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Il DJ resident del party fvtvristica di Milano, è il nostro ospite per questa edizione di Internal Selection. In occasione di questo podcast, abbiamo scambiato con lui anche qualche chiacchiera.

Andrea Salvaggio è uno dei DJ più promettenti della scena underground italiana. Classe 1996, nato e cresciuto a Milano, si innamora fin da giovanissimo del vinile come mezzo di espressione musicale ed inizia a collezionare dischi.

Nell’arco del suo percorso artistico ha modo di sperimentare con più generi e ciascuno di essi trova oggi una dimensione all’interno dei suoi set. Le sue selezioni mescolano abilmente sonorità electro, minimal, house e breaks (ma non solo) ed hanno attirato molto presto l’attenzione di tanti. Non a caso ha già avuto modo di esibirsi nelle migliori realtà della scena italiana (Bonfim, Magik Bar e Vncbrg, per citarne alcune) ed oggi è DJ resident per il party milanese fvtvristica.

Se dovessimo scegliere una parola per descrivere la sua attitudine sia dietro che fuori la console, useremmo la parola “elettricità”. Sì, perchè Andrea Salvaggio è una persona elettrica, piena di energia ed entusiasmo e con una passione travolgente per la musica elettronica. Queste sue caratteristiche si riflettono perfettamente anche quando suona, sia nel suo modo fisico di stare dietro la console, che nel suo stile musicale. Le sue selezioni sono infatti vivaci, intense e costruite accuratamente con l’unico obiettivo di far ballare e divertire le persone.

La coerenza tra la sua personalità e la sua musica è qualcosa che balza subito all’occhio e che negli anni gli ha permesso di sviluppare un’identità artistica forte, così come la capacità di comprendere ed interpretare il pubblico. Il suo modo genuino di fare il DJ e di “sentire” la sua musica infatti gli permette di entrare facilmente in empatia con la pista e costruire di conseguenza i propri set.

Per questa edizione di Internal Selection, abbiamo avuto l’occasione di fare qualche domanda ad Andrea, per sapere qualcosa di più sulla sua storia, le sue influenze e il suo approccio alla musica. Poi però lasciamo parlare la musica stessa, perchè Andrea ci propone un set che racconta molto bene tutte le sfaccettature del suo stile. Una selezione che si muove tra i vari generi che lo contraddistinguono e che vuole essere un piccolo teaser per chi non lo avesse ancora sentito dal vivo. Buona lettura e buon ascolto!

Ciao Andrea, benvenuto su Parkett! Inizierei proprio dal principio. Come nasce la tua passione per la musica elettronica? E come ti sei avvicinato al vinile?

La mia passione per la musica elettronica nasce intorno ai 14 anni quando per la prima volta ho messo piede in un club, l’atmosfera che si respirava e l’energia che mi ha trasmesso la musica mi hanno fatto subito innamorare. Ricordo ancora il senso di divertimento e felicità che ho percepito e che mi circondava, lo stesso che tutt’ora trovo quando vado a suonare o ballare.

Come spesso capita sono stato introdotto al mondo del vinile tramite un mio caro amico, Zakaria, ormai 10 anni fa. Aveva due giradischi technics che usava con il computer e i Traktor Control Vinyl. Sono rimasto subito affascinato dalla “fisicità” del vinile ed appena l’ho toccato ho capito che era una cosa che mi sarebbe piaciuto imparare a fare, così qualche mese dopo ho acquistato giradischi e mixer. Non sapevo suonare neanche in digitale, quindi iniziavo proprio da zero. Ho iniziato a comprare i primi dischi e ad esercitarmi tutti i giorni. Non è stato facile, soprattutto all’inizio, e c’è stato bisogno di tanta forza di volontà. Ricordo questo senso di spaesamento e difficoltà, anche perchè ho fatto tutto da solo, da autodidatta, e ci sono voluti 6-7 mesi per imparare il beatmatching, poi è stato tutto più semplice. 

Però dal momento in cui mi sono appassionato al vinile la mia storia con la musica è cambiata. Ho iniziato ad ascoltare sempre più musica e sempre più generi e mi si è aperto un mondo infinito.

Che tipo di influenze musicali hai avuto nella tua crescita artistica? E come si è evoluto il tuo stile nel tempo?

Devo dire che ho avuto tante influenze musicali negli anni. Come molti, sono partito andando a ballare la techno più “mainstream” perciò inizialmente ascoltavo e seguivo quella scena. Poi l’interesse e la curiosità mi hanno spinto ad aprirmi ed ascoltare anche altri generi. Sono passato all’house, partendo da quella di Chicago, la minimal, in particolare la scena rumena, e poi ho iniziato ad avvicinarmi all’electro. Da lì ho iniziato a cercare sempre più quel tipo di sonorità “elettroniche”, cercandole però anche in altri generi e non limitandomi mai ad uno unico.

Quindi ho avuto e continuo ad avere influenze molto diversificate, provenienti da molti generi di musica elettronica, dalla techno alla trance, passando per electro, house, acid, breaks, progressive, synth-pop e molte altre.

All’inizio non è mai facile farsi strada. Hai avuto dei “mentori” durante il tuo percorso o qualcuno che ha creduto in te prima di altri? E a livello artistico, quali sono gli artisti che ti hanno ispirato/ti ispirano maggiormente?

Ci sono state tante persone che nell’arco del tempo mi hanno supportato e hanno creduto in me. La prima di queste è stata Franzoh (dj resident e art director del Bonfim Club di Genova ndr). Ci siamo conosciuti una volta che suonavo a Genova ed apprezzò il mio stile. Da lì è nato un rapporto di amicizia, di condivisione e di confronto che mi ha dato tanto, sia a livello artistico che di esperienza. Per diversi anni infatti ho fatto avanti e indietro tra Milano e Genova, tant’è che stavo quasi per trasferirmi, poi però decisi di rimanere a Milano.

Anche dal punto di vista dell’ispirazione devo dire che ci sono tanti artisti che mi hanno influenzato con i loro set e la loro musica, ma se devo fare due nomi senza fare una lista “infinita” ti dico Dj Masda e Francesco Del Garda. La loro capacità di mixare generi diversi tra loro e il modo in cui lo fanno, incontrano a pieno i miei gusti musicali.

Mentre oggi ci sono davvero tanti dj e soprattutto producer che mi piacciono e non me la sento di non includerli tutti, però sono convinto che ci siano un sacco di artisti bravi in giro.

C’è stato un momento, un’esperienza o un evento che ti ha cambiato particolarmente durante il tuo percorso artistico?

La prima cosa che mi viene in mente è quello che successe l’estate del 2020. Durante il covid avevo fondamentalmente smesso di suonare, era come se non riuscissi più a farlo senza sapere se e quando saremmo potuti tornare a ballare. Avevo molti dubbi su quello che sarebbe successo e su quello che sarebbe stato il mio futuro, per cui stavo anche iniziando a valutare di cambiare strada.

Poi ad Agosto 2020 sono partito con degli amici in Sardegna portandomi giradischi, mixer e un centinaio di vinili. Abbiamo iniziato ad improvvisare feste in spiaggia senza nessun interesse se non quello del voler star insieme e divertirsi, ne facemmo 6 in 13 giorni, e fu davvero magico. Quell’esperienza mi ha cambiato profondamente perchè la sensazione di ritornare a divertirsi insieme ha riacceso in me l’entusiasmo di prima ed è stato in quel momento che mi sono convito di voler vivere di questo e di volermici dedicare con tutto me stesso. 

Come vivi la scena underground italiana e quanto/come pensi sia cambiata negli ultimi anni?

Credo che la scena underground in Italia stia crescendo molto, soprattutto negli ultimi anni stiamo facendo grossi passi avanti. Nei party vedo molta più coesione e senso di appartenenza, e penso che sia fondamentale per tutto il movimento.

Nonostante tutte le limitazioni e difficoltà, ci sono davvero tante feste organizzate con preparazione e passione in tutta Italia e questo è davvero bello.

Com’è nata la tua residenza a fvtvristica?

Sono resident di fvtvristica da 2 anni ormai, che poi è esattamente quando è nato il progetto. Tutto è partito quando il collettivo si chiamava ancora Phase Collective. Ricordo che a Milano avevo ancora poco spazio, così facendomi aiutare da un amico mi sono proposto per suonare ad una delle loro feste. Ci tengo a dirlo perchè per me è stato molto importante anche capire che ad un certo punto non si può più aspettare che le cose cadano dal cielo. Comunque mi chiamarono a suonare e la serata andò molto bene, tant’è che mi chiesero di diventare resident. Quando poi poco dopo è nato il progetto di fvtvristica – fondamentalmente dalle stesse persone di Phase Collective – io sono rimasto resident del party. Sono molto grato a tutti loro per aver creduto in me dal primo giorno.

Come ti approcci alla preparazione di un set? E quanto ti attieni ad essa/quanto lasci all’improvvisazione?

Ho una sorta di routine nel preparami ai set. Inizialmente seleziono i dischi in base all’orario in cui suono, il luogo, gli artisti in line up e il pubblico che ci sarà, per quanto sia possibile saperlo. Penso che questa sia una parte fondamentale nella preparazione di un set, però cerco di non limitarmi mai troppo, quindi la mia selezione è sempre abbastanza ampia. Spesso, quando posso, seleziono i dischi da portare la notte prima, mi piace ascoltarli in cuffia per poi dare un secondo ascolto il giorno dopo.

Però non provo mai a mixarli a casa per non condizionarmi troppo, proprio perchè credo che sia l’improvvisazione, insieme all’interpretazione del momento, la vera magia che guida l’artista, almeno per quanto mi riguarda. È un mix di pensieri, sensazioni ed emozioni che ho durante lo svolgimento del set e la connessione che si crea con il pubblico è fondamentale per questo. Infatti cerco di instaurare sempre un rapporto con il pubblico, muovendomi e cercando di trasmettere la mia energia. Innanzitutto perchè sono un “clubber” prima che un DJ, quindi mi viene naturale, e poi perchè comunque mi aiuta a capire in che direzione andare con il mio set.

La fase di ricerca è fondamentale per chi suona in vinile. Come ti approcci al digging e in che proporzioni usi dischi vecchi e nuovi? Ci sono dei negozi a cui sei particolarmente legato?

Per me la fase di ricerca musicale è la cosa più importante. Suono per tanti motivi ma sicuramente il primo è l’amore per la musica e credo che parta tutto dal bisogno di costante ricerca ed evoluzione musicale che un’artista ha. Specialmente per chi usa il vinile, penso che ci sia una curiosità e una voglia di scoprire che alla fine non si soddisfa mai. E c’è anche un pò di sana competizione tra noi “diggers” che ti stimola a fare sempre meglio e a cercare sempre più approfonditamente. Io diggo principalmente online ma devo dire che quando mi muovo cerco sempre di andare nei negozi. Ovviamente ascolto e compro sia dischi nuovi che vecchi, ma sicuramente ho per gran maggioranza dischi vecchi. 

Un negozio a cui sono particolarmente legato è Discos Paradiso a Barcellona, ci sono stato durante il Sónar tanti anni fa ed è stato il primo negozio fisico in cui ho comprato un disco.

Come introdurresti il mix che ci proponi?

In questo podcast ho cercato di raccontarmi il più possibile, far capire alle persone che lo ascolteranno quello che sono oggi. Pur rimanendo nei canoni di un podcast da ascolto, ho cercato di concentrare in un’ora il mio stile, inserendo più generi possibili di tutto quello che mi piace suonare in questo periodo. Voglio trasmettere il mio gusto e la mia idea di musica.