I Mind Against, punta di diamante del panorama elettronico italiano, raccontano su Parkett parte del loro percorso artistico, la loro visione musicale e i loro progetti.
I Mind Against rappresentano senza dubbio una certezza all’interno del panorama techno italiano. Alessandro e Federico sono riusciti a ritagliarsi un posto esclusivo all’interno dell’universo elettronico, sviluppando e portando avanti una visione innovativa che ha contribuito a tracciare i canoni della techno moderna.
Un sound che punta alla sfera emozionale, che riesce ad uscire da schemi prestabiliti e punta a creare un viaggio per la pista da ballo. Qualcosa di più toccante e profondo di un dj set. La capacità dei due fratelli milanesi è infatti quella di essere riusciti a creare un proprio sound, identificabile e di forte impatto.
Tra i disc jockey italiani, i Mind Against sono coloro che hanno maggiormente raccolto i frutti della loro dedizione verso un progetto strettamente personale. Insieme a figure come i Tale of Us e Somne hanno rilanciato la techno Made in Italy, contribuendo all’affermazione di quella comunemente definita come “techno melodica”.
Da realtà più underground sono riusciti a conquistarsi una grossa fetta di audience e riuscendo negli anni a mantenere in perfetto equilibrio il lavoro in studio di produzione e le loro esibizioni nei festival e nei club più rinomati del mondo.
In quest’intervista, onesta e priva di filtri, il duo milanese ci ha raccontato meglio la propria visione musicale, qualche curiosità sul loro percorso artistico e come la pensano riguardo a tanti temi attorno alla club culture. Vi lasciamo le loro parole.
I: Ciao Ragazzi. Benvenuti su Parkett. Vorrei partire dalle vostre origini. Prima che essere un duo musicale, che oggi sta raccogliendo successo e credibilità all’interno della scena, siete due fratelli. Com’è maturata la convinzione di voler approcciarvi al mondo dell’elettronica e quanto il vostro rapporto personale ha contribuito a scegliere questo lavoro?
MA: Siamo sempre stati influenzati dalla musica nel corso della nostra vita. A 11 anni già ascoltavamo hip hop, poi ci siamo spostati più sul rock. Alle scuole medie avevamo dei complessini dove suonavamo in piccoli eventi, intorno ai 13 anni. Io suonavo la batteria ed Alex cantava. A fine medie ognuno dei componenti delle band prese strade diverse ed abbiamo preso un periodo di un anno di stop dalla musica. Era il secondo anno di liceo per lui, il primo per me.
Iniziammo a frequentare i club verso i 15/16 anni, approccio piuttosto precoce, e proprio durante questo periodo capimmo che la musica elettronica e tutto quello che ne derivava, si discostava dalla musica dance commerciale esplosa in quegli anni e che si sentiva in Radio. Ai tempi, a Milano, c’era il Sodoma al mercoledì che facevano all’ Hollywood, una serata molto innovativa anche a livello di genere musicale, c’era Lele Sacchi il venerdì ai Magazzini Generali, i primi anni del Tunnel e l’organizzazione Privat e i loro eventi nei loft invece che nei clubs.
Abbiamo iniziato a provare un sentimento d’interesse vero anche per questo genere musicale, ed in breve tempo iniziammo ad avvicinarci al mondo del disc joking tramite un amico da cui imparammo i primi passi nel mixare i vinili ed iniziammo ad appassionarci e collezionarne. Due anni dopo decidemmo di interessarci al mondo della produzione per poter esprimere appieno noi stessi e quindi iniziammo a investire in strumentazione tecnica, primi monitors speakers da studio e i primi relativamente più economici sintetizzatori analogici.
I: All’inizio del vostro percorso artistico avete fatto una scelta importante e condivisa da moltissimi dei vostri colleghi: trasferirvi a Berlino. Quanta risonanza ha avuto questa scelta nella vostra visione musicale e nel vostro modo di lavorare?
MA: La scelta di Berlino è arrivata tra il 2012 ed il 2013, nel momento in cui abbiamo inciso “Atlant” ma non cambiò effettivamente il nostro percorso. A Berlino, tuttavia, si cominciò ad intravedere uno spiraglio di luce. Nel senso che avvertimmo che qualcosa stava cambiando. Dopo aver fatto un remix per un contest, le cose giravano per il verso giusto.
A Milano avevamo conosciuto Manfredi (Dj Tennis) il quale iniziava a nutrire interesse nel progetto e con il quale si parlava di fare un Ep su Life and Death già da qualche mese. Avevamo una bozza di “Atlant” e delle altre tracce che avrebbero formato il nostro disco di debutto. L’ intenzione era già quella di andare a Berlino ma ai tempi era difficile trovare casa, quindi effettivamente non fu una cosa immediata. Il caso ha voluto che si liberassero due posti a casa di Manfredi e andammo a Berlino.
Lì, non tanto per l’essere a Berlino ma per l’allontanamento da Milano, dove c’era il nostro nucleo familiare e gli amici di sempre, abbiamo trovato uno spazio neutro dove poterci concentrare solamente sulla musica. Infatti il nostro primo EP sarebbe uscito poco dopo. Berlino ci ha staccato dalla realtà familiare e ha creato il giusto enviroment, questo si.
I: Erano gli ultimi anni dove andare a Berlino poteva fare in un certo senso ancora la differenza, al contrario di oggi dove un artista può intraprendere la carriera da dj da qualunque parte del mondo grazie all’avvento di Internet e dei social.
MA: Oggi l’avvento dei social ha messo in secondo piano la questione del “dove sei” perché oggi puoi diventare un grande producer anche con uno studio in mezzo alla foresta ed una connessione ad Internet. Ancor prima di noi, per trovare certi dischi bisognava andare nei negozi delle grandi capitali per trovare il disco specifico a cui si era interessati.
Noi ci siamo ritrovati a vivere già nell’era della prima digitalizzazione e delle connessioni veloci, anche se i primi anni la maggior parte della ricerca musicale si faceva in negozio coi vinili.
I: L’Ep “Atlant” su Life and Death nel 2012 è stato il primo passo verso la vostra carriera da producer. L’ultimo Ep “Walking Away ” riflette l’evoluzione del vostro sound in questi anni. Come è cambiato il vostro approccio negli anni?
MA: L’ approccio è sempre lo stesso ovvero in continuo mutamento senza alcuna regola fissa. È vero che siamo sempre stati molto inclini alle macchine analogiche e abbiamo trovato il nostro signature sound grazie a queste, su cui tutt’oggi siamo ancora molto convinti. Abbiamo lavorato da studi enormi come nell’ultimo disco registrato a New York, fino ad arrivare a delle tracce nate sopra un aeroplano. In questi ultimi tre anni, abbiamo avuto un tour non stop dove ci siamo dovuti adattare a ritmi frenetici e a produrre nelle condizioni più disparate.
L’unica cosa che realmente si è evoluta è l’approccio fisico. Se prima eravamo sempre in studio con tutti gli strumenti e le macchine sempre a disposizione, oggi capita di produrre un po’ ovunque. Il nostro modo di intendere la musica è sempre lo stesso: molto selettivo su ciò che facciamo uscire.
“Walking Away” è forse il disco più completo e maturo che abbiamo realizzato, forse l’unico disco che tra dieci anni speriamo possa essere attuale e lo poteva essere dieci anni fa. Una maturità raggiunta dopo dieci anni di progetto, probabilmente senza “Atlant” non saremmo arrivati a sviluppare lo stile Mind Against, i synth Mind Against, l’aspetto emotional, il giusto utilizzo dell’elemento vocale. Ad esempio la voce di “Walking Away” arriva da un polistrumentista newyorkese (Nicholas Principe in arte Port St. Willow) con cui si è creata una collaborazione nel tempo, che continuerà anche su lavori futuri.
I: Una caratteristica, a mio parere, preponderante nelle vostre produzioni è la capacità assoluta di proporre melodie sempre diverse tra loro. Sembra quasi che il vostro processo produttivo non sia mai uguale a se stesso: è solo una mia impressione o lavorate sempre in maniera diversa in studio?
MA: Ci sono producer molto metodici e molto schematici. Non è il nostro caso visto che le cose migliori son state frutto di sperimentazione. Tante volte sei in uno studio di un amico e per caso, trovi il loop giusto o il take giusto lo salvi ed è quello della vita. Non abbiamo mai lo stesso set up. Non ci piace ripeterci e cerchiamo di approcciare la musica in maniera differente ogni volta. Sperimentiamo moltissimo e convogliamo il tutto in qualcosa che rientri nel nostro canone.
A volte arriviamo ad una traccia partendo da tutt’altro. L’idea non è sempre la stessa, a volte si parte con una linea melodica, altre con una linea di percussioni. L’importante è avere un’idea solida ed innovativa alla base della traccia. A livello di metodologia non vogliamo mai imporci qualcosa. Nel corso degli ultimi anni siamo arrivati ad avere moltissime tracce che ci piacevano molto ma senza un filo conduttore necessario ad esempio per un potenziale album o simili, dato anche dai diversi momenti in cui le tracce son nate.
I: La situazione pandemia ha consentito a tutti i producer di poter avere molto più tempo in studio rispetto alla normalità. Questo aspetto ha favorito la vostra produttività o la monotonia dello studio può aver causato un blocco della creatività?
MA: No anzi, avendo più tempo siamo riusciti a dedicarci meglio alla produzione in studio. Senza tour e potendo organizzare al meglio il tempo a disposizione certamente si vedono ottimi risultati, d’altro canto la questione di non poter fare date settimanalmente e di poter testare idee sui vari dancefloor è un fattore a sfavore.
In generale la reazione della gente risulta di grande stimolo per nuove idee su cui lavorare sopra. In parte ciò limita la creatività ma il fatto di non dover spezzare continuamente la propria routine non ha prezzo perché crea un lavoro continuo non interrotto da ritmi frenetici.
I: Siete riusciti conquistare una grossa fetta di pubblico. Quanto vi stanno strette le logiche del mercato e quanta la vostra ispirazione è libera dall’aspettativa del pubblico?
MA: Più cresce la notorietà di un artista e più l’aspettativa nei suoi confronti da parte del pubblico aumenta. Pensiamo che in alcuni momenti della nostra carriera sia stata proprio questa esigenza ed aspettativa da parte di chi ci seguiva, ad ispirarci e motivarci nella continua ricerca di sonorità fresche ed innovative.
Nel nostro caso, c’è sempre stata una certa pressione, si. Ma dettata principalmente da una sorta di sfida con noi stessi, piuttosto che dalle logiche di mercato. Possiamo dire quindi , che cercare di prevenire quelle che saranno le logiche di una scena musicale, sempre più competitiva ed esigente, è stato e sarà sempre tra i nostri obbiettivi principali come artisti.
I: La vostra città natale, Milano, ha visto negli ultimi anni costruirsi realtà molto interessanti. Come vedete il futuro della scena milanese e quali sono i passi da compiere per raggiungere i livelli delle altre capitali europee?
MA: Credo che Milano sia un po’ l’eccezione in Italia, che si può avvicinare di più alla scena clubbin’ europea. Ci sono realtà che vanno oltre i soliti nomi. Milano ha visto la nascita di realtà interessanti con una scena più educata alla club culture. Se facciamo una festa autoprodotta funziona ad esempio, cosa che in altre città italiane faremmo fatica a realizzare. C’è da aggiungere che purtroppo in Italia il sistema legislativo tarpa le ali alla nightlife perché malvista e questo rappresenta un grosso ostacolo al suo sviluppo.
I: Forse perché tutt’oggi la nightlife e la club culture non son riconosciute come attività fondamentali per lo stato e la cultura in generale in Italia
MA: Il clubbin’ è identificato negli stereotipi droga, risse troppo spesso e questo limita il proprio riconoscimento come forma culturale. C’è anche più pretesto visto il modo in cui viene vissuto in Italia, vedi la differenza con contesti come Amsterdam. Il nostro punto di vista è condizionato da ciò che vediamo da dj non riuscendo più ad essere dei clubber ovviamente, ma per quanto Milano sia migliorata rispetto ai nostri tempi ,dove andare a ballare presupponeva uno stare attenti a determinate situazioni, ancora oggi non viene vissuta come dovrebbe.
I: Si nota tanto una divisione tra i contesti più difficili e i luoghi cool per antonomasia. Il senso del club che dovrebbe nella musica trovare un abbattimento delle barriere sociali si perde parecchio.
MA: Il nostro ultimo ALN al Tempio del Futuro Perduto è stato con ingresso a 5 euro per abbattere l’idea del privè in uno spazio culturale, guadagnando niente, prendendoci carico delle spese dell’impianto ma creando un ambiente che avremmo voluto vedere quando andavamo nei locali, con prezzi accessibili e senza luoghi distinti nel locale che limitano il senso originario della pista e della condivisione.
I: Quanto è importante oggi per un disc jockey avere dietro un certo management e ponderare determinate scelte legate alla propria carriera per mantenere nel tempo l’appeal verso il proprio pubblico?
MA: Importantissimo. È fondamentale avere un team di persone affidabili che sappia cosa fa e abbia la passione nel progetto. Arrivi ad un punto nella tua carriera dove non puoi prenderti carico di tutto da solo. Quindi lo riteniamo tra le cose più importanti dopo la musica.
Le scelte artistiche sono importanti sia se prese individualmente che dal management. Noi abbiamo 4/5 persone che lavorano in modo continuo con noi da tre quattro anni e che sono fondamentali rispetto al volume di lavoro che abbiamo. È una macchina che non può fermarsi, che necessita di tanto lavoro dietro.
I: Si è discusso in questo periodo sull’uso sbagliato o esagerato che i dj fanno dei social network, spesso diventando troppo personaggi pubblici e mettendo in secondo piano il lato artistico. Come vi ponete rispetto a questo tema?
MA: I social sono diventati uno strumento importantissimo. Sono un’arma a doppio taglio, vanno usati con la giusta consapevolezza. Decidere di concentrarsi su altre cose è qualcosa di più o meno condivisibile ma rispettabile. Bisogna capire poi le reali intenzioni. Se sia per una battaglia personale in cui si crede o per avere una maggiore visibilità. Dal nostro canto preferiamo un profilo concentrato sulla musica.
I: Vedendo il vostro dj set al Centro Ceremonial Otomi in Messico son rimasta molto colpita, oltre che dalla vostra selezione dall’atmosfera e dalla magia incredibile creata dal luogo. Vista la vostra attenzione nella costruzione dei dj set per i dettagli e le atmosfere, vi piacerebbe concentrarvi in futuro su questo aspetto?
MA: Si da tempo siamo interessati e stiamo pensando a dei format da proporre in futuro, ma sono dei prototipi che al momento non ci sentiamo ancora di condividere. Se una volta la figura del dj era all’angolo e bastava una scatola nera, oggi le cose son cambiate. L’approccio è vicino a quello di un concerto ed è un tipo di esperienza differente dove la location e la produzione dell’evento sono fattori importanti. Per questo curiamo sempre i dettagli, già con la serie “All night long”, nella comunicazione e nel tipo di esperienza proposta.
I: Il lockdown è stato un momento di riflessione e stop forzato per tutti. In questo momento di stallo, come avete lavorato e cosa vi aspettate e specialmente auspicate che cambi nella scena italiana in una prossima ripresa?
MA: Apprezzeremo ciò che abbiamo dato per scontato per troppo tempo, acquisiremo più consapevolezza su ciò che sentiamo. Questa sensazione si nota ad esempio tra i paesi che non hanno la fortuna di avere guest internazionali come ad esempio abbiamo visto di recente in Egitto, dove il responso del pubblico è stato veramente totalizzante. Penso che sarà maggiormente apprezzato il ritorno al club. Anche da parte nostra.
I: Per voi è il momento giusto per rischiare?
MA: Sicuramente per sperimentare cose nuove. Ci sarà la possibilità di dare spazio a nomi più nell’ombra e con cui prima i promoter sentivano di rischiare. Con cautela chiaramente. La situazione è preoccupante e la ripartenza è incerta. Sicuramente non prevediamo cambi niente prima dell’estate. A livello di prospettive non sappiamo cosa pensare, e non vediamo nemmeno come si possa ripartire appieno anche quest’ estate vista la lentezza della campagna vaccinale.
I: Ultima domanda. Cosa augurate ai Mind Against per questo 2021?
MA: Speriamo tutto riparta. Abbiamo due dischi pronti per il 2021 e dei remix interessanti che usciranno i prossimi mesi. Speriamo in un ritorno alla normalità totale o con i patentini vaccinali o con degli Speed test. Ci sono state già delle prime sperimentazioni come all’Apollo di Barcellona. La club culture si basa anche sul contatto, privandoci di questo aspetto non vediamo possibile un reale ritorno.
ENGLISH VERSION
I: Hi Guys. Welcome to Parkett. I would like to start from yours origins. Before being a musical duo, which today is collecting success and credibility within the scene, you are two brothers. How the conviction of wanting to approach the world has matured of electronics and how much your personal relationship has contributed to choose this job?
MA: We have always been influenced by music throughout our life. At 11 years old already, we listened to hip hop, then we moved more to rock. In middle school we had little bands where we played in small events, around the age of 13. Fede played the drums and Alex sang. At the end of middle school, each of the band members took different paths. We had a year off from music. It was the second year of high school for him, the first for me.
We started going to clubs around the age of 15/16, a rather early approach, and during this period, we realized that electronic music and everything that came with it, differed from the commercial dance music that exploded in those years and that we heard on Radio. At the time in Milan there was Sodoma on Wednesdays that they did in Hollywood Club, a very innovative event also in terms of kind of music , there was Lele Sacchi on Friday at the Magazzini Generali, the first years of the Tunnel and the Privat organization and their events in lofts instead of clubs.
We started to feel a real interest in this kind of music too. We began to approach the world of disk joking through a friend from whom we learned the first steps in mixing vinyls and we begin to get passionate and collect them. Two years later, we decided to take an interest in the world of production, to be able to fully express ourselves and then we start investing in technical instrumentation, early studio monitors speakers and the first relatively cheaper analog synthesizers.
I: At the beginning of your artistic career you made a choice important and shared by many of your colleagues: moving to Berlin. How much resonance this choice has had in your music vision and in your way of working?
MA: The choice of Berlin came between 2012 and 2013, when we recorded “ Atlant “, but didn’t actually change our music life . In Berlin, however, a glimmer of light began to appear. We understood that something was changing. After to have done a remix for a contest, things were spinning for the right way. In Milan we met Manfredi (DJ Tennis) who was starting to have an interest in the project, and with him we were talking about making an Ep on “Life and Death” already from few months.
In that moment, we had the first version of “Atlant” and the other tracks that would composite our debut record. It was already planned to go to Berlin, but at the time it was difficult finding a home, so actually it was not an immediate thing. Things changed when we Know that are avaible two places at Manfredi’s house and we went to Berlin.
There, not so much for being in Berlin but for being away from Milan, where ours was family unit and friends of all time, we have found a neutral space where we can focus only on the music, in fact our first EP would come out shortly after. Berlin detached us from the family reality and created the right environment.
I: Those were the last years where going to Berlin could still do a difference, unlike today where an artist can pursue a career as a DJ from anywhere in the world thanks to the advent of Internet and social networks.
MA: Today the advent of social media has overshadowed the question of “where you are”. Today you can become a great producer even with a studio in the middle of the forest and an Internet connection. Even before us, to find certain records you had to go to shops in big cities to find the specific record you were interested in. We are already in the era of the first digitization and fast connections, even if in the early years most of the musical research was done in the shop with vinyls.
I: The Ep “Atlant” on Life and Death in 2012 was the first step towards your career like producer. The latest Ep “Walking Away” reflects the evolution of your sound in recent years. How has your approach changed during the years?
MA: The approach is always the same. We can say that is in continuous change without any rules fixed. It’s true that we have always been very inclined to analogic machines and we have found our signature sound thanks to these, on which we are still today convinced. We have worked from cool studios like on the last record recorded in New York, but also lots of the tracks were born on an airplane. In the past three years, we have had a no- tour stop, where we had to adapt to frenetic rhythms and to produce in the most different conditions.
The only thing that has really evolved is the physical approach. Before we were always in studio with all the tools and machines always available. Today it happens to produce everywhere. Our way of understanding music is always the same: very selective about that we let out.
“Walking Away” is , perhaps, the most complete and mature record we have made, the only record that i hope will be contemporary, even in the next ten years, and it could be ten years ago. A maturity reached after ten years of design, probably without “Atlant” we would not have come to develop Mind Against style, Mind Against synths, the emotional aspect, the right use of the vocal element. The voice of “Walking Away” arrives by a New York multi-instrumentalist (Nicholas Principe aka Port St. Willow) with whom he is created a collaboration over time, including on future works.
I: A feature, in my opinion, very present in yours productions is the absolute ability to propose always different melodies between them, as if your production process was never the same: it’s just my impression or you always work differently in the studio?
MA: There are very methodical and very schematic producers. It isn’t our case because the better things have been the result of experimentation. Many times you are in a friend’s studio and you find the right loop or the right take, you save it and it’s the best of your life. We never have the same set up. For us it’s important to not repeate ourselves and we try to approach music in a different way, every time. We experiment a lot and we channel everything into something that stay within our canon.
Sometimes we arrive at a track starting from something else. The idea is not always the same, sometimes we start with a melodic line, others with a line of percussion. The important thing is to have a solid and innovative idea behind the track. We never want to impose something on ourselves. Over the last few years we have come to have many track that we loved but without a necessary thread, for example for a potential album, also given by the different phases in which the tracks were born.
I: The pandemic situation has allowed all producers to have much more time in study compared to normality. This aspect has favored your productivity or monotony study could have caused a block of creativity?
MA: No indeed. Having more time, we were able to devote ourselves better to the producing issue. Without tours and being able to better organize the time avaible, you can see certainly excellent results. But the problem of not being able to do dates weekly and being able to test ideas on the various dancefloor is a negative factor. In general, people’s reaction bring us to stimulate ideas and work on it. In part this fact limits creativity, but the feature of not having to break up continuously your own routine is priceless, because it creates a continuous work not interrupted by frenetic rhythms.
I: You have managed to win over a large portion of the public. How much there the logic of the market is tight and how much your inspiration is free from public expectation?
MA: The more the fame of an artist grows, the more the public’s expectation of him increases. We think that in some moments of our career it was precisely this need and expectation on the part of those who followed us, to inspire us and motivate us in the continuous search for fresh and innovative sounds.
In our situation, there was always some pressure, yes. But mainly dictated by a challenge with ourselves, rather than by the logic of the market. Therefore we can say that trying to prevent what will be the logic of an increasingly competitive and demanding music scene, has been and always will be among our main purposes like artists.
I: Your hometown, Milan, has seen the construction, in last years, of very interesting realities. How do you see the future of the Milanese scene e what are the steps to take to reach the levels of the others European capitals?
MA: I think Milan is a bit of an exception in Italy, which can get you closer to the scene European clubbin ‘. There are realities that go beyond the usual names. Milan has interesting events with a more polite club culture scene. If we have a self-made party it works for example, something that in other Italian cities we would struggle to achieve. It should be added that unfortunately in Italy the legislative system cuts off the wings of nightlife and this fact represents a major obstacle to its development.
I: Maybe because even today nightlife and club culture are not recognized as an activity fundamental for the state and culture, in general are related to stereotypes like drugs, and this feature limits the own recognition as a cultural form in Italy.
MA: There is even more excuse given the way it is lived in Italy, see the difference with contexts like Amsterdam. Our point of view is related to what we see as a DJ, not being able to to be a clubber now obviously , but even if Milan has improved compared to our times ,where to go dancing presupposed being careful of certain situations, even today it is not lived as it should.
I: There is so much a division between the most difficult contexts and the cool places. The sense of the club,that should find a breakdown of social barriers in music, is lost in some situations.
MA: Our last ALN at the Tempio del Futuro Perduto was 5 euros to get the idea down of the private room in a cultural space, earning nothing, taking on the expenses of the plant but creating an environment that we would have liked to see when we went to the local, with affordable prices and without distinct places in the club, that limit the original sense of the track and sharing.
I: How important it is today, for a disc jockey, to have right people behind management and ponder certain career choices to maintain the appeal to his audience?
MA: Very important. It’s essential to have a team of reliable people who know what they do and have the passion in the project. It’s normal that a dj arrives to a point in his career where he can’t take care of everything. For us it’s the most important things after music. Artistic choices are important both if made individually and by management. We have 4/5 people working in the way I have been with us for three to four years and that are fundamental in relation to the volume of work that we have. It is a machine that cannot stop, which needs a lot of work behind it.
I: There has been discussion in this period about the wrong use that DJs make of social media network, often becoming too public figures and overshadowing the artistic side. What is your position on the relationship with social networks?
MA: Social media have become a very important tool. They are a double-edged sword but it’s possible to use them with the right awareness. Deciding to focus on other things is something more or less shareable but respectable. We must then understand the real intentions if it is for a personal battle that you believe in or to have greater visibility. According to us, it’s more important to have a profile focused on music.
I: Seeing your dj set at the Otomi Ceremonial Center in Mexico, I was very impressed as by your selection as by the atmosphere and by the incredible magic created by the place. View your attention in the construction of DJ sets for details and atmospheres, would you like to focus on this aspect in the future?
MA: Yes, we have been interested on this topic and we are thinking about some formats to propose in the future, but they are still prototypes that at the moment we don’t feel like sharing yet. If ,once the figure of the DJ was on the corner and a black box was enough, today things are change. The approach is close to that of a concert and it’s a different kind of experience where the location and the production of the event are important. We always take care of the details already with the “all night long series” in communication and in the type of proposed experience.
I: The lockdown was a moment of reflection and forced stop for all. In this stalemate, how did you work and what did you do wait and especially hope that it changes in the Italian scene?
MA: We will appreciate what we have taken for granted for too long, we will acquire more awareness of what we feel. This feeling is noticeable, for example among the countries that they are not lucky enough to have international guests such as we have seen of recently in Egypt, where the public response was truly total. I think that the return to the club will be more appreciated. In particular for us.
I: It’s the right time to take risks?
MA: Of course, it’ the time to experience new things. There will be the possibility to give space to names more in the shadows and with which before the promoters felt they were risking. With attention clearly. The situation is difficult, and the restart is uncertain, we certainly do not expect changes nothing before summer. In terms of perspectives we don’t know what to think, and we don’t even understand how we can start again this summer, like before the corona. Because we see the slowness of the vaccination campaign.
I: Last question. What do you wish for Mind Against in this 2021?
MA: Let’s hope everything starts up again. We have two records ready for 2021 and some interesting remixes that will come out the next few months. We hope a total return to normal or with vaccination licenses or with Speed tests. There have already been some first experiments such as the Apollo of Barcelona. Club culture is also based on contact, depriving us of this aspect, for us, it’s impossible to have a real return.
L’intervista è stata condotta via Skype e trascritta dall’autrice dell’articolo.