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In occasione della sua esibizione a Costa Sud Festival, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare una delle DJ più richieste del momento.

Nathalie Faber, in arte Ogazón, è una DJ dal profilo atipico per i nostri tempi. Nell’epoca della velocità esasperata, dell’apparenza fine a sè stessa e troppo spesso accompagnata dalla poca sostanza, Ogazón è un’artista che va in controtendenza, incarnando i valori più puri dell’arte del DJing e dimostrando che un modo semplice ed autentico di fare questo mestiere è ancora possibile.

Ogazón è una purista del vinile, una DJ che si potrebbe definire “old school” ma che in realtà mantiene una contemporaneità assoluta, grazie alla capacità di spaziare tra i generi più disparati, tra pezzi classici e moderni, senza mai perdere quel groove che ormai è diventato un tratto distintivo dei suoi set.

Ma ciò che forse sorprende ancor più della sua tecnica, è la sua attitudine. Un sorriso sempre stampato in volto, una passione contagiosa per la musica elettronica ed un’umiltà che la dice lunga sul perchè sia riuscita a diventare quello che è oggi. Lei stessa si definisce “una raver prima che una DJ” e questa sua autenticità traspare in maniera evidente nelle sue parole, nel suo modo schietto e profondamente sincero di vedere ed interpretare l’industria.

Metà lussemburghese e metà spagnola, dopo l’adolescenza in Lussemburgo ha vissuto per diversi anni ad Amsterdam, dove ha cominciato a muovere i primi passi nel mondo della musica elettronica, per poi trasferirsi a Berlino, dove tutt’ora risiede. Il suo talento e sulla sua classe cristallina le hanno permesso di guadagnarsi in pochissimo tempo (ha iniziato a suonare solo 8 anni fa) il rispetto della scena ed uno spazio importante nel panorama internazionale.

Oggi è probabilmente una delle DJ più richieste in Europa, è uno dei nomi più frequenti nelle line-up del Berghain/Panorama Bar ed i suoi lunghi set in B2B con Ryan Elliott sono già iconici. In occasione del Costa Sud Festival a Palermo abbiamo avuto l’opportunità di farle qualche domanda.

Ciao Nathalie e benvenuta su Parkett Channel. Partirei dalle tue origini. Sei nata e cresciuta in Lussemburgo, come tuo padre, mentre tua madre è spagnola. Le origini dei tuoi genitori hanno influenzato i tuoi gusti musicali? E riesci a vedere alcune di queste influenze nel tuo stile?

Ciao! Grazie per l’invito! È difficile dirlo, in realtà, perché sono cresciuta in Lussemburgo, ma ho sempre avuto questa parte spagnola in me, questo sangue spagnolo. Immagino che in qualche modo abbia avuto un impatto. Qualcosa che sicuramente lo ha avuto è il fatto che a casa nostra c’è sempre la musica. Che sia in cucina quando mia madre prepara qualcosa, o quando mio padre suona il piano, c’è sempre della musica in sottofondo. Sono cresciuta così. E fin da piccola sono stata attratta dai dischi – immagino anche per il loro lato estetico – così ho iniziato a comprare vinili nei mercatini vintage senza nemmeno possedere un giradischi. Ricordo ancora quando avevo 15 o 16 anni e finalmente ricevetti il mio primo giradischi per Natale, ero così felice!

Poi a mio padre piace molto la musica jazz e mi portava a concerti jazz o classici già da piccolissima. Penso che questo mi abbia influenzato. Anche se in quel momento non avevo molta voglia di andarci sono davvero felice di averlo fatto perché son finiti per piacermi. A volte si sentono anche elementi jazz nella musica che suono. Non spesso, ma succede. E so che questo non è per caso.

Penso che tutto questo abbia avuto un impatto su di me, su quanto aperto vedo lo spettro musicale. Non ascolto solo un genere. La gente pensa che i DJ nel tempo libero ascoltino musica elettronica, ma in realtà non è così. Per me, almeno, non lo è. Traggo ispirazione da molti altri generi oltre alla musica elettronica. E quando guardi anche la storia della musica, vedi come è tutto intrecciato. L’uno ispira l’altro e viceversa. Penso che sia davvero importante essere aperti a tutta la musica, anche se potrebbe non essere qualcosa che tu come persona suoneresti.

E da un punto di vista più artistico, c’è qualche DJ o artista che ti ha ispirato o ti ispira più di altri?

É curioso perché da un lato mi piacciono molto gli artisti che mostrano una diversità nel suono. Ma dall’altro sono anche molto colpita dagli artisti che hanno un suono coerente nel corso degli anni e che puoi riconoscere facilmente.

Se dovessi dire qualche nome per il primo “gruppo”, penso davvero che Ben UFO sia un ottimo esempio perché è così eclettico, suona così tanti generi. Oppure Call Super, ad esempio. Ricordo una volta che dovevamo suonare in B2B, ero un po’ nervosa e pensavo “ora cosa metto nella borsa?” perché lui può andare in ogni direzione. Quindi è proprio così che l’ho preparata. E alla fine è stato super divertente, impegnativo ma super divertente. Ma vedi anche Skee Mask, per esempio, che è molto specifico nella musica che fa, ma neanche troppo perché l’ultimo album che ha pubblicato ha tracce dub calde, mentre quello che ha pubblicato prima è molto break. Ma lo senti che è sempre lui. E questo per me è l’obiettivo finale, avere un suono distintivo, essere in grado di esibirmi in modi diversi, ma allo stesso tempo far capire che sono sempre io. Questo è davvero qualcosa che ammiro.

Dall’altra parte dello spettro c’è Ben Klock, per esempio, che è nell’industria da 20 anni e se ascolto i suoi mix, sono sempre belli. Ogni volta che lo sento suonare non rimango mai delusa. È semplicemente della buona, classica techno. E anche questo è qualcosa che devi essere in grado di fare, non seguire troppo le tendenze, ma avere coerenza nel suono.

Quindi ecco, ci sono molti artisti che ammiro. Mi ha ispirato molto anche un’artista che ho visto questo fine settimana che si chiama Sandrien. È una DJ olandese che fa la DJ da quando ho memoria. Ricordo di averla vista quando ancora non sapevo nemmeno cosa fosse un CUE. E lei era già lì nella scena. Ha suonato alcuni classici e un po’ di musica nuova, ma era un set così allineato e coerente che ho davvero pensato “questo sì che è un set maturo”. Ed è qualcosa che spero di ottenere anch’io negli anni.

Non usi molto i social come canale di comunicazione, ma guardando il tuo profilo sembra che tu sia appassionata anche di fotografia. Com’è il tuo rapporto con i social? E questa passione ha qualche influenza sulla tua musica?

Bella domanda. Coltivo questa passione da molto tempo e ad un certo punto pensavo addirittura di fare un profilo separato per le foto. Ma poi ho pensato che, innanzitutto, non sono una persona a cui piace mettersi in mostra. Voglio che le persone mi seguano non per come appaio, ma per cosa suono o cosa rappresento in termini artistici. E così ho pensato che iniziare a postare video di party o altro non è proprio quello che mi interessa. Quando vado sui social e vedo tutti questi video di momenti “hands in the air”, non mi piace. Essendo una persona che va a molte serate e che suona a molte serate, so che uno snippet come quello non significa assolutamente nulla. Preferisco avere l’intero set piuttosto che i momenti salienti. E penso anche che tolga un po’ di magia, quindi non voglio mostrare troppo perché voglio che le persone siano sorprese quando vengono a vedermi.

Questa è una cosa. Dall’altra parte penso anche di avere un occhio particolare per le cose. I miei amici mi prendono sempre in giro, quando cammino per la città e magari c’è un muro con qualche ombra e io sto lì a scattare foto mi dicono: “Non vedo quello che vedi tu, ma so che ne tirerai fuori qualcosa”. E penso che il modo in cui vedo le cose corrisponda anche alla musica che suono. Ad esempio, il mio occhio spesso è attratto da pattern e forme organiche, ma anche quando ascolto la mia musica, ritrovo molti pattern tribali, ritmici, organici.

Quindi perché separare le due cose se fanno parte della stessa persona? È così che vedo la musica, è così che vedo il mondo, o almeno alcuni angoli del mondo. E sento che ci sono diversi modi per promuoversi, non bisogna farlo necessariamente con i social. Se guardo la mia agenda è tutta piena pur non usandoli. Penso che l’attenzione delle persone giuste si ottenga rimanendo fedele a sè stessi. A volte uso le storie, pubblico orari, timetable, o cose del genere così le persone sono informate. Pubblico il mio calendario una volta al mese così la gente sa dove suono. Ma preferisco usare i social al minimo anche perché voglio concentrarmi su ciò che è importante e cioè la musica.

Per chi suona solo in vinile, il digging è un aspetto critico. Qual è il tuo approccio? Sei più da Discogs o preferisci andare nei negozi fisici? Hai qualche tipo di routine o magari un negozio a cui sei particolarmente legata?

Il digging è senza dubbio una parte fondamentale del mio lavoro e ho una mia routine. Una volta alla settimana faccio un ordine su Hardwax e di solito lo ritiro il giovedì. Tutta musica nuova. Ma compro anche molto su Discogs, a dire il vero, quindi va un po’ a momenti. A volte ho proprio voglia di passare ore e ore su Discogs, soprattutto d’inverno, mentre d’estate mi piace di più andare nei negozi.

Adesso, per esempio, ho fatto un ordine di 40 dischi che arriverà domani. E mi sono assicurata che arrivasse prima dell’inizio della stagione perché è maggio e ho bisogno di nuova musica per i prossimi due mesi. Quindi faccio due o tre ordini molto grandi, suono quei dischi e poi farò di nuovo la stessa cosa tra un po’.

Mi sono anche resa conto che uso molto Discogs quando sono negli aeroporti, perchè mi ispira molto sentire suonare altri DJ, quindi spesso tornando mi dico “wow, okay, forse dovrei cercare di nuovo”. Ma mi piace molto anche andare per negozi. Ci sono alcuni negozi a Berlino in cui vado sempre. A Hardwax vado più a ritirare gli ordini perché hanno solo cose nuove. Ascolto le uscite settimanali, ordino online e ritiro, come routine. Ma anche al Bikini Wax, per esempio, vado a fare delle buone vecchie diggate. Sound Metaphors e Audio Inn sono altri due negozi che mi piacciono. Mi piace anche andare a comprare dischi in altri paesi quando ho tempo perché c’è sempre una selezione diversa ed è molto stimolante.

Presumo che tu abbia una collezione piuttosto grande adesso. Come gestisci il tuo catalogo? Lo controlli ogni volta che prepari un set o è qualcosa che fai più periodicamente?

Oh si non so più dove metterli. Infatti sto cercando uno studio perché ho dischi ovunque (mostra il suo salotto, letteralmente pieno di dischi). In generale comunque cerco di ricordare dove sono i dischi, ma è curioso perché ho alcune categorie in cui so esattamente che dischi ci sono mentre altre sono più casuali.

Ora, ad esempio, ho un fine settimana con sette spettacoli in arrivo. Quindi, da venerdì fino alla prossima settimana, avrò 10 spettacoli in 10 giorni. E saranno diversi tipi di set. Uno, ad esempio, è il King’s Day di Amsterdam e sarà molto spinto, dato che tutti sono in party mode. Poi ho la festa del Primo Maggio a Berlino. Suonerò all’apertura del giardino del Berghain, che è sempre molto divertente, e per quella, andrò specificamente con brani più vocali, allegri e in stile disco. Ecco quelli, ad esempio, so benissimo dove trovarli nella mia collezione. Ma non è sempre così, quindi quello che faccio è etichettare tutti i miei dischi. Se prendo un disco qui a caso ad esempio, c’è un’etichetta con una stella e dice “pano”, che significa “alza il volume”.

Tutti i miei dischi sono etichettati. Quindi li scorro, cerco alcuni tag specifici e li tiro fuori. Quando ho un bel po’ di dischi, li ascolto tutti e metto da parte quelli che voglio suonare. Poi ripeto questo processo più volte. E una volta che ho la mia grande selezione, li metto nell’ordine in cui penso che vorrei suonarli. Questo è a grandi linee il modo in cui mi preparo per un set. A volte ci vuole molto tempo perché potrei avere tre set diversi da preparare. Uno techno, uno house, uno disco. Quindi sì, per me la preparazione è davvero la parte più importante del mio lavoro.

Stiamo ormai iniziando ad entrare nella stagione open air. Quanto incide nella tua selezione? Vedi una sorta di stagionalità nel tuo stile?

Di sicuro, al 100%. Ne parlo sempre con le persone. Personalmente sono più una tipa da club, anche se di tanto in tanto mi piace molto l’aria aperta e un bel festival. Una cosa che amo davvero della stagione dei festival è che la maggior parte delle feste si svolgono durante il giorno, quindi il mio ritmo del sonno non è così incasinato come in inverno. Le feste al chiuso sono tutte di notte, con set times pazzeschi come 1-3, 1-4 o cose del genere. Voglio dire, dopo un po’ ci si abitua, ma gli orari sono senza dubbio una cosa che preferisco dell’outdoor. E anche il fatto di poter vedere così tanti ambienti naturali diversi, la possibilità di suonare in luoghi davvero unici.

Comunque sì, preparo i miei set in modo diverso quando suono ai festival o nei club. Quello che ho notato con i festival è che spesso ci sono molti palchi, gli slot assegnati ad ogni DJ sono brevi, e anche il tempo trascorso dai partecipanti al festival è molto, molto breve, perché ci sono così tante alternative. Quindi la gente vuole davvero far vera festa per otto ore. Ricordo che il primo festival in cui ho suonato nei Paesi Bassi è stato l’Into the Woods Festival. Avevo uno slot di apertura, tre ore, ed ero felicissima. Ho pensato “okay, fantastico, mi prenderò del tempo per fare warm up”. C’erano già molte persone, e non è andata bene perché ho finito per perdere il pubblico che era già nel mood di festa. Questo mi ha fatto davvero capire che i festival devono essere preparati in modo diverso, non pensare tanto a costruire. Penso ad una, due tracce per far partire le cose e una, due tracce per far entrare il DJ successivo. Ma tutto il resto del set, so che le persone vogliono solo le tracce da festa. Mi piace suonare ai festival, ma in generale preferisco prendermi il mio tempo e dare anche alle persone che sono lì la possibilità di intraprendere un viaggio musicale.

Oggi, si discute molto sul come preservare l’arte del DJing. Con il progresso tecnologico, sembra che oggi tutti possano diventare DJ. Qual è la tua opinione a riguardo? Come pensi che si possa preservare l’arte del DJing? Un ritorno al vinile potrebbe aiutare?

Questo è qualcosa che mi chiedo spesso. In realtà, penso che chi suona in vinile spesso è visto male, perché qualcuno ci vede come dei DJ pretenziosi e snob. Io non penso che sia necessariamente così. Non suono in vinile perché disprezzo chi non lo fa. Ho scelto questo mezzo semplicemente perché è quello che mi piace, è quello con cui mi diverto di più. Adoro comprare ed ascoltare dischi, ma questa sono io.

È vero che ormai chiunque può fare il DJ. Non hai nemmeno bisogno di un controller. Puoi semplicemente avere il software, scaricare playlist, mixarle insieme, creare un account SoundCloud e definirti un DJ. Ma penso che quando qualcuno suona, si senta quanto ricercata sia la musica che suona. E spesso vedi persone che suonano tutte le stesse cose. Un altro aspetto è la qualità del suono. Al giorno d’oggi ci sono così tante tracce fatte in camera da letto. E senza offesa, voglio dire, è fantastico, ma spesso non sono masterizzate come dovrebbero. Non sono realmente arrangiate nel modo in cui dovrebbero essere arrangiate. Magari le hanno messe su qualche piattaforma come free download e la gente le suona. Ma si sente che la qualità non è come dove dovrebbe essere. Ecco, questo è diverso con il vinile perché non stamperai mai un vinile se non è stato masterizzato. C’è tutto un processo e non puoi saltare i passaggi prima di poter suonare quel vinile.

Quindi, a questo proposito, penso che suonare in vinile sia già una bella differenza perché la musica che compri ha un qualità del suono migliore. Voglio dire, ovviamente puoi anche comprare musica, magari vecchia, masterizzata male. Non sto dicendo che tutto suoni sempre meglio su vinile. Affatto. Ma penso che questo filtri già qualcosa. Ancora una volta, non sto dicendo che ogni DJ dovrebbe sapere come suonare il vinile, ma per me è un pò la base, direi.

Anche il prezzo gioca un ruolo. Considerando che il vinile costa circa 15 euro al giorno d’oggi, non basta semplicemente premere il pulsante di download. Non spendi quei soldi per un vinile che non sei nemmeno sicuro che ti piaccia. Quindi sei molto più selettivo. Al giorno d’oggi è così facile andare a scaricare un’intera playlist che magari neanche ascolti e mixare musica che non conosci nemmeno. Con il vinile devi davvero conoscere le tue tracce perché se non le conosci, non verrà un buon mix.

Ma non voglio sminuire nessuno, sono sempre molto attenta a questo argomento. Chi suona in digitale può fare cose straordinarie, tre deck, fare loop, costruire davvero una nuova traccia da altre quattro. E quando vedo questo, anch’io mi impressiono. Quando vedo alcuni DJ, tipo Ben Sims, che si divertono a creare nuove tracce da quelle esistenti, è qualcosa che mi piace davvero vedere, ma non è proprio il mio stile di mixaggio. È semplicemente uno stile di mixaggio diverso dal mio.

C’è questa narrazione del DJ come quello che si diverte sempre e vive una vita perfetta. È un lavoro fantastico senza dubbio, ma sono sicuro che ci siano anche molti lati negativi. Quali sono per te? C’è qualcosa del tuo lavoro o del settore che non ti piace?

Dico sempre di non credere a tutto ciò che vedi su Instagram, fare il DJ è un duro lavoro. Mi dà un po’ fastidio quando vedo questi “insta DJ“, come li chiamo io, che postano solo post con stili di vita glamour. Ma poi penso anche, “dategli un anno”, perché se queste persone non lo fanno per amore della musica ma solo per diventare famose, non credo che dureranno molto a lungo. Ci vogliono anche molti sacrifici. Sono molti i fine settimana che ti perdi, sono molti i compleanni che ti perdi, i matrimoni a cui non puoi partecipare. Non ho molta FOMO (fear of missing out) quando si tratta di fine settimana. Prima ne avevo di più, ma ad esempio, due settimane fa, un mio caro amico ha festeggiato il compleanno e tutti i miei amici sono stati insieme per l’intero fine settimana. Ero bloccata in un aeroporto con voli in ritardo, senza dormire, un po’ triste dopo una brutta performance.

A proposito di questo, ci tengo sempre molto a dire che non tutte le esibizioni sono fantastiche. A volte semplicemente qualcosa non funziona, a volte semplicemente non riesci a connetterti con la folla. Potrebbero esserci problemi tecnici. Potrebbe essere una serata vuota. Succede ai migliori tra noi, non riguarda solo i DJ emergenti. Parlo molto con altri miei colleghi e li sento spesso dire: “ho suonato su uno stage da 10.000 posti ed era vuoto“. A volte è semplicemente fuori dal tuo controllo e non è una bella serata. Ed è giusto accettarlo. Ma mi dà fastidio quando vedo tutti questi post “one for the books” come se ogni esibizione fosse fantastica. Io penso che semplicemente non è la realtà, e per fortuna direi, altrimenti quelle davvero belle non si noterebbero più.

Però sì, ci sono diversi inconvenienti. Essere DJ significa anche essere indipendenti e avere l’insicurezza di essere indipendenti. Da un lato è fantastico, dall’altro se non suoni per un mese perché hai bisogno di un mese libero, non guadagni niente. Quindi è necessario assicurarsi di avere un buffer finanziario. Poi c’è anche la mancanza di sonno. E viaggiare da soli. A me non dà troppo fastidio perché ho la mia piccola routine, ma so che alcune persone hanno davvero difficoltà a viaggiare sempre da sole, con la solitudine negli hotel, con il dover essere super socievoli alle cene per presentarsi in un certo modo ed essere poi di nuovo soli. Ci vuole del tempo per adattarsi, aggiustarsi e trovare un equilibrio. Alcune persone possono farlo più di altri. Ora vedo sempre più DJ cancellare interi calendari perchè non ce la fanno più. La gente non lo vede. Vedono solo divertimento e giochi, viaggi e tutto il resto, ma non capiscono che spesso andiamo in questi posti e non vediamo altro che l’hotel e il club.

Quindi lo dico sempre alle persone che mi dicono che sono fortunata. Sì, lo sono ma è un lavoro che comporta anche degli svantaggi e comporta anche molte concessioni su altre cose della vita. Quindi non è solo divertimento e giochi. Ma so comunque di essere molto fortunata a poter vivere della mia passione, ovviamente.

Recentemente vi siete esibiti come VICE/VERSA, il progetto che hai con Max Dewavrin. Puoi dirci qualcosa di più su questo progetto musicale e qual è l’idea alla base?

In realtà è nato in maniera davvero sciocca. Max è il mio partner e abbiamo questa passione comune, così abbiamo iniziato a voler suonare insieme più spesso e abbiamo pensato di creare uno pseudonimo. Abbiamo suonato all’About Blank una volta, abbiamo suonato lo scorso fine settimana al Frenzy ad Amsterdam, che è stata davvero una festa fantastica, suoneremo anche allo Spectrum Waves, che è una festa queer a Parigi. Quindi sì, è davvero, davvero bello poter condividere la console con qualcuno che conosci così bene, è molto divertente. Penso che manterremo attivo il progetto, perché è così bello andare in tour con qualcuno. Ma il mio progetto principale riamane Ogazòn, questo è più un “piccolo side project”.

Com’è il tuo rapporto con la produzione musicale? Hai mai provato a produrre o è qualcosa che potresti voler provare in futuro?

Sì, al 100%. Non ho ancora pubblicato nulla, ma potrebbe esserci qualcosa in arrivo presto. Ho già alcuni strumenti e sto suonando un po’ con il mio Roland TR-8S, ad esempio, o con l’Ableton Push. Ma richiede molto tempo, non avviene da un giorno all’altro. Sono fortunata perché ho degli artisti davvero fantastici intorno a me, che possono aiutarmi, molti amici che sono disposti a mostrarmi i loro “trucchetti”, ma alla fine penso che sia qualcosa che devi semplicemente fare da solo e perseverare. In questo momento, anche guardando il mio calendario, vedendo come sarà l’estate, dubito fortemente di avere qualche possibilità di trascorrere del tempo in studio, ma è sicuramente qualcosa che voglio continuare a fare, perchè mi piace davvero tanto.

Dopo il Lussemburgo hai vissuto diversi anni ad Amsterdam per poi trasferirti a Berlino, uno dei posti migliori dove vivere per un DJ. Senti che questo è il tuo posto? Oppure c’è qualche altro posto in cui potresti voler trasferirti?

Penso di aver trovato il mio posto, penso di essere davvero felice qui. Non avrei potuto immaginare di essere così felice in un posto, ma ho notato che adesso è davvero come se fossi a casa mia, ed è bello avere una base dove sei felice di tornare, soprattutto se sei sempre in viaggio. Vedo che mia sorella, per esempio, che lavora per le Nazioni Unite si sposta sempre. Ha vissuto a New York, ora vive a Panama, e vivrà in Kenya, ma non ha davvero bisogno di questo genere di cose. Ovunque vada, ne fa la sua base. Ma essendo qualcuno che è in tournée nel fine settimana, sono sempre molto felice di tornare nel mio piccolo rifugio e nel mio piccolo quartiere. Quindi no, Berlino è fantastica per me, ora parlo anche la lingua, e sicuramente questo aiuta, ma ho molti amici qui, il mio club preferito, quindi se ho bisogno di rilassarmi dopo un lungo weekend, posso ancora farlo.

Nathalie, grazie mille per il tuo tempo, è stato davvero un piacere. Ti auguro tutto il meglio per il resto della tua carriera.

Grazie mille, spero di rivederti presto. Buona serata!


ENGLISH VERSION

Hi Nathalie and welcome to Parkett Channel. I would start from your origins. You were born and raised in Luxembourg, as your father, while your mother is from Spain. Have your parents’ origins influenced your musical taste? And can you see some of these influences in your style?

Hi! Thanks for having me! It’s hard to say, actually, because I grew up in Luxembourg, but I’ve always had this Spanish part in me, the Spanish blood. So I guess in some way, it has had some sort of impact. I think something that has really had an impact is that the music always seems to be playing in our house. So it’s either in the kitchen when my mom is cooking something, or my dad who is playing the piano, or there’s always some music in the background. I grew up with that. I also had a radio very early onwards that I’ve always had in my room, and that was like my treasure thing, let’s say. And I have been attracted to records since a very early age – I guess also for this aesthetic point of view – so I started buying vinyl on vintage markets without even owning a record player. I still remember when I was 15 or 16, and I finally got my first record player for Christmas, I was so happy!

Also, my dad really likes jazz music and took me to jazz concerts, or classical concerts, when I was really young, and I think it influenced me. Even if at the time I didn’t really want to go, I’m really happy I did, because I ended appreciating it. Sometimes you even hear like jazzy elements in the music that I play. Not often, but it happens. And I know this is not coming from nowhere.

So I think all this has had an impact on me, on how open I see the music spectrum. I don’t only listen to one genre. People always have the idea that DJs during their free time listen to electronic music, but that’s really not the case. For me, at least, it isn’t. I get my inspirations from many other genres rather than electronic music. And when you also look at the history, you see how it is all intertwined. One inspires the other and vice versa. And I think it’s really important to have an open mind and be open to all the music, even though that might not be something that you as a person would play.

And from a more artistic perspective, is there any DJ or artist that has inspired or inspires you more than others?

This is funny because on the one hand I always like artists that show a diversity in sound. But on the other hand, I’m also really impressed by artists that have a consistent sound throughout the years and that you can easily recognize.

If I had to mention some names for the first “group”, I really think Ben UFO is a great example because he is so eclectic, he plays so many genre, he is always someone that I’ve been like “OK, this guy knows”. Or Call Super, for example. I remember I was a bit nervous once I had to play B2B with Call Super and I was like “what am I going to pack?” because he can go in every direction. So that’s also how I packed my bag. And in the end, it was super fun, challenging but super fun. But also see Skee Mask, for example, someone that is very specific in the music that he makes, but not really because the last album he just released is like dub warm tunes and then the one he released before is like breaks. But you can hear that it’s still him. And that’s for me the ultimate goal, to have a signature sound, to be able to perform in different ways, but also still hear that it is one person. And that is really something I really look up to on that side of the spectrum.

And on the other side of the spectrum there is Ben Klock, for example, that has been in the game for 20 years and if I listen to his mixes, it’s just always good. And every time I see him play, I’m never disappointed. It’s just good classic techno. And that’s also something that you have to be able to do, not follow the trends too much, just have consistency in the sound you play.

So there’s a lot of artists that I look up to. I was also super inspired by one artist that I saw this weekend called Sandrien. She’s a DJ from the Netherlands who has been DJing for as long as I remember. I remember seeing her and I didn’t even know what a cue button was. And she was already there in the scene, you know, doing her thing. And again, there she played some classics and some new music, but it was just so aligned and consistent throughout the set that you were like “this is a very mature set”. And that’s something that I hope to achieve as well within the years.

You don’t rely much on social media as a communication channel, but looking at your profile it also seems you are passionate about photography. How is your relationship with social media? And does this passion have some kind of influence on your music?

Yeah, it’s a good question. I had this passion for a long time and I even thought to make separate accounts for photos and for DJing. But then I thought that, first of all, I’m not really someone who likes to put herself at the forefront of things. I want people to follow me, not for how I look like, but what I play or what I represent in terms of art, let’s say. And so I thought that starting to post videos and snippets of parties or whatever, it’s just not what interests me. When I go on social media and I see all these videos of parties, of “hand-in-the-air” moments, I’m not interested so much in that. Being someone who goes to a lot of parties and who plays at a lot of parties, I know that a snippet like this means absolutely nothing. I’d rather have the entirety of the set rather than just the highlights. And I think it also takes away some of the magic, so I don’t want to show too much because I want people to also be surprised when they come to see me.

That’s one thing. And on the other hand, I also think I have an eye for things. I get triggered the other way. My friends always make fun of me, when I walk around the city and there’s some wall with some sort of shadows and I just stand in front of it and take photos and they’re like “I don’t see what you see, but whatever, I know you’re going to make it work somehow”. And I don’t know, I think that the way I view things also matches with the music that I play, I feel. For example, my eye gets attracted by patterns and like organic forms, and when I listen to my music, there’s also a lot of tribal, rhythmic, kind of patterns.

So I feel like “why separate both if it’s part of one person?” That’s how I see the music, that’s how I see the world, or angles of the world at least. And I feel like there’re different ways of promoting yourself and you don’t necessarily need to do it with social media. People are like “oh, but you need it”. And then I look at my calendar, it is completely full and I’m not doing it. I think you will get the attention of the right people if you just stay true to yourself. I do use a story sometimes, I post timetables, lineups, whatever, so people also know what’s up and what I’m doing. I post my schedule once a month so people know where I’m playing. But I like to use it as a minimum also because I want to focus on what’s important and that’s the music.

For a DJ who plays vinyl only, digging is a critical aspect. How do you approach the digging part of your job? Are you more Discogs-oriented or do you prefer going to physical record shops? Do you have some kind of routine or maybe a shop you are particularly related to?

Digging it’s actually a big chunk of my job and I have a routine for sure. Once a week I make an order on Hardwax, and I usually pick it up on Thursdays. That’s like all the new music. But I also buy a lot of discogs, actually, so it comes in waves. Sometimes I’m really in the mood to spend hours and hours on discogs, mostly in winter, for example, when I go home for Christmas while in summer I like to go more to shops.

Now, for example, I made a really big order of 40 records that’s coming tomorrow. And I made sure to make like this order before the season starts because May is around the corner and I need new music for the next two months. So I just make two or three huge orders and then I play those records over and over and then I’ll do the same again in a bit.

I also realized that I dig on discogs when I’m in airports, waiting for my planes or stuff like that because, I don’t know, I get inspired when I’m at the club and I listen to other people’s playing and I’m like, “oh, wow, okay, I should search again”.

But yeah, I also really love to go to shops. There’re a few shops in Berlin that I always go to. At Hardwax, I go more to pick them up as they have only new stuff. So I listen to the weeklies and then I buy them online and I pick them up, as a routine. But at Bikini Wax, for example, I go and I just have like a good old dig or Sound Metaphors is one that I like or Audio Inn. So there’re a few shops that I like here in Berlin and I also like to go record shopping in different countries when I have the time because there’s always a different selection and it’s very inspiring.

I assume you have quite a big collection now. How do you manage your catalog? Do you go through it each time you are preparing a set or that’s something you do more periodically?

Oh, yes. Actually, I can show you a little bit. There’s some more there and then there’s my entire booth here. A lot. I actually am looking for studio space because, I mean, there’s so much records everywhere. I don’t know where to put them anymore.

Anyway, this is a good one. I try to remember where I put the records, but it’s funny because I have some categories where I know exactly that the records are there, and others that are more random. Now, for example, have a weekend coming up with seven shows. So starting Friday until next week, I have in 10 days, 10 shows. And there’s going to be different kind of sets. So one set is, for example, this weekend’s King’s Day in Amsterdam and it’s going to be like banging, as everyone’s in a party mode. But then on Monday or Tuesday, there’s the May Day party in Berlin. I’m playing the garden opening of Berghain, which is always really fun, and for that one, I am specifically going into the more vocal-heavy, happy, disco-ish kind of infused tunes. And those, I know where to find them in my collection. But it’s not always the case, so what I always do is I label all my records. So if I take a random record here now, there’s a label on here with a star. It says, Pano, which means like “let’s crank up the volume”. And all my records are labeled, all of them. So I go through them, I look for certain specific tags and then I take them out. When I have a big bunch of records, I listen to all of them. I put on the side the ones that I want to play, and back the ones I don’t want to play. And then I repeat this process a few times going over those again. And once I finally have my big selection, I put them in the order that I think I would want to play them. That’s the way I prepare for a set. So it sometimes takes a lot of time because I might have three different sets to prepare. One techno, one house, one disco-ish kind of vibes. So yeah, for me, preparation is really, I think the biggest chunk of my work.

We are now starting to enter the open-air season, how much does it influence your selection? Can you see some kind of seasonality in your style?

For sure, 100%. I mean, I always talk about it with people. I’m more of a club person, personally, even though I really enjoy open airs and a good festival from time to time. One thing that I really love about the festival season is that most parties are daytime, so my sleep rhythm is not so f***d up as in winter. The indoor parties are all at night, with crazy play times like 1-3am or 1-4am or something like that. I mean, you get used to it, but that’s one thing I like about the outdoor. And also the fact that you get to see so many different environments in nature, you get to play at very unique locations.

But yeah, I do definitely prepare my sets differently when I play at festivals or clubs. What I noticed with the festivals is that often you have many stages, the slots that each DJ gets are super short, and also the time span of the visitor at the festival is very, very short, because there are so many options and often these parties don’t go that long, let’s say eight hours or something, so people really want to party hard for eight hours. I remember the first festival that I played in the Netherlands was Into the Woods Festival. I had like an opening slot, three hours, and I was so happy. I was “like, okay, amazing, I’m gonna take my time, warm it up”. So there was already quite a lot of people, but I didn’t do it well because I took my time to warm up and I basically lost the crowd because they were already in a mood. So that really made me realize that festivals need to be prepared differently. I don’t think of build up and build down so much, I think of one, two tracks to get the thing going and one, two tracks to hand it over to the next DJ. But all the rest in between, I know that they just wanna have the party-hard tracks. And I like it from time to time, but in general, I prefer really taking my time and also giving the people that are there the possibility to embark on a musical journey.

There’s an ongoing discussion on how to preserve the art of DJing. With the technology progress, it seems like everyone nowadays can be a DJ. What is your take on this? How do you think the art of DJing can be preserved? Can a return to vinyl help?

Yeah, it’s something that I ask myself a lot. Actually, I feel vinyl DJs get a lot of hate, because people think that vinyl DJs are these pretentious, snobbish DJs. I don’t think that’s necessarily the case. I’m not a vinyl DJ because I look down on anyone else that doesn’t play vinyl. I just chose this medium for myself because that’s what I like, that’s what I just have most fun with. And I just love buying records and listening to records, but that’s me.

It’s true that now anyone can be DJ. You don’t even need a controller or decks. You can just have the software, download playlists, mix them together, you create a SoundCloud account and you’re a DJ. But I think that you hear when someone plays a set how researched is the music that they play. And often you see people all playing the same stuff. That’s one thing. Secondly, there’re so many tracks these days that are just tracks made in the bedroom. And no offense. I mean, it is great, but often they’re not mastered. They’re not really arranged in a way they should be arranged. And they just put that up on some platform as a free download and people play it. And you hear that the quality is just not where it should be. And that’s what’s different with vinyl because you are not going to press a vinyl if it’s not has been mastered and it has this whole process and you cannot skip steps before playing that vinyl. So with that regards, I do think that playing vinyl is quite a statement already because the music that you buy has better quality sound. I mean, you can also, of course, buy old school music that is shittily mastered. I’m not saying that everything always sounds better on vinyl. Not at all. But I think that it already filters quite some stuff out. I mean, again, not saying that every DJ should know how to play vinyl, but it’s kind of the base, I would say.

Also the price plays a role. Like vinyl is like 15 euros these days, you’re not gonna just press the download button. You don’t spend that money for a vinyl that you’re not even sure you like. So you are way more selective with vinyl. It’s so easy these days to just go and download an entire playlist that you don’t even really listen to and mix music you don’t even know. With vinyl, you really need to know your tracks because if you don’t know it, it’s not gonna be a good mix.

But I am not talking down, I’m always very careful with the subject because I don’t wanna get any hate from any people or digital DJs. Digital DJs can do amazing things, you know, three decks, looping tracks, really constructing a new track from four different ones. That’s just a different style of mixing that is not my style. And when I see this, I’m also really impressed. When I see some DJs like Ben Sims that’s like going and rolling and making new tracks out of existing ones, it’s something that I really love seeing, but it’s just not my style of mixing.

You know there is this narrative of the DJ as the guy who always has fun and lives the perfect life. It is an amazing job but I am sure there are also many drawbacks. Which are yours? Is there anything about your job or the industry that you don’t like?

I always say, don’t believe everything you see on the gram, DJing is hard work. I’m a little bit annoyed when I see these like “insta DJs”, as I call them, that are only posting about glamorous lifestyles. But then I’m also in my back of my head, I’m like, give it a year, because if these people are not doing it for the love of music, it’s very clear. But if you don’t do it for the love of music and you have an entire schedule based on something that you just do to be famous, I don’t think you will last very long in the scene because it’s also a lot of sacrifices. It’s a lot of weekends you’re missing, it’s a lot of birthdays you’re missing, weddings you can’t attend to. I don’t really have that much FOMO when it comes to weekends. I used to a bit more, but for example, two weeks ago, a really good friend of mine had a birthday and all my friends were there for the entire weekend. I was stuck at an airport with delayed flights, no sleep, kind of miserable. And the weather was super good here and I was in an airport, thinking what the fuck am I doing with my life after a bad gig.

Also, again, it’s really important for me to say that not every gig can be amazing. Sometimes it just doesn’t work, sometimes you’re just not connecting with the crowd. There might be technical issues. It might be an empty evening. It happens to the best of us, it’s not only the upcoming DJs. I talk a lot with my other colleagues and I hear them being like, “yeah, I played for a 10,000 capacity stage and it was empty”. Sometimes it’s just out of your control and it’s just not a good gig. And it’s okay to just accept it. But I get annoyed if I see all these “one for the books” kind of posts as if every gig is amazing. And I’m like, that’s just simply not reality. I mean, thankfully, otherwise the ones that are really good wouldn’t stand out anymore.

But yeah, there are several drawbacks. DJ also means being independent and having the insecurity of being independent. In one hand, it’s amazing, on the other hand, if you don’t play for a month because you need a month off, you don’t earn any money. So you need to make sure that you have a financial buffer. Then there’s also the lack of sleep. And traveling solo. I don’t mind it so much because I have my little routine, but I know some people really struggle with traveling alone all the time, with the loneliness at the hotels and with having to be super social at the dinners and presenting yourself in a certain way to be then alone again. It takes some time to adapt and adjust and find a balance. Some people can do it more than others. I see now more and more DJs canceling their entire touring schedule, saying “I can’t no more, this is too much for me”. People don’t see that. They only see the fun and games, visiting new places, having the time of their lives, but often we go to these places and we don’t see much but the hotel and the club.

So I always say it to people who say to me “you’re so lucky”. Yes, but it also comes with the downsides and it also comes with making a lot of concessions with other things of my life. So it’s not only fun and games, but I am still very lucky to be able to live from my passion, of course.

You recently performed as VICE/VERSA, the project that you have with Max Dewavrin. Can you tell us more about this musical project and what is the idea behind it?

It was actually born really, really silly. He’s my partner, and we have this mutual passion, which is amazing, and then we started wanting to play together more often. We’ve played at About Blank once, we played last weekend at Frenzy in Amsterdam, which was a really great party, playing Spectrum Waves, which is this queer party in Paris soon. So yeah, it’s really, really nice to be able to share the decks with someone you know so well, it is a lot of fun. I think we will maintain that, because it’s so nice to tour with someone. But my main project is still Ogazon, this was more of a “other side little hustle”.

How is your relationship with music production? Have you ever tried to produce or is that something you might want to try in the future?

Yes, 100 percent. I haven’t released anything yet, but there might be something coming soon. I got some devices already, and I’ve been playing around a little bit with like my Roland TR-8S, for example, or Ableton Push. But it requires a lot of time, it doesn’t happen overnight. I am lucky because I have really great artists surrounding me, that can give me some tips and tricks, and help me out, a lot of friends that are willing to show me their “magical skills”, but I think it’s something that you just have to do yourself, and just keep on doing. Right now, also looking at my schedule, seeing how it’s gonna be for the summer, I highly doubt that I’ll have any chance to spend time in the studio, but it’s definitely something that I want to continue doing, as I encounter a lot of joy doing it.

After Luxembourg you lived several years in Amsterdam and then moved to Berlin, one of the best places where to live for a DJ. Do you feel this is your place? Or there’s somewhere else you might want to move to?

I think I found my place, I think I’m really happy here. I couldn’t have imagined being so happy at one place, but I noticed that this is really like my home now, and it’s nice to have a base somewhere where you’re happy to return to, especially if you’re always traveling around. I see with my sister, for example, she works for the United Nations, and she always moves. She lived in New York, now she’s living in Panama, and she’s gonna live in Kenya, but she doesn’t really need this kind of thing. Wherever she goes, she makes it her base. But as someone who’s touring around on the weekend, I’m so happy to come back to my little cocoon, you know, and my little cute neighborhood. So no, Berlin is great for me, I speak the language too, and maybe that helps, but I have a lot of friends here, my favorite club, so if I need to decompress after a long weekend, I can still do that.

Nathalie, thank you very much for your time. I wish you all the best for the rest of your career.

Thank you so much, I hope to see you soon again. Have a nice evening.