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A distanza di due anni, il nuovo progetto firmato North of Loreto dimostra che “il classico” è fuori dal tempo (e non stanca mai).

Alcuni di voi lo conosceranno come Bussdezz o Cock Dini, ma il volto dietro ciascuno di questi alias è sempre lo stesso: Davide Bassi, ovvero “mia maestàBassi Maestro. Dopo aver concluso la carriera all’interno della musica rap, Bassi ha scelto la via della sperimentazione, proponendo un progetto fuori dagli standard e dagli schemi per il mercato italiano; è così che nasce North of Loreto.

È sempre difficile guardare un’icona cambiare veste e dedicarsi ad altro – un po’ come quando Michael Jordan decise di diventare un giocatore di baseball dopo essersi ritirato dall’NBA. Forse è anche per questo motivo che la critica non ha mai pienamente compreso le potenzialità di questo nuovo percorso dell’artista milanese. Da poco è stato pubblicato il nuovo lavoro per Comera Records firmato North of Loreto: “Nolorican – EP“.

Questo album è estremamente sfaccettato in termini di climax e di sonorità ed è proprio questa varietà a non renderlo assolutamente banale. Tantissime le influenze dal passato, un sound classic svecchiato dai rigidi dogmi del genere e che lascia spazio alla sperimentazione. Abbiamo colto la palla al balzo e abbiamo rivolto a North of Loreto alcune domande. Conclusione? L’eleganza del classico non stanca mai. Prima di passare all’intervista, puoi mettere in play “Nolorican – EP” e gustarti questo viaggio per le strade di NOLO.

Ciao Davide, benvenuto su Parkett Channel! Per aprire: come stai vivendo questo ritorno alla dimensione dei live?

È stato un ottimo anno di ripresa per gli eventi, a tutti noi artisti serviva tornare a confrontarsi faccia a faccia col pubblico. Devo dire per ora tutto benissimo!

A tal proposito… come hai vissuto il passaggio dal microfono al mixare i dischi in termini di live? 

In realtà molti non sanno che io ho iniziato a mettere dischi come prima occupazione, a 13 anni già facevo feste private e non ho mai smesso. Diciamo che, per assurdo, il rap è stata un’occupazione di passaggio.

Per cui sono tornato a fare la cosa che mi mette più a mio agio, ovvero suonare dischi. Sul palco sono sempre stato rilassato, per cui me la godo in ogni caso!

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Davide Bassi (North of Loreto). © Foto Ufficio Stampa – PH. Francesco Caracciolo

La carriera di Bassi Maestro, e poi di North of Loreto, è segnata da produzioni all’avanguardia – penso a Cosa resterà del 1998 in cui campionasti Raf. Pensi che quella “voglia di sperimentare” ci sia ancora fra i producer?

La voglia di sperimentare secondo me c’è, la differenza è che è già stato scoperto tutto, anche tecnicamente non c’è più molto da inventarsi sulla produzione, sui suoni, sui riferimenti storici.

La novità del sampling e della produzione dei primi ’90 era che tante cose andavano ancora fatte, molti generi non erano ancora stati rifatti o campionati. Ora la vera ricerca è nelle produzioni di nicchia e nella personalità che hanno le produzioni, che si riflette anche nella parte tecnica.

In Italia, ad esempio, siamo sempre abbastanza dozzinali: basta sentire come suonano le produzioni in classifica. Nessuno ha mai coraggio di fare un passo oltre, di sperimentare o cambiare la formuletta vincente.

Davide Bassi (North of Loreto). © PH. Francesco Caracciolo

In North of Loreto sento molto linfluenza del sound di Chicago – penso a Todd Terry, Paul Johnson o Marshal Jefferson. Ci racconti i tuoi 5 dischi/artisti fondamentali? 

Sicuramente “Thriller” con la produzione di Quincy Jones e il mix di Bruce Swedien è inarrivabile, un mix perfetto di tutti gli elementi che amiamo. Aggiungerei Prince degli anni ’84-’87 per l’immediatezza creativa, in particolare “Around the world in a day”.

Potrei citare anche “Songs from the big chair” dei Tears for Fears, i Pet Shop Boys e molte produzioni inglesi della metà anni ’80, John Rocca ha avuto una grande influenza con Freeze e i dischi solisti.

Cosi come la hanno avuta Jimmy Jam e Terry Lewis e più avanti personaggi come Pal Joey (Soho), Kenny Dope, anche Todd Terry sicuramente.

LItalia ha una tradizione elettronica non indifferente: la italo-disco, il disco-punk dei The Bloody Beetroots, fino ad arrivare ai Crookers. (Forse) ciò che è mancato è la hip house. Come mai non ha mai attecchito come genere in Italia pur essendoci ottimi presupposti?

Se ci pensi bene, si sta arrivando ora al rap fatto su cassa dritta, dopo anni di noia a 60 bpm, in cui l’unica via era quella di raddoppiare le battute. Io ho sempre amato il genere hip house, ma credo sia la musica più di nicchia e meno considerata di sempre – Fast Eddie ad esempio per me è un mito.

Considera che, 15 anni fa, feci delle produzioni hip house (all’interno del mio progetto elettronico unreleased “Mr. Cocky” di cui uscì solo un singolo, “Old school” e un brano “Bad Trip” che poi diedi a Jack the Smoker), anche col rap sopra, mio e di altri, che non ho mai fatto uscire.

Le uniche robe rap house uscirono col progetto “Crookers mixtape“. Il mio ritorno al microfono è davvero improbabile in ogni caso, quello lo abbiamo archiviato almeno per quanto riguarda il rap.

Focalizziamoci sul tuo ultimo Nolorican – EP”. L’artwork rappresenta Piazza Morbegno (Nolo, appunto). Come mai hai scelto questo scatto depoca e chi ha realizzato il lettering? 

Si parla sempre di Nolo adesso, ma nessuno di noi c’era negli anni ’60. Mi piaceva come tributo e gesto di appartenenza recuperare uno scatto d’epoca e rielaborarlo in chiave attuale.

La grafica è un tributo alle cover di musica latina e africana, realizzato dal mio grafico di fiducia, Enrico della Vecchia (aka Rico Dallas).

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North of Loreto – NOLORICAN EP (cover)

Pensi ci possa essere una sorta di legame musicale tra Chicago e la realtà dipinta in “Nolorican – EP”?

Non c’è nessun legame tra le due realtà e anzi, ho sempre detto che il progetto North of Loreto nasce per tributare determinati periodi storici: non avrà mai un sound unico. Oggi è house domani boogie, magari l’anno prossimo è electro pop.

Non puoi rappresentare un quartiere multietnico con un unico sound e genere musicale, però mi piace l’idea di produrre musica strumentale. Come se ognuno potesse aggiungere il proprio significato e ascoltarla nel proprio contesto urbano.

Sono rimasto affascinato dalla melodia del brano “Away”: un sound cupo, bassi punchy e un piano dai toni sporchi. Questo EP è rivolto alla dimensione dei club dunque…

“Away” è sicuramente uno dei brani preferiti dell’EP, e quello che dal vivo crea più hype sul dancefloor. Nasce da una produzione rap sulla MPC 2500 mai andata in porto, il sample è stato choppato da capo ed è venuta questa cosa molto cattiva, ma anche d’atmosfera.

Nell’EP c’è di tutto, anche un po’ di Jazz, ma ovviamente è un suono orientato al dancefloor, nelle produzioni future sicuramente mi concederò anche qualche momento meno “dritto” e diretto!

In vista del futuro, quale potrebbe essere il prossimo step nella dimensione artistica di North of Loreto?

Ci sono tanti progetti in ballo, potreste avere un primo assaggio già a settembre. Sto cercando di mantenere un profilo qualitativo molto alto e indipendente, nonostante questo dopo tre anni di rodaggio vorrei però arrivare a più persone e collaborare con artisti che stimo, speriamo che il 2023 porti molte novità! Seguitemi e lo scoprirete, a presto!

Davide Bassi (aka North of Loreto). © PH. Francesco Caracciolo