Ogni tanto vorremmo svegliarci ed accorgerci che la nostra indignazione nei confronti dell’ EDM è qualcosa di infondato, surreale, campato in aria ed ingrandito a dismisura dal nostro ego che vuole convincerci che noi siamo migliori perché ascoltiamo la musica giusta; ogni tanto ci piacerebbe guardarci intorno e notare che il nostro attaccamento alle radici della cultura underground è roba da vecchi nostalgici, perché ormai anche sul fronte EDM vige la serietà e la passione che contraddistingueva i Djs di un tempo.
Purtroppo però, ora come ora, se qualcuno venisse a parlarci dell’ EDM come di un genere sano, non contaminato da enormi interessi economici, un genere in cui sono sì presenti effetti scenici, torte in faccia e gingilli vari di contorno, ma con un nucleo (il dj e la musica) sano ed inattaccabile, noi non potremmo far altro che ridergli in faccia, provare un leggero senso di compassione verso una inconsapevole vittima ed artefice allo stesso tempo della scomparsa di credibilità dell’ EDM, e mostrargli Myo, uno dei tanti strumenti che tentano di allontanare sempre di più la figura del dj di adesso dal dj che crede nella ricercatezza tecnica e nella minuziosità dei particolari, avvicinandolo invece sempre di più alla figura rockstar, con una differenza; le rockstar quando sono sul palco suonano davvero, una nota fuori tempo o una voce fuori tono susciterebbe l’ indignazione dei fans; in festival come l’ Ultra, invece, il Deadmau5 di turno potrebbe metterti anche La Vecchia Fattoria, che il pubblico continuerebbe a ballare e a divertirsi come se nulla fosse (e qua Jeff Mills ci redarguirebbe: che male c’è se la gente si diverte, anche se la musica fa schifo? E noi risponderemmo: ma se il divertimento è frutto dell’ ignoranza, va bene lo stesso? Non dovremmo almeno provare a convertirla, questa massa di ascoltatori inconsapevoli che balla a ritmo di Animals? Facciamogli ascoltare un po’ di musica elettronica di alta qualità, non necessariamente techno iper-astratta rubata da qualche podcast di James Holden, non facciamo il passo più lungo della gamba, ma con un set dei Martinez Brothers siamo convinti che riusciremmo a far cambiare idea ad un sacco di persone!).
La gente balla perché in consolle c’è lui, che ha fatto quel pezzo famoso, quindi è bravo e noi dobbiamo ballare (come se il fatto che tu sia un buon produttore implicasse che tu sia anche un buon Dj, ma questo è un altro discorso): e perdonateci se stiamo facendo di tutta l’ erba un fascio, ma abbiamo la sensazione che, nel calderone EDM, la sorte di quei pochi che abbiano intenzioni che vanno oltre il mero tornaconto economico, prima o poi sia di essere inglobati in un enorme mondo in cui ben poco va come dovrebbe andare; come in una maratona in cui la gran parte dei partecipanti si dopa, ed i pochi che partono con le buone intenzioni sono costretti ad adattarsi se vogliono gareggiare a pari livello.
Ma torniamo al Myo, lo strumento che ci ha convinti a scrivere questo articolo, grazie al quale teoricamente un Dj potrebbe fare a meno, o quasi, addirittura del mixer: in pratica, si tratta di un braccialetto interfacciabile a software come Serato, Traktor o Ableton, collegato a dei sensori, grazie ai quali possiamo controllare sia comparto audio, che luci; il tutto, semplicemente muovendo il nostro braccio. La semplicità di funzione di questo strumento, almeno a giudicare dal breve video che potete vedere qua sotto, va a scapito di tecnica, precisione, e tutte le altre abilità per le quali veniva giudicato un Dj anche solo 10 anni fa. Il testimonial di questo braccialetto ovviamente è un nome grosso dell’ EDM, in questo caso Armin Van Buuren. Non fraintendeteci, noi di Parkett amiamo la tecnologia, quando essa viene sfruttata in modo creativo: se tra qualche giorno vedremo il Myo usato in un set, magari per modulare qualche effetto, al posto di un convenzionale knob o fader, ne saremmo quantomeno incuriositi: usarlo però per coordinare completamente sia reparto audio che luci, però, ci sembra francamente impossibile.
La prossima volta, quindi, che quando andate ad un festival vedete qualcuno su un palco con un braccialetto che muove le braccia a ritmo di musica, non stupitevi: è il Dj.
Andrea Nerla