I’m Not a Blonde, duo italo americano protagonista della scena electro pop internazionale, ci parla del nuovo Ep “This is Light” e ci presenta in anteprima la traccia “My Best”.
Chiara Castello e Camilla Matley sono le I’m Not A Blonde. Un duo italo americano che si sta assolutamente imponendo nel panorama internazionale grazie alla riproposta di un sound che guarda al passato proiettandosi verso il futuro.
Su bassline ed electro beat anni ’80 si appoggiano riff di chitarra e armonie anni ’90, che si fondono naturalmente in un concentrato di freschezza. Con una capacità innata di selezionare le cose più interessanti di un passato che seppur glorioso è ormai lontano. Un’operazione chirurgica, difficile e che richiede esperienza e gavetta.
Il loro nome gioca con il luogo comune della bionda con intelligenza ed ironia. La stessa intelligenza che la loro musica possiede nel DNA. In cui si incontrano le loro anime apparentemente agli opposti, due anime che si rappresentano in live divise da un tavolo riempito dei loro strumenti.
Quel tavolo che sancisce il confronto fisico tra le due anime artistiche e che rimane protagonista nell’Ep “This is Light”, che uscirà il prossimo 8 aprile su INRI Records. “This is Light” arriva dopo “Welcome Shadow” ed entrambi i lavori discografici son stati concepiti durante la pandemia.
Il tema concettuale riguarda proprio la dicotomia tra buio e luce, tra sensibilità e forza, tra infanzia, adolescenza ed età adulta. Il pezzo che presentiamo oggi in assoluta anteprima su Parkett “My Best” è una perfetta combinazione tra synth pop e sonorità new wave anni ’90.
Abbiamo voluto saperne di più di questo progetto musicale e del nuovo Ep. Vi lasciamo con questa intervista con Camilla e Chiara per scoprire il loro mondo musicale (e non solo).
Ciao Chiara e Camilla, benvenute su Parkett Channel! Vorrei partire dalle vostre origini. Quali sono stati i vostri riferimenti musicali e come vi siete avvicinate alla produzione musicale?
Ciao e grazie per averci ospitate. Le origini…una cosa che Chiara e io abbiamo in comune, è sicuramente il fatto che siamo delle ascoltatrici onnivore e la passione per la musica è iniziata fin da piccole. Detto questo sicuramente il pop, nelle sue infinite sfaccettature è il mondo da cui veniamo. Ma mentre io sono stata più fan della musica British ( specialmente tutto il mondo Cure, Depeche Mode ecc ), Chiara, forse anche per la sua origine ( è nata in California ), ha nelle sue orecchie più musica americana ( da Michael Jackson a Joni Mitchell..).
Per quanto riguarda la produzione musicale, credo che si possa dire che prima ci siamo avvicinate allo studio degli strumenti musicali per poi passare alla produzione. Io da piccola studiavo il pianoforte, che ho abbandonato verso i 16 anni per suonare la chitarra. Quindi sono venute le esperienze con le prime band, nei garage, dalle cover alle prime canzoni originali etc.
Chiara ha avuto esperienze simili , con la differenza che il suo strumento è sempre stata la voce ( ha studiato canto al CPM ). È arrivato poi un momento in cui scrivere i propri pezzi è diventato un’urgenza per entrambe, ma è stata Chiara che mi ha avvicinato al mondo della produzione musicale, nel senso di “elaborazione” di suoni, apertura ad un ascolto del pezzo da diversi punti di vista. Io la produzione musicale, la immagino un po’ come un’architettura. Ogni strumento e suono ha una sua funzione nell’architettura della canzone, le fondamenta, gli abbellimenti, i colori. Queste a volte, a seconda di dove le posizioni nello spazio, possono essere modificate.
Il vostro nome “I’m Not a Blonde” suppongo si riferisca al vecchio clichè per cui “to be a Blonde” indica la rappresentazione di una donna frivola e più attenta a lustrini e paillettes, che alla sostanza. Quanto pesa oggi questa visione della donna in alcuni ambiti, come quello della produzione elettronica ancora ampiamente dominato da figure maschili?
In realtà non si riferisce a questo concetto. Al contrario erroneamente si associa alla figura di una bella donna (nel clichè della bionda ) la mancanza di capacità intellettuali e professionali. Portandolo ancora più all’estremo, alle donne è richiesto uno sforzo maggiore per dimostrare le proprie capacità, a maggior ragione se sono belle. E cosi le donne fino a poco tempo fa sono state “le interpreti “ e non le autrici, strumentiste, produttrici, cioè fanno fatica a ritagliarsi spazi, in ruoli che sono stati per tanto tempo prettamente maschili.
Quindi I’m Not a Blonde è, se vogliamo tradurlo: “Watch out ! I’m gonna kick your ass!”
Ci sono comunque dei cambiamenti : sempre più professioniste stanno riuscendo a farsi strada e anche semplicemente a fare quello che gli piace. Come lavorare nell’ambito della musica coprendo vari ruoli. Arriverà un giorno in cui non ci stupiremo più se dietro al mixer, sul palco a suonare la chitarra, o fare un mix in studio c’è una ragazza.
In passato avete aperto concerti di artisti del calibro dei The Killers o dei Franz Ferdinand e condiviso il palco con i Duran Duran o i Moderat. In questo periodo di due anni quanto vi è mancato suonare dal vivo e quali sono le novità che ci saranno nelle vostre prossime esibizioni live?
Allora è stato una “montagna russa di emozioni”. Inizialmente c’è mancato molto, soprattutto la parte esperienziale ( il viaggio, conoscere le persone ecc ), poi, credo, essendoci concentrate sulla scrittura dei due nuovi Ep, tutto sommato ci siamo abituate alla dimensione casalinga, tanto che appena si sono prospettate le prime date abbiamo pensato: ce la faremo a riprendere il ritmo live? Poi abbiamo fatto i primi concerti ed è stato bellissimo, super emozionante e quindi non vediamo l’ora che arrivi l’estate.
Per quanto riguarda novità, oltre ad una maggiore partecipazione di Camilla alla parte vocale rispetto al passato, non possiamo che dirvi di venire ai nostri prossimi concerti per venirlo a scoprire
“This is Light” in uscita il prossimo 8 aprile arriva a breve distanza da “Welcome Shadows”. Qual è il legame che è presente tra questi due lavori discografici ?
I brani di entrambi gli Ep sono stati tutti scritti negli stessi mesi del primo lockdown e rappresentano i nostri “alti e bassi “ e riflessioni positive e negative che sono scaturite in quei mesi di chiusura forzata. Inizialmente non pensavamo di suddividere in due uscite (Ep) questi pezzi, ma poi ci siamo rese conto che questo avrebbe permesso di esprimere meglio la nostra evoluzione emotiva.
Ci siamo accorte che passare attraverso i momenti bui ( che sono raccontati nei brani di Welcome Shadows ) è servito per rielaborare i timori e vedere le cose attraverso occhi nuovi ( This is Light ) con una forza e ottimismo maggiore.
L’album “This is Light” è nato durante la pandemia raccontando questo dualismo tra ombra e luce, utopia e distopia, fine e rinascita. Questo ossimoro concettuale che regola lo sviluppo dell’album come lo avete espresso a livello strumentale e compositivo?
Dal punto di vista sonoro “Welcome Shadows” e “This is Light” hanno in comune l’uso di beat electro, ma nel primo l’elettronica è predominante: ci sono molti synth arpeggiatori che “portano “ il pezzo mentre, in” This is Light”, i synth sono più delicati, e accompagnano le melodie della voce, morbidi e dilatati, e gli elementi di elettronica si fondono maggiormente con gli strumenti organici di chitarre e voci.
Anche le chitarre sono usate in maniera un po’ diversa : mentre nel primo Ep hanno un ruolo più ritmico , quasi a sembrare dei synth, in “This is Light “diventano più protagoniste. Ricche nei suoni e portanti nella scrittura con la presenza di riff che definiscono le melodie (armonia).
In entrambi gli EP c’è un ricorrente utilizzo di “pitch shifting” sulla voce di Chiara (trasformata ad un’ottava più bassa) a voler raccontare ancora la dualità (anche tra organico e sintetico) e la voglia di giocare liberamente con i ruoli di genere ed identità. In This is Light si sentono molte voci di contorno, a dare un maggior effetto di coralità, a volte sono sintetiche come il “coro new-age” di Talk of Love, altre sono doppie e triple voci di Chiara (Speak Loud).Altre sono voci di ospiti che hanno partecipato “2 Fish” tutte ad esprimere una maggiore “presenza umana” e un bisogno di condividere e cantare assieme .
Dal punto di vista compositivo credo che siano proprio i testi a fare la differenza, ci sono delle corrispondenze tra i temi affrontati nell’uno e nell’altro Ep ma con risvolti più o meno positivi. Si parla della morte come rimpianto “White Roses” o come momento necessario che deve essere accolto “2 Fish”; si parla di relazioni complesse che ci fano soffrire “Circles “ o che invece ci fanno felici “Special”, di natura che noi non stiamo rispettando “Winter is not coming “o come forza irresistibile a cui non possiamo resistere “Talk of Love “.
Oggi presentiamo in anteprima su Parkett “My Best”. Ho apprezzato tantissimo come avete strutturato le armonizzazioni vocali e come avete dato una dimensione più acustica senza tralasciare la vostra natura electro pop. Come avete lavorato per questa traccia?
Una prima bozza di questo pezzo era nel cassetto già da qualche anno, l’abbiamo semplicemente tirata fuori e provato ad improvvisarci su un po’ . Infatti la parte ritmica è più, “Lo-Fi e dura “con un’attitudine più punk tipica delle nostre produzioni passate. Mentre la melodia e le chitarre sono più vicine al nostro modo attuale si scrivere, sono più articolate e portano verso un altro mondo, sognante e dilatato. Ci piace pensare che questo pezzo tiene assieme il nostro passato ed il nostro presente e anche il testo è un dialogo tra due parti di Chiara, quella del passato dell’infanzia e quella adulta del presente.
Alcuni la definiscono una ballata. In realtà per noi è un mid-tempo melanconico.
La pandemia ha rappresentato un momento di stop per l’intero comparto ed in particolare in Italia, abbiamo notato quando il settore musicale e degli eventi abbia una scarsa considerazione da parte degli ordini istituzionali. Quali son per voi i passi da fare per acquisire maggiore credibilità e riconoscimento sociale?
In generale mi sembra che tutti i comparti artistici siano poco considerati in Italia, ma sicuramente la musica ancora meno. Basti vedere nelle scuole medie come si insegna la musica o che è stata completamente cancellata alle superiori.
Ci sarebbe da mettere in atto proprio un cambiamento culturale altrimenti non succederà mai che chi fa musica possa ottenere un riconoscimento sociale. La gente continuerà a chiedere ad un musicista: “Si ma che lavoro fai veramente?”. Finchè la professione di musicista sarà considerata un non lavoro allora non avrà dei diritti.
Dopo l’esperienza accumulata negli anni e questo lavoro discografico a che punto del percorso vi sentite? Vi piace definirvi mature artisticamente o pensate che conservare una certa parte di innocenza ed istintività nella produzione doni alla vostra musica quell’appeal originale e trascinante?
Sicuramente abbiamo acquisito una nostra maturità, ma questo ci permette anche di accogliere tutti gli aspetti della nostra creatività senza porci delle limitazioni.
Ultima domanda. Quali son i progetti per il prossimo futuro delle I’m Not a Blonde e cosa augurate a voi stesse?
Io vorrei dedicarmi a scrivere colonne sonore. Mi ha sempre affascinato la forza del suono e assieme alle immagini. Per l’augurio direi di imparare a suonare tanti strumenti nuovi.