James Holden, in occasione della sua prossima performance all’Electropark Festival di Genova, si racconta su Parkett tra i progetti più significativi della sua carriera ultraventennale e nuovi territori da esplorare.
James Holden è un astronauta del suono guidato da un istinto infallibile e da una profondità emotiva rara. Dentro i suoi viaggi tra suggestioni orientali e slanci verso mondi paralleli immaginari, si delinea in maniera sempre nuova e sorprendente una nuova strada da percorrere. La bravura del producer di Exeter, a priori dell’innegabile capacità di governare gli strumenti in maniera magistrale, sta proprio nella sua voglia di mettersi in discussione.
“Per lasciare, in definitiva, dietro di me ciò di cui non ho bisogno”. Queste sono state le ultime parole che ha usato nella presentazione dell’ultima fatica discografica “Imagine This Is a High Dimensional Space of All Possibilities”. Quello spazio in cui ogni possibilità è concessa viene immaginato come un’oasi creativa in cui James Holden dona forma e sostanza a quell’adolescente che sognava i rave. Un sogno lucido che oscilla tra desiderio di libertà e una vocazione naturale per le prospettive laterali del racconto.
La sua maturità artistica si nutre di consapevolezze ma anche di una dose di incoscienza creativa: dentro il racconto del disco c’è l’anima trance ma anche parte del recente vissuto grazie agli interventi di alcuni membri degli Animal Spirits come il batterista Tom Page, il sassofono di Christopher Duffin e le percussioni di Camilo Tirado. Uno spazio immaginario che oscilla tra l’organicità emozionale della realtà e le galassie inesplorate delle intelligenze artificiali.
In quel confine sottile ma tremendamente affascinante scolpito da una nostalgia autentica dei sogni mai realizzati, in cui la musica diventa colonna sonora della quotidianità nella sua complessità.
James Holden è ironico, sognante, curioso e mai sazio. E in questo entusiasmo spontaneo che interrompe la ciclicità statica delle mode musicali, il suo operato diviene terreno fertile per una visione romantica, nutrita da speranze e desideri che ci regalano il lusso di poterci ancora emozionare. Lo abbiamo incontrato in occasione della sua prossima performance al festival genovese Electropark, tra momenti di riflessione sul suo passato musicale e direzioni da tracciare per il futuro. Buona lettura!
Benvenuto James Holden, è un vero piacere averti come nostro ospite. Sei qui in Italia per il festival Electropark nella splendida cornice della città di Genova. La tua mappa sonora non smette mai di espandersi e cercare nuovi spunti nella realtà che ti circonda. Mi piace definirla una musica organica che si nutre dell’ambiente circostante, elaborandolo costantemente. Quanto è importante saper osservare e leggere il mondo in tutta la sua complessità per fare musica secondo te?
Bello! Sì, sono molto interessato alla musica che abbia una qualità organica: la natura è piena di dettagli infiniti. Quel dettaglio ha origine in semplici regole e reti di connessioni. Ho sempre voluto dare un po’ di vita alle mie macchine: per realizzare quel ricco dettaglio o lo fai a mano, o provi a creare i sistemi che possono farlo vivere sotto il tuo controllo. E non voglio mai ripetermi troppo, quindi devo continuare a cercare ispirazione..
Quando è uscito “The Idiots are winning” la tua visione un po’ misantropica della società ha dato un punto di vista musicalmente innovativo oltre che divertente. Ti senti ancora legato a quel momento o come si è evoluta la tua visione della società? Sei diventato più ottimista riguardo all’evoluzione e ai cambiamenti dell’industria musicale?
Sembrava misantropico, vero? Ma credo di pensare la stessa cosa che pensavo allora: potremmo vivere in un bel mondo, ma le persone che abbiamo lasciato vincere in questo momento non lo faciliteranno. L’industria musicale? È un gabinetto. Sebbene ci siano molte persone che spingono nella giusta direzione – per l’inclusività e la rappresentanza e così via, il problema fondamentale è la struttura del potere. Il denaro scorre tutto verso il capitale che possiede tutto: le piattaforme tecnologiche, le major e lontano dalle organizzazioni indipendenti e dai singoli musicisti.
E all’interno di ciò siamo incentivati a svenderci a vicenda, ad afferrare il nostro pezzetto di torta per paura della nostra sopravvivenza. Se stai leggendo questo e hai un account sp*tify, cancellalo, installa soulseek e spendi i tuoi € 10/mese su bandcamp, contribuirai alla cultura piuttosto che pagare i venture capitalist.
Parlando di relazioni e connessioni nel mondo musicale, penso che Luke Abbott sia un produttore con cui condividi molto. Che rapporto c’è tra voi e come si sviluppa il vostro confronto musicale?
Luke è una delle persone che ha avuto la maggiore influenza sulla mia musica – quando ci siamo incontrati è iniziata una nuova fase per me, è stato fantastico avere un amico nell’esplorazione tecnica e nello spingere la musica in direzioni diverse. Parliamo molto di approcci alla creazione di musica, condividiamo max patch e cose del genere, ma la cosa migliore è avere un’altra “amica” (dopo la mia compagna Gemma) di cui mi fido totalmente per parlare del mio lavoro.
Penso che un momento importante della tua carriera sia stato il viaggio in Marocco nel 2014 e la collaborazione con Guinea e la sua band. Suppongo che sia stato un cambiamento nella tua concezione della funzione della musica, del suo ruolo nelle nostre vite. Possiamo affermare sia stato così? E che ruolo dovrebbe avere per te la musica nella nostra quotidianità oggi?
È stato davvero importante – a molti livelli – in primo luogo trovarmi faccia a faccia con i miei limiti come musicista, poi l’atto di abbandonare ciò che conoscevo e fidarmi di me stesso per suonare e scoprire che quella era la cosa più gratificante – in termini di risultati e come ci si sentiva. Nelle visite successive ho avuto più opportunità di esplorare la cultura, ed è incredibile quanto sia potente la musica Gnawa per quella comunità e quanto sia bella la sua centralità nella vita, ma sento davvero che ci sono forti parallelismi con il buon fine della cultura rave.
“Imagine this Is a High dimensional space of All possibilites” racconta un’atmosfera rave immaginaria costruita sui tuoi ricordi adolescenziali. Qual è stato il processo per scavare nei ricordi e quanto abiti in quel mondo parallelo che il disco disegna?
Non avevo altra scelta che scavare nei ricordi: essere rinchiuso per la pandemia mi ha davvero ricordato di essere cresciuto in una piccola città nella campagna inglese, sognando di uscirne! Ma quel sentimento leggermente negativo mi ha aiutato a ritornare ad una sorta di posizione più pura, più innocente, cercando solo di rendere la musica gioiosa e generosa.
Le illustrazioni ispirate a Moebius aiutano ad arricchire la tua immaginazione. Ogni traccia corrisponde ad una particolare immagine nella tua testa. Questo processo avviene prima, dopo o durante la fase di composizione?
Ho iniziato a immaginarlo come una sorta di viaggio epico mentre scrivevo, stavo leggendo alcune storie di Moebius in quel momento, e immaginavo solo cose di cui il disco era una colonna sonora mentre scrivevo. Quando è finito e ho condiviso l’idea con Jorge Velez, l’illustratore, ha detto “ok ho capito”, ha ascoltato l’LP due volte e poi ha iniziato a disegnare. Ciò che è venuto fuori era così perfettamente vicino a quello che immaginavo!
Per te è importante creare e concepire la tua strumentazione. Dove va oggi la tua ricerca di strumenti creativi?
Mi sento più entusiasta di apprendere e costruire i miei strumenti piuttosto che acquistare strumenti di altre persone – qualcosa su synth instagram o chat su forum. Mi fa sentire triste dentro. Ho costruito software per controllare il sintetizzatore modulare per anni, è diventato qualcosa di abbastanza buono – l’idea era di farmi essere più libero sul palco e più veloce nell’improvvisare in studio e ha funzionato davvero.
Border Community è uno spazio artistico in continua evoluzione. Dove pensi che stia andando e quali direzioni vuoi prendere nel prossimo futuro?
Onestamente non conosco la risposta a questo! L’industria musicale è cambiata da quando abbiamo iniziato. Al momento siamo in una fase di sperimentazione e immaginazione cercando di capire come possiamo contribuire con qualcosa di buono..
Ultima domanda. Come immagini artisticamente James Holden tra dieci anni e come immagini il tuo futuro musicale?
Spero di poter continuare ad avere avventure come ho avuto negli ultimi dieci anni. Confrontarmi con gli altri, viaggiare per eventi interessanti e incontrare persone appassionate, quel genere di cose. Quel lato è davvero il migliore e mi sento così fortunato ad aver vissuto questa vita.
ENGLISH VERSION
James Holden, on the occasion of his next performance at the Electropark Festival in Genoa, talks about Parkett among the most significant projects of his over twenty-year career and new territories to explore.
James Holden is a sound astronaut guided by an infallible instinct and a rare emotional depth. Within his travels between oriental suggestions and leaps towards imaginary parallel worlds, a new road to take emerges in an ever new and surprising way. The skill of the producer from Exeter, a priori of the undeniable ability to govern the instruments in a masterful way, lies precisely in his desire to question himself.
“To ultimately leave behind me what I don’t need”. Those were the last words he used in the presentation of the latest recording effort “Imagine This Is a High Dimensional Space of All Possibilities”. Possibility is granted is imagined as a creative oasis in which James Holden gives form and substance to that teenager who dreamed of raves, between a desire for freedom and a natural vocation for lateral perspectives of the story.
His artistic maturity feeds on awareness but also on a dose of creative unconsciousness. Inside the story of the album there is the trance soul but also part of the recent experience thanks to the interventions of some members of Animal Spirits such as drummer Tom Page, saxophone by Christopher Duffin and percussion by Camilo Tirado.
An imaginary space that oscillates between the emotional organicity of reality and the unexplored galaxies of artificial intelligence. In that thin but tremendously fascinating border sculpted by an authentic nostalgia for dreams that have never come true, in which music becomes the soundtrack of everyday life in its complexity.
James Holden is ironic, dreamy, curious and never sated. And in this spontaneous enthusiasm that interrupts the static cyclicality of musical fashions, his work becomes fertile ground for a romantic vision, nourished by hopes and desires that give us the luxury of still being able to get excited.
We met him on the occasion of his next performance at the Genoese Electropark festival, between moments of reflection on his musical past and directions to be traced for the future. Enjoy the reading!
Welcome James Holden, it’s a real pleasure to have you as our guest. You are here in Italy for the Electropark festival in the splendid setting of the city of Genoa. Your sound map never stops expanding and seeking new ideas in the reality around you. I like to define it as organic music that feeds on the surrounding environment by constantly elaborating it. How important is it to know how to observe and read the world in all its complexity to make music in your opinion?
That’s nice! Yeah I’m very interested in music that has an organic quality. Nature is full of infinite detail and that detail originates in simple rules and webs of connections. I’ve always wanted to give my machines some life – to make that rich detail you either make it by hand or you try to make the systems that can make it under your control. And I never want to repeat myself too much, so I have to keep looking for inspiration..
When “The Idiots are winning” came out your slightly misanthropic vision of society gave a musically innovative as well as entertaining point of view. Do you still feel connected to that moment or how has your vision of society evolved? Do you feel more optimistic about the evolution and changes of the music industry?
It did sound misanthropic didn’t it. But I think I think the same thing as I did then – we could live in a nice world, but the people who we let win right now are not going to facilitate that. The music industry? Is a toilet. Although there are lots of people pushing in the right direction – for inclusivity and representation and etc, the fundamental problem is the structure of power.
The money all flows to the capital that owns everything – the tech platforms, the major labels, and away from independent organisations and individual musicians. And within that we’re incentivised to undersell each other, to grasp our own little bit of pie out of fear for our survival. If you’re reading this and have a sp*tify account, cancel it, install soulseek and spend your €10/mo on bandcamp, you’ll be contributing to the culture rather than paying venture capitalists.
Speaking of relationships and connections in the musical world, I think Luke Abbott is a producer with whom you share a lot. What relationship is there between you and how does your musical comparison develop?
Luke is one of the people who’s been the biggest influence on my music – when we met it began a new phase for me, was so great to have a buddy in technical exploration and in pushing the music in different directions. We talk a lot about approaches to music making, share max patches and stuff, but the best thing is just having another friend (after my partner Gemma) who I totally trust to talk about my work with.
I think an important moment in your career was the trip to Morocco in 2014 and the collaboration with Guinea and his band. I think it was a change in your conception of the function of music, its role in our lives. It was like this and what role should music have for you in our daily life today?
It was really important – on lots of levels – firstly coming face to face with my limitations as a musician, then the act of abandoning what I knew and trusting myself to just play and finding that that was the most rewarding thing – in terms of results and how it felt. On subsequent visits I got more opportunities to explore the culture, and it is amazing how powerful Gnawa music is to that community and beautiful how central it is to life, but I really feel there are strong parallels to the good end of rave culture.
“Imagine this Is a High dimensional space of all possibilities” tells an imaginary rave atmosphere built on your teenage memories. What was the process of digging into memories and how much do you inhabit that parallel world that the record draws?
I had no choice about digging into memories – being locked up for the pandemic really reminded me of growing up in a tiny town in the english countryside, dreaming of getting out! But that slightly negative feeling helped me get back to a kind of purer, more innocent position, just trying to make the music joyous and giving.
Illustrations inspired by Moebius help enrich your imagination. Does each track correspond to a particular image in your head? Does this process happen before, after or during the composition phase?
I did start imagining it as a kind of epic journey as I was writing, I was reading some Moebius stories at this time, and just kind of picturing things that the record was a soundtrack to as I wrote. When it was finished and I shared the idea with Jorge Velez, the illustrator, he was like ‘ok I get it’, listened to the LP twice then started drawing. What came out was so perfectly close to what I imagined!
It is important for you to create and conceive your instrumentation. Where does your search for creative tools go today?
I feel more excited learning and building my own tools than shopping for other people’s tools – something about synth instagram or forum gear chat makes me feel sad inside. I’ve been building software to control the modular synth for years, it’s grown into something quite good – the idea was to let me be more free on stage and quicker to improvise in the studio and it’s really worked.
Border Community is an ever-evolving art space. Where do I think it is going and what directions do you want to take in the near future?
Honestly I don’t know the answer to this! The music industry has changed since we started. At the moment we’re in a phase of experimenting and imagining trying to work out how we can contribute something good..
Last question. How do you imagine yourself artistically in ten years time and how do you imagine your musical future?
I hope I get to keep having adventures like I’ve had the last ten years. Playing with people, traveling to cool events and meeting passionate people, that kind of thing. That side of it is really the best and I feel so lucky to have lived this life.