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MoBlack è nostro ospite su Parkett dopo aver festeggiato l’importante traguardo dei dieci anni di MoBlack Records e dopo un’estate che lo ha visto protagonista nei festival e nei club più popolari al mondo.

“I am an African, not because I was born in Africa, but because Africa is born in me.”. Questa frase dell’ex presidente ghanese Kwame Nkrumah riassume in modo perfetto il percorso artistico e di vita di MoBlack. Mimmo Falcone arriva nel continente nero nel 2003 per un’esperienza lavorativa che diviene presto determinante ed incisiva. Dopo un lungo periodo in cui assorbe la cultura che lo circonda fonda il progetto MoBlack.

Un progetto che si nutre di influenze variegate, unendo ai ritmi afro del Ghana e dunque una grossa fetta della tradizione popolare e locale la nuova scia di artisti che da Black Coffee in poi avrebbe dato una nuova interpretazione dell’house music. Insomma un vero e proprio mix di sapori che diventa presto uno spazio creativo aperto in cui una comunità di artisti, amante dell’afro, riesce ad esprimersi. Il grande merito di MoBlack, oltre a quello di essere stato sicuramente un pioniere nel suo genere musicale, è stato proprio quello di portare fuori dai confini del continente tantissimi artisti locali.

Il suo universo che da dieci anni è un pilastro per la nuova scena house è luogo di contaminazione ed ispirazione per la comunità elettronica. Abbiamo parlato con MoBlack di questo importante traguardo e della potenza che assume il suo lavoro decennale per la scena elettronica contemporanea. Buona lettura!

Benvenuto su Parkett MoBlack, è un piacere averti come nostro ospite. Come stai?

Sto bene, grazie e grazie per l’invito. Piacere mio.

La tua storia musicale si lega indissolubilmente alla tua scelta lavorativa che ti ha portato a vivere in Ghana per un decennio. Qual è il ricordo di quegli anni ed il momento in cui hai capito che la musica sarebbe diventata il tuo futuro?


Probabilmente sono stati i migliori anni della mia vita per diversi motivi e quello musicale è stato senza dubbio il più importante. In quegli anni sperimentavo molto, proteso alla ricerca di una collocazione professionale nel mondo della musica. Ho sempre sognato di vivere di musica ed ho capito che era possibile tre anni dopo la creazione della mia label MoBlack Records, nata nel 2013.

Il tuo sound, inizialmente influenzato da sonorità puramente afro, si è spostato successivamente su sonorità più melodiche. Come è arrivato questo passaggio e come sei entrato in contatto con produttori sudafricani e angolani che hanno definitivamente forgiato la tua riconoscibilità stilistica?


Il mio sound è stato sempre in evoluzione, pur restando sempre in ambito Afro House. Ho attraversato diverse fasi in questi 10 anni: tribale, soulful, deep, electronic, indie, tech e adesso melodic. Quello che oggi mi piace definire “Melodic Afro” è esattamente il sound che ho sempre immaginato e che volevo creare e pubblicare. Ho sempre avuto in testa un suono più organico ed elettronico: con la melodic ho trovato il giusto equilibrio e di sicuro in futuro il mio sound si evolverà in altre direzioni. Sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli, di suoni freschi e nuovi. La musica è sempre in costante evoluzione, come la vita stessa, del resto.

Nuove influenze mi porteranno probabilmente a cercare e a dare spazio a nuove tendenze. Di solito quello che pubblico ora, sarà poi quello che ricevo e sentirò nei prossimi mesi da altri dj e produttori. È sempre stato cosi sin dall’inizio, anche per quanto riguarda i producer sudafricani e angolani sono stati loro ad entrare in contatto con me sin dalle prime uscite, soprattutto perché avevo una buona esposizione su Traxsource, all’epoca l’unico store on line ad avere la categoria Afro House e di conseguenza era molto seguito dagli Africani.

Oggi l’afro house come genere musicale ha raggiunto una popolarità a livello globale, ma nel momento in cui hai iniziato l’avventura MoBlack Records molti artisti erano ancora poco noti nel panorama internazionale. Quanto la globalizzazione ha inciso in questo processo e quanto l’avvento dell’afro house ha influenzato, a tuo modo di vedere, l’intero panorama elettronico anche legato a background musicali differenti?


La globalizzazione è stata fondamentale, l’ Afro House nasce proprio dalla contaminazione di diverse culture. Tutti si sentono connessi con questo sound perché richiama elementi ancestrali ed antichi della propria cultura e della propria storia musicale. La Afro House ha influenzato tantissimo tutto il panorama elettronico, un fenomeno senza precedenti. È sempre più frequente vedere DJs techno oppure EDM suonare o produrre qualche traccia Afro House. Si tratta di un fenomeno recentissimo, sino a qualche anno fa impensabile.

MoBlack

L’ anniversario di MoBlack Records porta inevitabilmente a fare dei bilanci. Ti sei mai pentito di qualche scelta discografica fatta in questi anni e quale è invece una delle release sulla quale ancora oggi sei fiero di aver scommesso?


Pentito direi di no, forse avrei potuto evitare di pubblicare qualche traccia, ma tutto sommato sono contento, l’importante è che il bilancio sia in attivo, decisamente in attivo. Una delle release su cui ancora oggi sono fiero di aver scommesso è “Anchor Point” di Ahmed Spins, pubblicata lo scorso anno. Un artista, una traccia ed un sound sino ad allora sconosciuti ed oggi arrivati a più di 26 milioni di streaming su Spotify e 10 milioni di visualizzazioni su YouTube ed altre piattaforme, così come è diventata virale su Tik Tok; insieme al lato B “Waves & Was” è diventata la traccia Afro House più ascoltata di tutti i tempi.

Un’altra esperienza formativa importante nella tua carriera è stata quella in Traxsource. Che cosa hai imparato da quel tipo di avventura lavorativa?


Dal 2016 al 2018 – anni fondamentali per la Afro House – sono stato A&R Manager per il genere Afro House di Traxsource. È stato proprio grazie a questa opportunità, combinata insieme alle uscite della mia label, a poter spingere questo genere verso sonorità nuove. Prima di me la Afro House era molto tribale oppure soulful. Il mio più importante contributo è stato quello di spingerla verso sonorità prima più elettroniche e techno e adesso più melodic; tutto questo ha permesso al genere di andare oltre alla solita nicchia e diventare mainstream ed ha convinto anche Beatport (il più grande store on line di musica elettronica) a creare nel 2018 la sezione Afro House: prima non esisteva.

La label oltre a una proposta musicale chiara è riuscita ad avere un proprio brand anche grazie a una visione artistica a 360° gradi, mi viene da citare Erikan Ekefrey che è stato essenziale nel dare un’identità visiva. Quanto è importante oggi declinare la musica anche in altre espressioni artistiche?


Erikan Ekefrey ha saputo regalarci copertine stupende ed il mio logo: è stato davvero essenziale e sarò sempre grato nei suoi confronti, la sua arte ha contribuito in maniera decisiva a far amare la Afro House. Io amo l’arte, in generale. Mi è sempre piaciuto disegnare, è sempre stata una mia passione sin da bambino, così come amo abbinare il giusto artwork alla mia musica: lo faccio tutt’ora, mi diverte molto, insieme alla musica è l’unica scelta che non voglio e non posso delegare.

Tra le ultime release c’è il ritorno del progetto Africanism (Bob Sinclar) in collaborazione con te. Come avete lavorato e che ha significato questa collaborazione con un progetto con uno storico così influente per la label?


Avere la riconoscenza di una leggenda come Bob Sinclar è qualcosa di incredibile e ne vado davvero fiero. Come molti altri, anche io sono stato un fan del suo progetto Africanism, che
ha saputo ispirarmi in maniera importante. Sinclar ha mostrato interesse per la mia musica già 4/5 anni addietro: nel 2019 mi invitò a suonare ad un evento Africanism durante l’Amsterdam Dance Event. La sua idea attuale è quella di dare una nuova veste ai suoi classici. Io non posso che avere in merito un approccio onesto, senza la presunzione di fare di meglio, cosa praticamente impossibile. Lo ringrazio davvero per la fiducia che sta riponendo in me.

Quest’estate il tuo tour ha toccato molte tappe importanti tra cui il palco Terra Solis del Tomorrowland. Che esperienza è stata e come prepari il tuo dj set per occasioni importanti come questa?


Quest’estate avuto due momenti molto importati: Tomorrowland e Burning Man, anche se in quest’ultimo non sono riuscito a suonare a causa della pesante pioggia che vi si è abbattuta. Entrambe le esperienze sono state divertenti e profonde. Di solito non preparo mai i miei dj set, ma per queste due occasioni speciali ho sentito la necessità di farlo, per essere sicuro di poter offrire il meglio di me stesso. Mi immagino la situazione e cerco di selezione delle tracce che penso possano funzionare al meglio: non sempre funziona, al Tomorrowland ha funzionato al meglio.

Come si vede MoBlack artisticamente tra dieci anni? Dopo aver raggiunto tanti obiettivi e traguardi importanti con la tua label c’è ancora qualche sogno nel cassetto che vuoi realizzare o che realizzerai a breve?


L’obiettivo attuale? Posizionare la mia musica in altri settori come quello cinematografico -ho già una traccia presente in un film francese – in quello dei video games (ho già due tracce presenti in Rockstar Games) ed in altri ambiti quali televisione, pubblicità e moda. Il connubio tra musica e moda in particolare è sempre più forte: credo davvero che il nostro sound sia sexy e cool, ideale per accompagnare sfilate di importanti stilisti piuttosto che come colonna sonora di spot pubblicitari legati al mondo della moda.

MoBlack

ENGLISH VERSION

MoBlack is our guest on Parkett after celebrating the important milestone of ten years of MoBlack Records and after a summer that saw him protagonist in the most popular festivals and clubs in the world. “I am an African, not because I was born in Africa, but because Africa is born in me.”.

This phrase from former Ghanaian president Kwame Nkrumah perfectly sums up MoBlack’s artistic and life path. Mimmo Falcone arrived on the black continent in 2003 for a work experience that soon became decisive and incisive. After a long period in which he absorbed the culture around him, he founded the MoBlack project.

A project that feeds on varied influences, combining the Afro rhythms of Ghana and therefore a large slice of popular and local tradition with the new wave of artists who from Black Coffee onwards would give a new interpretation of house music. In short, a real mix of flavors that quickly becomes an open creative space. In which a community of artists, lovers of Afro, are able to express themselves. MoBlack’s great merit, in addition to having certainly been a pioneer in his musical genre, was precisely that of bringing many local artists outside the borders of the continent.

His universe, which has been a pillar for the new house scene for ten years, is a place of contamination and inspiration for the electronic community. We spoke with MoBlack about this important milestone. Also about the power his decades of work have on the contemporary electronic scene. Enjoy the reading!

Welcome to Parkett MoBlack, it’s a pleasure to have you as our guest. How are you?

I’m fine, thank you and thanks for the invitation. My pleasure.

Your musical history is inextricably linked to your career choice which led you to live in Ghana for a decade. What is your memory of those years and the moment you understood that music would become your future?

They were probably the best years of my life for several reasons and the musical one was undoubtedly the most important. In those years I experimented a lot, looking for a professional position in the world of music. I have always dreamed of living off music and I realized that it was possible three years after the creation of my label MoBlack Records, born in 2013.

Your sound, initially influenced by purely Afro sounds, later moved towards more melodic sounds. How did this transition come about and how did you come into contact with South African and Angolan producers who have definitively forged your stylistic recognisability?

My sound has always been evolving, while always remaining in the Afro House field. I’ve gone through different phases in these 10 years: tribal, soulful, deep, electronic, indie, tech and now melodic. What today I like to define as “Melodic Afro” is exactly the sound I always imagined and wanted to create and publish. I’ve always had a more organic and electronic sound in my head: with the melodic I found the right balance and certainly in the future my sound will evolve in other directions. I’m always looking for new stimuli, fresh and new sounds. Music is always constantly evolving, like life itself, after all.

New influences will probably lead me to seek out and give space to new trends. Usually what I publish now will then be what I receive and hear in the coming months from other DJs and producers. It has always been like this from the beginning, even as regards the South African and Angolan producers, they were the ones who came into contact with me right from the first releases, especially because I had good exposure on Traxsource, at the time the only online store to have the Afro House category and consequently was widely followed by Africans.

Today Afro House as a musical genre has achieved global popularity, but when you started the MoBlack Records adventure many artists were still little known on the international scene. How much has globalization affected this process and how much has the advent of Afro house influenced, in your opinion, the entire electronic panorama also linked to different musical backgrounds?

Globalization has been fundamental, the Afro House was born from the contamination of different cultures. Everyone feels connected to this sound because it recalls ancestral and ancient elements of their culture and musical history. Afro House has greatly influenced the entire electronic scene, an unprecedented phenomenon. It is increasingly common to see techno or EDM DJs playing or producing some Afro House tracks. This is a very recent phenomenon, unthinkable until a few years ago.

The anniversary of MoBlack Records inevitably leads to taking stock. Have you ever regretted any recording choices you made in recent years and what is one of the releases that you are still proud to have bet on today?

Repentant, I would say no, perhaps I could have avoided publishing some tracks, but all in all I’m happy, the important thing is that the balance sheet is in the black, definitely in the black. One of the releases that I am still proud to have bet on is “Anchor Point” by Ahmed Spins, published last year. An artist, a track and a sound that were unknown until then and have now reached more than 26 million streams on Spotify and 10 million views on YouTube and other platforms, just as it has gone viral on Tik Tok; together with the B-side “Waves & Was” it became the most listened to Afro House track of all time.

Another important training experience in your career was at Traxsource. What did you learn from that kind of experience?

From 2016 to 2018 – fundamental years for Afro House – I was A&R Manager for the Afro House genre at Traxsource. It was precisely thanks to this opportunity, combined with the releases of my label, that I was able to push this genre towards new sounds. Before me, Afro House was very tribal or soulful. My most important contribution was to push it towards sounds that were previously more electronic and techno and now more melodic; all this has allowed the genre to go beyond the usual niche and become main stream and has also convinced Beatport (the largest online electronic music store) to create the Afro House section in 2018: it didn’t exist before.

The label, in addition to a clear musical proposal, has managed to have its own brand also thanks to a 360° artistic vision, I have to mention Erikan Ekefrey who was essential in giving a visual identity. How important is it today to use music in other artistic expressions too?

Erikan Ekefrey was able to give us wonderful covers and my logo: it was truly essential and I will always be grateful to her, her art contributed decisively to making Afro House loved. I love art, in general. I have always liked drawing, it has always been a passion of mine since I was a child, just as I love combining the right artwork with my music: I still do it, I enjoy it a lot, together with music it is the only choice that I don’t want and don’t I can delegate.

Among the latest releases is the return of the Africanism project (Bob Sinclar) in collaboration with you. How did you work and what did this collaboration with a project with such an influential historian mean for the label?

Having the recognition of a legend like Bob Sinclar is something incredible and I’m really proud of it. Like many others, I have also been a fan of his Africanism project, which he was able to inspire me in an important way. Sinclar showed interest in my music already 4/5 years ago: in 2019 he invited me to play at an Africanism event during the Amsterdam Dance Event. His current idea is to give a new look to his classics; I can only have an honest approach on the matter, without the presumption of doing better, which is practically impossible. I really thank him for the trust he is placing in me.

This summer your tour hit many important stops including the Terra Solis stage at Tomorrowland. What was the experience and how do you prepare your DJ set for important occasions like this?

This summer I had two very important moments: Tomorrowland and Burning Man, even if I wasn’t able to play the latter due to the heavy rain that fell. Both experiences were fun and insightful. I usually never prepare my DJ sets, but for these two special occasions I felt the need to do so, to make sure I can offer the best of myself. I imagine the situation and try to select the tracks that I think will work best: it doesn’t always work, at Tomorrowland it worked best.

How do you see MoBlack artistically in ten years? After having achieved so many important objectives and goals with your label, are there still any dreams in the back of your mind that you want to realize or will realize soon?

The current goal? Positioning my music in other sectors such as cinema – I already have a track present in a French film – in the video games sector (I already have two tracks present in Rockstar Games) and in other fields such as television, advertising and fashion. The union between music and fashion in particular is increasingly stronger: I really believe that our sound is sexy and cool, ideal for accompanying fashion shows of important designers rather than as a soundtrack for commercials linked to the world of fashion.