Un’ode alle macchine. Questo è, senza giri di parole, il nuovo lavoro di Polar Inertia per ‘dement3d‘. I visionari transalpini, alla prima fatica di lunga durata, vedranno l’8 Giugno pubblicato l’atteso EP ‘ Kinematic Optics‘, che si candida di diritto ad entrare nella discoteca personale di ogni appassionato.
Entriamo un po’ più a fondo nel mondo PI; con questo doppio vinile (il primo classico nero e il secondo bianco) facciamo subito conoscenza con gli scenari rigidi e post industriali che sono i veri protagonisti di questa produzione, ma andiamo per ordine.
Il primo brano ‘Floating Away Fire‘ ci introduce (ci scaraventa sarebbe forse più appropriato) in una selva di synth che rendono l’ambiente circostante nebbioso e impalpabile, un po’ come se fossimo le malcapitate vittime di un film horror di serie B ove l’unica trama è, per l’appunto, ciò’ che ci sta attorno e che percepiamo ma non vediamo; il ritmo incalzante e crescente durante tutta la durata della traccia ben esplica questa similitudine.
‘Hell Frozen Over‘ rimette un po’ d’ordine, quantomeno a livello stilistico. La cassa costante e secca (passatemi l’orrido aggettivo) ben si accompagna con la linea melodica che viene arricchita inaspettatamente da arpeggiatori che toccano sonorità alle quali non eravamo stati abituati nelle precedenti uscite di PI; oltretutto le lamiere che tagliano questo inferno di ghiaccio ci ricordano come questo sia un concept album, tutto è macchina, e i macchinari ci schiavizzeranno.
Cambiamo lato ed ecco ‘Vertical Ice‘, classica traccia da dancefloor che ci fa apprezzare l’eclettismo ma anche la fedeltà al concetto guida del lavoro, si ricorre per la prima volta a voci campionate.
A chiudere il primo disco e anche la lista degli ‘Original Mix‘ è la title track che in effetti delinea in modo più nitido questo scenario apocalittico che Polar Inertia ci propone. ‘Kinematic Optics‘ ha l’aria di essere un messaggio ritrovato dopo che di vita biologica non è rimasto più nulla, le vittime delle macchine ora diventano le macchine stesse e la voce che ci parla rende noto ma soprattutto inquietante il nuovo presente, non vi anticipo nulla.
Ma eccoci all’attesa e candida sorpresa. Estraendo il secondo disco dalla custodia finemente decorata, ricordiamo che dall’artwork ai più minimi dettagli di forma è tutta farina del sacco Polar Inertia, notiamo come già anticipato il colore bianco del prodotto ma soprattutto che abbiamo solo un brano per lato. Ma non sono due brani normali, anzi , non sono minimamente due brani ; infatti accogliamo stupefatti e incuriositi il regalo che ci fa PI, ovvero l’intero live di quaranta minuti circa (parte 1 e parte 2) presentato e registrato lo scorso anno all’ expo di Bruxelles. Tutta la rassegna è stata uno sforzo collettivo dove gli artisti hanno davvero messo la propria firma sulle forme artistiche che la Techno rappresenta per ognuno di essi. ‘Can We See Well Enough To Move On‘ è stato infatti un unico e solo dono che ha chiuso la rassegna belga , davvero innovativa per quanto riguarda le arti moderne.
Sia le prime quattro tracce sia il live finale hanno lo stesso comune divisore, l’attitudine ”Polar Inertiana” di comporre musica come se fosse la colonna sonora dell’oblio e della scomparsa degli individui, una Techno che si divide tra il buio di una terra distrutta da armi nucleari e l’accecante luce della magia dei bambini di Polar.
Claudio Capponi.