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I Mathame, tra gli artisti italiani al momento più di successo nel panorama internazionale, raccontano su Parkett il loro universo, tra passioni non convenzionali e nuovi progetti.

I Mathame nell’ultimo anno hanno decisamente cambiato il passo di marcia. Due ragazzi cresciuti tra la fredda Bergamo e l’Etna in Sicilia, che oggi figurano tra gli artisti più richiesti al  mondo.

Ogni tanto è necessario uno sforzo: quello di leggere oltre i numeri, le collaborazioni, i sillogismi elementari. Se uno ascolta una produzione dei Mathame la sente toccare la propria sfera emozionale. Ma dietro la costruzione di tracce che navigano tra la techno e suggestioni più progressive, c’è un mondo.

Un mondo, che al contrario forse di altri, ha radici complesse e variegate. Che affonda la sua natura e la sua evoluzione in sound contrastanti, in visioni apparentemente diverse ma che collimano perfettamente all’interno dell’universo Mathame. Un universo interessante, pieno di vita, di emozioni, di sensazioni

Un prodotto, anche se non ci piace troppo chiamarlo così, confezionato tra consapevolezze e conoscenze. I Mathame odiano chiamare sfondo il loro vissuto musicale poichè risulterebbe una definizione che porta come premessa una stratificazione e loro si sentono perfettamente un tutt’uno con ciò che compongono.

Il loro è un preciso processo compositivo, regolato e suggestionato da quello che hanno masticato per anni. Tra cinematografia, musica, radio, paesaggi. Un rullino di scatti , che trova raggiungimento ultimo nell’atto compositivo. Un atto che porta in se la ricerca, la cura di ogni minimo dettaglio.

Il risultato non è mai dozzinale, scontato o omologato. Motivo per cui dall’Etna, luogo sicuramente lontano dai club e dalle grandi capitali, hanno annullato ogni distanza fisica. Quasi subito si sono ritrovati a suonare nei contesti più importanti per la musica elettronica, consacrando ulteriormente il loro successo.

 

Un sound personale che è denso di tutto ciò che i Mathame sono sia come artisti musicali, che umanamente. L’ultimo lavoro è stato il remix di “Breath” , traccia al pianoforte del compositore e pianista italiano Alessandro Martire che esce questo 16 aprile.

La composizione contenuta nell’album prodotto da Carosello “Share the World” del giovane compositore comasco è stata reinterpretata dai Mathame. La versione nuova parte dallo sviluppo armonico e compositivo della traccia originale, contaminandola con il proprio stile.

Su Parkett abbiamo voluto sentire come la pensano su tanti temi, ma soprattutto abbiamo voluto indagare su tutto quello che c’è dietro i due ragazzi italiani, che al momento sono tra gli artisti che riescono ad abbracciare un pubblico eterogeneo per nazionalità e provenienza musicale.

Ciao! Benvenuti su Parkett! Il progetto Mathame nasce da due fratelli con un’importante differenza d’età. Quanto questa differenza ha inciso nel modo in cui vi siete approcciati alla musica?

M: Ciao, possiamo dire che è alle fondamenta di tutto il progetto. Questa inusuale differenza di età fa in modo che la mia esperienza possa incontrare la freschezza di John (fra di loro si nominano “John”, ndr). Quindi ci permette di approcciare la musica tentando sempre una sintesi. Questo rende le cose più difficili, è vero, ma rende il processo ogni volta unico e dai risultati inaspettati ma soprattutto faticoso perché ogni volta entrambi usciamo dalla nostra comfort zone.

A: Si, ogni scelta musicale, dal suono di un rullante alle esatte parole da usare in un post, passa attraverso una revisione talvolta aspra, talvolta più fluida ma sempre con la regola di soddisfare entrambi. Ovviamente in ogni scelta, una così larga differenza d’età si sente eccome.

So che avete due genitori appassionati di musica, che hanno anche gestito una radio. Qual è il vostro background musicale e che generi ascoltate o avete ascoltato in passato oltre all’elettronica e sono tutt’oggi fondamentali per comporre la musica dei Mathame?

M: Mi sentirei di dire quasi che non mi piace parlare di background musicale, perché non è uno sfondo, è piuttosto un elemento vitale, vivo, e dunque non un semplice sfondo. Quest’“aria” musicale è un qualcosa che si attacca al tempo e allo spazio in cui ci troviamo di volta in volta. Penso, ad esempio, a quando ero piccolo, ascoltavo solo i vinili dei miei genitori, che erano per lo più Beethoven e qualche altro compositore, come Grieg o Ravel.

Inoltre i miei genitori, prima che nascessi, avevano condotto una radio rock , Radio taxi, 105.5, negli anni ’80. Crescendo, quindi, mi trovavo a sentire random le cassettine MC90 della radio, dai Pink Floyd ai Joy Division, dai King Crimson ai Tangerine Dream. Poi scoprii la progressive dance, l’hardcore, la techno, di cui mi piaceva la
radicalità (vivevamo vicini al Number One di Brescia, al Dylan e al Fluid, locali storici techno e house che han fatto la storia del movimento club del Nord Italia). Anche se il primo amore o meglio il principale stimolo per fare musica arrivò al liceo, con il rap e l’hip hop.

Sai, dipingevo, e la mia tag era “Necto”, ma ero piuttosto scarso e così iniziai a mixare i vinili per i bboy durante le jam. Da lì, ad acquistare un alai s950, il passo fu breve ed iniziai con i primi beat per i gruppi locali. Il colpo di fulmine però arrivò definitivamente sulla pista del Fluid, lo ricordo ancora. Satoshi Tomiie in consolle, suonò “Closer to me” di Chab ft JD Davis. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto produrre qualcosa di simile.

Iniziai a suonare nei club della mia città (Bolgia, Fluid). Ero instancabile nella ricerca e arrivai presto a Warp Records con tutta la sua estetica, che ancora oggi mi attira e respinge allo stesso tempo, il resto ad maiora. Ultimamente quando scelgo di ascoltare qualcosa per piacere e non per lavoro, ascolto sempre musica classica. Ok ora basta altrimenti scrivo un libro.

A: Come ha già detto John, background risulta un termine riduttivo, talmente viviamo immersi nel liquido musicale. Tempo fa, da ragazzino posso dirvi che ho iniziato molto presto a studiare la storia della musica che è sempre circolata in famiglia, da Tchaikovskij a Klaus Schulze, dai Queen a Tupac, dagli X Japan fino ai Sigur Rós. Ascoltavo davvero qualsiasi cosa mi capitava sotto mano.

Mi ricordo questo aneddoto di quando avevo 14 anni. Ho aperto una pagina Facebook in cui postavo ogni giorno un pezzo elettronico e dicevo la mia opinione, prendendo spunto dalle riflessioni che leggevo su Onda rock. Parlavo di Alva Noto, Boards of Canada ,Vangelis ,Kraftwerk ,Chemical brothers etc, ahimè quella pagina non esiste più, mi sarebbe piaciuto poter rileggere le impressioni che avevo 10 anni fa. Per quanto riguarda i nostri genitori, si, assolutamente ci hanno influenzato tantissimo la loro cultura e il loro amore per la musica.

Un momento che credo sia stato centrale nella vostra carriera è stato quello in cui siete entrati in contatto con i Tale of Us. Come vi siete conosciuti?

M: Erano i tempi di Life and Death, vivevamo sull’Etna, nell’agriturismo di famiglia. Quando decidemmo di iniziare l’avventura Mathame ci fu subito chiaro che la musica più interessante, fresca ed innovativa venisse dal lavoro che facevano in Life and Death. Ammiravamo la qualità ma soprattutto la sincerità che traspariva dai pezzi di Matteo e Carmine, così come di Ale e Fede(Mind Against), e la profondità dei loro dj set, mai scontati.

Così iniziammo a mandare loro demo, su demo, costantemente e con consistenza. Le cose iniziavano a suonare come dovevano, riuscivamo a capire cosa dovevamo fare. Sai all’inizio non è cosi facile. Così decidemmo di incontrarci, se non ricordo male all’ ADE 2017.

A: Da li in poi, rimanemmo in contatto e nacque Afterlife, con la quale lavorammo già dal secondo ROC. Poi fu solo questione di aspettare la musica giusta, che arrivò con il primo Ep. Fu abbastanza sconvolgente sia scrivere che produrre quel pezzo. Matteo e Carmine credettero in noi fin dal primo minuto. Dobbiamo molto a entrambi.

“Nothing Around Us” credo sia stato un punto che ha segnato un passaggio di qualità. Com’è nata?

M: Esatto, in realtà nasce in circa 4 minuti. Un giro di accordi, Lyke era in studio con noi, fece una prova a vuoto con la voce (che al tempo era un’eresia, nel nostro genere). Un foglio con una penna, e scrissi quelle 4 righe che ora sanno d’estate pensando all’amore che avevo appena trovato. Fu quasi automatico. Ame entrò in studio dicendo ‘fermi tutti, qui, abbiamo una bomba’. Aveva ragione. Seguirono circa 60 remix diversi in circa 2 mesi prima della versione definitiva.

A: Mi ricordo che mandai una primissima versione a Matteo che suonò durante un festival in Portogallo, mi scrisse uno dei più bei feedback della storia. Ma il salto arrivò durante l’ Off week chiusura con NAU. In quel momento capimmo che sarebbe cambiato qualcosa.

 

“Skywalking” è il singolo che ha segnato sicuramente un  altro punto fondamentale nella vostra carriera. Vorrei capire com’è nato e che momento rappresenta nella vostra evoluzione discografica.

M-A: Totalmente d’accordo. È nato in un periodo in cui era difficile uscire da un tunnel compositivo che si stava reiterando e abbiamo avuto un intuizione tecnica, anche piuttosto semplice, che ora è veramente ovunque nel nostro genere e ha prodotto decine e decine di , generalmente, brutte copie. Era l estate di NAU e lavoravamo ad un gruppo di tracce che ruotavano attorno alla stessa intuizione , prima di arrivare alla pulizia e al minimalismo di Skywalking. Quando è arrivata, non l’abbiamo più toccata, l’ultimo mix era già quello che cercavamo.  Rappresenta sicuramente un consolidamento e un fondamento di tutto il nostro suono, che si chiarifica: spingere i limiti espressivi delle macchine, soprattutto in termini ritmico – timbrici o del digitale per comunicare emozioni attraverso l’elettronica in maniera più umana e naturale, restando accessibile e immediata.

La vostra proposta musicale abbatte le barriere dei generi, rappresentando una generazione in cui non ci si vuole autolimitare dentro un campo ristretto. In queste linee sfumate, la vostra identità musicale come si colloca e dove vuole stare?

M – A: Ti risponderemo con 2 lettere: ET, Emotional Techno. Ma techno non è inteso come genere ma come attitudine. Un’attitudine alla tecnologia, alle sue potenzialità creative che vanno ben oltre la cassa dritta ed il drop. Molti altri l’hanno capito da Underworld a Chemical Brothers, ai Daft Punk, ai Prodigy, a Moderat. Per esempio guarda i Depeche Mode, non facevano forse una proto-techno emozionale?

Qual’ è la relazione che lega il vostro suono marchio di fabbrica e il processo di composizione di una traccia in studio?

M: Amore ed odio. Tante volte, cerchiamo di scappare dal suono comfort, altre volte ci torniamo come una casa calda e confortevole. Alcune volte sentiamo che ne abbiamo bisogno, altre che forse abbiamo trovato qualcosa che può essere affiancato. Sta tutto nell’ emozione della traccia. Come ti dicevo, il processo è lungo e combattuto. Il nostro suono sta passando delle fasi di auto calibrazione e affinamento, nonché di test espressivi.
Dobbiamo ancora lavorare molto.

A: Posso dire che la principale motivazione di un suono cosi distintivo, che siamo riusciti a raggiungere, sta nel fatto di esserci posti delle regole in produzione e non aver mai ceduto alla tentazione di uscire da esse.

Avete collaborato anche con realtà cinematografiche, come nel caso delle collaborazioni con Frammartino e Zonta. Com’è stata quest’esperienza da un punto di vista formativo e che rapporto avete col cinema?

M: Le collaborazioni con Frammartino e Zonta sono da considerare pre-Mathame, fanno parte del mio passato di studi di cinema e media alla Nuova Accademia di Belle arti di Milano. Sono state esperienze che mi hanno permesso di consolidare la capacità di raccontare storie in maniera anche non convenzionale, per esempio, con Frammartino resi protagonista di un cortometraggio un vitellino in una fattoria, e con Zonta, un documentario di realtà-fantascienza sulle migrazioni, girato fra Lampedusa e Milano.

Ma ad oggi  la musica Mathame non ha ancora un videoclip ufficiale, perché per noi è un tassello troppo importante, che arriverà al momento giusto. Detto ciò, ogni cosa che scriviamo o componiamo è figlia di un’immagine, una scena, anche cinematografica.

A: Io ero ancora nella fase conservatoriale in quel periodo, sono cresciuto a serate a vedere Pasolini e Tarkovskij mentre Matteo occupava la tv. Per intenderci la mia tesina di terza media era intitolata “Le avanguardie del cinema russo nella seconda meta del ‘900”, ho detto tutto.

Il remix di “Breath” per Alessandro Martire è un’ulteriore dimostrazione della vostra visione musicale aperta e lungimirante. Com’è nata questa collaborazione e che tipo di approccio avete avuto alla traccia originale?

M-A: Breath è stata un colpo di fulmine , la collaborazione con Alessandro è frutto di stima reciproca. Non appena ascoltato il pezzo ci siamo resi conto di quanto fosse vibrante, vibrava come una corda e aveva una tensione dolce che ti portava con un sorriso malinconico verso il climax. Il nostro approccio è stato proprio quello di mantenere quel sorriso malinconico, quell’aria , visualizzando  il tema principale come se fosse una corda che vibra al respiro. La licenza ,diciamo , ” poetica ” che ci siamo presi rispetto alle nostre regole è stata aggiungere dei vocalizzi quasi soul nel bridge che ci permettevano di amplificare e dare profondità  a quell’emozione da sorriso malinconico che ha guidato tutto.

Siete un “Italian Affair” nel senso che siete uno dei nomi più celebri del panorama italiano nell’elettronica. In cosa vi sentite Italiani e in cosa pensate pecchi l’Italia dal punto di vista della club culture?

M: Siamo Italiani nel nostro cercare soluzioni non convenzionali ai problemi, che siano di natura compositiva o altro, quella cosa che solo chi è italiano può capire.

A: L’Italia, nelle istituzioni, rispetto agli altri paesi che abbiamo visto non considera la club culture una Cultura con la C maiuscola, ma una decorazione alla vita giovanile o al massimo uno svago non necessario per persone ‘liminali’. Mentre invece in Italia meriteremmo eccome quella C perché ci sono realtà pionieristiche, consolidate, coerenti e consistenti, realtà che con la loro coerenza istillano nei giovani un messaggio urgente e importante di libertà, tolleranza e amore, realtà che farebbero impallidire situazioni estere ben più blasonate.

Se solo ci fosse il giusto dialogo con le istituzioni, che oggi purtroppo, ca va sans dire, non c’è. Forse dopo questo periodo ne abbiamo capito l’importanza e ci sarà un rinascimento, mi auguro.

I vostri set spaziano tra vari generi. I Mathame come costruiscono il dj set a seconda delle diverse situazioni?

M: Abbiamo una sorta di scheletro a seconda della stagione, delle nuove release, e da quello, sviluppiamo un discorso in base al paese, al luogo in cui suoniamo. Abbiamo un approccio quasi da live, con lunghe pause e passaggi non convenzionali fra i pezzi. Cerchiamo l’interazione con la pista mediamente con più frequenza rispetto ai nostri colleghi.

A: Sicuramente in base a dove siamo cerchiamo di costruire lo show migliore e più sensato possibile anche in concomitanza con ciò che accade. Per esempio al set a Città del Messico per Cercle abbiamo iniziato con un edit di NAU con in sottofondo il suono delle pale di un elicottero proprio perché eravamo su un eliporto. Cerchiamo di interagire anche con il luogo in cui siamo ecco.

In quest’epoca è molto più facile lo scambio e la possibilità di interagire con persone fisicamente lontane. Con quali artisti vi piacerebbe collaborare in futuro?

M: Mi piacerebbe collaborare con Brian Eno, Jon Hopkins e Max Richter, tre giganti. Al di fuori della musica, lo Studio Gainax, per scrivere insieme un anime.

A:Beh, domanda facile insomma. Sicuramente non è ancora svanito il mio sogno di lavorare con Homem o Thomas (Daft), posso dire che oggi come oggi mi piacerebbe lavorare anche con Ludwig Goransson, con Jonsi dei Sigur Ros e sicuramente Lisa Gerrard.

In questo periodo di stallo con uno stop dei live avete avuto più tempo per produrre. Come avete lavorato in questo periodo e cosa dobbiamo aspettarci prossimamente dai Mathame?

M: Credo di poterlo dire, abbiamo scritto il nostro primo vero album. Non sappiamo ancora quale sarà la sua forma finale, ma abbiamo iniziato questo processo magico a Tulum nel 2020, passando per Mykonos nell’ottobre 2020 e ora siamo in dirittura d’arrivo sulla scrittura.

A: Oltre a questo ci siamo dedicati a diversi remix, A breve uscirà un remix a cui teniamo molto, “Breath” per Alessandro Martire, pianista italiano, su Carosello, etichetta indie italiana fra le più importanti a livello internazionale.

Se doveste scegliere un evento o un festival che avete dovuto saltare e a cui tenevate in maniera particolare durante quest’anno di pandemia quale scegliereste?

M: Troppo difficile dirlo, mi è mancato tutto, davvero tutto. Non c’è un nome in particolare.

A: Quello che attendeva la persona che sta leggendo ora.

Ultima domanda. Come valutate la situazione di ripresa post pandemia e come vedete un eventuale ritorno alla night-life?

M: Sicuramente ci sarà un periodo di limbo in cui aleggerà ancora un velo di paura ma piano piano le cose miglioreranno, fino ad un vero e proprio rinascimento. La storia lo insegna, dopo un periodo buio c’è sempre la luce. Ed io sono un inguaribile ottimista.
A: Spero vivamente di poter mostrare a tutti quello a cui abbiamo lavorato per un anno intero il prima possibile. Ci rialzeremo più forti di prima.

 

English version

Hi! Welcome to Parkett! The Mathame project was born from two brothers with an important age difference. How much did this difference influenced the way you approached music?

M: Hi, we can say that it’s the foundation of the whole project. This unusual age difference means that my experience can meet the youngness of John ( they are named “John” among them, ed) and also allows us to approach music always trying to synthesize it.

This makes things more difficult, it’s true, but each time it makes the process special and with unexpected results but at the same tiring, because everytime we both leave our comfort zone.

A: Yes, every musical choice, from the sound of a snare drum to the exact words to write in a social post, goes through an harsh review, sometimes more fluid but always with the target of satisfying both. Of course in every choice, a big age difference like ours affects.

I know you have two music-loving parents who also have a radio. What’s your musical background and what kind of music do you listen to or have you listened to in the past in addition to electronics and are they still essential for composing Mathame music today?

M: I would almost say that I don’t like talking about a musical background, because it’s not a background, it’s a vital, living element, and therefore not a simple background. This musical “air” is something that sticks to the time and space where we find ourselves from time to time. I think when I was younger , I only listened to the vinyls of my parents, who were mostly Beethoven and some other composer , like Grieg or Ravel

Also my parents, before I was born, conducted a rock radio, Radio taxi, 105.5, in the 80’s. Growing up, then I found myself  hearing the mc90 radio cassettes, from Pink Floyd to Joy Division, from King Crimson to Tangerine Dream.

I discovered progressive dance, hardcore, techno in a second phase of my life, which I liked there radicalism (we lived close to the Number One in Brescia, to Dylan and Fluid, historic techno and house clubs that made the history of the club movement in northern Italy) even if the first love and the desire to make music came in high school, with the rap and hip hop.

I used to paint, and my tag was ‘Necto’, but I wasn’t so good and after this experience, I started mixing vinyls for bboys during the jams. From there to buy an alai s950 is a short step and I started with the first beats for local bands. The love at first sight, however,  finally arrived on the Fluid dancefloor. I still remember it, Satoshi Tomiie on the console, played “Closer to me” by Chab ft JD Davis. I thought that I wanted to produce something similar.

I started playing in the clubs of my city (Bolgia, Fluid). I was tireless in research and soon arrived at Warp records with all its aesthetics, which still today attracts and repels me at the same time. The rest is ad maiora. Lately ,when I choose to listen to something for pleasure and not for work, I always listen to classical music. Ok now that’s enough,  otherwise I write a book.

A: As John Backgroud has already said, it’s an understatement, we live so immersed in musical liquid. Back in the days I can tell you that I started studying the history of music that has always circulated in the family very early, from Tchaikovskij to Klaus Schulze, from Queen to Tupac, from X japan to Sigur rós.

I really listened to any what was happening to me. I remember this fact that I was 14 years old, I opened this facebook page where I posted an electronic piece every day and gave my ideas taking a cue from the reflections I read on Ondarock. I talked about Alva Noto, Boards of Canada, Vangelis, Kraftwerk, Chemical brothers etc, Today that page no longer exists. I would have liked to be able to read again the impressions I had 10 years ago. As for our parents, they absolutely influenced us a lot, with  their culture and their love for the music.

I think about a moment that was central in your career was when you came into contact with Tale of Us. How did you meet?

M: Those were the times of Life and Death, we lived on Etna, in the family farmhouse. When we decided to start the Mathame adventure it was immediately clear to us that the most interesting, fresh and innovative music came from the work they did in Life and Death. We admired the quality but above all the sincerity that transpired from the pieces by Matteo and Carmine, as well as Ale and Fede, and the depth of their DJ sets, never reduced. So we started sending them demos consistently and with some frequency. Things were looking up in a short time, we could figure out what we had to do, you know at first it’s not that easy. So we decided to meet, if I remember in the right way, at ADE 17.

A: From this meeting on, we kept in touch and Afterlife was born, with which we have been working since the second ROC. Then it was just a matter of waiting for the right music, which came with the first Ep. It was quite shocking to both write and produce that piece. Matteo and Carmine believed in us from the first minute. We owe them a lot.

I think “Nothing Around Us” was a point that marked a quality pass for Mathame project. How was it born?

M: Exactly, it actually takes about 4 minutes. A round of chords, Lyke was in the studio with us, he  did a blank test with the voice (which at the time was a heresy, in our kind of music). A sheet with a pen, and I wrote those 4 lines that now know of summer thinking about the love I had just found. It was almost automatic.

Ame came into the studio saying “stop everyone, here, we have a hit”. He was right. About 60 different remixes followed in about 2 months before the final version.

A: I remember that I sent a very first version to Matteo who played it during a festival in Portugal, he wrote me one of the best feedbacks in history. But the breakthrough came during the Off week closing with NAU. At that moment we knew that something was going to change.

 

In my opinion “Skywalking” is the track that definitely marked another milestone in your career. I’d like to understand how the song was born and what moment it represents in your recording evolution.

M-A: Totally agree. It was born  when it was difficult to get out of a compositional tunnel that was reiterating. We could talk about a technical intuition, even quite simple, which is now really everywhere in our genre and has produced dozens and dozens of, generally, bad copies. It was NAU summer and we were working on a group of track. These started from the same intuition, before arriving at the cleanliness and minimalism of Skywalking. When it arrived, we never touched it again, the last mix was already what we were looking for. It certainly represents a consolidation and a moment of birth of all our sound, which is clarified. The basical concept is pushing the expressive limits of the machines, especially in rhythmic – timbral or digital terms to communicate emotions through electronics in a more human and natural way,  maintaining its character immediate and accessible  .

Your musical proposal breaks down the barriers of genres, representing a generation in which one does not want to limit oneself within a narrow field. In these nuanced lines, how does your musical identity fit and where does it want to be?

M – A: We will answer you with 2 letters: ET, Emotional Techno. But techno isn’t a genre but an attitude. An attitude for technology, its creative potential that goes far beyond the cash register straight and the drop. Many others have understood this, from Underworld, to Chemical Brothers to Daft Punk, to Prodigy, to Moderat.Look at Depeche Mode, weren’t they doing an emotional proto-techno?

What’s the relationship between your trademark sound and the process of composing a track in the studio?

M: Love and hate. Many times, we try to escape from the comfort sound, other times we go back to it, like a warm and comfortable home. We feel sometimes that we need it, other times that perhaps we have found something that can be joined. It’s all in the emotion of the track. As I told you, the process is long and hard-fought. Our sound is going through stages of self-calibration and refinement, as well as expressive tests. We still have a lot of work to do.

A: I can say that the main motivation for a distinctive sound, which we managed to achieve, lies in the fact that we have set rules in production and never  betrayed by the temptation to not respect them.

You have also collaborated with cinematographic realities, like in the collaborations with Frammartino and Zonta. How was this experience from a training point of view and what relationship do you have with cinema?

M: The collaborations with Frammartino and Zonta are to be considered pre-Mathame, they’re part of my background of film and media studies at the New Academy of Fine Arts in Milan. These were experiences that allowed me to consolidate my ability to tell stories in an unconventional way, for example, with Frammartino made the protagonist of a short a little lamb on a farm, and with Zonta, a reality-science fiction documentary on migrations, shot between Lampedusa and Milan.

In this moment Mathame doesn’t yet have an official video clip, because for us it’s too important a piece, which will come when it’s right it arrives. Everything we write or compose is son of an image, a scene, even a cinematographic one.

A: I was still in the conservative phase at that time, I grew up in the evenings to watch movies by Pasolini and Tarkovskij, while Matteo watched the TV. My 3rd grade thesis was entitled “The avant-gardes of Russian cinema in the second half of the 20th century”.I think that’s enough to understand.

The remix of “Breath” for Alessandro Martire is a further demonstration of your open and far-sighted musical vision. How did this collaboration come about and what kind of approach did you have to the original track?

M-A: Breath was love at first sight, the collaboration with Alessandro is the outcome of mutual esteem. As soon as we listened to the track we realized how vibrant it was, it vibrated like a string and had a sweet tension that carried you with a wistful smile towards the climax. Our approach was precisely to maintain that melancholy smile, that mood, visualizing the main theme as if it were a string that vibrates with the breath. The, let’s say, “poetic” license that we took with respect to our rules was to add almost soulful vocalizations in the bridge that allowed us to amplify and give depth to that melancholy smile emotion that guided everything

You are an “Italian affair” because you are one of the most famous names on the Italian electronic scene. In what do you feel Italian and in what do you think Italy sins from the point of view of club culture?

M: We are Italians in our search for unconventional solutions to problems, whether they are compositional or otherwise, that thing that only those who are Italian can understand.

A: In institutions, Italy, compared to the other countries we have seen, doesn’t consider club culture a culture with a capital C, but a decoration to youthful life or at most an unnecessary entertainment for ‘liminal’ people. While in Italy, on the other hand, we certainly deserve that C because there are pioneering, consolidated, coherent and consistent realities, realities that with their coherence instill in young people an urgent and important message of freedom, tolerance and love, realities that would make much more noble foreign situations pale .

If only there was the right collaboration with the institutions, which today unfortunately, ca vans sans dire, doesn’t exist. Perhaps, after this particular period, we have understood its importance and there will be a renaissance, I hope.

Your sets range from various genres. How do Mathame build the DJ set according to the different situations?

M: We have a sort of skeleton depending on the season, the new releases, and from that we develop a discourse based on the country, the place where we play. We have an almost live approach, with long breaks and unconventional passages between the pieces. We seek interaction with the crowd more frequently than our colleagues on average.

A: Surely based on where we are we try to build the best and most sensible show possible even in conjunction with the events. For example, at the set in Mexico City for Cercle we started with an edit of NAU with the sound of a helicopter in the background ,just because we were in a heliport. We also try to interact with the place where we are here.

In this age it’s much easier to exchange and to interact with physically distant people. Which artists would you like to collaborate with in the future?

M: I would like to collaborate with Brian Eno, Jon Hopkins and Max Richter, three giants. Outside of music, Studio Gainax, to write an anime together.

A: Well, that’s an easy question. Surely my dream of working with Homem or Thomas (Daft) has not yet vanished, I can say that today I would also like to work with Ludwig Goransson, with Jonsi of Sigur Ros and certainly Lisa Gerrard.

In this stalemate with a live stop you have had more time to produce. How have you worked during this period and what should we expect from the Mathame next?

M: I think we can say it, we wrote our first real album. We do not yet know what its final form will be, but we started this magical process in Tulum in 2020, passing through Mykonos in October 2020 and now we are in the home straight on writing.

A: In addition to this we have dedicated ourselves to several remixes. A remix that we care a lot about will soon be released, “Breath” for Alessandro Martire, Italian pianist, on Carosello, one of the most important Italian indie labels on an international level.

If you had to choose an event or festival that you had to skip and that you particularly cared about during this pandemic year, which one would you choose?

M: Too hard to say, I missed everything, really everything. There is no particular name.

A: What the person who is reading now awaited.

Last question. How do you rated the post-pandemic recovery situation and how do you see a possible return to nightlife?

M: Surely there will be a period of indecision in which there will still be a veil of fear but slowly things will improve, until a real renaissance. History teaches us, after a dark period there is always light. And I am an incurable optimist.

A: I sincerely hope I can show everyone what we have been working on for a year whole as soon as possible, we will get up stronger than before.