The Mover, Marc Acardipane, sarà di nuovo in Italia in compagnia, ancora una volta, dei ragazzi di No Pizza Rave. Nel frattempo lo abbiamo intervistato e ci ha parlato anche delle sue origini italiane.
Da un po’ di tempo a questa parte la musica elettronica, o almeno una parte di essa, sta aumentando notevolmente i battiti per minuto. Una crescita costante che presumibilmente è il risultato di diversi fattori musicali, ma anche extramusicali, diciamo social e sociali, sicuramente interconnessi. Il perché di questo fenomeno (ed altre cose un po’ più personali) lo abbiamo chiesto direttamente a Marc Acardipane – The Mover.
DJ tedesco, classe ’69, noto per essere considerato uno degl’inventori dell’hardcore techno e, quindi, anche uno dei principali colpevoli (si dice scherzando) di questa tendenza.
Tutto è iniziato circa 34 anni fa, nell’aprile del 1989, quando Acardipane, insieme al socio Thorsten “Slam Burt” Lambart, fondarono la PCP, la Planet Core Productions, etichetta sulla quale nel ’91 uscì “We Have Arrived”, di Mescalinum United (altro vecchio pseudonimo di Marc), calcolata come la prima traccia hardcore ad essere stata pubblicata, successivamente anche remixata da Aphex Twin.
The Mover sarà, quindi, il protagonista della nostra interessante intervista di oggi. Ma non sarà solo, perché qualche domanda l’abbiamo rivolta anche a Daniele Scaccia (aka Atomic Bassline), proprietario dell’universo No Pizza Records, e Sour del Club 303.
Infatti, dopo la strabiliante serata al Cieloterra di Roma c’è in arrivo il secondo evento a firma No Pizza Rave, questa volta organizzato al Club 303 di Firenze, il prossimo sabato 11 marzo.
Alla console vedremo i nostri tre intervistati, Marc, come The Mover, Atomic Bassline, e Sour in compagnia di 00100, 303 Vision e Brosco, per una serata dura e veloce. Sicuramente.
Aspettando la musica però, nel frattempo, possiamo leggere le parole che questi tre artisti ci hanno lasciato, ricche di spunti e di riflessioni sul clubbing, i rave e il panorama elettronico.
L’intervista a Marc Acardipane
Ciao Marc e benvenuto in Parkett. Come va? Uno dei tuoi tanti pseudonimi, Acardipane, mi ha sempre incuriosito. Trovo un non so che di italiano (lol). Ma quali sono le tue vere origini?
Ciao Nicola, mio nonno è italiano. Si chiamava Giorgio Acardipane, ma abbiamo scoperto l’anno scorso che poteva anche essere scritto “Arcadipane“. Né mio padre né io lo abbiamo mai incontrato. Abbiamo solo una foto dove sul retro c’era scritto “Giorgio Acardipane“. Andrea (DJ Cirillo) mi ha detto lo scorso anno che “Arcadipane” è un nome siciliano. Mi ha anche raccontato che molti siciliani andarono nel Nord Italia durante la seconda guerra mondiale. Le nostre ricerche di Georgio finivano sempre al nord, quindi abbiamo dedotto che potesse provenire da lì. Era di stanza a Francoforte sul Meno come soldato e lì conobbe mia nonna. Hanno avuto una relazione da cui è nato mio padre. Però lei era già sposata con un altro uomo, che all’epoca era da qualche parte al fronte in guerra.
Sono molto felice di avere radici italiane anche perché amo così tanto il paese che ho preso questo nome come mio nome d’arte.
È bello scoprire questo, anche noi ne siamo fieri. Però, nel tempo, hai adottato diversi pseudonimi. Da dove nasce questa esigenza e come riesci a districarti tra i vari alias quando produci?
Adesso uso solo The Mover, che mi è stato dato a Francoforte come soprannome e, perlappunto, Marc Acardipane. Producevo ogni giorno e i tanti alias mi davano la libertà di creare musica in tutte le sue sfaccettature. Ogni giorno provi una sensazione diversa e la musica è sopratutto emozione. Oggi, invece, non sarebbe un vantaggio per un artista avere molti pseudonimi. Troppa confusione per la gente!
Effettivamente… Ma ero curioso di capire: di solito quando elabori un nuovo progetto qual è il primo passaggio? Crei prima la traccia e poi la ‘assegni’ ad uno dei vari pseudonimi, oppure hai le idee ben chiare e parti già sapendo sotto chi rinominarla?
Io comincio a produrre e poi decido. Una volta, negli anni ’90 mi sono proprio seduto a tavolino con Thorsten (insieme gestiamo PCP e tutte le sottoetichette) e abbiamo considerato quale traccia corrisponde a quale alias. Naturalmente, questo fa anche sembrare la nostra etichetta molto più grande. Thorsten era un geniale cercatore di nomi. Ciascuno dei miei pseudonimi è un pezzo della mia personalità.
A proposito di personalità. Sei considerato, a tutti gli effetti, l’inventore dell’hardcore. Tornando indietro nel tempo quanto ne eri consapevole al momento della produzione?
Quando stavo producendo “We Have Arrived” sapevo che qualcosa di magico stava per accadere, qualcosa senza precedenti. Quando ho sentito il mix finale, la mattina presto, il sole splendeva attraverso le lenzuola direttamente sulla mia faccia. Come qualcuno che cercava di dirmi “Questo è quello giusto!”
Com’erano quegl’anni negli ambienti rave? C’è qualche aneddoto che vuoi raccontarci?
Guarda, si è appena svolto, di nuovo, un momento davvero incredibile in un rave. Thunderdome, dicembre 2022. 22.000 raver hardcore in una sala che ballano con me. La vista dal palco era travolgente. L’organizzatore mi ha detto poco prima della mia esibizione che dovevano chiudere i cancelli a causa del sovraffollamento.
Impressionante. E della scena elettronica attuale, invece, cosa ne pensi?
Tutto è in continua evoluzione. Devi adattarti ai nuovi tempi. Non solo musicalmente, ma in tutto il resto.
Che mi piaccia, o no.
Alcune cose sono peggiori, altre migliori rispetto ai primi tempi.
Te lo chiedo perché secondo me sembra che ormai tutto si risolva in quei 15/30 secondi di video su Tik-Tok o Instagram, anche per quella musica che un tempo si vantava di essere underground. La cosa paradossale è che proprio in quei pochi secondi si concentrano velocità e drop lanciati da cui ne scaturisce una sorta di genere hadstyle techno che deriva dall’hardcore che, in fin dei conti, è riconducibile a te. Ti volevo chiedere cosa ne pensavi o se ti eri fatto un’idea su questo fenomeno.
Il mondo si muove velocemente. Una marea di informazioni ci bombarda ogni giorno. È difficile concentrarsi e dobbiamo stare attenti a non perdere la nostra attenzione per le cose importanti della vita. Questo lo dico con preoccupazione. E sì, anche la musica è diventata molto più dura proprio come le nostre vite. Abbiamo una guerra tra vicini, una recessione e il nostro futuro è incerto. In questi tempi, le persone vogliono distrazione e, naturalmente, musica che permetta loro di dimenticare, per un momento, la vita quotidiana o la paura!
E i ragazzi di No Pizza Rave? So che stai facendo diverse date in giro per l’Italia in loro compagnia.
Amo questi ragazzi! Portano la musica nel cuore. Mi piace molto lavorare con persone così. Sì, abbiamo appena fatto un grande evento a Roma (Cieloterra, ndr) e il prossimo fine settimana verremo a Firenze.
Domanda secca: Rave party o Club?
Entrambi!
Perché?
Entrambi hanno le loro bellezze! Non potrei scambiare l’uno con l’altro.
Siamo giunti alla fine della nostra chiacchierata. Ti ringrazio davvero. E come faccio sempre nelle mie interviste ti lascio, se vuoi, uno spazio libero in cui esprimere la tue istanze o un tuo libero pensiero.
Grazie per la bella intervista, Nicola, e spero di vedervi tutti al Club 303 di Firenze per il No Pizza Rave!
Grazie ancora, Marc, a presto allora. Ciao.
Intervista a Daniele Scaccia – owner di No Pizza Rave
Ciao Daniele, noi già ci conosciamo. Ma forse i nostri lettori sono più interessati a No Pizza Rave, label che più volte è passata sotto i radar di Parkett. Quando hai creato l’etichetta cosa volevi mettere insieme sotto l’idea di No Pizza Rave?
Ciao Nicola, intanto grazie a te e Parkett, è sempre un piacere collaborare con voi.
Partiamo dalla genesi e perché si è creata…
No Pizza Rave nacque intorno alla metà dei 2000’s, quando la scena Hardcore italiana cambiò molto da quella di cui ci eravamo innamorati (scriverò spesso al plurale perché come tu sai, tutto ciò lo facevo con Giuseppe “D-LERIA“, mio fratello gemello o meglio “Twinz“). Il problema per noi non fu tanto il cambiamento, ma il nuovo sound “New Style / Mainstream” che non ci apparteneva proprio. Di conseguenza molti party (soprattutto i più importanti) e anche molti artisti, si lasciarono coinvolgere da questo nuovo mondo.
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Perché proprio questo nome?
E noi? C’era una piccola parte di gente che non si accontentava delle proposte, in gergo “Pizza”, come scherzosamente venivano definite. In quel periodo organizzavamo gli “ALARMA RAVE“, dei piccoli free-party tra Frosinone e Roma, alternati da un’altro format più esplicito, appunto i “NO PIZZA RAVE“.
Non c’erano i party, figuriamoci i dischi. Per noi, figli di Ruffneck e soprattutto Walter One, data la scarsa domanda (l’offerta lo era altrettanto), riuscire a fare un disco era pura utopia. Iniziammo quindi a produrre e stampare direttamente su una nostra label!
Creai il noto logo (il simpatico pizzaiolo con tanto di falso sorriso, racchiuso in un divieto) e nell’estate del 2006, con il nostro singolo “Tranz Lirix” demmo vita alla NO PIZZA RECORDS.
Le label che rilasciavano dischi Artcore-Gabber o buona Industrial/Speedcore erano poche. Oltre all’Industrial Strength, Headfuck, l’H2oH, Mascha Records e qulche altra, c’era e ovviamente la Mokum Records di Amsterdam in cui entrammo a farne parte, poco dopo, come The Twins Artcore.
Creare una label del genere in quegli anni fu per molti una cosa senza senso. A noi importava poco sinceramente, volevamo ridare luce a quel sound Hardcore morto nel 98’ come si credeva e riproporlo a modo nostro, ma purtroppo all’inizio c’erano, sì, molti DJ, ma non tanti altri produttori oltre a noi. Solo dopo il 2009-2010, grazie anche al grande sostegno di Frantic Freak, della Cenobite Records e al grande ritorno dell’universo “Hellraiser/ Digital Overdose” sotto forma di “Pandemonium“, tutto cambiò e ci fu una crescita esponenziale fino ad arrivare ai nostri giorni, con infinite nuove release, artisti e party.
È iniziato tutto per scherzo, ma alla fine questa label è stata la scintilla che ha ridato luce a quel mondo allora svanito.
Allora dopo circa 17 anni, si può fare un bilancio sull’attività?
Riguardo gli eventi e la label, bilancio molto positivo e sempre in crescita. Ad oggi No Pizza Records racchiude varie sub-serie in base alla loro sfumatura: “No Pizza Rave” per progetti principalmente Acid-Techno, Twins Records, Overdrive Records e F**king Hardcore, prettamente Hardcore, Lilith Storm Records, label creata per progetti IDM-Electro-Techno in collaborazione con “I Pianeti Spenti“.
Tra i vari artisti che hanno rilasciato sulla label, c’è appunto Marc Acardipane, ma anche Gabber Eleganza, Walter One, The Destroyer, Domenico Crisci, Chosen Few, Jaquarius, Somatic Responses, Cosimo Damiano, Sonic Belligeranza, The Speedfreak… Oltre ovviamente a tutti noi “resident” come Akkaelle, 00100, 303 Vision, Delirio (aka D-Leria, ndr) ed io come Atomic Bassline o Danytribe.
Tanti bei nomi! Dicci, allora, le 5 tracce rappresentative della label a tuo avviso.
The Mover – The Emperor Takes Place
Error-909 – Not Found
Ingler – T-plus
Akkaelle – Tr8k
Disciples of Annihilation – Extreme Gangsta
Intervista a Sour – Club 303 (Massimiliano Dorigo)
Ciao Max, piacere di conoscerti. So che sei uno dei proprietari nonché direttore artistico del “Club 303” di Firenze. Ero curioso di sapere subito qual è la tua idea, la tua visione di club.
Ciao Nicola. La mia idea di club è un posto dove potersi distaccare dalla monotonia e dalla “normalità” della vita quotidiana, un posto di aggregazione dove poter condividere, un posto dove poter esprimere liberamente se stessi senza dover essere giudicati. Un posto dove potersi acculturare (musicalmente parlando), dove imparare come e perché esistono certi generi musicali, e non per ultima cosa, dove poter avere un’esperienza musicale e visiva di alto livello.
Con che tipo di proposte volete inserirvi nel panorama italiano della musica elettronica?
Stiamo cercando di portare avanti una linea di musica underground, staccandoci dal mainstream e non seguendo le mode del momento. Non chiamiamo gli artisti che suonano da noi in base al numero di follower che hanno sui social, ma ci basiamo sulla qualità delle loro proposte musicali, il loro modo di fare musica e anche la loro storia.
Principalmente stiamo cercando di non proporre un solo genere musicale. Stiamo cercando di variare in modo da far conoscere a tutti varie sfaccettature di quella che chiamiamo musica elettronica, iniziando dalla techno più scura e ipnotica, per passare all’electro e ritmi spezzati, a sonorità piu distorte e distopiche, bass music, drum & bass, dub, idm e non solo.
Vogliamo proporre un esperienza musicale a 360°, rimanendo nel “filone” underground della musica.
E a tuo avviso cos’è che manca al clubbing italiano per stare al passo, o comunque rendere questi luoghi luoghi di cultura, e non solo mere discoteche, come succede nei paesi del Nord Europa? (Cosa ne pensi di questo argomento)
Ciò che manca, a mio avviso, è tutta la parte culturale, storica e sociale della musica elettronica. Come sono nati certi movimenti, il perché esistono, cosa cercano di trasmettere. Ad oggi, la maggior parte delle persone che entra in un club, spesso, lo fa semplicemente per passare una serata tra sballo e musica…Sarebbe bello se non fosse solo così: sperimentare nuovi generi musicali; partecipare a talking attivi dove poter conoscere background di artisti, culture e sottoculture; apprendere come vengono fatti determinati generi musicali e imparare a proporre le proprie “idee” di musica.
Ok, sei stato chiarissmo Max. Grazie per il tuo contributo e per il lavoro che fai.
English Version
Ciao Marc, and welcome to Parkett. How is it going? One of your many pseudonyms, Acardipane, has always intrigued me. I find a I don’t know what of Italian (lol). But what are your true origins?
Ciao Nicola, my grandfather is Italian. His name was Giorgio Acardipane, but we found out last year that it might also have been spelled “Arcadipane”. Neither my father or I have ever met him. We only have one photo and it said “Giorgio Acardipane” on the back. Andrea (DJ Cirillo) told me last year that “Arcadipane” is a Sicilian name. He also said that Sicilians were in Northern Italy during World War II. Our traces of Georgio always ended in the north, so we figured he might be coming from there. He was stationed in Frankfurt am Main as a soldier and met my grandmother there. They had an affair from which my father came out. But she was married to another man who was somewhere at the front at the war at the time.
I was very happy to have Italian roots as I love the country so much that I took the name as my stage name.
It’s nice to discover this, we’re pround of it too. However, over time you have adopted several pseudonyms. Where does this need come from and how do you manage to unravel the various aliases when you produce?
Today I only use “The Mover”, which was given to me in Frankfurt as a nickname and “Marc Acardipane”. I used to produce every day and the many aliases gave me the freedom to create music in all facets. Every day you have a different feeling and music is emotion. Today it would not be an advantage to have many aliases. To much confusion for the people!
Actually it is… But I was curious to understand: usually when you develop a new project what is the first step? usually when you develop a new project what is the first step? Do you first create the track and then ‘assign’ it to one of the various pseudonyms, or do you already have clear ideas and start already knowing who to rename it under?
I just start producing and i decide later. In the 90s I then sat down with Thorsten (together we run PCP and all the sublabels) and we considered which track goes with which alias. Of course, this also makes our label look much bigger. Thorsten was the name-finder genius. Each of my aliases is a piece of my personality.
About personality. You are considered, to all intents and purposes, the inventor of hardcore. But going back in time how aware were you of this at the time of production?
When I was producing “We Have Arrived” I knew something magical, unprecedented was happening here. When I heard the finsh mix early in the morning, the sun was shining through the towels directly in my face. Like someone trying to tell me “That’s the one!”
How were those years in rave circles? Is there any anecdote you want to tell us?
Look, a very impressive moment at a Rave has just taken place again. Thunderdome December 2022. 22,000 hardcore ravers in one hall dancing with me. The view from the stage was overwhelming. The organizer told me shortly before my performance that they had to close the gates because of overcrowding.
Awesome. What do you think of the current electronic scene instead?
Everything is constantly changing. You have to adapt to the new times. Not musically, but everything else around it.
Whether I like it, or not.
Some things are worse, some things better than in the early days.
I ask you this because in my opinion it seems that by now everything is resolved in those 15/30 seconds of videos on Tik-Tok or Instagram, even for that music that once boasted of being underground. The paradoxical thing is that in those few seconds speed and launched drops are concentrated from which a sort of techno hardstyle genre arises that derives from hardcore and therefore ultimately attributable to you. I wanted to ask you what you thought or if you had an idea about this phenomenon.
The world moves fast. A flood of information bombards us every day. It’s hard to focus and we have to be careful that we don’t lose our attention for the important things in life. I see this with concern. And yes, the music has gotten much harder just like our lives. We have a neighborhood war, a recession and our future is uncertain. In such times, people want distraction and of course music that lets them forget everyday life/fear for a moment!
And what about the guys from No Pizza Rave? I know you are doing several dates around Italy in their company.
I love these guys! They carry the music in their hearts. I really like working with people like that. Yes, we just did a great event in Roma (Cieloterra, ed) and next weekend we’re coming to Florence.
Quick question: Rave party or Club?
Both!
Why?
Both have their beauties! I couldn’t trade one dor the other.
We have come to the end of our chat. I truly thank you. And as I always do in my interviews, I’ll leave you, if you want, a free space in which you can express your request, your free thought.
Thank you for the nice interview and I hope to see you all at Club 303 in Florence for the No Pizza Rave!
Thanks again, Marc, see you soon then. Ciao.
Interview with Daniele Scaccia – owner of No Pizza Rave
Hi Daniele, we already know each other. But perhaps our readers are more interested in No Pizza Rave, a label that has repeatedly passed under Parkett’s radar. When you created the label what did you want to put together under the idea of No Pizza Rave?
Hi Nicola, meanwhile thanks to you and Parkett, it’s always a pleasure to collaborate with you.
Let’s start from the genesis and why it was created…
No pizza rave was born around the mid 2000’s, when the Italian Hardcore scene changed a lot from the one we fell in love with (I will often write in the plural because as you know, I did all this with Giuseppe “D-LERIA“, my twin brother or better “Twinz”). The problem for us was not so much the change, but the new “New Style / Mainstream” sound that didn’t really belong to us. Consequently many parties (especially the most important ones) and also many artists, got involved in this new world.
Why exactly this name?
And about us? There was a small part of people who were not satisfied with the proposal, in slang “Pizza“, as they were jokingly defined. At that time we organized the “ALARMA RAVE“, small free-parties between Frosinone and Rome, alternated by another more explicit format, precisely the “NO PIZZA RAVE“.
There were no parties, let alone records. For us, sons of Ruffneck and above all Walter One, given the low demand (the supply was just as low), being able to make a record was pure utopia. We then began to produce and print directly on our own label!
I created the well-known logo (the nice pizza chef with a fake smile, enclosed in a prohibition) and in the summer of 2006, with our single “Tranz Lirix” we gave life to NO PIZZA RECORDS.
There were few labels that released Artcore-Gabber or good Industrial/Speedcore records. Besides Industrial Strength, Headfuck, H2oH, Mascha Records and some others, there was of course Mokum Records from Amsterdam which we joined shortly after as The Twins Artcore.
Creating such a label in those years was meaningless for many. It didn’t matter to us sincerely, we wanted to give light to that Hardcore sound that died in 98′ as we believed and re-propose it in our own way, but unfortunately at the beginning there were, yes, many DJs, but not many other producers besides us. Only after 2009-2010, thanks also to the great support of Frantic Freak, Cenobite Records and the great return of the universe “Hellraiser / Digital Overdose” in the form of “Pandemonium“, everything changed and there was an exponential growth up to nowadays, with endless new releases, artists and parties.
It all started as a joke, but in the end this label was the spark that gave life back to that vanished world.
So after about 17 years, can we take stock of the activity?
Regarding the events and the label, a very positive balance that is always growing. To date No Pizza Records contains various sub-series based on their nuance: “No Pizza Rave” for projects mainly Acid-Techno, Twins Records, Overdrive Records and F**king Hardcore, purely Hardcore, Lilith Storm Records, label created for IDM-Electro-Techno projects in collaboration with “I Pianeti Spenti“.
Among the various artists who have released on the label, there is Marc Acardipane, but also Gabber Eleganza, Domenico Crisci, Walter One, The Destroyer, Chosen Few, Jaquarius, Somatic Responses, Cosimo Damiano, Sonic Belligeranza, The Speedfreak… Besides of course to all of us “residents” like Akkaelle, 00100, 303 Vision, Delirio (aka D-Leria, ed) and me like Atomic Bassline or Danytribe.
So many beautiful names! Tell us, then, the 5 representative tracks of the label in your opinion.
The Mover – The Emperor Takes Place
Error-909 – Not Found
Ingler – T-plus
Akkaelle – Tr8k
Disciples of Annihilation – Extreme Gangsta
Interview with Sour – Club 303 (Massimiliano Dorigo)
Hi Max, nice to meet you. I know you are one of the owners and artistic director of the “Club 303” in Florence. I was curious to know right away what your idea is, your vision of the club.
Hi Nicola. My idea of a club is a place where you can detach yourself from the monotony and “normality” of everyday life, a place where you can get together, a place where you can freely express yourself without having to be judged. A place where you can acculturate (musically speaking), where you can learn how and why certain musical genres exist, and last but not least, where you can have a high-level musical and visual experience.
What kind of proposals do you want to enter the Italian electronic music scene with?
We are trying to carry on an underground music line, detaching ourselves from the mainstream and not following the fashions of the moment. We don’t call the artists who play with us based on the number of followers they have on social networks, but we rely on the quality of their musical proposals, their way of making music and also their history.
Mainly we are trying not to propose just one musical genre. We are trying to vary so as to make everyone aware of various facets of what we call electronic music, starting from the darkest and most hypnotic techno, to electro and broken rhythms, to more distorted and dystopian sounds, bass music, drum & bass, dub, IDM and more.
We want to offer a 360° musical experience, remaining in the underground “trend” of music.
And in your opinion, what is missing in Italian clubbing to keep up, or in any case make these places places of culture, and not just mere discos, as happens in Northern European countries? (What do you think about this topic)
What is missing, in my opinion, is the whole cultural, historical and social part of electronic music. How certain movements were born, why they exist, what they are trying to convey. To date, most of the people who enter a club often do it simply to spend an evening between stoned and music… It would be nice if it weren’t just like this: experimenting with new musical genres; participate in active talks where you can learn about the background of artists, cultures and subcultures; learn how certain musical genres are made and learn how to propose your own “ideas” of music.