Quando è in uscita un lavoro del produttore di Francoforte è giusto e doveroso aspettarsi l’inaspettabile. Con questa massima innegabile ci apprestiamo ad accogliere curiosi e un po’ impauriti il nuovo Roman che Flügel ci offre.
Dai primissimi anni novanta infatti, il bislacco personaggio produce e pubblica con diversi alias (Soylent Green, Roman IV, ro70, Eight Miles High) e, in collaborazione con Jörn Elling Wuttke, forma Alter Ego, Acid Jesus e Holy Garage. La mutevolezza dell’artista, negli anni ( non solo per quanto riguarda gli appellativi e i progetti ) non ha conosciuto né limiti né barriere, spaziando senza remore e timori all’interno del vortice esteso e imperfetto dei generi e sub-generi musicali. Tali confidenza e sprezzo del pericolo di incappare in figuracce, sono stati alimentati ( ricordarlo è quasi irrispettoso ) da una preparazione, esperienza e conoscenza musicale che nel mondo dell’ Elettronica hanno davvero pochi eguali. Basti ricordare la schiera di proseliti e plagi che hanno seguito un lavoro come ‘Geht’s Noch?’.
Ma parliamo finalmente di ‘Sliced Africa‘, EP che uscirà i primissimi giorni di Marzo. L’opera, anche se composta soltanto da tre brani, nasce, si sviluppa e termina, avvinghiata ad un ‘concept’ che come una sequenza di DNA ( vedi l’utimo brano ‘Spiritual Enhancer’ ) trova la Sua stessa soluzione ripercorrendo a ritroso le origini del “continente nero” fino a traslarlo nella sua versione più congeniale. Infatti Flügel ci propone nella ‘title track’ la danza di corteggiamento tra i suoni che hanno segnato le origini della sua formazione musicale e il ritmo ancestrale basato sulle percussioni di un continente che è in grado di offrire tutte le sfumature di magia e mistero. A tutto ciò il nostro Roman arriva tramite un’ introduzione un po’ vanitosa e a tratti ripetitiva. ‘Black Towers’ sembra voler essere lo specchio di un artista che non vuole invecchiare, nonostante i segni delle tante conquiste pare quasi ribadire il proprio ruolo di punto di riferimento, fonte d’ispirazone , come un dio immortale. E proprio tornando alla nostra doppia elica, rimaniamo esterrefatti nel vedere il lavoro concludersi venerando e aspirando con un filo di ambizione agli Dei per eccellenza, c’è bisogno di citarli?
Claudio Capponi