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Negli ultimi decenni, il panorama delle colonne sonore nel cinema ha vissuto una notevole trasformazione, grazie all’ingresso di musicisti e produttori provenienti dal mondo della musica elettronica. 

Se un tempo erano i compositori orchestrali tradizionali a dominare, a partire da Hackers  – con la sua musica curata da Simon Boswell – ad oggi, con artisti come Oneohtrix Point Never, Reznor & Ross e Mica Levi, le cose sono cambiate. Si è vista, infatti, un’apertura verso nuove strade, portando un’esperienza musicale innovativa ma inizialmente relegata ad un genere specifico, ad essere elemento centrale di sperimentazione per la cinematografia d’ogni luogo. 

Il soundtrack di Hackers nel cinema

Nel Settembre 2024, si celebra il ventinovesimo anniversario del film Hackers (1995). Un cult del cinema cyberpunk, non solo per la sua estetica visionaria e l’interpretazione di giovani attori come Angelina Jolie e Jonny Lee Miller, ma anche per la sua colonna sonora, che vede l’elettronica come indiscussa protagonista.

Lo score del film è un mix di brani techno, trance e house che hanno contribuito a definire lo spirito della narrazione e collocarlo al crocevia di diverse sottoculture degli anni ’90. Artisti elettronici di spicco come The Prodigy, Orbital, Underworld e Leftfield sono stati inclusi nel progetto. I loro pezzi non solo arricchiscono le scene ma sottolineano la ribellione e l’anticonformismo della comunità hacker. 

La musica qui è riflesso del paesaggio digitale. Il mix sonoro di ritmi ipnotici e ripetitivi, cattura l’essenza dell’infinità di codici e algoritmi che popolano il mondo cyber. Ogni beat si fa dunque ticchettio dei computer, gli snare simulano il fruscio delle connessioni di rete, e i droni simboleggiano la costante tensione tra controllo e libertà.

La chiusura con Halcyon + On + On di Orbital è emblematico per questo ragionamento. Il brano con le sua atmosfere sognanti e ricorsive rappresenta in modo impeccabile il mondo che il film vuole esplorare, sottolineando lo stato d’animo ambiguo tra pace e mistero che i protagonisti provano alla fine della loro avventura.

Perché ricordare Hackers

Quando Hackers uscì nelle sale, si trovava in pieno fermento il panorama della musica elettronica. L’era della techno e della cultura rave stava guadagnando terreno, e il film riuscì a catturare appieno questo spirito. Difatti, la scelta musicale per il film non fu casuale. In questo contesto, l’elettronica apriva dunque ad un mondo concettuale nuovo, in cui la tecnologia stava diventando protagonista delle vite quotidiane

Non solo un accompagnamento, ma un vero e proprio linguaggio alternativo che contribuisce a definire la mentalità dei personaggi. I giovani hacker non sono criminali, ma ribelli con una causa: sfidare i poteri costituiti in nome della libertà d’informazione – un inno per chi, come i producer elettro, si muove al di fuori delle regole convenzionali. 

Nonostante Hackers non sia stato un enorme successo commerciale alla sua uscita, con il passare del tempo ha guadagnato uno status di cult, soprattutto tra i fan del genere. Oggi, la sua colonna sonora è ancora considerata una delle più iconiche degli anni ’90. Tra gli altri meriti, ha quello di aver scatenato quell’effetto domino che ha portato l’elettronica dall’essere prevalentemente associata alla sottocultura rave e l’immaginario cyber, all’essere presente ovunque, dai grandi festival musicali ai blockbuster di Hollywood.

Le evoluzioni successive: tre compositori da conoscere

Indubbiamente, l’elettronica si adatta particolarmente bene a film che trattano di tecnologia, questo è perché entrambi condividono un linguaggio basato sull’astrazione. Con ritmi ripetitivi, suoni sintetici e manipolazione del tempo e dello spazio, la musica elettronica è ideale nella rappresentazione di universi paralleli, cyberspazio e mondi immaginari.

Andando indietro, questo filone di innovazione musicale è sempre stato amico della produzione cinematografica d’avanguardia. Un esempio pionieristico è la colonna sonora di Tron (1982) – e il successivo Tron: Legacy, musicato dai Daft Punk – una delle prime a fondere musica elettronica e cinema per un tema strettamente digitale. Altri capolavori seguirono, come Blade Runner (1982) con la colonna sonora di Vangelis, che utilizzò il sintetizzatore per creare atmosfere malinconiche in una Los Angeles distopica.

Negli anni ’90, poi, film come Trainspotting (1996) e The Matrix (1999) ne seguirono l’esempio dove ancora Underworld, Leftfield e Joy Division, sono parte della soundtrack, conferendo al film un’energia vibrante e futuristica, influenzando la fruizione dell’immagine in movimento per lo spettatore, consolidando ulteriormente il ruolo della musica elettronica nella rappresentazione di realtà virtuali e mondi simulati.

Trent Reznor e Atticus Ross

The Social Network (2010) di David Fincher, con la colonna sonora elettronica di Trent Reznor e Atticus Ross, deve molto a questo filone concettuale, trend che Hackers ha contribuito a sdoganare. 

Trent Reznor, frontman dei Nine Inch Nails, e il suo frequente collaboratore Atticus Ross vinsero l’Oscar quell’anno come miglior score originale. In particolare, la colonna sonora – con i suoi suoni dissonanti e glitchati – è stata apprezzata per la capacità di trasformare un film su un tema apparentemente arido (la creazione di Facebook) in un thriller emotivamente coinvolgente. Dando, dunque, un certo rispetto alla musica elettronica anche all’interno dei giri commerciali che fino a questo momento la consideravano parte di una sottocultura, rilegabile ad un genere specifico di filmografia e temi.

Grazie alla loro formula accuratamente studiata, tra l’industrial e il minimalismo, Reznor e Ross hanno messo la firma sul sonoro di una serie di film di grande successo, in quanto sono stati in grado di tradurre le tensioni sociali e psicologiche in paesaggi sonori profondi, costruendo un parallelismo in suono tra l’intrusività tecnologica e la complessità delle relazioni umane.

Oneohtrix Point Never: un viaggio nel Cinema Futurista

Daniel Lopatin, noto come Oneohtrix Point Never (OPN), è uno dei principali interpreti contemporanei a tradurre a fondo la sensibilità e psicologia del cinema in musica. Il suo sound sperimentale, caratterizzato da ambientazioni eteree, distorsioni e loop ipnotici, si presta perfettamente a un immaginario visivo e altamente interiorizzato. 

La sua collaborazione più celebre nel mondo è sicuramente con i fratelli Safdie per il film Uncut Gems (2019). Nel film, il sound non solo accompagna la narrazione, ma ne esalta l’energia frenetica e la tensione costante. Un mix di synth futuristici e atmosfere opprimenti, immerge lo spettatore nel caos e nell’ansia del personaggio di Adam Sandler. Il suo stile glaciale e alienante disegna le strade notturne, e definisce i toni cupi degli affari notturni della città di New York. 

Lopatin dimostra così come la colonna sonora possa diventare un’estensione sensoriale dei personaggi, ambienti e situazioni, contribuendo a definire l’identità del film stesso. La sua capacità di fondere il sonoro con l’aspetto visivo si traduce in un coinvolgimento totale che sfida i confini tradizionali tra musica e narrazione cinematografica.

Mica Levi: un’elettronica emozionale per il cinema d’autore

Altro personaggio di spicco, e onorevole menzione in questa conversazione è senz’altro Mica Levi, una delle voci più originali dell’elettronica e nel panorama dello scoring cinematografico. La sua colonna sonora per Under the Skin (2013) di Jonathan Glazer, è un chiaro esempio di come la musica elettronica sia per il film un elemento determinante per la sua lettura. Creando un paesaggio sonoro freddo e alienante, Levi ha catturato perfettamente il tema dell’estraneità, fornendo il sottofondo inquietante e ipnotico adatto a guidare l’esperienza disorientante della protagonista, intenta ad esplorare il cambiamento della sua l’identità. 

Nel suo lavoro più recente per La zona d’Interesse (2023), Levi ha nuovamente mostrato la sua capacità di tradurre l’emotività attraverso l’elettronica, diventando elemento imprescindibile nella narrazione e fondamentale per recepire il messaggio del film. La sua partitura con suoni elettronici acuti, ambient e frequenze dissonanti sembra non seguire uno schema narrativo lineare, riflettendo il senso di disconnessione tra la vita quotidiana dei personaggi e l’orrore che li circonda.

Ed è proprio il sonoro che crea il contrasto centrale del film: la vita quotidiana e apparentemente tranquilla della famiglia Höss si svolge sullo sfondo del crimine più atroce della storia. Piuttosto che esporre apertamente l’orrore visivamente, esso è insinuato nel sonoro. Urla e suoni improvvisi creano un senso costante di minaccia, mentre siamo testimoni della disconnessione e indifferenza morale dei protagonisti.

In questo modo, la colonna sonora diventa essenziale per il messaggio del film, rendendo nota l’invisibilità del male e il vuoto morale che pervade l’azione. La musica di Levi non guida lo spettatore, ma lo costringe a confrontarsi con la banalità del male, diventando il centrale elemento di disorientamento emotivo alla narrazione.

L’elettronica come nuova speranza del cinema contemporaneo

La musica elettronica, originariamente relegata a una nicchia cinematografica legata alla futurologia e ai mondi digitali di film come Hackers, Matrix e The Social Network, ha gradualmente assunto un ruolo centrale nella narrazione ed emozionalità nel cinema. 

Di recente, grazie all’ingegno di produttori e compositori visionari come Oneohtrix Point Never, Trent & Reznor e Mica Levi, oggi è diventata un elemento imprescindibile, capace di arricchire l’esperienza cinematografica con nuove dimensioni sonore, che amplificano sia l’intensità emotiva che il contesto narrativo, trasformandosi in un linguaggio espressivo autonomo e profondo.

Questo perché la capacità dell’elettronica è quella di sovvertire le aspettative tradizionali, grazie a suoni non convenzionali e strutture fuori dagli schemi, aprendo nuove possibilità per il cinema, rendendo la musica un partner creativo indispensabile nella costruzione di mondi narrativi complessi, ridefinendo i confini tra le arti e generando esperienze immersive e rivoluzionarie. Diventando dunque, in modo chiaro, un mezzo centrale e imprescindibile nel raccontare le storie del nostro tempo.