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Maria Chiara Argirò, se dovessimo descriverla con un colore sarebbe sicuramente un rosso accesso, se dovessimo ridisegnarla, sarebbe la forma più astratta che possa esistere; uno scarabocchio che si modifica e si plasma a seconda delle prospettive e vedute, una continua sperimentazione tra l’abbondanza creativa e l’esosità artistica.

Con Maria Chiara Argirò, è stato un incontro idilliaco, una empatia fortissima, uno sproloquio frontale tra due culture differenti ma corrispondenti, una complicità a tu per tu ben adagiate su una vasca settecentesca nella splendida dimora quale Palazzo Biscari, in occasione del Ricci Weekender.

La sua clorofilla è l’osservazione del suono, e la leggerezza di appesantirlo nelle forme di elegantissime assonanze tra elementi accordati e stritolati nel suo contesto culturale; in una Catania caldissima, la sua strepitosa irriverenza espressiva e musicale ha attraversato le verticalità del suo stesso talento, dominando la descrizione di una sceneggiatura che si accorciava, allungava e stringeva secondo gli arricciamenti della sua ritmica.

Il suo percorso è complessivamente coraggioso, l’ideazione di un progetto musicale che sovrasta i confini e gli spazi, rendendosi\dandosi unicamente a nuovi luoghi acustici. La semplicità tecnica, che riemerge uno studio profondo, che accarezza le capacità di improvvisazione di abbandonare i lineamenti precisi per definire e determinare una dialettica musicale eccellente. Connubio di elementi sinteticamente melodici e linee sonore precisamente squilibrate, un continuo avanzamento verso corrispondenze tra dinamiche artistiche e avanguardistiche creazioni.

Ecco cosa ci ha raccontato Maria Chiara Argirò

Ciao Maria Chiara! Benvenuta su Parkett! Un’estate intensissima. Come hai vissuto questo grande interesse da parte dell’Italia nei confronti del tuo progetto musicale?

Ne sono felice e onorata, soprattutto perché, vivendo all’estero da tanti anni, è sempre importante mantenere un forte legame con le proprie radici, e questo interesse da parte dell’Italia mi ha aiutato a fortificarlo.

Il Festival, è una formula che in Italia sta funzionando sempre di più, sono molte le realtà presenti nel nostro Paese, che propongono un’offerta artistica varia investendo anche sull’arte performativa e sul visivo. Dal punto di vista lavorativo, tirando un po’ le somme e facendo un paragone, tra il tuo paese e il paese in cui hai scelto di vivere, che differenza trovi nella percezione del tuo progetto?

In Italia ho riscontrato sicuramente da parte del pubblico molta curiosità e sorpresa: una cosa successa in modo naturale, senza forzature. Sicuramente qui nel Regno Unito si è esposti continuamente (durante tutto l’anno e non solo durante i festival) ad un certo tipo di musica che “rischia”, sperimenta e osa. Mi auguro che ci si possa aprire sempre di più a questo rischio e a nuove sonorità anche in Italia: ci sono tanti artisti che stanno spingendo verso il “nuovo” anche in Italia… spero possano essere accolti e ascoltati con entusiasmo. Sono convinta che esporsi ed esporre un certo tipo di musica meno mainstream contribuirà a una crescita di eventi e a una curiosità maggiore. È quello che è successo e sta succedendo qui nel Regno Unito.

Negli ultimi anni l’electro- jazz si è tinto di rosa e, finalmente possiamo parlare di line up “inclusive”. Come stai vivendo il momento di grande successo insieme a nomi come Nala Sinephro o Emma- Jean Thackray. Possiamo, finalmente parlare di equità artistica?

Sì è vero, si è tinto di rosa perché è da tanti anni che si sta “sgomitando” e facendo presente la questione. Questo è incoraggiante, ci sono tantissime organizzazioni, associazioni e artisti/e che se ne fanno portavoce. Purtroppo però le line-up di molti, troppi festival non hanno ancora raggiunto “un’equità artistica di genere” e spesso i nomi femminili non appaiono o se sono inclusi si tratta di “aperture” piuttosto che di “headliners”. Però piano piano, un passo alla volta ne usciremo (spero…). Io sono fiduciosa, ma bisogna rimboccarsi le maniche.

L’Inghilterra, con le sue stravaganti usanze, e con i suoi affascinanti luoghi artistici, ha sicuramente marcato e definito uno stile creativo che influenza notevolmente le nuove tendenze, rispettando le sue origini culturali residenti negli anni martellanti a cavallo tra i settanta e gli ottanta; il nuovo jazz risiede prevalentemente nella capitale inglese. Come si vive da artista e come viene considerato il settore artistico?

Per la musica e l’arte l’Inghilterra è davvero un posto incredibile, pieno di stimoli e di eventi che ti ispirano a cercare sempre più una propria creatività. Non è sempre facile ovviamente essere un’artista, però io qui ho trovato una dimensione ideale per fare musica e scoprire la mia visione artistica ed umana. La musica o il nuovo jazz, però, non si limita a Londra, ci sono delle realtà musicali molto interessanti anche a Glasgow, Bristol per esempio; è davvero importante anche sottolineare questo e non limitare i confini geografici e non.

I tuoi progetti mettono in evidenza un lavoro di ricerca, un percorso che traccia una linea evolutiva. Ci racconti come “nascono le idee”, cosa contiene il momento creativo? E quale il filo rosso che lega il tuo primo lavoro all’ultimo?

“Forest City” lo sento come un punto di partenza, in parte si tratta di un album di debutto per me, per vari motivi. Forse perché è la prima volta che canto su un mio disco o che mi libero di certe “maniere” del jazz. Solitamente le prime idee nascono, diciamo, “nude”, acustiche, al pianoforte e cantandoci sopra delle melodie. È un momento molto bello e intimo quando le idee nascono così in modo puro senza tante aggiunte o stratificazioni sonore. Se dovessi trovare un filo rosso che lega i miei lavori è sicuramente nella ricerca profonda di idee melodiche, una ricerca che spero, non abbandonare mai. Anche qualora queste idee siano nascoste o trasfigurate in un altro suono o diventino beat elettronici, è sempre presente, al momento.

Cosa diresti alla Maria Chiara Argirò di dieci anni fa?   

Di seguire sempre l’istinto.

Un featuring che sogni?

Ci sono tanti artisti interessanti con cui mi piacerebbe collaborare (ho paura che se li nomino questo non possa mai avvenire!). Sono sempre aperta alle collaborazioni e mi piace guardare e imparare dai mondi musicali di altri artisti. Presto, incrociando le dita, uscirà della mia nuova musica in collaborazione con un artista americana che ammiro da tanto tempo, quindi, ecco, un piccolo grande sogno che si avvererà.

Ti ho ascoltata live di recente in occasione del Ricci Weekender. Permettimi un apprezzamento rivolto a Riccardo Chiaberta e Christos Stylianides. Sono evidenti le affinità artistiche. Come è nata la collaborazione tra di voi?

Riccardo e Christos sono due musicisti incredibili, versatili e dalla profonda sensibilità. Con Riccardo abbiamo dal 2019 un progetto beat-driven chiamato “Moonfish” con cui abbiamo iniziato la nostra collaborazione e sintonia musicale; Christos l’ho scoperto ascoltando i suoi vari progetti e l’ho invitato in sala prove qualche anno fa sentendoci subito in sintonia quanto a gusti e ricerca sonora. Li ho invitati entrambi a registrare l’album “Forest City”. Durante il lavoro di produzione dell’album però sono stata molto selettiva e specifica sulle mie scelte di determinate sonorità. Nel live tuttavia trovo sia fondamentale liberarsi da certi vincoli della produzione del disco, quindi cerco di osare, ricercare, sperimentare e spingere le nostre possibilità sonore (essendo in 3 sul palco) un po’ di più e sono contenta di avere l’opportunità di crescere musicalmente con loro ed evolvere o ampliare la sonorità dei miei brani durante i concerti.

​Pensi che il nostro Paese, nel settore artistico sia troppo legato ad un concetto di immagine e assecondi tendenze che riducono il talento artistico?

Sicuramente ci si preoccupa un po’ troppo spesso delle tendenze e si finisce di dimenticarsi della cosa più importante che è la musica.

Un’ultima domanda. I tuoi nuovi progetti prevedono commistioni culturali, uno sguardo al di là dell’Oceano o nelle mediterraneità più estreme? Puoi anticiparci qualcosa?

Ci sono vari progetti molto diversi tra di loro che usciranno nei prossimi mesi… Nel frattempo sto iniziando a lavorare ai miei nuovi brani (a dire il vero lo sto facendo da un po’), però al momento voglio lasciare queste idee indefinite senza etichettarle o collocarle geograficamente. Per ora mi affaccio ad esplorarle.

Giulia Massara