Internal Selection ritorna con un podcast e un’intervista esclusiva di Marc Romboy, pioniere della techno tedesca che con il suo sound e il suo carisma raduna migliaia di appassionati nei dancefloor di tutto il mondo.
In questo episodio di Internal Selection abbiamo il piacere di presentarvi Marc Romboy, un artista che con la sua carriera ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo della musica elettronica e, in particolare, alla crescita della scena tedesca. Con le sue label Le Petit Prince e Systematic ha stampato e distribuito produzioni di artisti del calibro di Stephan Bodzin, John Dahlbäck, Steve Lawler, Blake Baxter, Satoshie Tomiie, Ken Ishii, Sébastien Léger e moltissimi altri.
DJ resident del Watergate di Berlino e presenza fissa negli showcase di Kompakt Records, Marc Romboy ci parla del suo ultimo lavoro “Elka EP” e del progetto “Reconstructing Debussy” che lo ha visto protagonista negli auditorium. Ecco cosa ci ha raccontato.
ITALIAN VERSION
Come ti sei avvicinato alla musica elettronica?Quali sono stati i primi artisti con cui sei entrato in contatto?
Il mio primo incontro con la musica elettronica è avvenuto all’età di sette anni, quando ho comprato “The Robots” dei Kraftwerk. Da quel momento ne sono diventato dipendente…
Parliamo del tuo ultimo lavoro: è uscito qualche giorno fa su These Eyes “The Elka Ep”. Come nasce l’ep?
Ho una piccola collezione di vecchie e sconosciute drum machine con cui continuo a sperimentare. Un giorno presi un pezzo da Elka e uno da Vermona (un brand della ex DDR) e iniziai a improvvisare. I risultati sono “Unreal Sun” e “ Elka”, fu davvero molto divertente.
Cosa ti ha spinto a tornare su These Eyes dopo il tuo esordio del 2017?
Beh è molto semplice: io e André Hommen, manager di These Eyes, siamo molto amici e ci confrontiamo spesso quando si tratta di gusti musicali. Mi piace molto quello che sta facendo con l’etichetta a livello grafico e, naturalmente, musicalmente.
“Reconstructing Debussy” è forse uno dei progetti più ambiziosi che hai affrontato nella tua carriera; come si è sviluppato il progetto?
Potremmo dire che il titolo Reconstructing Debussy viene dal remixare anche se forse non è la parola più adatta. Suoniamo passaggi dei lavori originali arricchendoli con composizioni nostre, il risultato è un misto tra musica elettronica e quella di Debussy.
Quali sono state le difficoltà che hai incontrato nel processo di mediazione tra il mondo della musica elettronica e quello della musica classica?
Durante la realizzazione eravamo davvero sorpresi di quanto tutto funzionasse cosí bene. Non avrei mai pensato che questi due mondi si fondessero tanto, come se Debussy fosse arrivato da noi con una macchina del tempo. Siamo riusciti a trovare un metodo affinché il nostro lavoro sia rispettoso dell’opera originale ma allo stesso tempo che possa essere ascoltato in una prospettiva contemporanea. In questo modo c’è sempre una specie di viaggio nel tempo tra le due epoche.
Dopo quest’esperienza, possiamo affermare che la musica elettronica si presti meglio di altri generi per integrarsi all’interno di una composizione sinfonica? Perché?
L’intenzione era quella di guardare un po’ al futuro (forse è abbastanza normale per un compositore digitale) e di poter essere sul palco con un’orchestra anche fra 100 anni. Mi è piaciuto molto lavorare con i due generi e, di fatto, unirli. Per questo mi sto dedicando a tanti altri progetti come “Reconstructing Debussy” o “Reconstruncting Bach”.
Con le tue etichette Le Petite Prince e Systematic sei stato protagonista di quasi tre decadi della storia della musica elettronica. Ci descriveresti con una parola i tre decenni che hai attraversato (’90-’99 / 2000 – 2010 / 2010-2020)?
Gli anni ’90, li definirei come l’epoca pioneristica; degli anni 2000 direi che sia la epoca di stabilizzazione; La decade del 2010 la vedo come sperimentazione.
Quali sono le tue produzioni a cui sei più legato?
Le mie due figlie!
Ci sono dei dischi che non togli mai dalla borsa quando prepari un dj set?
New Order‘s “Blue Monday“ and LFO “LFO”.
Cosa pensi ci sia nel futuro della musica elettronica? C’è qualcosa che cambieresti per migliorare il clubbing?
Magari un ritorno all’innovazione e copiare di meno gli stili passati…
Cosa c’è nel futuro di Marc Romboy?
Il futuro è un’illusione. È il presente l’unico momento che conta e che è reale.
ENGLISH VERSION
How did you get in touch with electronic music? Which were the first artists you came in contact with?
When I was seven I bought Kraftwerk‘s “The Robots“, this was the moment I became addicted to electronic artificial music.
Let’s talk about your latest work: “Elka Ep” was released on These Eyes on the last few days. How was the EP born?
I have a small collection of very old and unknown drum machines that I keep experimenting with. One day I grabbed a box from Elka and one from Vermona (a brand from the former GDR), and started jamming on it. The results are “Unreal Sun” and “Elka“, it was actually great fun.
What made you want to come back to These Eyes after your 2017 debut?
It’s easy to explain. These Eyes label head André Hommen and I are big friends and we have a lot of intersections when it comes to our musical tastes. Plus I really like what he is doing with the label in terms of artwork and music obviously. I can be a bit more experimental and all three tracks I have released on the label so far are very important tracks for me.
“Reconstructing Debussy” maybe is one of the most ambitious projects of your career; how did the project develop?
The project is called ‘Reconstructing Debussy’ because the word comes from remixing, although remixing did not do the justice actually. We played passages of the works in the original. And we enrich these original passages with our own compositions, where we have refreshed some of Debussy’s music with electronic music.
What were the difficulties in the mediation process between the world of electronic music and the classical one?
During the work, we were very amazed, how wonderful it fits together. I would never have thought how well these two worlds get along with each other. We imagined Claude Debussy to be with us like he would have gotten into a time machine. And we found a method where we said: It is very respectful, but at the same time it can be heard electronically from a contemporary perspective. So that’s always a kind of time machine trip between the two epochs.
After this experience, you may say that electronic music lends itself better than other genres to integrate within a symphonic composition? Why?
Well, the intention was to look a bit into the future – and maybe that’s completely normal for a keyboarder and a drum computer player – to be on stage with the orchestra in 100 years. I really enjoy working between the two genres and actually combine them. That’s why I am having more and more projects like the ones with Reconstructing Debussy or Reconstructing Bach (and more).
With your labels Le Petite Prince and Systematic you have been the protagonist of almost three decades of the history of electronic music. Would you describe us with an adjective the three decades that you have gone through (’90 -’99 / 2000 – 2010 / 2010-2020)?
90s: pioneering time, 00s: consolidating time, 10s: experimenting time…
What are your productions you are most proud of?
My two daughters!
Are there any records you never take out of your bag when preparing a DJ set?
New Order‘s “Blue Monday” and LFO “LFO”.
What do you see in the future of electronic music? Is there anything you would change to improve clubbing?
Hopefully the return of innovation and not too much copying styles of the past…
What is in the future of Marc Romboy?
The future is an illusion, it‘s the present moment which counts and which is real.