Octave One e Ann Saunderson: ci innamorammo di questo incredibile binomio ben quattordici anni fa.
Era per l’esattezza il 2002 e dalla 430 West veniva pubblicato “Black Water”, quest’EP (oggetto poi di successive numerose ristampe negli anni a venire) firmato da Octave One e Ann Saunderson e che contiene una delle tracce in assoluto più ballate nella storia della “club culture” , riconosciuta all’unisono come un formidabile capolavoro, nonchè repertorio fisso delle live performances dei fratelli Burden.
Ad oggi, al pari di “Your Love”, “Jaguar”, “The Bells”, “Transition”, “French Kiss” (solo per riportare qualche esempio); Black Water occupa di diritto un’inamovibile posto nell’Olimpo dell’elettronica.
Se Black Water, nel corso degli anni, è riuscita a vantare un successo così stupefacente, molto lo si deve all’incredibile chiave innovativa di cui questo lavoro è fiero testimone; riflettiamoci bene: non era solito da parte degli artisti made in Detroit, proporrete degli album carichi di contenuti esplicitamente melodici ed orchestrali.
La città del Michigan, tinta del grigio tipico delle sue imponenti fabbriche, prima di tutte quelle automobilistiche, era patria di quello che secondo alcuni socio-antropologi può essere assimilata ad una moderna rivoluzione industriale statunitense; per logica di cose, è fisiologicamente naturale che coloro figli di questa realtà, improntassero i loro studi traendo ispirazione dai suoni cui erano circondati, quei suoni che risuonavano per le strade cittadine da loro percorse: metallici, freddi, ruvidi, serrati, spinosi, taglienti, scanditi seguendo il rigore tipico delle imponenti attrezzature impiegate nell’industria pesante; nulla di più lontano dall’avvolgente calore di archi e corde.
Pensare al suono di Detroit rimandava inesorabilmente le associazioni alla Axis, alla M-Plant, alla Minimal di Robert Hood, alla Metroplex; contesti in cui la matrice orchestrale, nel senso più ampio e a-specifico del termine, era , si, certamente tenuta in ampia considerazione, una realtà evidentemente e suggestivamente integrata, resa solido corpus di una forma strutturale che tuttavia, manteneva e mantiene tutt’ora un’identità quanto mai specifica, identificativa e a sé stante.
Si, è anche vero che Derrick May, con “Strings Of Life” (altra indiscussa pietra miliare), molto prima degli Octave One, attribuì un significato palcoscenico alla voce di Detroit, come pure Dj Rolando con “Jaguar”, ma siamo ben lontani dall’assimilabilità “teatrale” di Black Water; una teatralità che raggiunge un apice ‘estremo’ solo nel 2006, quando Jeff Mills registra Blue Potential affiancato dai musicisti dell’Orchestra filarmonica di Montpellier.
Da qui in poi, si è aperta la strada per vere e proprie concrete forme di sperimentazione (più o meno recenti) consolidate nelle mani di Carl Craig, Moritz von Oswald, Francesco Tristano, il già citato Derrick May, Juan Atkins, Laurent Garnier e molti altri che ci riserviamo dall’elencare.
Ebbene, a distanza di tutti questi anni,Octave One e Ann Saunderson, è un magnifico connubio che torna a far parlare di sé. Il 29 Luglio, 430 West pubblicherà “Just Don’t Speak”, un four-tracker (di cui tre sono essenzialmente delle reinterpretazioni dell’originale) prodotto dai fratelli Burden featuring la cantautrice britannica; un lavoro che “it is sure to be a summer anthem”. Just Don’t Speak ha fatto la sua comparsa worldwide in anteprima dagli studi BBC, essendo trasmessa in onda da Pete Tong dal suo canale Radio 1.
Sulla scia del successo di “Burn It Down”, quinto album del duo di Detroit e targato sempre 430 West, questa volta sembra proprio che si faccia ancora più sul serio e il dualismo tra Octave One e Ann Saunderson lo dimostra.
Altro fondamentale contributo apportato alla produzioni di Just Don’t Speak è quello della Urban Soul Orchestra (USO), amici di vecchia data, sicchè il collettivo di cui detto, prestò i suo archi e le sue corde già diversi anni fa, proprio in occasione di Black Water.
Per chi non lo sapesse, la USO è una delle orchestre più ricercate dalle maggiori band e dai più imponenti cantautori a livello globale; vanta collaborazioni con: Jay Z, gli Oasis, Mariah Carey, Mick Jagger, Madonna, Kylie Minogue, Grace Jones, Groove Armada e molti altri ancora.
Ma in merito questa release firmata Ann Saunderson e Octave One, quale informazioni più ‘intime’ riusciamo a darvi? Di quale colore si tinge tra le infinite tonalità disponibili dalla tavolozza dell’elettronica?
Dalle brevi (ma sufficienti) previews disponibili, Just Don’t Speak (che uscirà il 29 luglio 2016) pare davvero abbia tutti gli attributi per essere “di sicuro la colonna sonora di quest’estate”. I toni sono celestiali, distesi, rilassati, concisi ma non scalpitanti, tutt’altro, molto confortevoli e suggestivi, leggermente malinconici, ma di quella malinconia che non vuol dire rassegnata tristezza, più che altro accostabile a quella pacifica sensazione che si erge allo scrutare dell’alba, volendo alludere al potere significativo delle metafore.
Procedere all’ascolto di ‘Just Don’t Speak’ firmata da Octave One e Ann Saunderson, vuol dire percorrere un melodico spazio altalenato ed oscillante tra Soul, Funk, House, dove: prima sono i tasti del pianoforte a catturare la scena, poi, lentamente, senza accorgersene si assiste ad una traslazione del focus sulla famiglia degli archi, senza dimenticare mai ovviamente il nocciolo elettronico ove tutto è coordinatamente e coerentemente intassellato, in ragione dei fondamentali fili logici ed emotivi/evocativi sopracitati.
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Tracklist (Just Don’t Speak – Octave One e Ann Saunderson)
A1 – Just Don’t Speak (feat. Ann Saunderson)
A2 – Just Don’t Speak – Blue Sunset Instrumental
AA1 – Just Don’t Speak – Midnight Sun Dub
AA2 – Just Don’t Speak – Blue Sunset Radio Edit
ERRE