In questo nuovo episodio di Internal Selection meets DB Artists Crew abbiamo il piacere di presentarvi due pesi massimi della musica elettronica nazionale e internazionale. In esclusiva su Parkett ecco a voi il sound di Daniele Baldelli e Marco Dionigi, in arte Funkadiba.
Funkadiba, come ci raccontano gli stessi Baldelli e Dionigi nell’intervista che presenta questo episodio di Internal Selection, è un progetto che punta a unire il suono e la formazione old school di Daniele Baldelli con quella più recente del compagno di consolle Marco Dionigi. Daniele Baldelli è infatti una delle figure che ha avuto un ruolo chiave nella crescita e nello sviluppo della musica da ballo in Italia: dj dal 1969, Daniele è considerato da pubblico e addetti ai lavori un guru del dancefloor italiano, una personalità che ha segnato definitivamente lo sviluppo del concept “discoteca”, proponendo una nuova tipologia di suono che è divenuto negli anni il marchio di fabbrica dei suoi dj set: il Cosmic Sound.
Daniele Baldelli è infatti colui che ha creato l’arte del djing prima ancora che fossero creati gli strumenti per essere un dj. La sua ampia conoscenza musicale, la sua curiosità e la voglia di sperimentare lo portano ben presto ai vertici della scena romagnola prima e nazionale poi, fino a essere ancora oggi rispettato e corteggiato dalle più importanti realtà internazionali. Insieme a lui, il progetto Funkadiba si fonda anche su un’altra colonna portante della musica elettronica nazionale, Marco Dionigi.
Storico dj resident dell’Alter Ego insieme a Adrian Morrison, Marco Dionigi è uno degli innovatori che dai primi anni ’90 ha cambiato il modo di concepire i party in discoteca: influenzato da differenti sonorità tra cui il Cosmic Sound di Baldelli, la musica proposta da Marco nel club attira subito l’attenzione di molti proprietari, che lo vogliono protagonista nei più importanti club della penisola e non solo. La sua musica elettronico-tribale (come è stata definita da alcuni) si è sempre distinta per le numerose produzioni inedite su cui Dionigi struttura i suoi dj set, produzioni e sonorità che lo hanno ben presto reso una leggenda in tutta la penisola.
Ecco allora cosa ci hanno raccontato sul progetto Funkadiba (e non solo), Daniele Baldelli e Marco Dionigi in quest’episodio numero 33 di Internal Selection realizzato in collaborazione con la crew DB Artist.
Come vi siete conosciuti e da dove nasce il progetto Funkadiba?
B: Sentivo parlare di Marco Dionigi come di una nuova stella nascente presso il club Alter Ego di Verona. Mi piacevano i suoi djset, e quando ci siamo conosciuti nel 1993 ho scoperto che Marco era anche un mio grande estimatore per quello che avevo fatto al Cosmic. Conosceva infatti tutte le mie cassette dal 1979 al 1984! Il feeling è stato immediato, abbiamo subito incominciato a incontrarci settimanalmente nel suo studio per centellinare le rispettive passioni musicali, alternate a qualche calice di buon Valpolicella. All’inizio pensavamo solo a ri-editare e remixare i brani che passavo al Cosmic, poi abbiamo cominciato a comporre brani inediti fino ad arrivare al nostro primo cd album come “Funkadiba Future Funk” uscito nel 2003.
Dall’alto della vostra esperienza, potete raccontarci come si è evoluto il clubbing negli anni?
B: Se vogliamo partire dai miei esordi, io come Daniele Baldelli direi che quando ho cominciato a fare il dj nel 1969, la discoteca (che poi era un club), non aveva nessun problema; negli anni 70 c’erano solo due cose da fare, andare al cinema o andare in discoteca, quindi tutte le discoteche che aprivano erano super frequentate. C’era un gran fermento. La musica era stupenda, tutta suonata da musicisti veri e la qualità era elevata.
D: Io invece, ho iniziato quando il club comincia a organizzarsi come un’azienda. Nascono le figure dei “pr” dei “promoter” dei “vocalist” ma la musica era sempre piena di nuova creatività. Solo successivamente sono arrivate le grandi discoteche e i nuovi imprenditori che pensano ai grandi investimenti, dove tutto cresce nell’apparenza ma la musica viene lasciata in secondo piano. È stupendo fare djing davanti a 20. 000 persone, ma la creatività e la qualità trovano un miglior terreno fertile nel club, il luogo dove il dj può esprimersi per tutta la serata.
Quali sono le sostanziali differenze che notate tra il pubblico e tra i promoter con il passare degli anni?
Ai nostri tempi non esisteva la parola e neanche la figura del promoter . La discoteca o il club erano organizzati quasi come un’attività a gestione familiare. Lo staff intero, dal cameriere al dj, dalla guardarobiera al barman, si attivavano allo stesso modo per contribuire al successo della serata. Si usavano semplici volantini (chiamati flyer) consegnati a mano e le affissioni con i classici manifesti 70 x 100. Ogni dj era pressoché resident. Non esisteva una movida che portasse il pubblico a spostarsi di città in città per ascoltare dj diversi. Con l’avvento dei media tutto è alla portata di tutti: deejay, pubblico, club . Ora ci si sposta da dj a dj, da città a città, da nazione a nazione! Fu negli anni novanta nacque la figura del PR, che all’inizio erano praticamente amici, clienti, fan del club che aiutavano a passare parola sulle diverse serate che si svolgevano. La ricompensa? Entravano gratis nel locale; solo successivamente iniziarono ad essere pagati per il lavoro svolto.
Anche il vostro approccio al mixer è cambiato col tempo? Come?
B: Letteralmente? Parlando dei miei esordi, nel 1970 avevo un mixer che era semplicemente stato realizzato dall’elettricista del locale. Si trattava di una piccola placca metallica, posizionata sul piano di legno tra i due giradischi, dove erano montati due cursori che servivano appunto come volume dei rispettivi piatti. Oggi abbiamo a disposizione dei mixer progettati espressamente per il djing, corredati da un’infinità di soluzioni tecnologiche: effetti, campionatori, equalizzatori… Rimane ovviamente la fondamentale funzione del mixer, ma tutto questo corredo, stimola e aiuta nuova creatività durante il dj-set.
D: Per quanto riguarda me, avendo sempre suonato musica di mia produzione ho sempre cercato novità tecnologiche che potessero migliorare e facilitare il mio lavoro nei dj set. Negli anni ’90 suonavo con un vinile e una semplicissima cassetta C-60, usando il Tascam 112MKII che aveva il pitch control+-12. Successivamente, investivo metà del mio budget per stampare ogni mese gli acetati o i vinili in laccato. Era il prezzo da pagare per poter continuare ad avere un sound esclusivo e soprattutto mio. Per fortuna nei primi anni ‘2000 arrivò il cd rendendo (per il sottoscritto) tutto più facile.
Qual è la differenza tra un disco che utilizzereste solamente in un dj set individuale e uno che invece si adatta meglio al progetto Funkadiba? Quali sono i criteri di selezione?
B: Il progetto Funkadiba si pone l’obbiettivo di unire la mia formazione “old school” con quella più recente di Marco. I nostri brani sono appunto la sinergia delle reciproche esperienze. Funkadiba vuole proporre alla consolle la fusione dei brani di 30 , 40 anni fa con quelli di oggi! Una sinergia di suoni e generi diversi tra loro.
Una buona maggioranza della società italiana vede il clubbing e la musica elettronica come un qualcosa di oscuro da combattere, piuttosto che un’opportunità: quali sono secondo voi, le strategie da adottare per riuscire a sensibilizzare le persone sul tema e trasformare il clubbing in una risorsa come avviene nella maggior parte degli altri paesi?
Sicuramente la legislazione attuale non aiuta certo gli imprenditori della notte. Riteniamo che la crisi del clubbing sia dovuta anche alla progressiva decadenza della qualità musicale. Ma forse, come si suol dire: “Una volta toccato il fondo non rimane che la risalita“!
Cosa c’è nel futuro di Funkadiba? E in quello di Daniele Baldelli e Marco Dionigi?
Nel nostro futuro ci saranno di sicuro nuove proposte e nuove produzioni. È infatti già in cantiere un nuovo EP Funkadiba che sarà rilasciato presto! Inoltre, parallelamente, continueremo a portare avanti il nostro progetto di djing individuale, fatto anch’esso di nuove proposte e produzioni: dont worry and stay tuned!
Cosa ci dobbiamo aspettare da questo podcast?
Semplicemente una “bella vibra” o, se preferite, “a nice feeling “!