario. C’è un piccolo gruppo di membri del network che dedica il proprio tempo libero ed le proprie energie a favorire la comunità nel suo insieme. female:pressure non è un’organizzazione o entità legale, non ha alcun budget finanziario.

Le performance dal vivo possono essere dinamiche e talvolta imprevedibili. Hai suonato in tutto il mondo: in che modo i diversi contesti culturali e i pubblici influenzano i tuoi set e il modo in cui ti connetti con la folla?

Onestamente, è difficile da dire. Sento che molti fattori, oltre alla regione geografica, siano importanti: ad esempio, una performance in un luogo dove non c’è molto scambio internazionale è diversa rispetto a una performance in una città cosmopolita. Una performance davanti a persone che conoscono molto la musica elettronica è sempre diversa rispetto a un pubblico meno esperto. Tra l’altro, il peggiore è il pubblico a metà strada, che ha delle aspettative ma conosce solo la roba più commerciale. Preferisco di gran lunga suonare per un pubblico completamente impreparato piuttosto che per uno influenzato commercialmente 🙂

È straordinario quanto sia interconnessa e in comunicazione la scena della musica elettronica e quanto sia alto il livello di scambio. Se hai accesso a Internet, puoi prendervi parte. Questo porta a una – a volte – deludente internazionalizzazione, quando ti trovi con una serata in discoteca “standard” dall’altra parte del pianeta.

Come garantisci un senso di sicurezza e inclusione, sia per te stessa che per gli altri, soprattutto negli ambienti dei club?

Nel nostro studio FACTS, abbiamo un intero capitolo dedicato ai punti d’azione a riguardo. 

Sono molto orgogliosa della raccolta di link che abbiamo su female:pressure. C’è una categoria intera di link a siti web che si concentrano su questo tema degli spazi più sicuri. Inoltre, vorrei evidenziare un’iniziativa chiamata Sexism Free Night.

Durante la tua partecipazione a Videocittà a Roma, hai tenuto un set e affrontato vari aspetti della tua carriera e delle tue intuizioni sull’arte e la musica elettronica.
Qual è la cosa che ti ha entusiasmato di più condividere? Come è stata la tua esperienza?

Ad essere onesta, sono tutt’ora super entusiasta del nuovo set AV live che ho suonato a Videocittà 😀
È stata un’esperienza fantastica! Le condizioni tecniche erano ottime, con un PA molto buono e una proiezione grande e forte, e il pubblico era assolutamente incredibile. Sono estremamente grata di aver avuto questa opportunità. È stato veramente edificante!

Sento di fare qualcosa di speciale con la combinazione della mia musica e dei miei video. È molto gratificante per me e mi motiva a continuare a migliorare e imparare.

Le tue collaborazioni spaziano in varie discipline, come l’arte visiva e la danza, sempre in dialogo costante.
In che modo l’interdisciplinarità arricchisce la tua pratica artistica e quali lezioni hai appreso da queste esperienze?

Ottengo tanta gioia dai colori, dalle combinazioni di colori e dal comporre immagini con i colori. Combinare questo con la mia musica mi rende molto felice 😀 Entrambe le discipline si riflettono l’una sull’altra e ampliano l’esperienza.

Guardando avanti, quali tendenze prevedi nella musica elettronica?

Ovviamente c’è l’Intelligenza Artificiale. Sono curiosa del potenziale creativo che l’IA può aprire. Forse favorirà modi inauditi di combinare approcci precedentemente esistenti. Immagina un crossover tra Béla Bartók e Aphex Twin, tanto per dire qualcosa. Ma discutere dell’IA nella musica è un capitolo completamente diverso… Ci sono sicuramente molti aspetti negativi, anche. Voglio solo sottolineare che creare musica generica non è uno di questi, secondo me. La musica generica è sempre stata fatta indipendentemente dagli strumenti disponibili.

Altre tendenze: credo che il minimal tech-house stia tornando… e il suono surround diventerà più popolare.

Come intendi continuare a innovare nel genere?

Cerco costantemente di abbinare il distacco con l’accessibilità.

Ci sono nuovi progetti o collaborazioni che ti entusiasmano particolarmente?

Attualmente, continuo a lavorare sul nuovo set AV. Ci sono un paio di compilation di vari artisti a cui ho accettato di contribuire e voglio fare più nuovi brani.

Sei una maniaca dell’ordine? Quali sono tre cose strane che si potrebbero trovare sbirciando oltre la consolle del DJ?

Sì, assolutamente, sono una maniaca dell’ordine. Ma non riesco a pensare a tre cose strane nella mia consolle da DJ. Porto una borsa, i miei USB drive, le mie cuffie e ho bisogno di una bottiglia d’acqua. Nessuna di queste cose è insolita… Non ho mai tempo per altre cose, bevo a malapena perché sono sempre occupata con l’attrezzatura quando faccio il DJ. La stranezza sta nella musica 🙂

Grazie, Electric Indigo, per aver condiviso con noi le tue intuizioni ed esperienze. La tua dedizione nel superare i confini della musica elettronica e nella tua attività di advocacy è davvero illuminante <3


The 7th edition of Videocittà has just finished: a triumph with over 22,000 attendees over the three days. This year’s music program shone brightly, with tremendous excitement for the multimedia performances by Electric Indigo, Folamour, Overmono, and Tommy Cash, as well as the thrilling show by Giorgio Moroder together with the Quest Ensemble.

There, we had the privilege to interview Electric Indigo herself, an artist and leading figure in electronic music with a career spanning over three decades. Originally from Vienna, she began as a DJ in the 1990s, evolving into a respected producer, composer, and curator. As the founder of female:pressure, a network dedicated to visibility and inclusivity for women, trans, and non-binary artists in music and visual arts, her technically advanced and experimental music explores the intersections of sound and image, earning global acclaim for its innovation and artistic dedication. Enjoy!

Your career spans three decades and numerous musical shifts within the electronic music landscape. Can you take us back to the early days of your career in Vienna? What was the local music scene like, and how did it shape your first approach to DJing and producing electronic music? 

I started to DJ in 1989 in a small, artsy bar that I used to attend regularly as a guest. I saw that people from the scene played their favorite records there and since I already had a record collection at home, I felt like doing so, too. I asked the owners and they agreed to give it a shot. I mostly played funk, early hip hop and so-called rare groove on belt-driven turntables without a proper DJ mixer.
The fee was 200 Schillings (approximately 15 €) for the whole night and I had to pay for my drinks… When I started to play more electronic music, I was simply replaced by someone else without them even telling me. When I arrived one day for my regular gig, they had another person in place.
Many people in Vienna, particularly those who liked black music, despised techno and house. They thought it had no soul, no funk. Nevertheless, there was a small techno scene already very early in the 1990ies. Some of its proponents are still active nowadays and still contribute great music to our world. There were for example Dan Lodig, DJ Glow, Tina 303, Christopher Just, Ilsa Gold etc. and of course Patrick Pulsinger and Erdem Tunakan with whom I used to make a couple of records in the early 1990ies.

What really shaped my career, though, was my move to Berlin in 1993 to work at the already then legendary Hard Wax record store. This is what really coined me as an artist.

As you mentioned, your first approach to DJing – and later producing and composing – was almost spontaneous. Your music now is deeply technical, intellectual and often blurs the lines between electronic and experimental soundscapes.

Where do you find the most inspiration sound-wise?

I find most inspiration in my tools. Playing with machines-both software and hardware-has always been fascinating and inspiring. Another important trick I use to compose music and to create sounds is a conceptual approach with some deliberate limitation. For example, using only a very restricted pool of sounds for a whole work or record, like recordings of metal objects for my album Ferrum on Editions Mego.

What is your take on silence? Does it play into the structure and emotional impact of your compositions?

Silence is extremely important for me to keep my sanity. I never listen to background music, it would drive me nuts over time. My ears need silence to recover from loud music, my brain needs silence to concentrate, my soul needs silence for equilibrium. In my music, I like air and transparency. There is not too much silence, usually. I hardly ever make dramatic, silent breaks, for example. But I don’t like when everything is filled up to the maximum.

How do you conceptualise the relationship between composing something to be ‘enjoyed by others’ as opposed to artistry and experimentalism in your productions? 

I struggle with this sometimes. It happened often that I found some sounds – and consequently the music I made using them – extremely rewarding and joyful. Only to find out later that they repel others. In retrospect, I think that I was often not able to really grasp the essence of what I found so rewarding and therefore was not able to “translate” it for more people to enjoy or to immerse themselves in. That is the art of making good music, I guess 🙂 These failures are one of my most important incentive to keep learning and improving. I feel that I am on a good way with it! A great DJ can play unusual, difficult music and combine it in a way that it becomes accessible to a broader audience.

As a pioneering woman in a predominantly male-dominated industry, what have been some of the biggest challenges you have faced, and what achievements are you most proud of?

What annoyed me most was that people hardly knew about all the other women who were already active in this field. I therefore created an online database for gender minorities in electronic music and club culture to make information publicly available. This was the starting point for the female:pressure network. I am quite proud of having had this idea already in the 1990ies. female.pressure was and potentially still is a trailblazing project.

As per challenges, [as a woman, ed.] you need a certain toughness to put common and constant scepticism about your skills aside and still dare to make mistakes, dare to try new things, You need at least a few people who believe in you and I’m lucky I had that! I think that failure and mistakes are an important source of creativity and of growth as an artist.

Twenty-six years ago, you founded female:pressure, which has now evolved into a crucial network for women, AFAB, transgender, non-binary, and genderqueer artists in electronic music and visual arts, promoting visibility and unity.
How do initiatives like female:pressure contribute to addressing the underrepresentation of these groups in creative industries? 

They contribute in several ways. On the one hand, they help to find likeminded people and diminish a feeling of loneliness that many members of marginalised groups tend to have. Such initiatives can be reassuring and supportive. One of our most important tools as a network is our mailing list where people share their achievements but where you can also find help from your peers. It is also a space where we continue to evolve as a network through discussions that are sometimes really difficult but keep us on our toes when it comes to uncomfortable issues of lacking inclusivity, dismantling power structures, and anti-racist work within our scene or within our network.

Another very important contribution to addressing these issues is our FACTS study. In 2013, we were the first ever to publish numbers about the gender representation in electronic music festival line-ups. Since then we have published six reports and can analyse trends over 10 years. These facts are an extremely important tool to make people realize the situation we’re in and to raise awareness about structural deficiencies.

Another benefit of such initiatives is that they are practical tools to find information about marginalised people in the scene and to get in touch with them. They can raise the visibility or these artists. We have social media profiles where we try to amplify the work not only of our members but also of other women and gender minorities. Last but definitely not least we have several radio shows and our podcast series where we regularly feature music of women, non-binary and gender non-conforming artists.

I want to point out that all of this work that we’ve been doing is voluntary. There is a small group of network members who dedicate their spare time and energy to foster the community as a whole. female:pressure is not an organisation or legal entity, it does not have any financial budget.

Live performance can be a dynamic and sometimes unpredictable environment. As you’ve performed worldwide, how do varying cultural contexts and audiences influence your sets and the way you connect with the crowd?

That’s hard to tell, to be honest. I feel that other factors than the geographic region are more important: for example, a performance in a place where there is not much international exchange feels different than a performance in a cosmopolitan city. A performance in front of people who know a lot about about electronic music always feels different than one for a less educated audience. By the way, the worst is the middle ground when people have expectations but only know the more commercial stuff. I so much prefer to play for a completely unprepared crowd than a commercially infiltrated one 🙂

It is remarkable how communicative the electronic music world is and how high the level of exchange is. If you have internet access, you can take part in it. That leads to a sometimes disappointing internationalization when you have something that feels like a “standard” club night on the other side of the planet.

How do you ensure a sense of safety and inclusivity, both personally and for others*, particularly in club environments?

In our FACTS study, we have a whole chapter for points of action in this regard. Oh, and I’m very proud of the links collection we have on the female:pressure website. There is a whole category of links to websites that center around this topic of safer spaces. Also, I would like to highlight an initiative that is called Sexism Free Night.

During your lecture at Videocittà in Rome, you will perform and go over various aspects of your career and insights into art and electronic music. What is one thing you are most excited to share? How was your experience?

To be honest, I am currently super excited about my new AV live set that I played at Videocittà 😀 It was such a great experience! Technical conditions were great with a very good PA and a strong and huge projection and the audience was absolutely amazing. I am extremely thankful that I had this opportunity. It was truly uplifting!

I feel that I do something special with the combination of my own music and my own video. It is very rewarding for me and motivates me to continue improving and learning.

Your collaborations span various disciplines such as visual art and dance – and your presence at Videocittà remarks the constant dialogue you try to ignite with your work.
How do interdisciplinarity enhance your artistic practice, and what lessons have you gained from these experiences?

I get so much joy from colors, color combinations, and composing images with colors. Combining this with my music makes me quite happy 😀 Both disciplines reflect on each other and expand the experience.

Looking ahead, what trends do you foresee in electronic music?

Of course there is Artificial Intelligence. I’m curious about the creative potential AI can open up. Maybe it will foster unheard ways of combining previously existing approaches. Imagine a Béla Bartok-Aphex Twin crossover, just to say something off the top of my head. But discussing AI in music is a whole other chapter… There are certainly many downsides, too. I just want to point out that creating generic music isn’t one of it, in my opinion. Generic music has always been made no matter which tools were available.

Other trends: I guess minimal tech-house is on its way back… and surround sound will become more popular.

How do you plan to continue innovating within the genre? 

I am constantly trying to match the aloof with the accessible.

Are there any new projects or collaborations you’re particularly excited about?

Currently, I continue to work on the new AV set. There are a couple of Various Artists compilations that I agreed to contribute to and I want to make more new tracks.

Are you a neat freak? What are three odd things one might find peeping over the DJ booth?

Yes, definitely, I am a neat freak. But I can’t think of three odd things in my DJ booth. I bring a bag, my USB drives, my headphones, and I need a bottle of water. None of these things are unusual… I never have time for other things, I hardly even drink because I’m always busy with the equipment when I DJ. The oddness lies in the music 🙂

Thank you, Electric Indigo, for sharing your inspiring insights and experiences with us. Your dedication to pushing boundaries in electronic music and advocacy is truly enlightening <3